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Articoli 10/04/2007

Osservatorio Contromano, 2006 un anno di sangue

12 mesi al setaccio rivelano dati inaspettati e soprattutto cruenti: 46 eventi, quasi tutti sulla viabilità maggiore, costati la vita a 21 persone
Stretta la correlazione con l’alcol
Il caso degli anziani
da "il Centauro"
Osservatorio Contromano, 2006 un anno di sangue
12 mesi al setaccio rivelano dati inaspettati e soprattutto cruenti: 46 eventi, quasi tutti sulla viabilità maggiore, costati la vita a 21 persone. Stretta la correlazione con l’alcol. Il caso degli anziani
di Lorenzo Borselli



S
i fa davvero presto a dire che si tratta di un fenomeno occasionale: l’osservatorio sul “contromano” istituito presso l’Asaps, ha rilevato che in realtà si tratta di una manovra purtroppo consueta, con un potenziale di letalità impressionante. La ricerca si è articolata osservando 46 tra gli episodi segnalati dalla cronaca, dai quali è stato possibile – con le dovute verifiche – estrapolare i dati che potessero fornire informazioni complete sulla scena di quello che non può essere considerato un semplice incidente stradale. Per ottenere un quadro completo, è stata operata innanzitutto una distinzione sul contesto di strada, cercando di prendere in esame solo gli eventi verificatisi in carreggiate a senso unico di marcia, per cercare di non inquinare la ricerca con episodi con una diversa eziologia, riconducibile a manovre di sorpasso, a distrazioni o sbandamento. Asaps ha eseguito in passato due corpose inchieste giornalistiche sul fenomeno, cercando di attingere a dati esteri e proponendo soluzioni immediate per porre rimedio a tali condotte, partendo però da fatti di cronaca molto cruenti: l’ultimo, in ordine di tempo, l’episodio avvenuto in A5 nel mese di agosto 2006, costato la vita a 3 persone. Per sopperire alla carenza di dati italiani (si pensi che nella sola Austria ne sono stati monitorati 521 nel 2005), si è dunque istituito un sistema di monitoraggio al quale – mediante speciali alerts e informazioni acquisite dalla stampa – affluissero le informazioni da passare poi al setaccio. Si tratta, con ogni probabilità di dati incompleti, non sufficienti a dare un’idea delle dimensioni complessive del fenomeno, ma perfettamente in grado di dimostrarne l’insidiosa incidenza e, soprattutto, la pericolosità: su 46 episodi monitorati, sono stati osservati 10 episodi mortali con 21 vittime e 28 feriti, alcuni dei quali irrimediabilmente segnati, nel corpo e nella mente, da esperienze tanto devastanti quanto istantanee e, purtroppo, non volute. In 12 casi, pari al 26% del totale l’intervento delle forze di polizia è stato provvidenziale e ha evitato una probabile tragedia. L’interesse scientifico, se così possiamo definirlo, per un fenomeno infortunistico molto particolare, è ovviamente duplice: preme conoscere la portata effettiva delle sue conseguenze e nel contempo approntare le difese da questo tipo di violenza stradale, innescata sempre dal fattore uomo, in parte favorita da una stretta correlazione di numerosi comportamenti trasgressivi, che a nostro parere trasmutano la colpa in dolo eventuale (il caso della guida in stato di ebbrezza), in parte operata da soggetti colpevoli solo di aver perso l’orientamento o di essere rimasti vittime di stati di agitazione psicomotoria: crisi di panico o semplice perdita di attenzione, cosa questa che capita spesso agli anziani. Vi è comunque, da non dimenticare, una terza fattispecie di fattori favorenti (purtroppo scarsamente presa in considerazione), riconducibile alla segnaletica – carente o non perfettamente visibile in talune condizioni atmosferiche (pioggia o nebbia, perlopiù) – oggetto di accurati studi all’estero, in Svizzera in particolare. La ripartizione tra giorno e notte è assolutamente perfetta, con 23 episodi avvenuti dalle 22 alle 6 ed altrettanti nella fascia diurna: c’è da dire però che quelli più terribili avvengono di notte, negli scenari più propriamente autostradali, favoriti dall’assenza di traffico – che consente agli attori di raggiungere velocità più elevate – e dalla minor consistenza di segnalazioni da parte dell’utenza, particolare questo che complica la ricerca del veicolo impazzito. Gli eventi più cruenti sono tutti rilevati tra l’una di notte e le quattro del mattino. Come nel caso di Alessandria del 26 febbraio (ore 4.35, 3 vittime) in A26, o come in quello di Porto Recanati (Macerata) avvenuto due giorni dopo (28 febbraio, ore 4 in punto, un morto e due feriti gravissimi). Questi due incidenti sono solo l’anticipo di una vera e propria serie di sciagure avvenute tra la primavera e l’autunno: il 17 aprile, a Latina, in uno scontro sulla Pontina alle 4 del mattino, muoiono 3 persone; bilancio analogo ad Ivrea (Torino), dove un’auto dopo 45 km di contromano si schianta contro una monovolume, provocando 3 vittime. Sulla sola A22 – teatro frequente di queste tragedie – muoiono 3 persone nel giro di pochi giorni: il 20 agosto, a Prato Isarco, auto a fuoco dopo un frontale, con una donna uccisa sul colpo. Più a sud, il 26 agosto, muore la campionessa di basket Paola Mazzali, uccisa dall’auto contromano di una donna tedesca, anch’essa perita nello scontro. A Cagliari, sull’asse mediano, 4 persone perdono la vita all’alba del 6 ottobre. È dunque la viabilità maggiore che desta maggior preoccupazione, quella caratterizzata da carreggiate separate (una per ogni senso di marcia), teatro dell’89,1% degli impatti. In molti, moltissimi casi (37%) l’alcol è un complice perfetto degli occasionali killer della strada: l’effetto psicoattivo rallenta i riflessi, peggiora irrimediabilmente la capacità di riconoscere la segnaletica o di comprendere le situazioni di pericolo e così è capitato che conducenti in stato di ebbrezza siano riusciti a percorrere – come nel già citato caso di Ivrea – 45 km sulla carreggiata opposta. La medesima arteria, nel 1997, fu teatro di un’operazione della Stradale che bloccò una Fiat Croma condotta da un uomo ubriaco dopo 80 chilometri di corsa verso Saint Vincent. Assume assoluta rilevanza, nell’analisi eziologica del fenomeno, la presenza di anziani (over 65), protagonisti di eventi del genere: si tratta infatti di una percentuale considerevole (28,3%), ma caratterizzata comunque da una letalità tutto sommato bassa. Spesso, in questi casi, la velocità è decisamente più bassa rispetto agli ebbri o agli psichiatrici (6,5%). Inoltre, gli anziani tendono a porsi al volante soprattutto di giorno, ed è dunque evidente che in condizioni di visibilità ottimale e di maggior traffico, la maggior parte di questi eventi si conclude più favorevolmente. Per quanto riguarda la terza età, inoltre, è probabile che una segnaletica mirata (anche di tipo variabile), ma comunque diversa da quella attuale, potrebbe influire positivamente nel pronto riconoscimento della pericolosità della manovra da parte del protagonista. A solleticare la questione, e suggerire adeguate soluzioni, è l’ingegner Salvatore Conte, che ha analizzato a fondo molti dei punti critici – dove nasce il contromano – proponendo opportune soluzioni. Nel caso di normali biforcazioni – frequenti sulle rampe di uscita ed ingresso di strade a carreggiate separate – il tecnico indica che la semplice presenza di un segnale d’obbligo (direzione obbligatoria a destra) potrebbe non essere sufficiente a convincere un conducente provato da situazioni climatiche avverse o da alterazioni della coscienza (stato di ebbrezza o patologie psichiatriche non ancora valutate per il mantenimento dei requisiti) dell’assoluta pericolosità di una svolta a sinistra. Lo stesso, secondo l’ingegnere, potrebbe avvenire anche in prossimità dell’immissione in una carreggiata.

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In condizioni particolari – dice Conte – un conducente potrebbe considerare quella violazione una semplice venialità, senza avere la percezione che l’obbligo segue il divieto assoluto
 di imboccare la strada in altra direzione”. In sostanza, proprio in virtù di una sorta di menomazione, quel conducente commetterebbe la violazione senza nemmeno comprenderne la gravità, trovandosi cioè contromano. Peraltro, in altre precedenti inchieste avevamo suggerito anche noi soluzioni analoghe, ma iniziative di questo genere (da noi documentate in Australia o in Austria), in Italia restano inapplicate. Peraltro, l’impegno economico da parte di Enti proprietari o delle Società concessionarie, sarebbe davvero esiguo. Tornando ai dati osservati, dobbiamo tenere in debita considerazione la minor presenza, in questo segmento, di cittadini extracomunitari (per il 2006 abbiamo considerato tali anche romeni e bulgari). Solo nel 15,2% dei casi, infatti (tutti però erano in stato di ebbrezza), gli autori di eventi del genere sono risultati non europei. È questo un particolare da tenere in debita considerazione per il futuro, suggerendo di evitare facili strumentalizzazioni del tipo: se il killer è extracomunitario, è allarme sociale, se invece l’uccisore è italiano, la colpa è dell’alcol o di altro fattore scatenante. Anche su questo argomento, stiamo cercando di fare chiarezza, ma non è affatto semplice, mancando del tutto una statistica sulla quale confrontarsi. Restano sotto osservazione le condotte generate da persone con problemi psichiatrici (6,5%), ma per le quali l’unica soluzione pare essere la pronta diagnosi della patologia e la conseguente revisione del titolo alla guida. Citiamo l’analoga percentuale relativa agli episodi fantasma, 3 in tutto, capaci di provocare grande allarme sociale ma i cui autori non sono mai stati individuati. Bravi ad invertire la marcia, ma soprattutto fortunati. Parlare di soluzione, al fenomeno, non guasta mai: il fatto è che non si tratta di un argomento di facile sintesi. Dai dati in nostro possesso, ci sembra di poter dire che le persone più a rischio (in termini di autori del gesto) sono i giovani (22-35 anni) di rientro dalle discoteche o in stato di ebbrezza e gli anziani (over 65), che purtroppo confondono gli imbocchi delle autostrade con le uscite. Per i primi, in condizioni psicofisiche alterate, i tentativi di indurli spontaneamente all’arresto del veicolo sarebbero probabilmente vanificati dagli effetti della sbronza. Per quanto riguarda invece gli anziani, il problema maggiore è dettato spesso dal panico che si impadronisce di loro, tanto che in moltissimi casi proseguono la marcia viaggiando alla propria destra (la corsia di sorpasso della corretta direttrice di marcia), senza riuscire a fermarsi. Alcuni tentano fatali inversioni di marcia: sono state rilevate manovre di marcia indietro a veicolo posto di traverso sulla carreggiata, e addirittura disastrosi attraversamenti in prossimità di by-pass, oggi fortunatamente quasi del tutto assenti. Per cercare di limitare i danni, noi pensiamo innanzitutto all’individuazione degli specifici punti neri. Vi sono infatti arterie nelle quali il fenomeno si presenta con maggiore insistenza, vuoi per la conformazione progettuale della strada o per il maggior consumo di alcol che viene effettuato nelle aree geografiche vicine. I black point devono essere oggetto di analisi specifica e per ognuno di questi va studiata un’apposita contromisura: pensiamo all’uso immediato dei portali a messaggio variabile e di altra segnaletica azionabile dalle Sale Operative al momento dell’allarme (con modalità tali da bloccare immediatamente il traffico), ed al ruolo – solo in parte sperimentato in Italia – delle radio Infotraffic (Isoradio per i tratti ASPI, ma non solo). È poi ovvio che si deve intervenire sulla segnaletica orizzontale e verticale nei punti di maggior criticità, esattamente come in Austria ed Australia, segnalando con chiarezza e ripetitività i sentieri obbligati ed i sensi vietati, magari con l’ausilio di segnalazioni anche luminose e acustiche. Ma quel che più auspichiamo, è che qualcuno si decida a considerare il fenomeno, vista la sua letalità, non come una tragica fatalità, ma come una drammatica consuetudine: 46 episodi in un anno non sono pochi. 21 morti non sono uno scherzo. 

Due esempi di criticità nella viabilità

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 - Biforcazione di una rampa adducente alla strada primaria (v. fig.1): l’esistenza della doppia striscia di mezzeria e della freccia direzionale destra a 45° fa ritenere sufficiente la segnaletica per impedire che l’utente imbocchi il ramo contromano. È opportuno affiancare un divieto di accesso in direzione della rampa di sinistra (spesso è indicato ma non sempre).
- Corsia di immissione sulla strada primaria (v. fig.2): la geometria a cuspide molto accentuata e le tabelle “obbligo diritto” sono ritenute sufficienti per l’utente proveniente dalla rampa come impedimento a voltare a sinistra (cioè contromano nella strada primaria), ovvero, all’utente proveniente dalla via primaria, a voltare a destra nella rampa, contromano nella stessa o, peggio, contromano in un’altra via veloce in cui una rampa lo immetterebbe. Si potrebbe aggiungere un segnale d’indicazione obbligatoria diritto per chi percorre l’autostrada e un segnale contenente due indicazioni: freccia obbligatoria sulla destra e direzione vietata sulla sinistra. Ovviamente serve una sperimentazione.

Da  “Il Centauro” n 110 


Di Lorenzo Borselli

da "il Centauro"
Martedì, 10 Aprile 2007
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