Al fine di affermare il concorso di colpa del trasportato nell’entità
delle lesioni subite a seguito di un sinistro stradale, il mero esame del
referto di pronto soccorso non è funzionalmente e scientificamente diretto alla
verifica della compatibilità delle lesioni mortali con l’utilizzo o meno delle
cinture di sicurezza, e dunque può costituire un indizio, non univoco, da
consolidare attraverso l’indicazione di ulteriori elementi di prova.
Con
la sentenza in epigrafe la Terza Sezione della S.C. ha cassato una pronuncia
della Corte di Appello di Napoli che aveva riconosciuto il concorso di colpa
nell’entità delle lesioni subite dagli eredi dell’attore a seguito di un
sinistro stradale sulla base del semplice referto di pronto soccorso.
In
particolare, secondo la Corte di Cassazione il giudice di appello, in mancanza
di elementi diretti di prova e di una specifica indagine istruttoria sul punto,
essenzialmente di ordine tecnico (sulla cinematica dell’incidente e
sull’accertamento sul mezzo dell’uso delle cinture), ha errato nel dedurre, dal
mero esame del referto ospedaliero, che il trasportato non indossava la cintura
di sicurezza al momento dell’incidente.
Il
referto di pronto soccorso, in tale ottica, costituisce un indizio non univoco
da consolidare attraverso l’indicazione di ulteriori elementi di prova,
elementi questi ultimi che nel caso di specie risultano favorevoli alla
vittima, posto che “gli unici tecnici intervenuti sul teatro dell’incidente,
ispezionata la macchina, non hanno rilevato il mancato utilizzo delle cinture,
che avrebbero dovuto risultare integre anche nel meccanismo di arresto dopo il
violentissimo urto per la uscita dell’auto fuori dalla strada e per l’impatto
contro il muro”.
(Altalex,
16 aprile 2007. Nota di Tiziana
Cantarella)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 2 marzo 2007, n. 4954
Svolgimento del processo
Con
citazione (26/31 ottobre 1994) gli eredi di K. V. (K. G., K. L., K. F. e H. G.)
, terzo trasportato, deceduto nel corso di un incidente avvenuto in W. il 24
ottobre 1993, convenivano dinanzi al Tribunale di ….. il conducente K. Vito e
l’impresa assicuratrice dell’auto su cui viaggiava il terzo trasportato.
Restava contumace il conducente, sì costituiva l’assicuratrice Assitalia e
contestava il fondamento della domanda. La lite era istruita con prove orali e
consulenza medico legale sulle persone di K. L., K. F. e su H. G..
Il Tribunale di ... …., con sentenza del 10 gennaio 2000, dichiarava la
responsabilità del conducente K. nella misura del 70% e provvedeva a liquidare
agli eredi (con la esclusione dei nonni paterni intervenuti in lite) al
pagamento delle varie voci di danno richieste (vedi amplius in dispositivo)
oltre le spese di consulenza e di lite.
La decisione era impugnata dai nonni paterni (K. V. e F.), con unico articolato
motivo, nonché dagli altri eredi di V. K., con autonomo atto affidato a
quattordici motivi, in punto di concorso di colpa ed in punto di ridotta od
omessa liquidazione dei danni, iure proprio o iure hereditatis, e in punto di
liquidazione e distrazione di spese.
Nei giudizi riuniti si costituiva l’impresa assicuratrice chiedendo il rigetto
degli appelli e spiegando appello incidentale. Restava contumace il K..
La Corte di Appello di …. con sentenza del 22 febbraio 2002 cosi decideva:
1.rigetta l’appello dei nonni paterni;
2.in parziale accoglimento dell’appello proposto da K. G., K. L., K. F. e H.
G., condanna in solido il conducente assicurato K. e la Assitalia a risarcire
le varie voci di danno rideterminate in meglio (v:amplius in dispositivo);
3.rigetta l’appello per il resto;
4.rigetta l’appello incidentale della Assitalia, compensa tra le parti le spese
del grado di appello.
Contro la decisione hanno proposto ricorso K. L., K. G., K. F. ed H. G.
affidato a K. motivi illustrati da memoria ; resiste l’Assitalia con
controricorso; non ha svolto difese il K..
Motivi della decisione
Il
ricorso dev’essere accolto in ordine al primo motivo, assorbiti gli altri che
attengono alla rideterminazione di varie voci di danno, per le seguenti
considerazioni.
Nel primo motivo si deduce : “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 360
n.3 e 5 c.p.c. in relazione agli articoli 1227, 2727, 2729 c.c. e articoli 115
e 116 c.p.c.; omessa, contraddittoria, comunque insufficiente motivazione.
La tesi è che la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza dei
giudici di primo grado nella parte in cui questa accerta il concorso di colpa
della vittima nella misura del 30% in relazione alla circostanza che la stessa,
terza trasportata, non indossava le cinture di sicurezza nel momento dello
incidente.
Tale circostanza, pur non descritta dall’unico teste escusso né dal rapporto
dei carabinieri, intervenuti immediatamente sul luogo dell’incidente, era stata
invece ritenuta verificata dai giudici del merito sulla base di un referto
medico ospedaliero.
Si deve subito rilevare che il ricorso rispetta il principio di autosufficienza
in relazione alle prove indicate, e sulla base delle stesse rileva criticamente
che il giudice di appello, investito per la esatta determinazione dell’an
debeatur, ha tratto il convincimento del concorso di colpa del defunto
direttamente dall’esame della certificazione medica di pronto soccorso, che
rileva le lesioni mortali riportate ("trauma cranico chiuso, ampia ferita
lacero contusa all’emitorace destro, con sfondamento della gabbia toracica”).
La Corte, sulla base di un principio di comune esperienza, deduce che le
lesioni sono proprio quelle dovute al mancato uso della cintura, che avrebbe
fermato il movimento in avanti, riducendo la entità delle lesioni riportate in
conseguenza del violentissimo impatto.
E tuttavia questa motivazione (ff 6 della sentenza), appare insufficiente ed
apodittica, ed addossa sulla vittima un onere probatorio che non le compete, ai
sensi dell’articolo 1227 primo comma c.c., pur essendo tale norma applicabile,
per lo espresso richiamo contenuto nell’articolo 2956 c.c., anche nel campo
della responsabilità extracontrattuale (Cassazione, 2763/97). Il danneggiato da
illecito da circolazione stradale ha infatti l’onere di provare il fatto
storico della circolazione, l’evento di danno e l’imputabilità soggettiva (per
la colpa) ed oggettiva (per il nesso causale, che include la dinamica
dell’incidente e la compatibilità delle lesioni), mentre è il danneggiante o il
suo solidale, che si giova del concorso, a dover eccepire e provare il concorso
del fatto colposo del creditore. (Cfr. Cassazione 14592/01 e Casazione 14235/04).
Tale eccezione peraltro, non risulta sollevata nel corso del giudizio. Tuttavia
recente giurisprudenza (Cassazione, 205/05, Cassazione 5127/04) sostiene che,
nella ricostruzione del fatto storico il giudice possa anche di ufficio
rilevare il concorso di colpa del danneggiato, anche di ufficio, sempre che
risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa
concorrente, sul piano causale dello stesso danneggiato, e ciò nella
considerazione che tale indagine sia intrinseca alla ricostruzione del fatto
storico e non costituisce eccezione in senso stretto.
Il ricorrente deduce pertanto, nel corso della illustrazione del motivo,
entrambe le censure, per ragioni di completezza, rilevando che se si tratta di
eccezione in senso tecnico questa non venne mai eccepita (e da ciò deriverebbe
una ultra petizione), e se invece si tratta di un tema devolutum al giudice del
merito, questo comunque non ha dato conto dello iter logico da cui ha dedotto,
da semplice congettura, un fatto certo, smentito apertamente dal rapporto dei
carabinieri (che sono i professionisti dei rilievi tecnici ed i in primis
dell’utilizzo o meno delle cinture di sicurezza) e dall’unico teste de visu
dell’incidente.
Insomma il giudice di appello, in mancanza di elementi diretti di prova e di
una specifica indagine istruttoria sul punto, essenzialmente di ordine tecnico
(sulla cinematica dell’incidente e sull’accertamento sul mezzo dell’uso delle
cinture), ha dedotto che il trasportato non indossava la censura di sicurezza
al momento dello incidente dal mero esame del referto ospedaliero.
Ma detto referto, di pronto soccorso, non era funzionalmente e scientificamente
diretto alla verifica della compatibilità delle lesioni mortali con l’utilizzo
o meno delle cinture di sicurezza, e dunque poteva costituire un indizio, non
univoco, da consolidare attraverso la indicazione di ulteriori elementi di
prova, che invece sono favorevoli alla vittima, posto che gli unici tecnici
intervenuti sul teatro dell’incidente, ispezionata la macchina, non hanno
rilevato il mancato utilizzo delle cinture, che avrebbero dovuto risultare
integre anche nel meccanismo di arresto dopo il violentissimo urto per la
uscita dell’auto fuori strada e per l’impatto contro un muro.
Corollario di tale ricostruzione, che tiene conto dì tutti i pochi ma
significativi elementi dì prova raccolti è che non sono stati evidenziati
concreti elementi di fatto da cui sia rilevabile la colpa del danneggiato e
pertanto risulta violato il combinato disposto degli articoli 2054 primo comma,
2056 e 1227 primo comma tra di loro correlati, avendo il danneggIato dato la
prova completa della imputabilità dell’illecito della circolazione al
conducente del veicolo, ed essendo fallita la valutazione di ufficio del
concorso di colpa del terzo trasportato.
Sussiste pertanto sia l’error in iudicando sia il vizio della motivazione, che
è insufficiente e contraddittoria, e pertanto il giudice del rinvio dovrà
attenersi ai principi di diritto come sopra enunciati nel determinare in concreto
la responsabilità dell’incidente, tenendo conto del principio che, nel caso di
specie è presunta la responsabilità esclusiva del conducente che non provi di
aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (cfr.Cassazione 4022/01).
All’accoglimento del primo motivo segue l’assorbimento dei motivi che
riguardano la necessaria rideterminazione di tutte le voci di danno, richieste
iure proprio e iure hereditatis negli altri motivi, che per completezza
riassumiamo, con la indicazione dei più recenti arresti giurisprudenziali.
Nel secondo motivo i parenti deducono di avere ereditato il danno biologico da
lesione mortale, come danno da perdita delle chances di sopravvivenza da parte
di un giovane di 21 anni sopravvissuto per un breve tempo in stato di incoscienza
(cfr:Cassazione 4783/03, per il danno psichico cd catastrofico secondo la
tipologia della psichiatria nordamericana, che non distingue tra stato di
incoscienza o stato di vigile attesa; Cassazione 7632/03 per il cd danno
terminale valutabile per la gravità ed intensità delle perdite psicofisiche e
successive Cassazione 14767/04); si deduce inoltre, nel corpo del motivo, il
mancato riconoscimento della trasmissibilità del danno morale del defunto, per
la riconosciuta natura istantanea della lesione di tale integrità (Cfr.
Cassazione 10980/01 e 4773/01);
nel terzo motivo si deduce omessa pronuncia in ordine al danno biologico
psichico parentale, come accertato dalla consulenza medico legale;
nel quarto motivo si deduce l’insufficiente valutazione del danno morale
parentale dedotto iure proprio (cfr.Cassazione 15760/06);
nel quinto motivo si deduce in via autonoma il danno esistenziale per la
perdita del rapporto parentale (cfr:Cassazione 2653/05 e Cassazione 6752/06).
Il giudice del rinvio, dopo aver adeguatamente motivato in ordine alla
imputabilità soggettiva, ed alla compatibilità delle lesioni mortali con la
dinamica dello incidente, dovrà dunque rivalutare tutte le voci, iuxta probata
et alligata, tenendo conto dei principi di diritto enunciati da questa Corte,
anche a sezioni unite, ai fini della certezza del diritto, e ciò anche al fine
di restare nei tempi di una giustizia non denegata.
All’accoglimento del primo motivo del ricorso segue la cassazione con rinvio ad
altra sezione della Corte d’appello di Napoli, anche per le spese di questo
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti gli altri
motivi, cassa in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di
cassazione ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.
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