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Articoli 19/03/2007

Autovelox e telelaser: uno per tutti

da "il Centauro"
Autovelox e telelaser: uno per tutti
di Michele Leoni*
 

La Corte di Cassazione ha di recente ribadito un principio, che più che di diritto, sembra di buon senso. Riguarda la annosa e dibattuta questione dell’affidabilità degli apparecchi elettronici di rilevazione della velocità. Con la sentenza n. 15324 del 5.7.2006, la Corte ha infatti affermato che “in tema di rilevazione dell’inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a mezzo di apparecchiature elettroniche (nella specie, “telelaser”), la preventiva omologazione dell’apparecchiatura da parte del Ministero dei lavori pubblici, prescritta dagli artt. 142, comma sesto, del codice della strada e 345, comma secondo, del relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495), ha ad oggetto esclusivamente il tipo di strumento, mentre non è necessario che ogni singolo strumento rilevatore sia sottoposto a specifica e distinta omologazione ministeriale; né, in difetto di ogni previsione normativa in tal senso, l’omessa indicazione nel verbale di accertamento dell’infrazione dei dati relativi all’omologazione del tipo di strumento impiegato, ove questa comunque sussista, può ritenersi causa di invalidità dell’accertamento stesso”. Dalla stessa sentenza è stata poi tratta un’altra massima, complementare e coerente, secondo la quale: “in tema di rilevazione dell’inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a mezzo di apparecchiature elettroniche (nella specie, “telelaser”), né il codice della strada (art. 142, comma sesto) né il relativo regolamento di esecuzione (art. 345 d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495) prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso: giacché, al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse all’idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica dell’attrezzatura a pregiudicarne l’efficacia”. Parlavamo di buon senso. Ebbene, occorre considerare che gli apparecchi elettronici di rilevazione della velocità, prima ancora che strumenti di accertamento di cui dispone l’autorità di polizia, sono prodotti del mercato, contraddistinti da una particolare (e avanzata) tecnologia, i quali, come tutti i prodotti del mercato costruiti in serie, vengono venduti in esemplari uguali l’uno all’altro, secondo un modello precostituito e classificato. Certo, vengono venduti all’autorità di polizia perché questa ne faccia un uso di polizia (accertamento e repressione di violazioni), ma ciò non cambia la loro matrice originaria, ossia la loro natura di prodotti industriali. Come ogni prodotto industriale fatto in serie, quindi, anche per essi opera la presunzione che ogni esemplare riproduca integralmente le caratteristiche e gli attributi del modello testato (alias approvato, classificato, e via dicendo) ai fini dell’immissione sul mercato. Per meglio capire (questa semplice e banale questione), facciamo l’esempio di un farmaco acquistato in farmacia. Sarebbe ridicolo che chi lo compra pretendesse che la singola confezione che egli compra (come ogni altra singola confezione) fosse stata sottoposta a tutta la serie di controlli, test, sperimentazioni che hanno contraddistinto lo studio dell’efficacia di quel (tipo di) farmaco da parte del Ministero della Salute e/o da Commissioni varie. Come sarebbe assurdo che lo stesso utente compratore pretendesse che il farmaco, prima di essergli consegnato, venisse provato su qualcun altro disponibile a fare da cavia (forse, il farmacista, che si assume il rischio e la responsabilità della vendita). Lo stesso discorso va ripetuto per qualsiasi prodotto del mercato, tipo un’automobile, un televisore, un computer, eccetera eccetera. Gli esempi sono infiniti. Obiettare che il singolo autovelox o telelaser debba essere omologato come il prototipo originale, e/o che venga testato e provato in corso d’opera o preventivamente, magari con una procedura soggetta a verbalizzazione, ogni volta e ogni giorno che se ne fa uso sulla strada, quindi, è solo un espediente, non certo intelligente, per sollevare inutili sofismi, ossia per questionare a vuoto. E’ chiaro che ogni singolo apparecchio, come ogni singolo prodotto, può, inopinatamente, presentare guasti o difetti di costruzione o di funzionamento, ma, perché si effettuino accertamenti al riguardo, occorre che vi siano elementi o sintomi rivelatori. Non si può, in via aprioristica, con una ingiustificata mala fede, partire dal presupposto opposto, che vi possa comunque essere un vizio, che deve essere accertato. E poi, perché un criterio di questo genere dovrebbe valere solo per gli strumenti con cui si fa attività di polizia, e non per ogni normale acquisto privato di beni industriali? Anche tutti i produttori e tutti gli utenti dovranno essere uguali davanti alla legge, o no?

 
*Gip presso il Tribunale di Forlì


da il Centauro n.110

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di Michele Leoni*

da "il Centauro"
Lunedì, 19 Marzo 2007
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