Maurizio Belpietro
per vedere la puntata collegarsi al sito www.video.mediaset.it, cliccare su
programmi e poi su L’antipatico.
(ASAPS)
12 aprile 2007 – 12 minuti sono pochi, ma di sicuro sono meglio di
niente. Ieri sera, a “L’Antipatico”, ci è stata offerta l’occasione di
confrontarci, parlare, spiegare e snocciolare. Ma andiamo con ordine:
la trasmissione, in onda su Rete 4 e condotta da Maurizio Belpietro,
ormai “firma” consolidata del giornalismo italiano, abitualmente in
mezzo alle due voci in sempre diversa disputa tra loro: da una parte
Leonardo Sasso, avvocato e portavoce del Comitato Automobilisti
Tartassati, e dall’altra il nostro presidente Giordano Biserni. Il
primo, che attribuisce ai radar per la velocità ed ai sistemi di
rilevazione delle infrazioni semaforiche il ruolo di gabelle imposte
agli automobilisti per il tramite dei “poliziotti”, paragonati a
“ponzio pilato” per la loro abitudine di lavarsi le mani rispetto alle
effettive esigenze di sicurezza stradale (tipo, far attraversare i
bambini). Attacco appassionato, il suo, culminato con
l’avvertimento a tutti i politici (e non semplice provocazione),
dell’imminente scesa in piazza del movimento, per allentare la morsa
sulle tasche dei patenti. Il secondo, che difende l’onore
delle divise (tutte) ammettendo gli eccessi da parte di alcuni enti
locali, datori di lavoro delle proprie polizie e quindi in grado di
deciderne le strategie operative, ma precisando che senza regole (fatte
rispettare, quando serve, con la dovuta energia) si continueranno a
contare solo morti e feriti. Il conduttore apre le danze
mostrando nelle immagini la sede del comitato, iniziativa spontanea
sollecitata da Radio Mantova: la gente è arrabbiata davvero, e questo
ci porta alla prima considerazione: il sistema non è compreso, e di
questo, ormai, è il sistema stesso che deve farsene carico. Ci
spieghiamo meglio: quando si viene a sapere che a Napoli, alcuni
giudici di pace hanno accolto ricorsi da parte di motociclisti multati
perché senza casco, in virtù di debite certificazioni mediche
attestanti depressioni o patologie claustrofobiche, tutti storcono il
naso. Quando invece si legge di un verbale d’autovelox
cassato, ecco che la stessa massa si compiace, si collega alla rete,
cerca la sentenza e scarica il modulo del ricorso, dopodichè tenta la
fortuna. Il tutto senza che l’iniziativa legislativa
modifichi lo status quo, e restituisca alla sicurezza stradale la
dignità che merita. Fine della digressione e torniamo a
“L’Antipatico”. L’antagonista di Biserni sostiene che l’attuale modello
è interamente incentrato sull’ “avidità” degli enti locali, che gli
“agguati” non servono a nulla e che le strade italiane non sono in
grado di ospitare la tipologia del traffico moderno. Il
nostro presidente risponde partendo dalle cifre secche dell’ultimo fine
settimana: 44 morti, molti dei quali (l’assoluta maggioranza) dovuti
alla velocità ed all’alcol. Ma l’alcol non è il tema della serata e
dunque l’agone resta attorno al tachimetro, mentre il cronometro scorre
inesorabile. Biserni parla della Francia e
dell’Inghilterra, spiegando che con usi mirati e globali della
tecnologia, la sinistrosità in quegli stati è drasticamente diminuita,
tanto che l’Inghilterra raggiungerà molto prima del 2010 (probabilmente
entro l’anno in corso) l’obiettivo di dimezzare la mortalità imposto
dall’Unione Europea. È Sasso allora che chiede di non fare
“falsi moralismi”, come se la morte fosse un moralismo di per sé, e
come se fossero “falsi” i propositi di limitarla od evitarla del tutto,
almeno sulla strada. La velocità non c’entra con la morte?
È questo ciò che vuole dire l’interlocutore del nostro presidente in
trasmissione? È probabile che, visto l’incedere del cronometro,
l’avvocato Leonardo Sasso non abbia avuto la possibilità di spiegarsi
bene, ma le telecamere passano subito su Biserni quando dalle sue
tasche spuntano due foto: una fiammante fuoriserie prima, e la stessa
auto dopo uno spaventoso incidente. Bel dibattito, onore delle divise e ruolo della sicurezza difesi, le telecamere si spengono. Ma
ora occorre lavorare. La sicurezza stradale ha bisogno di crescere.
Deve innanzitutto imparare ad “essere” e “saper essere”. Va condivisa,
non odiata. La conferma che ci giunge da questa ennesima esperienza
mediatica, con la nostra Asaps in prima serata, è che la sicurezza
stradale è, in Italia, astratta. È un fiume di belle parole, certo, un
fiume di onorevoli intenzioni, ma è soprattutto un fiume di sangue. Il
“poliziotto” è il “nemico”, perché si presta all’angheria del
“padrone”: la multa, che è una sanzione prevista per un comportamento
illecito, è vista come un sopruso, e dunque il comportamento diviene –
nell’immaginario – lecito, e come tale va difeso. È questo
che non si capisce, e dunque – crediamo – dobbiamo trovare il modo di
riformulare il concetto in maniera finalmente appropriata e restituire
dignità alla legge ed a chi deve farla rispettare.
Solo che a noi tocca solo la seconda parte della questione: farla rispettare. (ASAPS)
|