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Articoli 16/03/2007

“Velocità Virtuale: un nuovo concetto per comunicare i paradossali effetti della distrazione durante la guida”

da "il Centauro"
"Velocità Virtuale: un nuovo concetto per comunicare i paradossali effetti della distrazione durante la guida"
di Franco Taggi*

 


Foto Coraggio

Introduzione

 Domanda: “Andreste a 200 km/h con la vostra auto?”.  
Alcune possibili risposte: - in genere, vado anche più veloce: ho una macchina che è una bomba! - vorrei, ma non posso: la potenza della mia auto non me lo consente; - me ne guarderei bene: non sono così imprudente da mettermi in una tale situazione. A parte la prima risposta, che si commenta da sola, le altre due sottendono un desiderio che non ha modo di concretizzarsi per motivi puramente tecnici ed un rifiuto di porsi in una condizione che si ritiene ad alto rischio. In questo articolo, introducendo un nuovo concetto, quello di “Velocità Virtuale”, mostreremo come, se non si tiene ben desta l’attenzione durante la guida, ci si possa trovare inconsapevolmente in una situazione di tal fatta, sia a bordo di una utilitaria, come pure guidando con intelligenza un veicolo potente.  

La velocità “reale” 

 Dovendo successivamente parlare di “velocità virtuale”, sarà bene definire con precisione quello che comunemente intendiamo con il termine “velocità”. Il concetto di “velocità” deriva dalla fisica ed è, nella sostanza, qualcosa che caratterizza la rapidità del moto. Come qualcuno ricorderà, anche per esperienza scolastica, si tratta di rapportare uno spazio ad un tempo. Un rapporto, in fondo: velocità=spazio/tempo. In generale, dividendo lo spazio percorso per il tempo impiegato a percorrerlo, otteniamo questo indicatore della rapidità del moto che – nell’ambito del discorso che stiamo facendo - caratterizza la celerità (media) dello spostamento del nostro veicolo. Quando la lancetta del tachimetro, che fornisce la velocità istantanea della nostra auto, si posiziona ad esempio sui 100 km/h, essa ci segnala che, mantenendo questo stato di moto, in un’ora percorreremo la distanza di 100 km. Come ho più volte avuto modo di sottolineare, la percezione che abbiamo della rapidità del moto risente molto delle unità di misura (prima, ad esempio, abbiamo usato i chilometri per lo spazio e le ore per il tempo). In termini puramente fisico-matematici, che si impieghino chilometri o millimetri, come pure ore o microsecondi, non fa differenza: la velocità è sempre quella, anche se espressa da numeri diversi. Invece, in termini psicologici… non è la stessa cosa. Il nostro cervello sembra assai sensibile alle unità di misura nel trasformare l’informazione “velocità” in qualche cosa di utile in termini di comportamento. Fate un piccolo esperimento su voi stessi. Che impressione vi suscita qualcosa come “40 km/h”? Probabilmente, l’idea che immediatamente sorge nella mente dei più è quella di una velocità assai contenuta (anche io, confesso, ho questa impressione). Tuttavia, se passiamo dai km/h ai metri al secondo (m/s), nella nuove unità di misura apprendiamo che ci stiamo muovendo a circa 12 m/s (11.2 m/s, per l’esattezza). E ora, l’impressione cambia, nel senso che la rapidità di questo moto non sembra cosa da “poco”: 12 metri (in un secondo) rappresentano una distanza di tutto rispetto, ben percepibile dal nostro senso comune. In due secondi, poi… sono 24 metri; e 24 metri sembrano “tanti”. Un campione di Formula Uno, sorpreso qualche tempo fa a guidare in centro abitato a 148 km/h (che anche in queste unità appare una velocità ragguardevole), si stava muovendo a 41 m/s; un importante amministratore, colto recentemente a guidare in autostrada a 311 km/h (sic!), volava basso a… 86 m/s. Facciamoci aiutare da Dante per capire come passa il tempo: “Nel mezzo del cammin di nostra vita…”: per recitare questo verso che tutti conosciamo ci si mettono circa 3 secondi. In questo batter d’occhio, il campione percorreva 123 metri, l’altro ben 258 metri. Quanto abbiamo visto è relativo alla velocità così come comunemente la intendiamo. Per non fare confusione, nel seguito la chiameremo “velocità reale” (o “velocità fisica”).

La velocità “virtuale”  

 La guida consiste in una continua interazione tra Uomo-Ambiente-Veicolo. Nei fatti, il conducente aggiusta traiettoria e velocità in base a quello che vede sulla strada. Ed è un processo continuo. Entrando maggiormente nel merito, in primo luogo egli deve percepire quello che c’è sulla strada; poi, analizzando i segnali pervenuti (in genere visivi), rendersi conto di cosa si tratta; poi, ancora, decidere se c’è da fare qualche aggiustamento; infine, se del caso, farlo. E’ quella che noi chiamiamo “Catena PERIDEA”©, ovvero Percepire- Riconoscere-Decidere-Agire. L’azione, una volta attivata, si concretizzerà in un aggiustamento della traiettoria, in un aumento-diminuzione della velocità, in altro ancora. Ma, per pervenire a questo (per esempio, per premere il piede sul pedale del freno), la PERIDEA va comunque percorsa. E ciò richiede un certo tempo. In genere, si assume che, in media, il tempo in questione sia intorno ad un secondo (anche alla luce del fatto che alcune situazioni sono inattese, non immediatamente riconoscibili, ed includono perciò un fattore “sorpresa” che comporta anch’esso un po’ di tempo per essere metabolizzato). Questo secondo, più o meno, di cui stiamo trattando, viene chiamato “tempo di reazione” (qualche realista, o menagramo che sia, lo chiama “tempo morto”); lo spazio percorso in questo tempo, viene invece indicato come “spazio di reazione”. Sicché, se stiamo a 100 km/h e scopriamo che è necessario arrestare il nostro veicolo, cominciamo a premere il pedale del freno dopo aver percorso ben 28 metri. Prendiamo a riferimento questo secondo di tempo necessario per attivare l’azione ed immaginiamoci qualche situazione in cui possiamo facilmente trovarci guidando la nostra auto. Siamo a 100 km/h e, improvvisamente, ci cade qualcosa nell’abitacolo (una sigaretta accesa, ad esempio). Decidiamo di raccoglierla e supponiamo che nel farlo ci si mettano 2.5 secondi. Ora, se malauguratamente in quel mentre si presenta qualcosa lungo la nostra traiettoria, a causa di questa banale distrazione inizieremo ad accorgerci dell’ostacolo dopo 2.5 secondi: avremo quindi percorso 70 metri prima ancora di attivare la catena PERIDEA (che, nell’ipotesi formulata, richiederà poi un secondo). Conseguenza del tutto, cominceremo a frenare (se avremo deciso che dobbiamo arrestarci) dopo 98 metri (70m + 28m), non già dopo 28. E non è poco. D’altra parte, non è insensato chiedersi a che velocità saremmo dovuti andare per percorrere tale spazio di reazione qualora non fosse intervenuta la distrazione di cui sopra. Se il nostro tempo di reazione (in condizioni normali) è pari a un secondo, questa velocità “virtuale” sarà quella che, in pieno stato di attenzione, ci farà percorrere in un secondo 98 metri prima di cominciare a frenare, ovvero 98 m/s. Per passare dai km/h ai m/s si usa il fattore 0.28 (1 km/1 ora = 1000 m/3600 s =0.28); per passare dai m/s ai km/h va usato invece il fattore 3.6 (che è l’inverso di 0.28). Possiamo, adesso, fare facilmente il conto che ci interessa: 98* 3.6 = 352 km/h! Avete letto bene: 352 (352.8, per la precisione). Il risultato è davvero paradossale, non intuitivo: andando a 100 km/h, per quella piccola distrazione, verremo a trovarci in una situazione che sarebbe “normale” se stessimo viaggiando attenti a più di 350 km/h. Questa velocità, che ho chiamato “velocità virtuale”, andrebbe sempre tenuta presente: ogni occasione di distrazione ci farà virtualmente viaggiare con una rapidità sensibilmente superiore a quella fisica. E questo vale per qualsiasi velocità. Ad esempio, se quello che abbiamo visto in precedenza succede a 50 km/h, dove ci muoviamo a 14 m/s, lo spazio percorso prima di cominciare a frenare (spazio di reazione) sarà di 14*3.5=49 metri. La velocità “virtuale” risulterà perciò, nell’ipotesi fatta sul “normale” tempo di reazione, pari a 49 m/s. Convertendo questa col fattore 3.6, avremo in corrispon- denza un valore pari a 176.4 km/h! In formule, la relazione che lega la velocità virtuale alla velocità reale è, con chiara scrittura.

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In altre parole, la velocità virtuale è data dalla velocità reale moltiplicata per il rapporto tra tempo di reazione al momento e tempo di reazione normale del soggetto.

Velocità virtuale ed energia  

 La velocità virtuale riguarda solo lo spazio di reazione, non già quello di frenata, che è relato all’energia cinetica. In altre parole, il nostro spazio di reazione, riferendoci all’ultimo esempio, sarà quello che in condizioni di attenzione avremmo percorso a 176 km/h, ma l’energia da smaltire – per fortuna - rimarrà sempre quella relativa alla velocità fisica, ovvero ai 50 km/h. Resta, comunque, il fatto che la distrazione ha allungato sensibilmente lo spazio di reazione: il che comporta, diciamolo senza tanti giri di parole, quasi sempre dei guai. Se pensiamo che lo spazio di reazione può essere accresciuto non solo dalla distrazione ma anche da certe indesiderabili condizioni del conducente che inevitabilmente allungano i tempi di reazione, quali stato di ebbrezza, influenza di sostanze psicotrope, sonno, stanchezza e quant’altro, si comprende come la prevenzione di queste condizioni sia premessa vitale per una guida sicura.

Conclusioni

La morale della favola è dunque che non solo conviene essere costantemente vigili, ma anche tenere una velocità moderata (moderata in funzione della strada e di quello che sulla strada si trova: ad esempio, 50 km/h non sono una velocità moderata in zona urbana, ma rappresentano il limite massimo di velocità permessa). Ma non è tutto: sulla strada ci sono poi anche gli altri. Supponiamo, per semplicità, di incontrare un conducente proveniente dalla direzione opposta, cui capiti esattamente quello che è successo a noi (stessa velocità, stessa distrazione, stesso tempo di reazione, ecc.): il problema non sarà dato ora solo dai nostri metri in più, ma anche dai suoi! E ridendo e scherzando (si fa per dire…) ci troveremo ad avere ambedue a che fare con tanti metri di troppo, che potrebbero portarci a fare una reciproca conoscenza non particolarmente felice. Nella guida dovremmo sempre tener conto che i nostri errori possono spesso sommarsi a quelli degli altri. Parlando senza troppi eufemismi, la strada è piena di incoscienti al volante: l’attenzione costante, una velocità moderata e una corretta distanza di sicurezza sono tre potenti armi per neutralizzare l’imprudenza altrui. E, usando ancora una spietata franchezza, se non possiamo evitare che degli incoscienti guidino le altre macchine, cerchiamo almeno di far sì che la nostra auto non sia guidata da un incosciente.

*Reparto “Ambiente e Traumi” Dipartimento Ambiente e connessa Prevenzione Primaria Istituto Superiore di Sanità



Nota 1: questo articolo è tratto dal libro “L’Onda Lunga del Trauma: Prima, Durante, Dopo, Poi… e Poi Ancora”, a cura di Franco Taggi e Pietro Marturano (di prossima pubblicazione).
Nota 2: i principi e gli obiettivi della Comunicazione Ostensiva sono stati descritti nell’articolo: F.Taggi “Per una comunicazione “ostensiva” dei messaggi sulla sicurezza stradale (e non solo)”, in F.Taggi (a cura di) “Sicurezza Stradale: verso il 2010”, ed. ISS, 2005, pag. 239-250, scaricabile dal sito www.iss.it/stra).
Nota 3: la Catena PERIDEA è stata per la prima volta introdotta nell’articolo: F.Taggi, P.Marturano “La percezione del rischio e il rischio della percezione: il caso della sicurezza stradale”, in F.Taggi (a cura di) “Aspetti sanitari della sicurezza stradale”, ed. ISS, 2003, pag. 355-362, scaricabile sempre dal sito ). Da questo stesso sito sono poi scaricabili altri nostri articoli di interesse per la sicurezza stradale.
 


 

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Legenda
La tabella riporta, per diverse velocità, alcune grandezze che quantificano certe conseguenze derivanti dalla distrazione alla guida nel caso di un soggetto che normalmente risponde con un tempo di reazione di 0.7 s (e che invece, nella situazione ipotizzata, impiega 2.5 s). Se supponiamo che egli viaggi a 100 km/h (si segua la riga corrispondente), egli percorre 27.8 metri al secondo. In condizioni normali il soggetto risponde in 0.7 s, e tocca quindi il pedale del freno dopo aver percorso 19.4 m. In condizioni di distrazione, dove in questo caso risponde dopo 2.5 s, comincerà a frenare dopo 69.4 m, percorrendo in più 50 m rispetto alle sue condizioni di normale attenzione. Questo rappresenta un incremento dello spazio di reazione pari a circa 257%. La sua velocità virtuale, quella che in condizioni normali di attenzione avrebbe necessariamente implicato uno spazio di reazione di 69.4 m, risulta essere di 357 km/h (circa 99 m/s).

da il Centauro n.110


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Franco Taggi

da "il Centauro" Appunti di Comunicazione Ostensiva
Venerdì, 16 Marzo 2007
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