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Articoli 29/03/2007

Inchiesta sugli ospedali per la riabilitazione
Visita al S.Bartolo di Vicenza

da "il Centauro"
Inchiesta sugli ospedali per la riabilitazione
Visita al S.Bartolo di Vicenza
di Roberto Rocchi

 

La terza puntata della nostra inchiesta sugli ospedali italiani (e non solo) che si occupano di attività riabilitativa ed in particolare di lesioni midollari e di gravi cerebrolesioni, ci porta questa volta a Vicenza. E’ la prima struttura medico-sanitaria che visitiamo che si inserisce all’interno di un ospedale cittadino, ma ci dimostra ugualmente lo sforzo che medici e personale sanitario svolgono quotidianamente per cercare di assicurare un futuro migliore a tante persone - fra le quali molti giovani - la cui vita appare compromessa dopo un grave trauma avvenuto quasi sempre in occasione di un incidente stradale. Nel contempo, cominciamo a conoscere meglio un settore forse poco noto, ma che in questi ultimi anni ha assunto sempre più rilevanza, anche nel campo della ricerca e dell’innovazione, compiendo passi da gigante ed accomunando le esperienze di casa nostra con quelle internazionali. In quest’ottica, le strutture medico-ospedaliere italiane che si occupano di riabilitazione sono apprezzate anche al di fuori dei confini nazionali, nonostante facciano registrare una lieve carenza di attrezzature e strumenti (ben presenti in altri ospedali europei) e una scarsa diffusione di centri specializzati nelle regioni de Sud. Aspetti, questi, che intendiamo segnalare per stimolare gli enti di governo della sanità pubblica, affinché possano compiere maggiori investimenti e dare sempre più soddisfazione alle esigenze di queste strutture, così importanti non solo per il futuro dei propri pazienti, ma anche per quello delle rispettive e numerose famiglie. (Asaps)



L’ospedale "San Bortolo" di Vicenza è l’unico presidio medico-ospedaliero della città e al suo interno funzionano 32 reparti fra i quali l’unità operativa di "Medicina fisica e riabilitazione" diretto dalla dottoressa Feliciana Cortese. E’ il reparto che si occupa del recupero e della riabilitazione di pazienti affetti da lesioni midollari e cerebrolesioni, a cui fanno necessariamente da riferimento anche altre strutture ospedaliere della regione. All’interno dell’unità sono presenti 36 posti letto (quasi tutti perennemente occupati) oltre ad altri dieci posti letto in regime di day-hospital. La struttura, praticamente inserita nella città, si presenta molto bene ed è immersa in un’area verde che certamente giova a quanti sono costretti soggiornarvi. Il "reparto" è disposto su due livelli, dove nel primo trovano alloggio alcuni ambulatori, una palestra di grandi dimensioni ed altre strutture di riabilitazione. Nel piano superiore, invece, vi sono le camere di degenza, accompagnate anch’esse da altre strutture di base e di uso permanente. Per i lesionati midollari il tempo medio di degenza è compreso tra i 4 ed i 6 mesi, mentre per i cerebrolesi la media varia da 2 a 4 mesi. Naturalmente, come già avvenuto per le altre strutture visitate, la maggior parte dei pazienti (di età molto giovane) proviene dai reparti di rianimazione di altri ospedali e nella maggior parte dei casi i ricoveri sono causati da traumi della strada, sul lavoro e, vista la zona a ridosso della catena alpina, anche da incidenti legati alle pratiche sportive alpine (alpinismo, parapendio, ecc...). Alquanto importante, nell’attività quotidiana dell’unità operativa, è la fase di reinserimento del paziente nel proprio territorio: grazie ad una recente sperimentazione oggi diventata pressoché operativa, è stato dato seguito alla cosiddetta "teleriabilitazione" che riguarda in maniera particolare i cerebrolesi. Personale medico e altamente specializzato, segue dall’ospedale il paziente che si trova in un’altra struttura ospedaliera o persino al suo domicilio ed indica in maniera telematica quali sono le pratiche riabilitative del momento; così facendo il lesionato si trova inserito in un ambiente a lui più congeniale, senza perdere l’apporto professionale dei medici che l’hanno preso in cura e continuano così a seguire l’evoluzione del suo stato fisico. La sperimentazione si è resa possibile grazie anche alla "Fondazione Cariverona", che ha sostenuto gran parte dei costi che ne hanno permesso la completa attivazione. Altra importante caratteristica dell’unità operativa vicentina è rappresentata dalla valutazione degli aspetti comunicativi del paziente, che in gergo medico viene definita "comunicazione aumentativa/alternativa". I pazienti con lesioni gravi e che impediscono loro di comunicare, infatti, vengono comunque messi in grado di colloquiare con l’ambiente circostante, con medici, familiari ed amici e questo grazie a strumentazioni informatiche di particolare innovazione. Fra le varie possibilità, un sofisticato sistema video ad utilizzo "ciliare", permette anche a coloro che non possono fare uso delle mani o della voce di comunicare con gli altri semplicemente sbattendo le ciglia (da qui il nome del sistema). Altrettanto importante - segnala la dottoressa Cortese - anche la preparazione del personale medico e sanitario che non può e non è lasciata alla libera iniziativa: un attento e costante aggiornamento professionale permette di comprendere al meglio le necessità dei ricoverati che non sempre possono esprimersi come vorrebbero o rappresentare talune esigenze. Chiudiamo la visita dell’unità operativa di "Medicina fisica e riabilitazione", analizzando i numeri e le statistiche che riguardano la funzionalità di questo importante reparto ospedaliero. Nel corso del 2006 l’unità spinale (20 posti letto) ha ospitato 62 pazienti di cui 21 tetraplegici; l’unità gravi cerebrolesi (16 posti letto) ha visto il ricovero di 95 pazienti, mentre il day hospital ha sempre lavorato a pieno regime con i 10 posti letto. L’organico dell’unità operativa è infine composto da 10 dirigenti medici, 1 caposala, 31 infermieri, 32 operatori socio sanitari, 2 coordinatori fisioterapisti, 42 fisioterapisti, 5 logopediste e 1 psicologo. 

Unità operativa "Medicina fisica e riabilitativa"
Unità Spinale/Unità Gravi Cerebrolesioni
Dipartimento funzionale di riabilitazione
Direttore: Dott.ssa Feliciana Cortese

13011


Report anno 2006
• Unità Spinale: 20 posti letto
• 62 ricoveri di cui 21 riguardanti tetraplegici
• Unità Gravi Cerebrolesi: 16 posti letto
• 95 ricoveri • Day Hospital: 10 posti letto (a regime)

Organico:
• 10 dirigenti medici;
• 1 caposala;
• 31 infermieri;
• 32 operatori socio-sanitari;
• 2 coordinatori fisioterapisti;
• 42 fisioterapisti;
• 5 logopediste;
• 1 psicologo.
  

Parla la responsabile dell’unità operativa di Medicina fisica e riabilitazione dell’ospedale San Bartolo di Vicenza

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La dottoressa Feliciana Cortese, 56 anni, sposata e un figlio di 27, è da oltre sei anni la responsabile dell’unità operativa di "Medicina fisica e riabilitazione" dell’ospedale “San Bortolo” di Vicenza. Quasi a rasentarne il nome, si dimostra ben disponibile e capace di regalare sorrisi pur vivendo, ogni giorno, in un ambiente dove le persone sanno bene di soffrire e di dover continuare a farlo anche una volta uscite dall’ospedale. Amante di fotografia, teatro, e ballo, non disdegna di assaporare di tanto in tanto qualche buon calice di vino (ma nel rispetto dei limiti precisa scherzosamente) e guida una piccola Fiat Panda che gli permette di muoversi liberamente in città. Per i lunghi viaggi, invece, preferisce il treno, ma non nasconde di essere in compagnia del marito una appassionata “camperista”. Si è laureata nel 1975 a Milano dove si è specializzata in medicina riabilitativa ed ha seguito stage e corsi di aggiornamento nel campo della neurologia. La sua formazione più importante, tuttavia, è avvenuta in Inghilterra, allora all’avanguardia nelle pratiche riabilitative che nel nostro Paese non conoscevano grandi possibilità. Ritornata in Italia ha messo a frutto la sua esperienza all’ospedale "Borgo Roma" di Verona, per essere poi chiamata a dirigere l’unità operativa specializzata di Vicenza al posto del dottor Mauro Menarini, che già abbiamo conosciuto visitando l’ospedale imolese di Montecatone.
Dottoressa Cortese, dal punto di vista medico chi si occupa di riabilitazione raramente riesce a “guarire” il paziente; molto più spesso, invece, limita le conseguenze psicofisiche di una grave lesione ed aiuta la persona ad affrontare più serenamente ciò che lo aspetta una volta fuori dall’ospedale. Non le crea difficoltà questo stato di cose?
"Certamente non è facile spiegare ad una persona, e ad un ragazzo in particolare, cosa gli riserva il futuro nella maggior parte dei casi e come dovrà abituarsi a cambiare radicalmente le proprie abitudini. Però le soddisfazioni avvengono anche
 nel nostro caso e molto spesso abbiamo pazienti che a distanza di anni ci vengono a trovare, magari presentandoci la moglie o i figli e facendo così intendere di essere riusciti ugualmente a crearsi una famiglia."
Però i problemi di carattere pratico rimangono ugualmente...
"Direi proprio di sì. Oggi per una persona che ha riportato gravi lesioni midollari e costretto su di una sedia a rotelle non è facile muoversi. Nonostante la sensibilità su questi aspetti sia aumentata, è ancora notevole la differenza che esiste tra le strutture di aiuto e di sostegno presenti ad esempio in città e quelle situate in provincia. Senza poi considerare una cosa molto importante."
Quale?
"Che il tessuto sociale è radicalmente cambiato: oggi abbiamo persone di 30/35 anni che vivono da single o che non godono più di un nucleo familiare e per costoro diventa davvero difficile poter sopportare le difficoltà quotidiane. Basti pensare che alcune di loro vengono talvolta ospitate nelle case di riposo, le uniche strutture a garantire un’assistenza ventiquattrore al giorno."
Davvero mortificante, possibile non vi sia altro rimedio?
"Guardi che neanche chi ha la fortuna di avere una famiglia alle spalle se la passa tanto tranquillamente. Prenda ad esempio un giovane sui vent’anni, con un padre ed una madre che lavorano e che dunque non possono assistere adeguatamente il proprio figlio se vogliono far quadrare il bilancio familiare. E’ un aspetto, questo, che prima o poi qualcuno dovrà affrontare"
Quali le conseguenze?
"A parte le grandi difficoltà ed il rilevante impegno economico per quanti si trovano in certe situazioni, si è registrato anche qualche caso di suicidio ed ecco perché nella nostra equipe di lavoro è inserito anche uno psicologo che cerca di aiutare non solo il paziente, ma le stesse famiglie e persino noi medici che ci occupiamo della riabilitazione."
 
Cosa servirebbe in Italia per migliorare la riabilitazione medica?
"Innanzitutto più personale, sia medico che infermieristico, adeguatamente preparato e in grado di far fronte alle tante necessità con attrezzature di non sempre facile reperibilità. Poi una maggiore interazione con il tessuto sociale e non a caso noi stessi ci facciamo promotori di alcune iniziative che avvengono nelle scuole o presso gli enti locali che talvolta non conoscono le difficoltà cui va incontro un soggetto affetto da una lesione midollare o un cerebroleso." 

Da "Il Centauro" n 110


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Di Roberto Rocchi

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Giovedì, 29 Marzo 2007
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