(ASAPS) ROMA, 26 marzo – Lo straniero che entri in Italia
con il visto Schengen e che non abbia eseguito i controlli frontalieri, non può
essere espulso. Lo ha stabilito la corte di Cassazione, che ha annullato con
una propria sentenza un decreto di espulsione adottato dal Giudice di Pace di
Imperia nei confronti di un senegalese entrato nel nostro paese senza farsi
annotare il visto d’ingresso italiano sul proprio passaporto, ma che aveva precedentemente
ottenuto quello Schengen. Il cittadino extracomunitario aveva impugnato la
sentenza del GdP, disponendo ai propri avvocati di procedere avanti col ricorso
fino alla Suprema Corte, ottenendo alla fine piena soddisfazione. Infatti, “qualora
lo straniero sia in possesso di regolare documentazione per fare ingresso in
Italia – dicono i magistrati di piazza Cavour – la previsione di espulsione
correlata alla sottrazione ai controlli di frontiera, e cioè al fatto dell’introduzione
senza che lo straniero abbia sottoposto la sua regolare documentazione di
accesso alla verifica del personale di polizia addetto ai valichi, non è integrata
dalla mancata apposizione del visto o timbro di ingresso sul passaporto”. Non è
insomma, a parere della Suprema Corte, un passaggio necessario, visto che il
significato del timbro d’ingresso “rileva” esclusivamente per fissare una data
entro la quale (otto giorni dall’apposizione del visto), lo straniero debba
presentare domanda per l’ottenimento del permesso di soggiorno. “Il possesso
del visto Schengen da parte del cittadino extracomunitario presente nel
territorio italiano – aggiungono i giudici romani – lascia presumere (salvo
specifica prova del suo ingresso clandestino ovvero con falsificazione dei
documenti) che lo straniero abbia fatto legittimo ingresso nello Stato, sottoponendo,
alla verifica da parte del personale addetto ai valichi di frontiera, la
propria documentazione di accesso, rimanendo peraltro aperto l’ulteriore
problema della mancanza di un titolo di soggiorno”, che diviene rilevante per
l’espulsione solo per la mancanza di un lavoro stabilmente retribuito o di un
ricongiungimento familiare, piuttosto che per sottrarsi al controllo. Morale:
senegalese felice (non sappiamo se disponga già di un permesso di soggiorno) e
prefettura di Imperia condannata a pagare le spese di giustizia, pari a 1.800
euro. (ASAPS)
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