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Corte di Cassazione 21/04/2007

Giurisprudenza di legittimità - Depenalizzazione – Applicazione delle sanzioni – Pagamento della sanzione dopo l’introduzione del giudizio di opposizione – Acquiescenza – Influenza sul giudizio in corso – Esclusione

Cass.Civ., sez. I, n. 18228 del 22 agosto 2006

In tema di sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni del codice della strada, il pagamento della somma portata dal verbale di accertamento – il quale, in mancanza di pagamento del relativo importo o di opposizione al prefetto, costituisce titolo esecutivo, come prevede l’art. 203 c.d.s. – potendo ricollegarsi alla volontà dell’intimato di sottrarsi all’esecuzione forzata esperibile in base a detto provvedimento qualora non ne venga sospesa l’esecutività dal giudice dell’opposizione, non comporta di per sé acquiescenza, né incide sull’interesse a proporre opposizione ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 689 del 1981.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Con ricorso depositato in data 21 febbraio 2002 P.B. proponeva opposizione avanti al Giudice di pace di Imola avverso il verbale di accertamento n. 000059/X/01-Reg.019721/01 con cui la Polizia Municipale di Imola gli aveva contestato la violazione dell’art. 142 comma 8 c.d.s. per aver circolato il 3 dicembre 2001 alla guida della propria autovettura lungo la via A. Graziadei di Imola alla velocità di 82 hm/h, superando di km/h 27 il limite di 50 km/h consentito in quel tratto, come accertato con apposito Autovelox.

Chiedeva l’annullamento del processo verbale per una serie di ragioni.

Si costituiva il Comune che, oltre al rilievo fotografico dell’accertata infrazione, depositava fotocopia del bollettino postale attestante l’avvenuto pagamento da parte del ricorrente in data 19 febbraio 2002 della somma di lire 270.810 relativa alla sanzione pecuniaria in questione nella misura del minimo edittale indicato nel verbale di accertamento.

All’esito del giudizio il giudice di pace con sentenza del 10-22 aprile 2002 dichiarava inammissibile il ricorso per intervenuta cessazione della materia del contendere, compensando le spese.

Al riguardo rilevava che il pagamento in misura ridotta, costituendo un comportamento volontario dell’autore dell’illecito, assume il carattere del riconoscimento implicito dell’obbligo in quanto non è ragionevole godere del beneficio concesso dalla legge se non si rispetti la finalità deflativa per la quale tale beneficio è concesso dalla legge. Ciò anche nel caso, come quello in esame, in cui il pagamento sia stato eseguito dopo la proposizione del ricorso ma pur sempre nel termine di sessanta giorni dalla contestazione.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione P.B. che deduce quattro motivi di censura.

La controparte non ha svolto alcuna attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE – Con il primo motivo di ricorso P.B. deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 202 e 231 c.d.s.. Deduce che, nell’ipotesi in cui il pagamento in misura ridotta avvenga dopo la proposizione del ricorso, tale pagamento rimane privo di effetti sul piano processuale (Cass. 10240/00), trattandosi di comportamento finalizzato ad evitare ulteriori pregiudizi.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostiene che, essendo il pagamento avvenuto solo dopo la proposizione del ricorso ed il rigetto della sospensione dell’esecutività della sanzione, si è in presenza di un comportamento imposto che non può costituire espressione di una rinuncia implicita alla tutela giurisdizionale.

Gli esposti motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto investono la sentenza impugnata sulla stessa questione sia pure sotto i distinti profili della violazione di legge e del difetto di motivazione, sono fondati.

E’ consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui in tema di sanzioni amministrative il pagamento della somma portata dall’ordinanza-ingiunzione, potendo ricollegarsi alla volontà dell’intimato di sottrarsi all’esecuzione forzata esperibile in base a detto provvedimento qualora non ne venga sospesa l’esecutività dal giudice dell’opposizione, non comporta di per sé acquiescenza né incide sull’interesse a proporre od a coltivare l’opposizione ai sensi dell’art. 22 della legge 689/81 (Cass. 14845/00; Cass. 3735/04).

Analoghe considerazioni valgono nell’ipotesi di opposizione proposta direttamente avverso il verbale di accertamento il quale, in mancanza di pagamento del relativo importo o di opposizione al prefetto, costituisce titolo esecutivo, come prevede l’art. 203 c.d.s., la cui efficacia anche in tal caso può essere sospesa, su richiesta, da un apposito provvedimento del giudice.

Pertanto, qualora tale richiesta venga respinta è evidente la possibilità di ricollegare il pagamento alla volontà dell’opponente di sottrarsi all’esecuzione forzata, anche se ciò comporta il beneficio del pagamento in misura ridotta, come prevede l’art. 202 c.d.s..

Pertanto, nel caso in esame, essendo il pagamento avvenuto dopo la proposizione del ricorso ed, in particolare, a seguito del rigetto da parte del giudice di pace della richiesta di sospensione dell’esecuzione, un tale comportamento può trovare indubbiamente la sua ragione nell’intento di evitare l’esecuzione e non può costituire manifestazioni di acquiescenza incompatibile con l’interesse a proporre opposizione.

L’accoglimento dei primi due motivi comporta l’assorbimento del terso e del quarto, riguardanti la riproposizione della questione della mancata contestazione immediata su cui il giudice di pace non si è pronunciato in quanto ritenuta assorbita dalla pronuncia di inammissibilità del ricorso.

L’impugnata sentenza deve essere pertanto cassata con rinvio, anche per le spese, al Giudice di pace di Imola, in persona di altro magistrato, che provvederà all’esame dell’opposizione.


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Sabato, 21 Aprile 2007
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