Merita il risarcimento del danno, anche solo futuro, lo studente che
perde l’anno scolastico, a causa di un incidente stradale. Nella
sentenza in epigrafe la Corte di Cassazione, ribadendo il proprio orientamento
sul punto, ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva respinto la
domanda di risarcimento del danno subito per il mancato conseguimento del
risultato scolastico nell’anno in cui si era verificato il sinistro nel quale
era rimasto vittima il minore, nonché quella di risarcimento conseguente alla
diminuita capacità lavorativa. In
particolare, la Corte precisa che il giudice del rinvio dovrà procedere “all’accertamento ed alla eventuale liquidazione del
risarcimento del danno da mancato guadagno subito dalla vittima, tenendo conto
che, benché non sia configurabile un danno da lucro cessante specificamente
rapportabile al ritardo (in via eziologica riferibile all’atto illecito
produttivo del danno alla persona) nel conseguimento del titolo di studio, di
questa circostanza può essere eventualmente tenuto conto nella misura in cui
quel ritardo stesso allunga i tempi per svolgere la probabile attività
lavorativa (produttiva di reddito) per il cui esercizio il titolo di studio è
necessario”. A
supporto di tale principio di diritto la S.C. richiama il principio,
consolidato in giurisprudenza, secondo cui “il
danno patrimoniale da lucro cessante, per un soggetto privo di reddito e a cui
siano residuati postumi permanenti in conseguenza di un fatto illecito altrui,
configura un danno futuro, da valutare con criteri probabilistici, in via
presuntiva e con equo apprezzamento del caso concreto. Pertanto, se occorre
valutare il lucro cessante di un minore menomato permanentemente, la
liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua
futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o alle sue
inclinazioni, rapportati alla posizione economico-sociale della famiglia,
oppure (nel caso in cui quella previsione non possa essere formulata) adottando
come parametro di riferimento quello di uno dei genitori, presumendo che il
figlio eserciterà la medesima professione del genitore” (V. Cass. 2
ottobre 2003, n. 14678).
(Altalex,
11 aprile 2007. Nota di Tiziana
Cantarella)
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n.
3949/2007
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione
terza civile Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. Paolo Vittoria
-Presidente-
- Dott. Antonio Segreto
-Consigliere-
- Dott. Alfonso Amatucci
-consigliere-
- Dott. Angelo Spirito -Rel.
Consigliere-
- Dott. Roberta Vivaldi
-Consigliere-
Ha
pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
Sul
ricorso proposto da:
N.E.,
elettivamente domiciliata in Roma via Sardegna 29, presso lo studio
dell’avvocato Vasi Giorgio, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato Farina Grazietta, giusta procura speciale a margine del ricorso;
-ricorrente-
Contro
Toro
Assicurazioni SpA; B.F.;
-intimati-
Avverso
la sentenza n. 202/03 della Corte d’appello di Cagliari – sezione Distaccata di
Sassari del 23/05/03, depositata il 03/06/03;
Udita
la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/11/06 dal
Consigliere Dott. Angelo Spirito;
Udito
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo Maccarone
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Il
tribunale di Nuovo condannò il B. e la Toro S.p.A. al risarcimento del danno da
sinistro stradale in favore della N. . La corte di Sassari (per quanto ancora
interessa) ha parzialmente accolto l’appello della N. Quest’ultima
propone ora il ricorso per cassazione, svolgendo due motivi. Non si difendono
gli intimati. La N. ha anche depositato memoria per l’udienza.
Motivi della decisione
Nei
due motivi di ricorso la N. lamenta i vizi della motivazione e la violazione
degli artt. 2043 e 2059 c.c. 1)
– In particolare, il primo motivo censura il punto della sentenza in cui è
stata respinta la domanda di risarcimento del danno subito per il mancato
conseguimento del risultato scolastico nell’anno in cui s’è verificato il
sinistro, nonché quella del risarcimento conseguente alla diminuita capacità
lavorativa, accertata dal CTU nella misura del 20% ed incontestata tra le
parti. Il
motivo è fondato. La
sentenza impugnata ha respinto le domande in questione nella considerazione che
"non sussistono elementi per calcolare una diminuzione reale della
specifica capacità di guadagno, che all’epoca l’infortunata non possedeva".
Siffatta affermazione non solo è viziata da difetto di motivazione ma,
soprattutto, contrasta con il principio ormai consolidato nella giurisprudenza
di legittimità secondo cui il danno patrimoniale da lucro cessante, per un
soggetto privo di reddito e a cui siano residuati postumi permanenti in
conseguenza di un fatto illecito altrui, configura un danno futuro, da valutare
con criteri probabilistici, in via presuntiva e con equo apprezzamento del caso
concreto. Pertanto,
se occorre valutare il lucro cessante di un minore menomato permanentemente, la
liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua
futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o alle sue
inclinazioni, rapportati alla posizione economico-sociale della famiglia,
oppure (nel caso in cui quella previsione non possa essere formulata) adottando
come parametro di riferimento quello di uno dei genitori,presumendo che il
figlio eserciterà la medesima professione del genitore (in tal senso tra le
varie, cfr. Cass. 2 ottobre 2003, n. 14678). La
sentenza va dunque , cassata sul punto ed il giudice, adeguandosi al principio
di diritto sopra enunciato, dovrà procedere all’accertamento ed alla eventuale
liquidazione del risarcimento del danno da mancato guadagno subito dalla
vittima, tenendo conto che, benché non sia configurabile un danno da lucro
cessante specificamente rapportabile al ritardo (in via eziologia riferibile
all’atto illecito produttivo del danno alla persona) nel conseguimento del
titolo di studio, di questa circostanza può essere eventualmente tenuto conto
nella misura in cui quel ritardo stesso allunga i tempi per svolgere la
probabile attività lavorativa (produttiva di reddito) per il cui esercizio il
titolo di studio è necessario. 2)
– Nel secondo motivo la ricorrente – dolendosi del vizio della motivazione e
della violazione dell’art. 2059 c.c. – censura la sentenza per avere respinto
il suo motivo d’appello in ordine al danno morale (liquidato dal primo giudice
in L. 36.740), sulla base della mera affermazione che esso "è stato
liquidato in maniera congrua", senza poi di fatto procedere alla relativa
liquidazione. Aggiunge che il giudice non ha tenuto conto dei propri rilievi
circa il fatto che la liquidazione del danno morale deve tenere conto della
diminuita capacità lavorativa e della gravità delle lesioni subite. Il
motivo è infondato, in quanto la sentenza contiene una congrua motivazione in
ordine allo specifico punto oggetto di denunzia. 3)
– Pertanto, accolto il primo motivo e respinto il secondo, la sentenza deve
essere cassata, con rinvio al giudice designato nel dispositivo, il quale
provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo,
cassa per quanto di ragione la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello
di Cagliari, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del
giudizio di cassazione.
Roma,
22 novembre 2006.
L’Estensore
Il Presidente
DEPOSITATO
IN CANCELLERIA IL 20 FEBBRAIO 2007.
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