Nel mondo ogni anno circa 5 milioni di persone
perdono la vita per traumi. Di questi, circa uno su quattro muore in seguito ad
incidente stradale (in Italia, uno su tre). Per
ogni morto in incidente stradale ci sono poi 2-3 invalidi molto gravi, 20
ricoverati, più di 250 accessi al Pronto Soccorso. Attualmente, in Italia, secondo le stime dell’Osservatorio
Nazionale “Ambiente e Traumi” (ONAT) dell’ISS, queste cifre annuali si
traducono in:
- 6.000
morti;
- 15.000
invalidi (molto gravi);
- 120.000
ricoveri;
- più
di un milione di accessi al Pronto Soccorso.
Il
problema degli incidenti stradali è particolarmente cruciale per i giovani:
- più
di un decesso su tre riguarda soggetti con meno di 30 anni;
- in
certe classi di età si muore prevalentemente per incidente stradale (più
della metà di coloro che muoiono a 18 anni, muoiono in seguito ad incidente
stradale);
- l’incidente
stradale è la prima causa di morte per i maschi sotto i 40 anni;
- l’incidente
stradale è la prima causa di invalidità grave dei giovani.
A fronte di questa situazione assai sconfortante dello
stato delle cose, è naturale chiedersi quali siano le cause, e se tali cause
possano essere controllate al fine di ridurre questo drammatico quadro di
perdite di vita e di salute che, in base a stime diverse, costa al nostro paese
in termini sanitari e sociali più di 35 miliardi di euro all’anno (avete letto
bene: miliardi di euro, non milioni). Come la ricerca epidemiologica ha da tempo mostrato, le
cause di questo fenomeno sono molteplici. Tuttavia, tra le tante, una prevale: la guida in stato
di ebbrezza, cui può essere indicativamente attribuito – in termini di
causa determinante – circa il 30% degli incidenti stradali gravi o mortali (uno
su tre). E’ bene dire subito che il guidare in stato di ebbrezza
alcolica non è un fenomeno caratteristico solo dei giovani: questa
perniciosa abitudine riguarda anche gli adulti; anzi, ancor più gli adulti. La cosa non deve sorprendere, in quanto – secondo valutazioni
a suo tempo diffuse dalla Società Italiana di Alcologia – nel nostro paese ci
sono circa un milione di alcolisti e tre milioni di bevitori eccessivi. Il
problema specifico dei giovani è che l’uso di alcol è spessissimo accompagnato
da quello di sostanze d’abuso (leggi: droghe), con quel che ne consegue per la
sicurezza stradale in quanto gli effetti congiunti dell’alcol e delle droghe
sul cognitivo del conducente non si sommano, ma si moltiplicano. In base ai risultati degli studi nazionali svolti tra il
1998 e il 2005 dall’ONAT, relativi a più di 30.000 giovani, e in base ad altri
studi, possiamo affermare che, in termini di massima, attualmente più di tre
giovani su quattro fanno uso di bevande alcoliche, più di un giovane su tre ha
fatto nella vita esperienza con le droghe e uno su cinque continua ad usarle.
Tra i maschi che bevono alcol, circa quattro su dieci consumano anche droghe
(nelle femmine la quota si riduce un poco, a una su tre). Sempre riferendoci agli studi dell’ONAT sui conducenti molto
giovani (18-19 anni), circa un soggetto maschio su cinque riferisce di
aver guidato almeno una volta in stato di ebbrezza nell’ultimo mese (nelle
femmine di analoga età questa quota scende a una su trenta). Tenendo conto che i giovani rappresentano intorno ad un
quinto delle patenti attive (che sono circa 35 milioni), e ricordando che la
guida in stato di ebbrezza è un problema anche per gli adulti, si comprende
bene come la sicurezza della circolazione sia oggi “fuori controllo” per quel
che riguarda il fattore “Alcol, Sostanze & Guida”. Gli studi svolti dal reparto “Ambiente & Traumi”,
oltre ad interessarsi delle dimensioni del fenomeno (attività specifica
dell’ONAT), hanno prodotto importanti risultati che forniscono indicazioni
precise in termini di “terapia”. Al di là di indicazioni ovvie, dettate anche dal
buonsenso, come elevare il numero dei controlli su strada per la guida in stato
di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze psicotrope (articolo 186 e 187 del
Codice della Strada), ne emergono altre meno scontate, tra cui segnaleremo ora
quelle di maggior interesse. In primo luogo, è necessario che a fronte di queste
violazioni i periodi di sospensione della patente di guida seguano una
progressione geometrica: ad esempio, nel caso di controlli su strada (e quindi
in assenza di incidente stradale) se alla prima infrazione la sospensione è di
sei mesi, la seconda volta dovrà essere di un anno; la terza di due; la quarta
di quattro, e così via. In questo modo, chi non rispetta le regole e si propone costantemente
come elevato rischio per gli altri utenti della strada, viene
automaticamente – e per sua scelta - allontanato dalla guida per periodi sempre
più lunghi. Ovviamente, in caso vi fosse responsabilità nell’aver
causato un incidente stradale mortale o con feriti, tale regola dovrà essere
necessariamente resa più dura, sino a pervenire in alcuni casi alla definitiva
revoca della patente. In
secondo luogo, è necessario (lo è da anni, come più volte da noi segnalato) che
le Commissioni Mediche Locali (CML), che si occupano specificamente dei
soggetti che incorrono in questo grave tipo di violazioni del Codice della
Strada, facciano tutte riferimento ad un data base comune che riporti l’intera
storia del soggetto, come pure a regole comuni di giudizio. Non deve più
accadere che ci siano persone cui viene restituita la patente tre, quattro,
cinque o più volte dopo essere stati trovati dai controlli su strada delle
FF.OO. a guidare in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’influenza di sostanze.
Quale che sia la CML che esamina il caso, deve essere prontamente disponibile
per chi deve giudicare quello che il soggetto ha commesso in passato,
indipendentemente dalle CML che se ne sono occupate. Il caso emblematico di questo stato di cose – che deve
essere modificato quanto prima rendendo disponibile un’informazione ora
frammentata - è quello recente di un camionista cui, nonostante si fosse reso
responsabile della morte di 11 persone (sic!) guidando in stato di ebbrezza, è
stata restituita la patente ben 7 volte. In terzo luogo, è bene riflettere sulle strategie di
comunicazione. La comunicazione tramite media dei rischi della guida
sotto l’influenza di alcol e/o sostanze, è molto importante, ma è anche assai
costosa; e quindi va impiegata con un granello di sale, evitando di cadere in
ingenue speranze miracolistiche. La comunicazione è certo utile in termini di attenzione al
problema, e per una sua maggiore conoscenza da parte del pubblico, ma – anche
in termini di buosenso – essa appare completamente inutile per il target
maggiormente pericoloso. Può qualcuno pensare seriamente che un alcolista o un
bevitore eccessivo (o un dipendente da sostanze) cambi le proprie abitudini
vedendo uno spot televisivo o un messaggio su un giornale o su una rivista? Non
scherziamo. Chi beve in un certo modo (o in un certo modo usa
sostanze), non lo fa perché poi deve guidare: bere e/o usare sostanze è parte
della sua vita. Lo fa, e basta. E poi, magari, può trovarsi o meno a
guidare un veicolo. La comunicazione non può aiutarci a risolvere i problemi
di questo “target”. Possono farlo invece gli alcologi e gli esperti di
tossicodipendenze, una volta identificati questi soggetti: prima deve essere
risolto il loro rapporto problematico con l’alcol e/o con le sostanze; poi si
potrà considerare l’eventuale restituzione della patente. In questo senso, la strada appare in effetti un importante
punto di partenza per il contrasto dell’alcolismo e dell’uso di sostanze. Ben diverso è il caso dell’educazione (dei giovani,
intendiamo): la prevenzione del fenomeno “Alcol, Sostanze & Guida” nasce
principalmente dalle azioni di prevenzione (in tutte le forme) dell’alcolismo e
del bere problematico, come pure dell’uso delle sostanze. E’ questa la strada
maestra per colpire il fenomeno alla sua base, come peraltro più volte
ribadito, sin dagli anni ’80, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il problema che abbiamo dinanzi è assai complesso;
tuttavia, se affrontato con concretezza e serietà, il suo peso sanitario e
sociale può essere verosimilmente ridotto. E agire alla radice del problema, informando seriamente e
correttamente i giovani, come pure allontanando dalla strada gli
“irriducibili”, sembra la direzione più razionale da seguire per far sì che i
nostri “desiderata” abbiano a concretizzarsi e non restino nel limbo delle
buone intenzioni.
*Direttore del reparto “Ambiente e Traumi” Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale Ambiente e Traumi
(ONAT) Dipartimento “Ambiente e connessa Prevenzione Primaria” Istituto Superiore di Sanità - Roma
Fonte: Ufficio Stampa dell’Istituto
Superiore di Sanità"
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