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Corte di Cassazione 20/03/2007

Giurisprudenza di legittimità - Veicoli - Tassa di circolazione - Pagamento - Art. 5, comma 32, D.L. n. 953/82 - Disciplina - Collegamento della cessazione dell’obbligo del tributo con la cancellazione del veicolo dai registri del PRA - Portata - Limiti.

Cass.Civ., Sezione V, 28 aprile 2006, n. 10111

 

L’art. 5, comma trentaduesimo, del D.L. 30 di­cembre 1982, n. 953, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53, che ha trasformato la tassa di circolazione in tassa di possesso, disponendo che al pagamento della tassa sono tenuti coloro che alla scadenza del termine utile per il pagamento stabilito risultino essere proprietari dal pubblico registro automobilistico, per i veicoli in essi iscritti, e che l’obbligo di corrispondere il tributo cessa con la cancellazione dei veicoli dai predetti registri, non condiziona l’esistenza dell’ obbligazione tributaria al dato formale dell’iscrizione, con la conseguenza che essa cesserebbe, in caso di perdita del possesso, soltanto a seguito della cancellazione per annotazione sul pubblico registro automobilistico della perdita della disponibilità del veicolo, ma pone soltanto una presunzione relativa di appartenenza del veicolo a colui che secondo detta pubblicità ne risulti titolare, che può essere esclusa dalla prova contraria dell’avvenuta perdita del possesso. (D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, art. 5) (1).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il contribuente indicato in epigrafe conveniva dinanzi al Tribunale di Messina il Ministero delle Finanze e R. A. impugnando la cartella di pagamento relativa alla tassa automobilistica dell’anno 1988 concernente un’autovettura da lui venduta a R. A. nel 1984.
L’adìto tribunale rigettava la domanda avanzata nei confronti del Ministero delle Finanze e condannava la convenuta R. a rifondere all’ A. quanto dallo stesso versato al Ministero a titolo di tassa automobilistica.
La Corte di appello di Messina, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la sentenza impugnata da A. G..
Con atto notificato in data 22 marzo 2000 a R. A. ed al Ministero delle Finanze, A. G. ha proposto ricorso per cassazione sostenuto da due motivi con i quali ha dedotto rispettivamente: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c,p.c, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, con il quale ha rilevato che la Corte territoriale si è limitata a far propria la sentenza di primo grado senza fornire adeguata motivazione in ordine ai motivi di appello; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 5, trentaduesimo comma, D.L. 953/82, convertito in L. 53/83 allegando, al riguardo, che secondo giurisprudenza della Corte costituzionale e della stessa Cassazione l’iscrizione nel PRA, anche ai fini fiscali, costituisce presunzione relativa e non assoluta.
Il Ministero delle Finanze con atto del 25 settembre 1999 ha chiesto di essere informato dell’udienza per la discussione orale,
Nessuno si è costituito per R A..
Osserva il Collegio che risulta manifestamente infondato il primo motivo del ricorso in quanto secondo giurisprudenza di Cassazione la motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame è legittima purché il giudice di appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima sia pur sinteticamente le ragioni della conferma della pronunzia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto. Deve viceversa essere cassata la sentenza d’appello quando la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta in alcun modo di ritenere che all’affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di impugnazione (Cass. n. 7182 del 1997 rv. 506399; n. 985 del 2000; rv. 533265, n. 4485 del 2000; rv. 535485, n. 13087 del 2001; rv. 549821, n. 3066 del 2002; rv. 552748, n. 7713 del 2002). Nella specie, il giudice di appello non si è limitato ad un mero rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, ma ha puntualmente argomentato confutando i due motivi di appello proposti dal ricorrente.
Il secondo motivo del ricorso è, invece, manifestamente fondato. La giurisprudenza di questa Suprema Corte è, infatti, consolidata nel ritenere che l’art. 5, comma trentaduesimo, del D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53, che ha trasformato la tassa di circolazione in tassa di possesso, disponendo che al pagamento della tassa sono tenuti coloro che alla scadenza del termine utile per il pagamento stabilito risultino essere proprietari dal pubblico registro automobilistico, per i veicoli in essi iscritti, e che l’obbligo di corrispondere il tributo cessa con la cancellazione dei veicoli dai predetti registri, non condiziona l’esistenza dell’ obbligazione tributaria al dato formale dell’iscrizione, con la conseguenza che essa cesserebbe, in caso di perdita del possesso, soltanto a seguito della cancellazione per annotazione sul pubblico registro automobilistico della perdita della disponibilità del veicolo, ma pone soltanto una presunzione relativa di appartenenza del veicolo a colui che secondo detta pubblicità ne risulti titolare, che può essere esclusa dalla prova contraria dell’ avvenuta perdita del possesso (cfr. per tutte Cass. 8176/97).
Conseguentemente, pronunciandosi sentenza in camera di consiglio ex art. 375, secondo comma, c.p.c., rigettandosi per manifesta infondatezza, il primo motivo di ricorso e in accoglimento, per manifesta infondatezza, del secondo motivo del ricorso, la sentenza di appello va cassata con rinvio, anche per le spese della presente fase di legittimità, ad altra sezione della Corte di appello di Messina. (Omissis). [RIV-0612P1152]


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Martedì, 20 Marzo 2007
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