Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 72 del 27 marzo 2007
il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, concernente l’attuazione
della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei
loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli
Stati membri.
Il decreto disciplina le modalità d’esercizio del diritto di
libera circolazione, ingresso, soggiorno temporaneo e permanente, nel
territorio dello Stato da parte dei cittadini dell’Unione europea e dei propri
familiari che accompagnano o raggiungono i medesimi cittadini, nonché le
limitazioni di tali diritti per motivi di ordine e di sicurezza pubblica.
Si sancisce, dunque, la facoltà dei cittadini dell’Unione in possesso
di documento d’identità valido per l’espatrio ed dei propri familiari, anche se
non cittadini di uno Stato membro, purché in possesso di un passaporto valido,
di lasciare il territorio nazionale per recarsi in un altro Stato dell’Unione.
Il decreto fa una distinzione in merito alle condizioni del
soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dell’Unione in base alla
durata :
- fino a tre mesi senza alcuna
condizione o formalità, salvo il possesso di un documento d’identità
valido per l’espatrio secondo la legislazione dello Stato di cui hanno la
cittadinanza;
- oltre i tre mesi solo se si è
lavoratori subordinato o autonomo nello Stato ovvero se si è iscritti
presso un istituto pubblico o privato riconosciuto per seguirvi come
attività principale un corso di studi o di formazione professionale e si
dispone per sé stesso e per i propri familiari di risorse economiche
sufficienti per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale
dello Stato durante il periodo di soggiorno e di un’assicurazione
sanitaria o di altro titolo idoneo comunque denominato che copra tutti i
rischi nel territorio nazionale; in ultima ipotesi se si è familiare che
accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione che ha diritto di
soggiorno.
In caso di rifiuto o revoca dei diritti di soggiorno è ammesso
ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo ove dimora il
richiedente, il quale provvede, sentito l’interessato, nei modi di cui agli
articoli 737 e seguenti del c.p.c..
Il provvedimento prevede, altresì, la possibilità di ottenere la
carta di soggiorno per i familiari del cittadino comunitario non aventi la
cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea e di conservare il diritto
di soggiorno in caso di decesso, partenza o in caso di divorzio e di annullamento
del matrimonio del cittadino dell’Unione europea.
Si prevedono, inoltre, deroghe a favore dei lavoratori che hanno
cessato la loro attività nello Stato membro ospitante e dei loro familiari e
limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno per motivi di ordine
pubblico.
In caso di controversie relative all’allontanamento per cessazione
delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno è ammesso ricorso al
TAR per il Lazio.
(Altalex, 29 marzo 2007. Nota di Gesuele Bellini)
DECRETO LEGISLATIVO 6 febbraio 2007, n. 30
Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto
dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri.
(GU
n. 72 del 27-3-2007)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29
aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari
di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;
Vista la legge 18 aprile 2005, n. 62, recante disposizioni per l’adempimento di
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunita’ europee - legge
comunitaria 2004, che ha delegato il Governo a recepire la citata direttiva
2004/38/CE, compresa nell’elenco di cui all’allegato B della legge stessa;
Visto il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati membri dell’Unione
europea, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio 2002, n.
54;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell’attivita’ di
Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 10 novembre 2006;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 19 gennaio 2007;
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro
dell’interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell’economia e
delle finanze, della giustizia, del lavoro e della previdenza sociale e per gli
affari regionali e le autonomie locali;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Finalita’
1. Il presente decreto legislativo disciplina:
a) le modalita’ d’esercizio del diritto di libera circolazione, ingresso e
soggiorno nel territorio dello Stato da parte dei cittadini dell’Unione europea
e dei familiari di cui all’articolo 2 che accompagnano o raggiungono i medesimi
cittadini;
b) il diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato dei cittadini
dell’Unione europea e dei familiari di cui all’articolo 2 che accompagnano o
raggiungono i medesimi cittadini;
c) le limitazioni ai diritti di cui alle lettere a) e b) per motivi di ordine
pubblico e di pubblica sicurezza.
Art. 2.
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto legislativo, si intende per:
a) «cittadino dell’Unione»: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno
Stato membro;
b) «familiare»:
1) il coniuge;
2) il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione un’unione
registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la
legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al
matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente
legislazione dello Stato membro ospitante;
3) i discendenti diretti di eta’ inferiore a 21 anni o a carico e quelli del
coniuge o partner di cui alla lettera b);
4) gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla
lettera b);
c) «Stato membro ospitante»: lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione
si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno.
Art. 3.
Aventi diritto
1. Il presente decreto legislativo si applica a qualsiasi
cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da
quello di cui ha la cittadinanza, nonche’ ai suoi familiari ai sensi
dell’articolo 2, comma 1, lettera b), che accompagnino o raggiungano il
cittadino medesimo.
2. Senza pregiudizio del diritto personale di libera circolazione e di
soggiorno dell’interessato, lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua
legislazione nazionale, agevola l’ingresso e il soggiorno delle seguenti
persone:
a) ogni altro familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, non definito
all’articolo 2, comma 1, lettera b), se e’ a carico o convive, nel paese di
provenienza, con il cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno a
titolo principale o se gravi motivi di salute impongono che il cittadino
dell’Unione lo assista personalmente;
b) il partner con cui il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile
debitamente attestata dallo Stato del cittadino dell’Unione.
3. Lo Stato membro ospitante effettua un esame approfondito della situazione
personale e giustifica l’eventuale rifiuto del loro ingresso o soggiorno.
Art. 4.
Diritto di circolazione nell’ambito
dell’Unione europea
1. Ferme le disposizioni relative ai controlli dei documenti di
viaggio alla frontiera, il cittadino dell’Unione in possesso di documento
d’identita’ valido per l’espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro,
ed i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, ma in possesso
di un passaporto valido, hanno il diritto di lasciare il territorio nazionale
per recarsi in un altro Stato dell’Unione.
2. Per i soggetti di cui al comma 1, minori degli anni diciotto, ovvero
interdetti o inabilitati, il diritto di circolazione e’ esercitato secondo le
modalita’ stabilite dalla legislazione dello Stato di cui hanno la
cittadinanza.
Art. 5.
Diritto di ingresso
1. Ferme le disposizioni relative ai controlli dei documenti di
viaggio alla frontiera, il cittadino dell’Unione in possesso di documento
d’identita’ valido per l’espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro,
ed i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, ma in
possesso di un passaporto valido, sono ammessi nel territorio nazionale.
2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono assoggettati
all’obbligo del visto d’ingresso, nei casi in cui e’ richiesto. Il possesso
della carta di soggiorno di cui all’articolo 10 in corso di validita’ esonera
dall’obbligo di munirsi del visto.
3. I visti di cui al comma 2 sono rilasciati gratuitamente e con priorita’
rispetto alle altre richieste.
4. Nei casi in cui e’ esibita la carta di soggiorno di cui all’articolo 10 non
sono apposti timbri di ingresso o di uscita nel passaporto del familiare non
avente la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea.
5. Il respingimento nei confronti di un cittadino dell’Unione o di un suo
familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro, sprovvisto dei
documenti di viaggio o del visto di ingresso, non e’ disposto se l’interessato,
entro ventiquattro ore dalla richiesta, fa pervenire i documenti necessari
ovvero dimostra con altra idonea documentazione, secondo la legge nazionale, la
qualifica di titolare del diritto di libera circolazione.
Art. 6.
Diritto di soggiorno fino a tre mesi
1. I cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel
territorio nazionale per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna
condizione o formalita’, salvo il possesso di un documento d’identita’ valido
per l’espatrio secondo la legislazione dello Stato di cui hanno la
cittadinanza.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche ai familiari non aventi la
cittadinanza di uno Stato membro che accompagnano o raggiungono il cittadino
dell’Unione, in possesso di un passaporto in corso di validita’, che hanno
fatto ingresso nel territorio nazionale ai sensi dell’articolo 5, comma 2.
3. Fatte salve le disposizioni di leggi speciali conformi ai Trattati
dell’Unione europea ed alla normativa comunitaria in vigore, i cittadini di cui
ai commi 1 e 2, nello svolgimento delle attivita’ consentite, sono tenuti ai
medesimi adempimenti richiesti ai cittadini italiani.
Art. 7.
Diritto di soggiorno per un periodo
superiore a tre mesi
1. Il cittadino dell’Unione ha diritto di soggiornare nel
territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi quando:
a) e’ lavoratore subordinato o autonomo nello Stato;
b) dispone per se’ stesso e per i propri familiari di risorse economiche
sufficienti, per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello
Stato durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione sanitaria o di
altro titolo idoneo comunque denominato che copra tutti i rischi nel territorio
nazionale;
c) e’ iscritto presso un istituto pubblico o privato riconosciuto per seguirvi
come attivita’ principale un corso di studi o di formazione professionale e
dispone, per se’ stesso e per i propri familiari, di risorse economiche
sufficienti, per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello
Stato durante il suo periodo di soggiorno, da attestare attraverso una
dichiarazione o con altra idonea documentazione, e di un’assicurazione
sanitaria o di altro titolo idoneo che copra tutti i rischi nel territorio
nazionale;
d) e’ familiare, come definito dall’articolo 2, che accompagna o raggiunge un
cittadino dell’Unione che ha diritto di soggiornare ai sensi delle lettere a),
b) o c).
2. Il diritto di soggiorno di cui al comma 1 e’ esteso ai familiari non aventi
la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnano o raggiungono nel
territorio nazionale il cittadino dell’Unione, purche’ questi risponda alle
condizioni di cui al comma 1, lettere a), b) o c).
3. Il cittadino dell’Unione, gia’ lavoratore subordinato o autonomo sul
territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno di cui al comma 1,
lettera a) quando:
a) e’ temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una malattia o di un
infortunio;
b) e’ in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo aver
esercitato un’attivita’ lavorativa per oltre un anno nel territorio nazionale
ed e’ iscritto presso il Centro per l’impiego, ovvero ha reso la dichiarazione,
di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181,
cosi’ come sostituito dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002,
n. 297, che attesti l’immediata disponibilita’ allo svolgimento di attivita’
lavorativa;
c) e’ in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine
di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, ovvero si
e’ trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel
territorio nazionale, e’ iscritto presso il Centro per l’impiego ovvero ha reso
la dichiarazione, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21
aprile 2000, n. 181, cosi’ come sostituito dall’articolo 3 del decreto
legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l’immediata disponibilita’
allo svolgimento di attivita’ lavorativa. In tale caso, l’interessato conserva
la qualita’ di lavoratore subordinato per un periodo di un anno;
d) segue un corso di formazione professionale. Salvo il caso di disoccupazione
involontaria, la conservazione della qualita’ di lavoratore subordinato
presuppone che esista un collegamento tra l’attivita’ professionale
precedentemente svolta e il corso di formazione seguito.
Art. 8.
Ricorsi avverso il mancato
riconoscimento del diritto di soggiorno
1. Avverso il provvedimento di rifiuto e revoca del diritto di cui
agli articoli 6 e 7, e’ ammesso ricorso al tribunale in composizione
monocratica del luogo ove dimora il richiedente, il quale provvede, sentito
l’interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di
procedura civile.
Art. 9.
Formalita’ amministrative per i
cittadini dell’Unione ed i loro familiari
1. Al cittadino dell’Unione che intende soggiornare in Italia, ai
sensi dell’articolo 7 per un periodo superiore a tre mesi, si applica la legge
24 dicembre 1954 n. 1228, ed il nuovo regolamento anagrafico della popolazione
residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio
1989, n. 223.
2. Fermo quanto previsto dal comma 1, l’iscrizione e’ comunque richiesta
trascorsi tre mesi dall’ingresso ed e’ rilasciata immediatamente una
attestazione contenente l’indicazione del nome e della dimora del richiedente,
nonche’ la data della richiesta.
3. Oltre a quanto previsto per i cittadini italiani dalla normativa di cui al
comma 1, per l’iscrizione anagrafica di cui al comma 2, il cittadino
dell’Unione deve produrre la documentazione attestante:
a) l’attivita’ lavorativa, subordinata o autonoma, esercitata se l’iscrizione
e’ richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera a);
b) la disponibilita’ di risorse economiche sufficienti per se’ e per i propri
familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del
testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, nonche’ la titolarita’ di una assicurazione sanitaria ovvero di
altro titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi nel territorio
nazionale, se l’iscrizione e’ richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1,
lettera b);
c) l’iscrizione presso un istituto pubblico o privato riconosciuto dalla
vigente normativa e la titolarita’ di un’assicurazione sanitaria ovvero di
altro titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi, nonche’ la
disponibilita’ di risorse economiche sufficienti per se’ e per i propri
familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del
citato decreto legislativo n. 286 del 1998, se l’iscrizione e’ richiesta ai
sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c).
4. Il cittadino dell’Unione puo’ dimostrare di disporre, per se’ e per i propri
familiari, di risorse economiche sufficienti a non gravare sul sistema di
assistenza pubblica, anche attraverso la dichiarazione di cui agli articoli 46
e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
5. Ai fini dell’iscrizione anagrafica, oltre a quanto previsto per i cittadini
italiani dalla normativa di cui al comma 1, i familiari del cittadino
dell’Unione europea che non hanno un autonomo diritto di soggiorno devono
presentare, in conformita’ alle disposizioni del decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445:
a) un documento di identita’ o il passaporto in corso di validita’, nonche’ il
visto di ingresso quando richiesto;
b) un documento che attesti la qualita’ di familiare e, qualora richiesto, di
familiare a carico;
c) l’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino
dell’Unione.
6. Salvo quanto previsto dal presente decreto, per l’iscrizione anagrafica ed
il rilascio della ricevuta di iscrizione e del relativo documento di identita’
si applicano le medesime disposizioni previste per il cittadino italiano.
7. Le richieste di iscrizioni anagrafiche dei familiari del cittadino
dell’Unione che non abbiano la cittadinanza di uno Stato membro sono trasmesse,
ai sensi dell’articolo 6, comma 7, del citato decreto legislativo n. 286 del
1998, a cura delle amministrazioni comunali alla Questura competente per
territorio.
Art. 10.
Carta di soggiorno per i familiari
del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro
dell’Unione europea
1. I familiari del cittadino dell’Unione non aventi la
cittadinanza di uno Stato membro, di cui all’articolo 2, trascorsi tre mesi
dall’ingresso nel territorio nazionale, richiedono alla questura competente per
territorio di residenza la «Carta di soggiorno di familiare di un cittadino
dell’Unione», redatta su modello conforme a quello stabilito con decreto del
Ministro dell’interno da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto legislativo. Fino alla data di entrata in vigore
del predetto decreto, e’ rilasciato il titolo di soggiorno previsto dalla
normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Al momento della richiesta di rilascio della carta di soggiorno, al
familiare del cittadino dell’Unione e’ rilasciata una ricevuta secondo il
modello definito con decreto del Ministro dell’interno di cui al comma 1.
3. Per il rilascio della Carta di soggiorno, e’ richiesta la presentazione:
a) del passaporto o documento equivalente, in corso di validita’, nonche’ del
visto di ingresso, qualora richiesto;
b) di un documento che attesti la qualita’ di familiare e, qualora richiesto,
di familiare a carico;
c) dell’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare
cittadino dell’Unione;
d) della fotografia dell’interessato, in formato tessera, in quattro esemplari.
4. La carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione ha una
validita’ di cinque anni dalla data del rilascio.
5. La carta di soggiorno mantiene la propria validita’ anche in caso di assenze
temporanee del titolare non superiori a sei mesi l’anno, nonche’ di assenze di
durata superiore per l’assolvimento di obblighi militari ovvero di assenze fino
a dodici mesi consecutivi per rilevanti motivi, quali la gravidanza e la
maternita’, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per
motivi di lavoro in un altro Stato; e’ onere dell’interessato esibire la
documentazione atta a dimostrare i fatti che consentono la perduranza di
validita’.
6. Il rilascio della carta di soggiorno di cui al comma 1 e’ gratuito, salvo il
rimborso del costo degli stampati e del materiale usato per il documento.
Art. 11.
Conservazione del diritto di
soggiorno dei familiari in caso di decesso o di partenza del cittadino
dell’Unione europea
1. Il decesso del cittadino dell’Unione o la sua partenza dal
territorio nazionale non incidono sul diritto di soggiorno dei suoi familiari
aventi la cittadinanza di uno Stato membro, a condizione che essi abbiano
acquisito il diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 14 o siano
in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 7, comma 1.
2. Il decesso del cittadino dell’Unione non comporta la perdita del diritto di
soggiorno dei familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, sempre
che essi abbiano soggiornato nel territorio nazionale per almeno un anno prima
del decesso del cittadino dell’Unione ed abbiano acquisito il diritto di
soggiorno permanente di cui all’articolo 14 o dimostrino di esercitare
un’attivita’ lavorativa subordinata od autonoma o di disporre per se’ e per i
familiari di risorse sufficienti, affinche’ non divengano un onere per il
sistema di assistenza sociale dello Stato durante il loro soggiorno, nonche’ di
una assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato, ovvero di
fare parte del nucleo familiare, gia’ costituito nello Stato, di una persona
che soddisfa tali condizioni.
Le risorse sufficienti sono quelle indicate all’articolo 9, comma 3.
3. Nell’ipotesi di cui al comma 2, quando non sussiste il requisito del
soggiorno nel territorio nazionale per almeno un anno si applica l’articolo 30,
comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive
modificazioni.
4. La partenza del cittadino dell’Unione dal territorio nazionale o il suo
decesso non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei figli o del
genitore che ne ha l’affidamento, indipendentemente dal requisito della
cittadinanza, se essi risiedono nello Stato e sono iscritti in un istituto
scolastico per seguirvi gli studi, e fino al termine degli studi stessi.
Art. 12.
Mantenimento del diritto di soggiorno
dei familiari in caso di divorzio e di annullamento del matrimonio
1. Il divorzio e l’annullamento del matrimonio dei cittadini
dell’Unione non incidono sul diritto di soggiorno dei loro familiari aventi la
cittadinanza di uno Stato membro, a condizione che essi abbiano acquisito il
diritto di soggiorno permanente di cui all’articolo 14 o soddisfino
personalmente le condizioni previste all’articolo 7, comma 1.
2. Il divorzio e l’annullamento del matrimonio con il cittadino dell’Unione non
comportano la perdita del diritto di soggiorno dei familiari del cittadino
dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro a condizione che
essi abbiano acquisito il diritto al soggiorno permanente di cui all’articolo
14 o che si verifichi una delle seguenti condizioni:
a) il matrimonio e’ durato almeno tre anni, di cui almeno un anno nel
territorio nazionale, prima dell’inizio del procedimento di divorzio o
annullamento;
b) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto
l’affidamento dei figli del cittadino dell’Unione in base ad accordo tra i
coniugi o a decisione giudiziaria;
c) l’interessato risulti parte offesa in procedimento penale, in corso o
definito con sentenza di condanna, per reati contro la persona commessi
nell’ambito familiare;
d) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro beneficia, in base
ad un accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria, di un diritto di visita
al figlio minore, a condizione che l’organo giurisdizionale ha ritenuto che le
visite devono obbligatoriamente essere effettuate nel territorio nazionale, e
fino a quando sono considerate necessarie.
3. Nei casi di cui al comma 2, quando non si verifichi alcuna delle condizioni
di cui alle lettere a), b), c) e d), si applica l’articolo 30, comma 5, del
citato decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, salvo che gli interessati abbiano acquisito il
diritto di soggiorno permanente di cui al successivo articolo 14, il loro
diritto di soggiorno e’ comunque subordinato al requisito che essi dimostrino
di esercitare un’attivita’ lavorativa subordinata o autonoma, o di disporre per
se’ e per i familiari di risorse sufficienti, affinche’ non divengano un onere
per il sistema di assistenza sociale dello Stato durante il soggiorno, nonche’
di una assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato, ovvero di
fare parte del nucleo familiare, gia’ costituito nello Stato, di una persona
che soddisfa tali condizioni. Le risorse sufficienti sono quelle indicate
all’articolo 9, comma 3.
Art. 13.
Mantenimento del diritto di soggiorno
1. I cittadini dell’Unione ed i loro familiari beneficiano del
diritto di soggiorno di cui all’articolo 6, finche’ hanno le risorse economiche
di cui all’articolo 9, comma 3, che gli impediscono di diventare un onere
eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante e
finche’ non costituiscano un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica.
2. I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di
soggiorno di cui agli articoli 7, 11 e 12, finche’ soddisfano le condizioni
fissate negli stessi articoli.
3. Ferme le disposizioni concernenti l’allontanamento per motivi di ordine e
sicurezza pubblica, un provvedimento di allontanamento non puo’ essere adottato
nei confronti di cittadini dell’Unione o dei loro familiari, qualora;
a) i cittadini dell’Unione siano lavoratori subordinati o autonomi;
b) i cittadini dell’Unione siano entrati nel territorio dello Stato per cercare
un posto di lavoro. In tale caso i cittadini dell’Unione e i membri della loro
famiglia non possono essere allontanati fino a quando i cittadini dell’Unione
possono dimostrare di essere iscritti nel Centro per l’impiego da non piu’ di
sei mesi, ovvero di aver reso la dichiarazione di immediata disponibilita’ allo
svolgimento dell’attivita’ lavorativa, di cui all’articolo 2, comma 1, del
decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, cosi’ come sostituito dall’articolo
3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297 e di non essere stati
esclusi dallo stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 4 del medesimo
decreto legislativo n. 297 del 2002.
Art. 14.
Diritto di soggiorno permanente
1. Il cittadino dell’Unione che ha soggiornato legalmente ed in
via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale ha diritto al
soggiorno permanente non subordinato alle condizioni previste dagli articoli 7,
11, 12 e 13.
2. Salve le disposizioni degli articoli 11 e 12, il familiare non avente la
cittadinanza di uno Stato membro acquisisce il diritto di soggiorno permanente
se ha soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nel territorio
nazionale unitamente al cittadino dell’Unione.
3. La continuita’ del soggiorno non e’ pregiudicato da assenze che non superino
complessivamente sei mesi l’anno, nonche’ da assenze di durata superiore per
l’assolvimento di obblighi militari ovvero da assenze fino a dodici mesi
consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternita’, malattia
grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un
altro Stato membro o in un Paese terzo.
4. Il diritto di soggiorno permanente si perde in ogni caso a seguito di
assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi.
Art. 15.
Deroghe a favore dei lavoratori che
hanno cessato la loro attivita’ nello Stato membro ospitante e dei loro
familiari
1. In deroga all’articolo 14 ha diritto di soggiorno permanente
nello Stato prima della maturazione di un periodo continuativo di cinque anni
di soggiorno:
a) il lavoratore subordinato o autonomo il quale, nel momento in cui cessa
l’attivita’, ha raggiunto l’eta’ prevista ai fini dell’acquisizione del diritto
alla pensione di vecchiaia, o il lavoratore subordinato che cessa di svolgere
un’attivita’ subordinata a seguito di pensionamento anticipato, a condizione
che abbia svolto nel territorio dello Stato la propria attivita’ almeno negli
ultimi dodici mesi e vi abbia soggiornato in via continuativa per oltre tre
anni. Ove il lavoratore appartenga ad una categoria per la quale la legge non
riconosce il diritto alla pensione di vecchiaia, la condizione relativa
all’eta’ e’ considerata soddisfatta quando l’interessato ha raggiunto l’eta’ di
60 anni;
b) il lavoratore subordinato o autonomo che ha soggiornato in modo continuativo
nello Stato per oltre due anni e cessa di esercitare l’attivita’ professionale
a causa di una sopravvenuta incapacita’ lavorativa permanente. Ove tale
incapacita’ sia stata causata da un infortunio sul lavoro o da una malattia
professionale che da’ all’interessato diritto ad una prestazione interamente o
parzialmente a carico di un’istituzione dello Stato, non si applica alcuna
condizione relativa alla durata del soggiorno;
c) il lavoratore subordinato o autonomo che, dopo tre anni d’attivita’ e di
soggiorno continuativi nello Stato, eserciti un’attivita’ subordinata o
autonoma in un altro Stato membro, pur continuando a risiedere nel territorio
dello Stato, permanendo le condizioni previste per l’iscrizione anagrafica.
2. Ai fini dell’acquisizione dei diritti previsti nel comma 1, lettere a) e b),
i periodi di occupazione trascorsi dall’interessato nello Stato membro in cui
esercita un’attivita’ sono considerati periodi trascorsi nel territorio
nazionale.
3. I periodi di iscrizione alle liste di mobilita’ o di disoccupazione
involontaria, cosi’ come definiti dal decreto legislativo 19 dicembre 2002, n.
297, o i periodi di sospensione dell’attivita’ indipendenti dalla volonta’
dell’interessato e l’assenza dal lavoro o la cessazione dell’attivita’ per
motivi di malattia o infortunio sono considerati periodi di occupazione ai fini
dell’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1.
4. La sussistenza delle condizioni relative alla durata del soggiorno e dell’attivita’
di cui al comma 1, lettera a) e lettera b), non sono necessarie se il coniuge
e’ cittadino italiano, ovvero ha perso la cittadinanza italiana a seguito del
matrimonio con il lavoratore dipendente o autonomo.
5. I familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, del lavoratore subordinato
o autonomo, che soggiornano con quest’ultimo nel territorio dello Stato, godono
del diritto di soggiorno permanente se il lavoratore stesso ha acquisito il
diritto di soggiorno permanente in forza del comma 1.
6. Se il lavoratore subordinato o autonomo decede mentre era in attivita’ senza
aver ancora acquisito il diritto di soggiorno permanente a norma del comma 1, i
familiari che hanno soggiornato con il lavoratore nel territorio acquisiscono
il diritto di soggiorno permanente, qualora si verifica una delle seguenti
condizioni:
a) il lavoratore subordinato o autonomo, alla data del suo decesso, abbia
soggiornato in via continuativa nel territorio nazionale per due anni;
b) il decesso sia avvenuto in seguito ad un infortunio sul lavoro o ad una
malattia professionale;
c) il coniuge superstite abbia perso la cittadinanza italiana a seguito del
matrimonio con il lavoratore dipendente o autonomo.
7. Se non rientrano nelle condizioni previste dal presente articolo, i familiari
del cittadino dell’Unione di cui all’articolo 11, comma 2, e all’articolo 12,
comma 2, che soddisfano le condizioni ivi previste, acquisiscono il diritto di
soggiorno permanente dopo aver soggiornato legalmente e in via continuativa per
cinque anni nello Stato membro ospitante.
Art. 16.
Attestazione di soggiorno permanente
per i cittadini dell’Unione europea
1. A richiesta dell’interessato, il comune di residenza rilascia
al cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea un attestato che certifichi
la sua condizione di titolare del diritto di soggiorno permanente. L’attestato
e’ rilasciato entro trenta giorni dalla richiesta corredata dalla
documentazione atta a provare le condizioni, rispettivamente previsti
dall’articolo 14 e dall’articolo 15.
2. L’attestato di cui al comma 1 puo’ essere sostituito da una istruzione
contenuta nel microchip della carta di identita’ elettronica di cui al decreto
legislativo 7 marzo 2005, n. 82, secondo le regole tecniche stabilite dal
Ministero dell’interno.
Art. 17.
Carta di soggiorno permanente per i
familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro
1. Ai familiari del cittadino comunitario non aventi la
cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea, che abbiano maturato il
diritto di soggiorno permanente, la Questura rilascia una
«Carta di soggiorno permanente per familiari di cittadini europei».
2. La richiesta di Carta di soggiorno permanente e’ presentata alla Questura
competente per territorio di residenza prima dello scadere del periodo di
validita’ della Carta di soggiorno di cui all’articolo 10 ed e’ rilasciata
entro 90 giorni, su modello conforme a quello stabilito con decreto del
Ministro dell’interno.
3. Il rilascio dell’attestazione e’ gratuito, salvo il rimborso del costo degli
stampati o del materiale utilizzato.
4. Le interruzioni di soggiorno che non superino, ogni volta, i due anni
consecutivi, non incidono sulla validita’ della carta di soggiorno permanente.
Art. 18.
Continuita’ del soggiorno
1. La continuita’ del soggiorno, ai fini del presente decreto
legislativo, nonche’ i requisiti prescritti dagli articoli 13, 14, 15 e 16
possono essere comprovati con le modalita’ previste dalla legislazione vigente.
2. La continuita’ del soggiorno e’ interrotta dal provvedimento di allontanamento
adottato nei confronti della persona interessata.
Art. 19.
Disposizioni comuni al diritto di
soggiorno e al diritto di soggiorno permanente
1. I cittadini dell’Unione e i loro familiari hanno diritto di
esercitare qualsiasi attivita’ economica autonoma o subordinata, escluse le
attivita’ che la legge, conformemente ai Trattati dell’Unione europea ed alla
normativa comunitaria in vigore, riserva ai cittadini italiani.
2. Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal Trattato
CE e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base al
presente decreto, nel territorio nazionale gode di pari trattamento rispetto ai
cittadini italiani nel campo di applicazione del Trattato. Il beneficio di tale
diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro
che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno
permanente.
3. In deroga al comma 2 e se non attribuito autonomamente in virtu’
dell’attivita’ esercitata o da altre disposizioni di legge, il cittadino
dell’Unione ed i suoi familiari non godono del diritto a prestazioni
d’assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, comunque, nei
casi previsti dall’articolo 13, comma 3, lettera b), salvo che tale diritto sia
automaticamente riconosciuto in forza dell’attivita’ esercitata o da altre
disposizioni di legge.
4. La qualita’ di titolare di diritto di soggiorno e di titolare di diritto di
soggiorno permanente puo’ essere attestata con qualsiasi mezzo di prova previsto
dalla normativa vigente.
Art. 20.
Limitazioni al diritto di ingresso e
di soggiorno per motivi di ordine pubblico
1. Il diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini dell’Unione
e dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, puo’ essere limitato
solo per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
2. I provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto del principio
di proporzionalita’ ed in relazione a comportamenti della persona, che
rappresentino una minaccia concreta e attuale tale da pregiudicare l’ordine
pubblico e la sicurezza pubblica. La esistenza di condanne penali non
giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti.
3. Nell’adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi
di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, si tiene conto della durata del
soggiorno in Italia dell’interessato, della sua eta’, del suo stato di salute,
della sua situazione familiare e economica, della sua integrazione sociale e
culturale nel territorio nazionale e dell’importanza dei suoi legami con il
Paese d’origine.
4. I cittadini dell’Unione europea ed i loro familiari, qualunque sia la loro
cittadinanza, che abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente di cui
all’articolo 14 possono essere allontanati dal territorio dello Stato solo per
gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica.
5. I cittadini dell’Unione europea che hanno soggiornato nel territorio
nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni possono essere
allontanati solo per motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la
sicurezza dello Stato, salvo quando l’allontanamento sia necessario
nell’interesse stesso del minore, secondo quanto contemplato dalla Convenzione
sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio
1991, n. 176.
6. Le malattie o le infermita’ che possono giustificare limitazioni alla
liberta’ di circolazione sul territorio nazionale sono solo quelle con
potenziale epidemico individuate dall’Organizzazione mondiale della sanita’,
nonche’ altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempreche’ siano
oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini italiani.
Le malattie che insorgono successivamente all’ingresso nel territorio nazionale
non possono giustificare l’allontanamento del cittadino dell’Unione e dei suoi
familiari.
7. Il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale di cui ai comma
1, 4 e 5 e’ adottato dal Ministro dell’interno con atto motivato, salvo che vi
ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato, e tradotto in una lingua
comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di
allontanamento e’ notificato all’interessato e riporta le modalita’ di
impugnazione e della durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale,
che non puo’ essere superiore a 3 anni. Il provvedimento di allontanamento
indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non puo’
essere inferiore ad un mese dalla data della notifica, fatti salvi i casi di
comprovata urgenza.
8. Il destinatario del provvedimento di allontanamento che rientra nel
territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso e’ punito con
l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000 ed
e’ nuovamente allontanato con accompagnamento immediato.
9. Qualora il cittadino dell’Unione o il suo familiare allontanato si trattiene
nel territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di cui al
comma 7, ovvero quando il provvedimento e’ fondato su motivi di pubblica
sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato, il questore
dispone l’esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento
dell’interessato dal territorio nazionale.
Art. 21.
Allontanamento per cessazione delle condizioni
che determinano il diritto di soggiorno
1. Il provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri
Stati membri dell’Unione europea e dei loro familiari, qualunque sia la loro
cittadinanza, puo’ altresi’ essere adottato quando vengono a mancare le
condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell’interessato, salvo
quanto previsto dagli articoli 11 e 12.
2. Il provvedimento di cui al comma 1 e’ adottato dal Prefetto,
territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, con
atto motivato e notificato all’interessato. Il provvedimento e’ adottato
tenendo conto della durata del soggiorno dell’interessato, della sua eta’,
della sua salute, della sua integrazione sociale e culturale e dei suoi legami
con il Paese di origine ed e’ tradotto in una lingua comprensibile al
destinatario, ovvero in inglese, e riporta le modalita’ di impugnazione,
nonche’ il termine per lasciare il territorio nazionale, che non puo’ essere
inferiore ad un mese. Il provvedimento di allontanamento di cui al comma 1 non
puo’ prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale.
Art. 22.
Ricorsi contro i provvedimenti di
allontanamento
1. Avverso il provvedimento di cui all’articolo 20 e’ ammesso
ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.
2. Il ricorso puo’ essere presentato anche per il tramite della rappresentanza
diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza dall’interessato. In
tale caso la procura speciale al patrocinante legale e’ rilasciata avanti
all’autorita’ consolare.
Presso le stesse autorita’ sono eseguite le comunicazioni relative al
procedimento.
3. Il ricorso di cui al comma 1 puo’ essere accompagnato da una istanza di
sospensione dell’esecutorieta’ del provvedimento di allontanamento. Fino
all’esito dell’istanza di cui al presente comma, l’efficacia del provvedimento
impugnato resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi
su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di pubblica
sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato.
4. Avverso il provvedimento di allontanamento di cui all’articolo 21 puo’
essere presentato ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in
cui ha sede l’autorita’ che lo ha disposto. Il ricorso e’ presentato, a pena
d’inammissibilita’, entro venti giorni dalla notifica del provvedimento di
allontanamento e deciso entro i successivi trenta giorni.
5. Il ricorso puo’ essere sottoscritto personalmente dall’interessato e puo’
essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o
consolare italiana nel Paese di provenienza dall’interessato. In tale caso la
sottoscrizione e’ autenticata dai funzionari presso le rappresentanze
diplomatiche che ne certificano l’autenticita’ e ne curano l’inoltro
all’autorita’ giudiziaria italiana. Presso le stesse autorita’ sono eseguite le
comunicazioni relative al procedimento.
6. La parte puo’ stare in giudizio personalmente.
7. Contestualmente al ricorso puo’ essere presentata istanza di sospensione
dell’esecutorieta’ del provvedimento di allontanamento.
Fino all’esito dell’istanza di sospensione, l’efficacia del provvedimento
impugnato resta sospesa, salvo che provvedimento di allontanamento si basi su
una precedente decisione giudiziale.
8. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua
cittadinanza, cui e’ stata negata la sospensione del provvedimento di
allontanamento e’ consentito, a domanda, l’ingresso ed il soggiorno nel
territorio nazionale per partecipare alle fasi essenziali del procedimento di
ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave
pericolo all’ordine e alla sicurezza pubblica. L’autorizzazione e’ rilasciata
dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare
su documentata richiesta dell’interessato.
9. Il tribunale decide a norma degli articoli 737 e seguenti del codice di
procedura civile. Qualora i tempi del procedimento dovessero superare il
termine entro il quale l’interessato deve lasciare il territorio nazionale ed
e’ stata presentata istanza di sospensione ai sensi del comma 7, il giudice
decide con priorita’ sulla stessa prima della scadenza fissata per
l’allontanamento.
10. Nel caso in cui il ricorso e’ respinto, l’interessato presente sul
territorio dello Stato deve lasciare immediatamente il territorio nazionale.
Art. 23.
Applicabilita’ ai soggetti non aventi
la cittadinanza italiana che siano familiari di
Lunedì, 07 Maggio 2007
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