In tema di sanzioni
amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni del codice della strada, il
pagamento della somma portata dal verbale di accertamento – il quale, in
mancanza di pagamento del relativo importo o di opposizione al prefetto,
costituisce titolo esecutivo, come prevede l’art. 203 c.d.s. – potendo
ricollegarsi alla volontà dell’intimato di sottrarsi all’esecuzione forzata
esperibile in base a detto provvedimento qualora non ne venga sospesa
l’esecutività dal giudice dell’opposizione, non comporta di per sé
acquiescenza, né incide sull’interesse a proporre opposizione ai sensi
dell’articolo 22 della legge n. 689 del 1981. SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO – Con
ricorso depositato in data 21 febbraio 2002 P.B. proponeva opposizione avanti
al Giudice di pace di Imola avverso il verbale di accertamento n.
000059/X/01-Reg.019721/01 con cui la Polizia Municipale di Imola gli aveva
contestato la violazione dell’art. 142 comma 8 c.d.s. per aver circolato il 3
dicembre 2001 alla guida della propria autovettura lungo la via A. Graziadei
di Imola alla velocità di 82 hm/h,
superando di km/h 27 il limite di 50 km/h consentito in quel tratto, come
accertato con apposito Autovelox. Chiedeva l’annullamento del processo verbale per una serie
di ragioni. Si costituiva il Comune che, oltre al rilievo fotografico
dell’accertata infrazione, depositava fotocopia del bollettino postale attestante
l’avvenuto pagamento da parte del ricorrente in data 19 febbraio 2002 della
somma di lire 270.810 relativa alla sanzione pecuniaria in questione nella
misura del minimo edittale indicato nel verbale di accertamento. All’esito del giudizio il giudice di pace con sentenza del
10-22 aprile 2002 dichiarava inammissibile il ricorso per intervenuta
cessazione della materia del contendere, compensando le spese. Al riguardo rilevava che il pagamento in misura ridotta,
costituendo un comportamento volontario dell’autore dell’illecito, assume il
carattere del riconoscimento implicito dell’obbligo in quanto non è ragionevole
godere del beneficio concesso dalla legge se non si rispetti la finalità
deflativa per la quale tale beneficio è concesso dalla legge. Ciò anche nel
caso, come quello in esame, in cui il pagamento sia stato eseguito dopo la
proposizione del ricorso ma pur sempre nel termine di sessanta giorni dalla
contestazione. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione P.B.
che deduce quattro motivi di censura. La controparte non ha svolto alcuna attività difensiva. MOTIVI DELLA
DECISIONE – Con
il primo motivo di ricorso P.B. deduce violazione o falsa applicazione degli
artt. 202 e 231 c.d.s.. Deduce che, nell’ipotesi in cui il pagamento in misura
ridotta avvenga dopo la proposizione del ricorso, tale pagamento rimane privo
di effetti sul piano processuale (Cass. 10240/00), trattandosi di comportamento
finalizzato ad evitare ulteriori pregiudizi. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostiene che, essendo il pagamento
avvenuto solo dopo la proposizione del ricorso ed il rigetto della sospensione
dell’esecutività della sanzione, si è in presenza di un comportamento imposto
che non può costituire espressione di una rinuncia implicita alla tutela
giurisdizionale. Gli esposti motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto
investono la sentenza impugnata sulla stessa questione sia pure sotto i
distinti profili della violazione di legge e del difetto di motivazione, sono
fondati. E’ consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui
in tema di sanzioni amministrative il pagamento della somma portata
dall’ordinanza-ingiunzione, potendo ricollegarsi alla volontà dell’intimato di
sottrarsi all’esecuzione forzata esperibile in base a detto provvedimento
qualora non ne venga sospesa l’esecutività dal giudice dell’opposizione, non
comporta di per sé acquiescenza né incide sull’interesse a proporre od a
coltivare l’opposizione ai sensi dell’art. 22 della legge 689/81 (Cass.
14845/00; Cass. 3735/04). Analoghe considerazioni valgono nell’ipotesi di
opposizione proposta direttamente avverso il verbale di accertamento il quale,
in mancanza di pagamento del relativo importo o di opposizione al prefetto, costituisce
titolo esecutivo, come prevede l’art. 203 c.d.s., la cui efficacia anche in tal caso può essere sospesa, su
richiesta, da un apposito provvedimento del giudice. Pertanto, qualora tale richiesta venga respinta è evidente
la possibilità di ricollegare il pagamento alla volontà dell’opponente di
sottrarsi all’esecuzione forzata, anche se ciò comporta il beneficio del
pagamento in misura ridotta, come prevede l’art. 202 c.d.s.. Pertanto, nel caso in esame, essendo il pagamento avvenuto
dopo la proposizione del ricorso ed, in particolare, a seguito del rigetto da
parte del giudice di pace della richiesta di sospensione dell’esecuzione, un
tale comportamento può trovare indubbiamente la sua ragione nell’intento di
evitare l’esecuzione e non può costituire manifestazioni di acquiescenza
incompatibile con l’interesse a proporre opposizione. L’accoglimento dei primi due motivi comporta
l’assorbimento del terso e del quarto, riguardanti la riproposizione della
questione della mancata contestazione immediata su cui il giudice di pace non
si è pronunciato in quanto ritenuta assorbita dalla pronuncia di
inammissibilità del ricorso. L’impugnata sentenza deve essere pertanto cassata con
rinvio, anche per le spese, al Giudice di pace di Imola, in persona di altro magistrato,
che provvederà all’esame dell’opposizione. |
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