Immagine fin troppo
eloquente (foto DGT)
(ASAPS) ROMA, 15 marzo 2007 – La notizia è passata
inosservata. Strano, a prima vista, dal momento che stiamo vivendo un periodo
nel quale la terribile congiuntura di morti sulle strade ha riportato in alto
l’attenzione sulla sicurezza stradale. Eppure è così: forse perché non si
tratta di multe o forse perché nel nostro paese non c’è l’abitudine ad
affrontare sempre questo tema con scientifica obiettività. La Corte di Cassazione
(sentenza 4954 dell’8 marzo 2007), ha infatti stabilito che il referto medico
stilato al Pronto Soccorso in occasione di un’ispezione cadaverica, effettuata
nei confronti di un ragazzo deceduto a Napoli in uno scontro frontale
(passeggero di auto investita), non può da solo avvalorare l’ipotesi che la
vittima non indossasse la cintura di sicurezza. Questo, anche se la tipologia
di lesioni riportate nell’impatto sono compatibili con il mancato uso del
dispositivo di ritenuta. Attenzione: non conosciamo come si sia svolto il
processo, e quindi non possiamo portare argomenti più consistenti della nostra
perplessità. Certamente i giudici della Suprema Corte avranno avuto i loro
buoni motivi per emettere una sentenza di questo tipo, ma la nostra
preoccupazione (da tecnici della sicurezza stradale) è notevole. Infatti, come
spesso accade quando un accertamento medico del genere finisce nel fascicolo
processuale, la compagnia assicurativa chiamata a risarcire la vittima (in
questo i suoi eredi) non paga l’intero ammontare della cifra stabilita, ma
chiama in causa un concorso di colpa nei confronti del risarcendo, stabilendo
di volta in volta in quale percentuale abbia potuto influire sull’esito finale,
sia questo invalidante o mortale. Si osserva dalla sintesi della sentenza
(attenderemo il testo completo) come la Polizia Giudiziaria
che ha effettuato gli accertamenti urgenti non abbia ben documentato lo stato
delle cinture di sicurezza al momento dei rilievi, verificando per esempio lo
stato dei pretensionatori o interrogando i soccorritori che avevano estricato
la vittima dall’abitacolo: in sostanza manca la fonte di prova, da formare poi
in dibattimento. I medici del pronto soccorso avevano scritto nel referto, che
la causa del decesso del 21enne era dovuta a “trauma cranico, sfondamento della
gabbia toracica ed emitorace destro lacero-contuso”. Lesioni che in relazione
alla “comune esperienza” dei sanitari, erano indubbiamente ascrivibili al
mancato utilizzo della cintura di sicurezza. Per questo motivo, la Corte d’Appello di Napoli
aveva deciso di abbassare il risarcimento in favore dei parenti, stabilendo un
concorso di colpa da parte della vittima nella misura del 30%, ed attribuendo
al conducente del veicolo antagonista – che aveva invaso la corsia opposta
provocando de facto l’evento – una
percentuale del 70. In
altri stati, un nesso causale di questo tipo comporta la perdita di ogni
diritto risarcitorio, proprio per stimolare l’utenza stradale a proteggersi
maggiormente. La Corte
di Cassazione, però, non ha condiviso del tutto lo spirito dei giudici
napoletani, affermando che in mancanza di elementi diretti di prova (sarebbe
stato importante approfondire l’investigazione proprio su quegli elementi) e
“di una specifica indagine sulla cinematica dell’incidente e sull’accertamento
sul mezzo dell’uso delle cinture”, non è possibile trarre conclusioni sul
mancato uso dei dispositivi. È ovvio che in circostanze così tragiche, chi è
chiamato al rilievo dell’evento infortunistico sia portato anche emotivamente a
commettere errori. Serve metodo, anche per questo, ed uno specifico
addestramento sui protocolli che l’ex CAPS (Centro Addestramento Polizia
Stradale di Cesena, oggi divenuto interspecialità) ha tante volte elaborato e
trasmesso ai frequentatori dei corsi di specializzazione nei servizi di Polizia
Stradale, ancora oggi fiore all’occhiello per tutta la Polizia di Stato. Un
background che ci dispiacerebbe perdere. La sentenza dunque, da un punto di
vista sociologico, non consente vie di mezzo. La Polizia Giudiziaria,
in questo caso l’organo di Polizia Stradale che interviene, ha il preciso
dovere – anche morale – di annotare ogni singolo particolare. In primis per i
fini processuali, con lo scopo di ricostruire il più fedelmente possibile
quanto accaduto, ed inoltre per tenere alta la responsabilità di ogni
conducente. Esattamente come, sulla scorta di altre sentenze della Cassazione,
chi siede al volante deve assicurarsi che tutti i passeggeri trasportati –
anche quelli seduti posteriormente – viaggino allacciati, pena una consistente
attribuzione della responsabilità civile e penale in caso di incidente. (ASAPS)
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