Tre uomini simbolo
della Polizia di Stato: In alto il prefetto Umberto Improta, poliziotto di
razza come Nicola Calipari, numero uno del Sismi operativo dopo una vita a
caccia di criminali. In basso il sovrintendente Emanuele Petri, ucciso dalle
Brigate Rosse. (ASAPS) ROMA, 5 marzo 2007 – Era una mattina di gennaio,
per la precisione il 28. Padova è ancora sonnolenta quando da alcuni furgoni
scendono uomini vestiti di blu scuro. Indossano passamontagna e contrassegni
particolari. Hanno granate appese al giubbotto tattico, con fucili d’assalto
portati a tracolla con incredibile maestria. Seguono a pochi passi alcuni
uomini vestiti da idraulici, ed entrano in una palazzina. Sono uomini del NOCS,
il Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza, costituito da pochi anni per far
fronte all’emergenza terrorismo. Contro i terroristi, in questo caso le brigate
rosse, il NOCS aveva appena dato il via ad una delle operazioni più brillanti
che la storia delle polizie mondiali ricordano: la liberazione del generale
James Lee Dozier, il militare americano più alto in grado della NATO
dell’epoca. Un’operazione chirurgica, che valse all’Italia l’immediata
telefonata di congratulazioni da parte del presidente degli Stati Uniti Ronald
Reagan. Improta, insieme al comandante Scandurra, fu uno dei direttori di
quell’azione, svolta senza sbavature di sorta. Nel giro di pochi secondi i
terroristi furono catturati senza colpo ferire ed il generale Dozier, 42 giorni
dopo la sua cattura, poté tornare al suo lavoro. Da quel giorno le Brigate
Rosse cominciarono il loro declino, mentre la carriera di Umberto Improta è
stata costellata di successi operativi, adeguata al suo crescente peso nella
sicurezza del nostro stato. Classe 1932, il prefetto Umberto Improta ci ha
lasciato troppo presto, quando ancora un uomo della sua levatura aveva ancora
molto da dare alla nostra società. Il suo nome non è stato però dimenticato,
tanto che proprio nei giorni scorsi, 7 operatori di polizia sono stati
insigniti di un premio che porta il suo nome, giunto ormai alla quarta edizione.
Si tratta di un riconoscimento per “l’impegno profuso in attività di servizio volta
alla prevenzione e repressione di fatti di criminalità e terrorismo”: la
commissione ha assegnato gli attestati all’ispettore capo Armando Corallo, all’ispettore
capo Alberto Sanna, al sovrintendente Roberto Moranti, all’assistente Francesco
Calabrò, all’assistente capo Michele Pellegrino, all’assistente Marcello
Esposito ed all’assistente Matteo Savoia. Alla cerimonia, il figlio del
prefetto di ferro, Maurizio, oggi dirigente dell’Ufficio Immigrazione della
Questura di Roma e quindi avviato sulle orme del padre, al fianco del sottosegretario all’Interno Marcella Lucidi, e
di altri poliziotti di razza, tra cui i vicecapo Giuseppe Pecoraro e Nicola Cavaliere,
il prefetto di Roma Achille Serra ed il questore della capitale Marcello Fulvi.
Il pensiero vola a tutti i nostri caduti, in particolare a Nicola Calipari,
ucciso il 4 marzo |
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