Foto Coraggio
Non c’è nessun sindacato del Comune sulla possibilità per i disabili di
circolare liberamente in città. Si è conclusa con questa massima la querelle
tra un utente della strada proveniente dall’Abruzzo ed il Municipio di
Arezzo che, in linea con il regolamento comunale, gli aveva rifilato una multa
invece che un biglietto di benvenuto in città. Ma quel che è peggio, è che non
si trattava affatto di una vista di piacere, poiché l’utente aveva in realtà
accompagnato il figlio diversamente abile svantaggiato nella capacità di
deambulazione. Una volta parcheggiato il veicolo, l’automobilista ospite aveva
pensato di aver assolto ad ogni obbligo esponendo il contrassegno previsto
dalla normativa. Per inciso il modello di questo contrassegno è stato oggetto,
nel tempo, di modifiche legislative e decisioni del garante della privacy che,
in buona sostanza, ne hanno resa più libera la forma. Un tempo, infatti,
l’esemplare doveva essere conforme al prototipo decritto ed illustrato
nell’allegato al regolamento di attuazione del codice; poi, il Garante, con un
atto paranormativo (la direttiva) aveva interdetto di menzionare sul talloncino
da esporre il nome del beneficiario o la targa del veicolo, infine, una recente
normativa ne ha liberata la forma, che ora può presentarsi di colore diverso
rispetto al tradizionale arancio. Di più, il rilascio conferisce il diritto a
fruire di spazi riservati, non solo nel Comune di residenza, ma su tutto il
territorio nazionale. Con queste giuste garanzie, diciamolo, il permesso si è
prestato a qualche abuso. Anche perché l’utilizzo non è solo ad appannaggio del
disabile stesso, ma anche (per ovvi motivi) di chi l’accompagna. Del resto,
mentre in giro per l’Italia si è assistito a qualche bella campagna di
sensibilizzazione di coloro che abusivamente, a rischio dei punti sulla
patente, parcheggiano sugli spazi gialli riservati, nessuna operazione di
comunicazione è stata promossa per sensibilizzare colui che, avendo un disabile
in famiglia, lo lascia a casa e fruisce abusivamente del tagliando per
parcheggiare senza problemi o per accedere a zone precluse al traffico.
Addirittura sono stati denunciati diversi casi in cui il disabile era già da anni
passato a miglior vita, ma i familiari continuavano ad utilizzare il permesso
indebitamente trattenuto nel patrimonio ereditario. In un’poca nella quale
sembra timidamente ridestarsi un certo impegno nella repressione degli abusi,
il Comune di Arezzo deve aver riflettuto proprio su questi problemi prima di
dettare una propria speciale disciplina in materia. Dal momento che il
controllo dell’accesso alla zona a traffico limitato era stato automatizzato ed
avveniva tramite rilevatori elettronici, l’Ente ha contestualmente messo in
opera una serie di facilitazioni per mettere in condizione le persone con
limitate capacità motorie di non risentire delle barriere di accesso al centro
storico. Ha scritto ai portatori di handicap residenti nel Comune di Arezzo, ha
inserito apposita segnaletica con le procedure per l’autorizzazione all’accesso
ed ha provveduto all’indicazione di apposito numero verde per ogni indicazione
sul rilascio. Così, dovendo l’avente diritto, passare da un vaglio preventivo
sulla titolarità delle facilitazioni connesse al permesso, il Comune escludeva
la possibilità di una “sanatoria a posteriori” che lascia spazio ad abusi “in
modo troppo marcato”. Quindi, tornando al nostro caso, l’utente non avendo
osservato la procedura aretina, sancita con tanto di regolamento comunale, è
stato fotografato e multato. Considerandolo un errore marchiano,
l’automobilista si è rivolto al prefetto confidando nell’immediato annullamento
della contravvenzione ma, l’alta autorità, non volendo a sua volta disattendere
il regolamento comunale ha rigettato il ricorso emettendo a sua volta una
ingiunzione di pagare. A questo punto, la questione deve essersi tramutata in
un fatto di principio e quindi, nonostante
la distanza tra Abruzzo dove abitava e Toscana, dove risiedeva il giudice
competente, l’utente ha deciso di presentare opposizione sostenendo una tesi
elementare: il codice della strada prevede che il titolare del contrassegno per
invalidi può circolare liberamente e sostare negli spazi appositamente indicati
anche all’interno della zona a traffico limitato. Per parte sua il giudice non
ha fatto mancare una articolata risposta. Innanzitutto ha verificato la
legittimità della comparsa di costituzione e risposta del Comune di Arezzo, ai
sensi dell’art. 205 L. n. 214 del 1.8.2003 (Nuovo Codice della strada) che
prevede, da parte del Prefetto, la delega della tutela giudiziaria
all’Amministrazione cui appartiene l’organo accertatore, nei giudizi di
opposizione alle Ordinanze-Ingiunzione di pagamento emesse dal Prefetto, a
seguito di ricorso ex art. 203 del codice della strada. Dall’altra parte, però
ha altresì verificato l’esistenza agli atti del processo di una copia di
“concessione parcheggio invalidi” da parte del Comune di residenza dell’utente,
con scadenza 29.9.2008. Passando poi al merito il giudice ha rilevato che nel
caso di specie il conducente aveva con sé il figlio disabile ed il suo status
gli consentiva detti accessi, poiché poteva fruire delle agevolazioni previste
dall’art. 188 stradale, in primis la circolazione nelle zone soggette a
limitazione di traffico. Dalla lettura dell’art. 381/2° comma, 3° periodo del
Reg. di attuazione al codice della strada (D.P.R. n. 495/92), emerge con
chiarezza che il permesso di circolazione di veicoli a servizio di invalidi con
deficit deambulatorio non è vincolato ad uno specifico veicolo ed ha validità
su tutto il territorio nazionale.
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La verifica fatta anche a posteriori, con
utilizzo di strumenti di rilevamento e controllo, negli accessi in ZTL, della
titolarità del permesso in capo a chi si assume trasportato nel veicolo,
incombe sull’Ente, ed è onere dello stesso Comune operare in concreto,
assumendo le iniziative utili ad
evitare abusi. L’osservazione del Comune che un cittadino, nelle condizioni
sopra esposte, deve richiedere preventiva autorizzazione ad accedere alla ZTL
comunicando la targa del veicolo, non è conforme alle norme del vigente codice
della strada, che riservano libertà di accesso nelle ZZ.TT.LL. ai veicoli con
portatori di handicap. Pertanto, la circostanza che si esegua un controllo di
possibili accessi abusivi mediante un sistema di videocontrollo automatizzato
non può comportare una riduzione del diritto di libera locomozione ai soggetti
portatori di handicap. La possibilità di libero accesso deve così essere
garantita solo esibendo il permesso-concessione per invalidi. Appare pertanto
pur sempre giustificabile la condotta del Comune, che notifica il verbale al
proprietario di un veicolo non riconoscibile dal sistema di videocontrollo come
veicolo trasportante un soggetto invalido, proprio perché detta circostanza non
è altrimenti riscontrabile dal Comune se non in un momento successivo, e cioè
in sede di ricorso in opposizione al verbale di contestazione. Ciò rende
pertanto necessaria una attività da parte del ricorrente, volta
all’accertamento giurisdizionale del suo diritto di accesso. Ma il ricorrente
si era attivato in questo senso ricorrendo al prefetto, ed era in quella
occasione che la polizia municipale, invece che dedurre a suo sfavore avrebbe
dovuto propendere per l’archiviazione del verbale. Questo, anche se il
regolamento, sconfinando dalla propria competenza, prevedeva un’altra cosa. Se
ne deducono due oneri opposti ma concorrenti: il disabile, a posteriori, deve
dimostrare di avere titolo all’accesso, il Comune – astenendosi da una
regolamentazione più restrittiva e sfavorevole – deve accoglierne le ragioni
annullando la sanzione. Insomma, il regolamento comunale non può costituire una
virtuale barriera architettonica.
* Funzionario della Polizia di Stato e Docente di Politiche della
Sicurezza Presso l’Università di Bologna
da il Centauro n.109
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