Mercoledì 20 Novembre 2024
area riservata
ASAPS.it su
Rassegna stampa 21/05/2005

Rassegna stampa del 20 Maggio 2005

Rassegna stampa del 20 Maggio 2005

 



Da “Il Secolo XIX”    del 20 maggio 2005

Fermato un furgone carico di amianto

Ieri mattina a Lavagna.

La Polstrada ha sequestrato il mezzo e denunciato la ditta che aveva eseguito i lavori edili

F. For.


 

Lavagna. Poteva arrivare a destinazione senza problemi, e finire smaltito chissà dove, in maniera illecita. E in maniera dannosa per l’uomo e per l’ambiente. Ma un controllo della Polizia stradale, un controllo di routine dei documenti e del retro di un furgone Ford Transit, ha fatto scoprire agli agenti un trasporto illecito di quasi un quintale di amianto. L’episodio è avvenuto ieri mattina sull’Aurelia fra Lavagna e Cavi, intorno alle dieci. Aprendo le porte posteriori del furgone, gli agenti della Polstrada hanno trovato lastre di eternit che erano state asportate dal tetto di un condominio di via Previati, a Lavagna, di cui una ditta di Sestri Levante aveva deciso di disfarsi abusivamente. Probabilmente per abbattere i costi dei lavori di bonifica del condominio lavagnese.
La ditta che aveva eseguito i lavori nel palazzo di via Previati ha meritato una denuncia penale e una sanzione di oltre tremila euro dalla Polizia stradale per non aver rispettato le norme sul conferimento della sostanza altamente nociva per l’uomo. Sul posto è intervenuta anche la struttura dell’Asl che vigila sulla sicurezza nei posti di lavoro. Una ditta specializzata ha lavorato quasi tutta la mattina per impacchettare le lastre di eternit, con maschere e tute bianche protettive per non intossicarsi con la sostanza. All’impresa edile sestrese, la Polizia stradale ha sequestrato il mezzo che è stato portato via e resta in deposito presso l’Aci. I sacchi di amianto sono stati depositati in via temporanea nel cortile del distaccamento di polizia stradale di Chiavari. In seguito verranno smaltiti in una discarica specializzata che si trova in Piemonte.
Alla polizia stradale, il conducente del furgone ha dichiarato che doveva portare il materiale a Sestri Levante senza indicare la precisa destinazione. Probabilmente una discarica abusiva dove sarebbe stato nascosto l’eternit. Il fenomeno dello smaltimento illecito di sostanze nocive come l’eternit, come dimostra l’episodio di ieri mattina, risulterebbe non raro nel Tigullio: una scorciatoia nel tentativo di abbattere i costi, evitando le procedure di legge.

 


Da “Il Quotidiano Calabria”   del 20 maggio 2005

Indagati il titolare della concessionaria, irreperibile, la sua segretaria e un funzionario di banca
Autotecnica, indagini chiuse
False immatricolazioni per non pagare le auto alla Toyota



Sono state chiuse nei giorni scorsi, dal pm Roberta Conforti, le indagini relative all’operazione denominata, in maniera significativa, "Sol... truffante". Una serie di raggiri di cui sono state vittime molti cosentini, che avevano acquistato la loro vettura presso la concessionaria Toyota "Autotecnica" di Rende. Il periodo era un momento di boom per la casa giapponese, che aveva immesso sul mercato una nuova utilitaria a prezzi contenuti, ma dalle buone prestazioni. Una macchina che ha avuto un buon successo. A differenza di altre truffe che si sono consumate in città nel settore, le macchine in questo caso venivano regolarmente consegnate. Quello che era taroccato, invece, era la loro immatricolazione. Qualcuno se ne è accorto nell’ottobre del 2002. Avrebbe voluto protestare, ma la concessionaria Toyota non c’era già più. I clienti hanno trovato per giorni e giorni le saracinesche abbassate. Poi hanno saputo che il titolare dell’autosalone, Massimo Ziccarelli, 43 anni di Rende, era uccel di bosco. Anche gli agenti della Polizia stradale lo stanno cercando, ma al momento risulta irreperibile. Con il titolare della concessionaria, gli inquirenti hanno inscritto nel registro degli indagati anche un funzionario di banca, Francesco Costa, 54 anni, difeso dall’avvocato Franz Caruso e Raffaella Palmieri, 46 anni, segreteria della concessionaria, difesa dall’avvocato Roberto Le Pera. La truffa messa su dalle tre persone, secondo le ricostruzioni degli inquirenti era molto complicata. Quando si acquista un’auto, la concessionaria deve rilasciare al cliente anche la dichiarazione per l’immatricolazione, che è il documento ufficiale fornito dalla casa costruttrice, senza il quale non è possibile mettere su strada un veicolo nuovo.
Il documento non è in mano ai concessionari, ma la casa costruttrice li consegna ad istituti bancari che hanno la gestione economica dell’incartamento. Per avere i documenti il concessionario deve versare alla banca un certo importo a titolo di pagamento del veicolo. Secondo gli inquirenti Ziccarelli, tramite la sua segretaria, otteneva illecitamente copie dei documenti necessari all’immatricolazione, senza sborsare nemmeno un euro. La Palmieri si recava in banca da Costa e con una scusa chiedeva di poter visionare i documenti necessari all’immatricolazione. In alcuni casi annotava gli estremi dei documenti, in altri casi li fotocopiava direttamente.Il tutto veniva giustificato da presunte esigenze di controlli amministrativi dell’Autotecnica. Così il funzionario della banca, in buona fede o meno questo lo accerteranno i giudici, apriva personalmente le buste contenenti i documenti e li faceva visionare alla donna. Il titolare della concessionaria, venuto in possesso dei dati, era in grado di riprodurre dei documenti in tutto e per tutto simili a quelli prodotti dalla Toyota. Solo un’attento confronto fra i documenti taroccati dell’Autotecnica e quelli originali, permette di notare le differenze. Sbavature minime, come il colore dello stemma Toyota che si trova al centro del documento; oppure la scritta in basso relativa alla sede della Toyota Motor Italia (l’originale non riporta il capitale sociale, mentre il falso documento si).
Ancora. I documenti originali necessari all’immatricolazione nella parte inferiore hanno due strisce adesive che riportano alcuni dati identificativi del mezzo. Una di queste va applicata sul libretto di manutenzione, l’altra va invece spedita, dal concessionario, all’ufficio garanzie della Casa costruttrice. Gli accertamenti effettuati dalla stradale hanno permesso di stabilire che sui libretti è stata apposta, con della colla, una fotocopia dell’originale, mentre all’ufficio garanzie della Toyota non è stato inviato nulla. Così gli acquirenti dell’Autotecnica si sono accorti della truffa. Chi ha avuto problemi all’auto e voleva la riparazione sotto garanzia, si è visto rispondere picche dai concessionari Toyota (l’Autotecnica nel frattempo era stata chiusa). Ne sono seguite telefonate roventi alla Toyota Italia che ha così scoperto la truffa ai suoi danni. Da qui è partita l’inchiesta. Da qui, ma anche dai dubbi avanzati alla Stradale, da parte di alcuni funzionari della Motorizzazione cosentina. Per prima cosa la Stradale ha effettuato un controllo presso la banca dove lavorava Costa. Delle 73 buste contenenti i documenti necessari all’immatricolazione, ben 69 erano state aperte, nonostante l’espresso divieto stampato sul fronte della busta. Tutti i documenti sono stati sequestrati. Le indagini sono proseguite a ritroso, a partire dai documenti sequestrati, e alla fine sono risultate circa 52 le Toyota immesse irregolarmente su strada dall’Autotecnica. Nei giorni scorsi la chiusura delle indagini. Le parti hanno venti giorni per avanzare le proprie controdeduzioni sui risultati delle indagini. L’ammontare della truffa ammonterebbe a poco più di due milioni di euro. Anche la Toyota, nella persona del suo presidente Norio Kitamura, ha dato mandato ad un pool di legali romani di seguire con attenzione la vicenda. L’intento dei giapponesi è quello di costituirsi parte civile, per i danni economici e di immagine, in un’eventuale processo. Le accuse sono, a vario titolo, di falso in scrittura privata e truffa aggravata. Per il momento il titolare della concessionaria, è irreperibile. Gli inquirenti hanno provato a cercarlo anche in Germania, dove risiedono alcuni suoi parenti, ma senza successo. La Stradale aveva anche sollecitato un’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti, richiesta che al momento non ha avuto seguito.

 


Da “Il Messaggero”   del 20 maggio 2005

Il corteo

«Difendiamo la vita: più controlli sulle strade»


 

Sono scesi in piazza. Silenziosamente hanno sfilato per le vie principali della città. Davanti al corteo uno striscione con le foto dei ragazzi rimasti vittime di incidenti stradali. Nomi e volti sorridenti di giovani che non ci sono più ai quali dovranno aggiungersi, purtroppo, quelli dei ragazzi che hanno perso la vita nei numerosi incide mortali che si sono susseguiti negli ultimi giorni. L’associazione Familiari vittime della strada, ancora una volta chiede aiuto al Prefetto, Salvatore La Rosa, affinche’ provveda ad intensificare i controlli delle forze dell’ordine sulle strade. «Basterebbero piu’ pattuglie – dice Roberto Marzella, vice presidente dell’associazione – multe più pesanti e leggi piu’ severe per indurre gli automobilisti a rispettare il codice della strada». Ma è impensabile provvedere e organizzare pattugliamenti su tutte le strade, il personale è insufficiente. Lo sanno bene anche i membri dell’associazione che addirittura hanno avanzato l’idea di far intervenire l’esercito. Una richiesta forse azzardata ed esagerata. Non per loro.

«I morti per incidenti stradali sulle strade pontine negli ultimi mesi – spiega Giovanni Delle Cave - sono superiori ai soldati morti nella missione italiana in Iraq. Una vera guerra ma qui l’esercito non c’è. A pensarci bene, i ragazzi che hanno deciso di partire per prendere parte alla missione italiana in Medio Oriente corrono meno rischi dei nostri figli che viaggiano tutti i giorni sulle strade di questa provincia». Forse hanno osato, dimenticandosi che i pericoli ai quali vanno incontro i militari sono di gran lunga maggiori. Comunque sul fatto che la sicurezza stradale è un diritto e per nessun motivo deve essere negato hanno ragione.

 


Da “La Sicilia” del 20 maggio 2005

Controlli a tappeto su autobus e camion
M.t.g.


 

Si è chiusa ieri la due giorni di controlli a tappeto sui mezzi pesanti in circolazione in città.
Ad essere impegnata sul fronte delle verifiche è stata la polizia stradale. Siracusa è stata tra le 77 città d’Italia in cui è stata svolta l’operazione Zefiro la cui finalità è quella di garantire la sicurezza sulle strade e il rispetto delle leggi.

Lo specifico servizio di controllo, che ha interessato solo i mezzi il cui peso è superiore alle 3,5 tonnellate, sarà ripetuto ogni settimana in modo da assicurare un accertamento quanto più esteso possibile.
La postazione di controllo è stata sistemata nello spiazzale retrostante il mercato ortofrutticolo di via Elorina.

I controlli, infatti, riguardavano sia l’aspetto amministrativo, ovvero la regolarità di tutti i documenti del mezzo, sia quello tecnico attraverso una verifica dello stato del mezzo, a partire dalle condizioni dei copertoni ai gas di scarico, alle luci.

Le ispezioni hanno portato al fermo di due camion che, oltretutto, erano passati già dalla tradizionale revisione non più di alcuni giorni prima. Il bilancio dell’operazione ha registrato però una notevole differenza numerica tra il primo ed il secondo giorno.

«Evidentemente è scattato il passa-parola tra gli autotrasportatori riguardo la nostra presenza qui. Basta guardare i numeri. Nella mattinata del primo giorno sono passati, e quindi controllati, 10 mezzi pesanti. La mattina successiva solo due», ha commentato il comandante della polizia stradale di Siracusa, Giuseppina Pirrello.

I controlli hanno interessato anche i pullman, compresi quelli turistici.

L’operazione appena conclusa è la prima di una lunga serie. Così come predisposto dal ministero dell’Interno, le verifiche devono avere una cadenza regolare. Per il territorio siracusano si tratterà di un appuntamento settimanale.

 

 


Sabato, 21 Maggio 2005
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK