Il Ministero dell’Interno, con
circolare n. 19, del 6 aprile 2007, ha fornito opportune precisazioni sulle
nuove regole di soggiorno dei cittadini Comunitari e dei loro familiari, alla
luce dell’entrata in vigore dall’11 aprile 2007 del decreto legislativo n. 30
del 6 febbraio 2007 recante disposizioni sulla libera circolazione ed il
soggiorno dei cittadini dell’Unione e i loro familiari, che dà attuazione alla
direttiva comunitaria n. 2004/38. Com’è noto, nel citato decreto si
riconosce all’iscrizione anagrafica, in luogo della carta di soggiorno, il
presupposto abilitante alla permanenza sul territorio italiano per periodi
superiori a tre mesi, la quale è subordinata all’accertamento della dimora
abituale del soggetto interessato, nonché alla sussistenza delle condizioni
previste dal decreto legislativo per l’esercizio del diritto di soggiorno in
Italia. In particolare la circolare chiarisce i
seguenti punti che di seguito di sintetizzano. Per quanto riguarda i cittadini
dell’Unione che hanno un autonomo diritto di soggiorno, gli stessi sono tenuti
ad iscriversi all’anagrafe della popolazione residente se intendono soggiornare
in Italia per un periodo superiore a tre mesi, i quali, nella ipotesi di
soggiorno per motivi di lavoro, devono produrre la documentazione attestante
l’attività lavorativa esercitata ovvero, nelle altre ipotesi, devono dimostrare
la disponibilità di risorse economiche sufficienti al soggiorno, per sé stessi
e per i propri familiari. In quest’ultimo caso, per la
quantificazione delle risorse economiche sufficienti si utilizza il parametro
dell’importo dell’assegno sociale, consistente per l’anno 2007 in euro 5.061,68
annue, ritenuto sufficiente per il soggiorno del richiedente e di un familiare,
che viene raddoppiato nel caso di ulteriori uno o due familiari conviventi e
triplicato se i familiari conviventi sono quattro o più di quattro. Nel calcolo
del reddito complessivo va tenuto conto di eventuali ulteriori entrate da parte
dei familiari conviventi. I familiari del cittadino dell’Unione,
invece, avente la cittadinanza di uno Stato membro, (che sono il
coniuge, i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli
del coniuge; gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge) ai fini
dell’iscrizione anagrafica, sono tenuti a presentare un documento d’identità ed
un documento che attesti la qualità di familiare. In ultima ipotesi, il Ministero
dell’Interno chiarisce, che per i familiari del cittadino dell’Unione, non
avente la cittadinanza di uno Stato membro l’iscrizione anagrafica è
subordinata al rilascio da parte della Questura della Carta di soggiorno di
familiare di un cittadino dell’Unione, che, pertanto, deve essere successiva
all’acquisizione della stessa, sebbene non debba negarsi all’interessato la
possibilità di richiedere l’iscrizione in un momento antecedente
all’ottenimento della Carta, con il perfezionamento alla sua produzione. La circolare sottolinea che il
soggiorno in via continuativa (e legalmente, cioè alle condizioni previste nel
decreto legislativo e senza essere stato oggetto di misure di allontanamento),
per cinque anni, nel territorio nazionale del cittadino dell’Unione, che dà
titolo all’acquisizione del diritto di soggiorno permanente, può essere
comprovato attraverso l’iscrizione anagrafica dell’interessato. Si precisa, al riguardo, che eventuali
assenze che non superino complessivamente sei mesi l’anno, ovvero le assenze di
durata superiore giustificate dall’assolvimento di obblighi militari ovvero
fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti, non pregiudicano la
continuità del soggiorno. Nella circolare si esaminano, altresì,
le ipotesi in cui il periodo di cinque anni per il diritto di soggiorno
permanente può essere anticipato, che riguardano i casi di sopravvenuta
incapacità lavorativa permanente, pensionamento dell’interessato ovvero
esercizio dell’attività lavorativa in altro Stato membro. Altro aspetto affrontato dal Ministero
riguardano le ipotesi di conservazione del diritto di soggiorno, e le misure di
allontanamento e la gestione della fase provvisoria. (Altalex, 23 aprile 2007. Nota di Gesuele
Bellini) Ministero dell’Interno Dipartimento per gli Affari
Interni e Territoriali Prot. n. 200704163/15100/14865 Roma, 6 aprile 2007 CIRCOLARE N° 19 OGGETTO: Decreto legislativo n.
30, del 6 febbraio 2007, recante “Attuazione della direttiva 2004/38/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei
cittadini dell’unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento
(CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/194/CEE,
75/34/CEE, 75/35 (CE), 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE. Nella Gazzetta Ufficiale n. 72, del 27
marzo 2007, è stato pubblicato il decreto legislativo indicato in oggetto,
sulla libera circolazione ed il soggiorno dei cittadini dell’Unione e i loro
familiari. Il decreto legislativo, che entrerà in
vigore l’11 aprile p.v., dà attuazione alla direttiva comunitaria n. 2004/38,
la quale, nel far venire meno la carta di soggiorno quale titolo abilitante al
soggiorno dei cittadini dell’Unione presso gli Stati membri, prevede che i
singoli ordinamenti interni possano richiedere nei loro confronti “l’iscrizione
presso le autorità competenti” (art. 8, par. 1). Tale facoltà è stata esercitata dal
nostro Stato attraverso la specifica disciplina dell’iscrizione anagrafica dei
cittadini dell’Unione, che viene subordinata non solo all’accertamento della
dimora abituale dell’istante, ma anche alla verifica della sussistenza delle
condizioni previste dal decreto legislativo per l’esercizio del diritto di
soggiorno in Italia. Il diritto di soggiorno è riconosciuto
nei confronti dei cittadini dell’Unione che esercitano un’attività lavorativa
in Italia, o che dispongano di risorse economiche sufficienti per la permanenza
in Italia, oltre che di un’assicurazione sanitaria o altro titolo di copertura
dei rischi, ovvero che seguano un corso di studi o di formazione professionale. Il decreto legislativo disciplina
inoltre il diritto di soggiorno dei familiari dei cittadini aventi un autonomo
diritto di soggiorno, sopraindicati, a seconda che siano o meno cittadini
dell’Unione. Mentre per i primi tre mesi di
soggiorno non sono previste condizioni o formalità, per periodi di soggiorno
superiori ai tre mesi sono prescritte tre distinte procedure: quella relativa
ai cittadini dell’Unione aventi un autonomo diritto di soggiorno; quella
relativa ai cittadini dell’Unione, familiari dei cittadini aventi un autonomo
diritto di soggiorno; quella relativa ai familiari dei cittadini dell’Unione,
non aventi la cittadinanza di uno Stato membro. Il decreto legislativo indica le
ipotesi di conservazione del diritto di soggiorno al venir meno delle
condizioni che ne hanno determinato il riconoscimento, introduce il diritto di
soggiorno permanente e individua le ipotesi di limitazione del diritto
d’ingresso e di soggiorno, disciplinando i relativi provvedimenti di
allontanamento. Le norme del decreto legislativo, se
più favorevoli, si applicano anche al familiare, dell’Unione o meno, del
cittadino italiano. Di seguito si illustra la disciplina
contenuta nel decreto legislativo, con specifico riferimento ai sottoelencati
aspetti: - 1) iscrizione anagrafica del
cittadino dell’Unione avente un autonomo diritto di soggiorno; - 2) iscrizione anagrafica del familiare
del cittadino dell’Unione, avente cittadinanza di uno Stato membro; - 3) iscrizione anagrafica del
familiare del cittadino dell’Unione, non avente cittadinanza di uno Stato
membro; - 4) conservazione del diritto di
soggiorno; - 5) diritto di soggiorno permanente; - 6) acquisizione anticipata del
diritto di soggiorno permanente; - 7) misure di allontanamento; - 8) regime transitorio 1) Iscrizione anagrafica del
cittadino dell’Unione avente un autonomo diritto di soggiorno (artt. 7, 9 e 19) Il cittadino dell’Unione che intenda
soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi è tenuto ad
iscriversi all’anagrafe della popolazione residente. Nei confronti del cittadino dell’Unione
si applicano la legge ed il regolamento anagrafico. Al momento della richiesta d’iscrizione
viene rilasciata all’interessato una attestazione, contenente il nome,
il cognome, l’indirizzo del luogo di dimora abituale dichiarato e la data della
presentazione dell’istanza d’iscrizione. A tale proposito, al fine di semplificare
gli adempimenti a carico dell’amministrazione comunale, potrebbe risultare
utile includere nella richiamata attestazione (ALL. 1) la comunicazione di
avvio del procedimento, ai sensi della legge 241/1990 e successive
modificazioni. Oltre alla documentazione richiesta per
l’iscrizione anagrafica del cittadino italiano proveniente dall’estero, il
cittadino dell’Unione deve produrre la seguente documentazione: - Nella ipotesi di soggiorno per motivi
di lavoro, deve essere prodotta la documentazione attestante l’attività
lavorativa esercitata. I cittadini della Romania e della Bulgaria, per
l’esercizio di talune attività lavorative, dovranno anche esibire il nulla osta
rilasciato dallo Sportello Unico per l’Immigrazione, come è meglio specificato
di seguito. - Il cittadino dell’Unione che decida
di soggiornare in Italia, senza svolgere un’attività lavorativa o di studio o
di formazione professionale, deve dimostrare la disponibilità di risorse
economiche sufficienti al soggiorno, per sé e per i propri familiari. Tale
disponibilità è autodichiarata dall’interessato, ai sensi degli artt. 46 e 47
del DPR 445/2000. Per la quantificazione delle risorse economiche sufficienti
si utilizza il parametro dell’importo dell’assegno sociale, consistente per
l’anno 2007 in euro 5.061,68 annue. Tale importo viene considerato sufficiente
per il soggiorno del richiedente e di un familiare. Deve essere raddoppiato nel
caso di ulteriori uno o due familiari conviventi. Va triplicato se i familiari
conviventi sono quattro o più di quattro. Nel calcolo del reddito complessivo
va tenuto conto di eventuali ulteriori entrate da parte dei familiari
conviventi (art. 29, c. 3, lett. b) del d. leg.vo 286/1998). Tabella esemplificativa
In aggiunta al
requisito reddituale il cittadino dell’Unione deve produrre la documentazione
attestante la titolarità di una polizza di assicurazione che copra le spese
sanitarie. - Nella ipotesi di soggiorno per motivi
di istruzione o di formazione professionale l’interessato deve produrre la
documentazione attestante l’iscrizione presso un istituto pubblico o privato
riconosciuto, la titolarità di una polizza di assicurazione sanitaria e la
disponibilità di risorse economiche, come specificate nel punto precedente. Per quanto riguarda l’esercizio del
diritto di soggiorno per motivi di lavoro occorre tenere presente che i
cittadini dei Paesi neocomunitari (Romania e Bulgaria), relativamente
all’accesso al mercato del lavoro sono attualmente soggetti ad un regime
transitorio, che durerà fino al 1° gennaio 2008. Il regime transitorio prevede che per i
cittadini di tali Paesi l’accesso al lavoro sia liberalizzato per alcuni
settori, mentre per i restanti sia subordinato al possesso di un nulla osta
rilasciato dallo Sportello Unico per l’Immigrazione. In particolare, l’accesso al mercato
del lavoro non è subordinato ad alcuna condizione per il lavoro stagionale
e per il lavoro nei seguenti settori: agricolo e turistico alberghiero;
domestico e di assistenza alla persona; edilizio; metalmeccanico; dirigenziale
e altamente qualificato. Per tutti i restanti settori produttivi
– ai quali il cittadino della Romania e della Bulgaria accede previa rilascio
del nulla osta dello Sportello Unico per l’Immigrazione - il lavoratore dovrà
produrre tale documento ai fini dell’iscrizione anagrafica disciplinata dal
decreto legislativo. Ciò posto, a seguito dell’iscrizione
anagrafica – subordinata oltre che alla verifica dei richiamati requisiti,
anche all’accertamento della dimora abituale - viene consegnato
all’interessato il relativo certificato d’iscrizione. Quest’ultimo dovrà contenere il
riferimento della norma ai sensi della quale è stato prodotto (art. 9 del d.
leg.vo in commento). Analogo riferimento deve essere inoltre annotato nella
scheda individuale d’iscrizione anagrafica dell’interessato. Il decreto legislativo prevede che
avverso il provvedimento di rifiuto o di revoca del diritto di soggiorno è
ammesso ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo ove
dimora il richiedente. Tale rimedio è quindi esperibile dal
cittadino dell’Unione, avente o meno un autonomo diritto di soggiorno, a cui
sia stata respinta o revocata la richiesta d’iscrizione anagrafica per mancanza
dei requisiti previsti dal decreto legislativo in esame. Resta ferma la facoltà dell’interessato
di presentare ricorso al Prefetto entro 30 giorni dalla comunicazione del
provvedimento in caso di rigetto dell’istanza per la mancanza dei requisiti
previsti dalla legge 1228/1954 e dal d.P.R. n. 223/1989. Con riguardo ai cittadini dell’Unione
attualmente in possesso della Carta di soggiorno in corso di validità, e quindi
già iscritti nei registri della popolazione residente, si ritiene opportuno
evidenziare che fino alla scadenza del titolo stesso nei loro confronti non
sussiste l’obbligo di presentare la documentazione indicata dal decreto
legislativo. 2) Iscrizione anagrafica del
familiare del cittadino dell’Unione, avente la cittadinanza di uno Stato membro
(artt. 2 e 9). I familiari del cittadino dell’Unione
aventi diritto di soggiorno ai sensi dell’art. 2, punto 2, del decreto
legislativo in commento sono i seguenti: il coniuge, i discendenti diretti di
età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge; gli ascendenti diretti
a carico e quelli del coniuge. I cittadini dell’Unione in questione
devono presentare, per l’iscrizione anagrafica, un documento d’identità ed un
documento che attesti la qualità di familiare nei sensi soprarichiamati, o di
familiare a carico. La qualità di vivenza a carico può
essere attestata dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di cui
all’art. 46 del D.P.R. 445/2000. L’esibizione dell’attestato della
richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell’Unione avente un
autonomo diritto di soggiorno, prevista dal decreto legislativo, si ritiene che
possa essere omessa, in quanto presente già agli atti del Comune stesso. 3) Iscrizione anagrafica del
familiare del cittadino dell’Unione, non avente la cittadinanza di uno Stato
membro (artt. 9 e 10). Il titolo di soggiorno del familiare
del cittadino dell’Unione, non avente la cittadinanza di uno Stato membro è la
“Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione”. Essendo l’iscrizione anagrafica dello
straniero – nel quadro normativo attuale - subordinata alla regolarità del
soggiorno (art. 6, c. 7, d. leg.vo n. 286/1998), deve ritenersi che per questa
categoria di soggetti l’iscrizione anagrafica resti subordinata al rilascio da
parte della Questura del richiamato titolo. Per questo motivo si ritiene opportuno
che l’adempimento relativo alla richiesta d’iscrizione anagrafica sia
successivo all’acquisizione della Carta di soggiorno, sebbene non debba negarsi
all’interessato la possibilità di richiedere l’iscrizione in un momento
antecedente all’ottenimento della Carta. In tale caso il perfezionamento del
procedimento d’iscrizione conseguirà all’esibizione della Carta di soggiorno
che nel frattempo sarà rilasciata dalla Questura all’interessato secondo le
procedure in vigore. Il decreto legislativo prevede che
l’interessato produca, per l’iscrizione anagrafica, il passaporto e il visto
d’ingresso quando richiesto, i documenti che attestino la qualità di familiare
e, se necessario, in relazione alla tipologia d’istanza, di familiare a carico,
nonché l’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare del
cittadino dell’Unione. In proposito si ritiene che possa
essere omessa la presentazione dell’attestato della richiesta d’iscrizione
anagrafica del familiare cittadino dell’Unione, in quanto già agli atti del
Comune. Resta fermo l’obbligo di comunicare
alla Questura l’avvenuta iscrizione anagrafica dei soggetti rientranti nella
categoria in esame, come previsto dall’art. 6, c. 7, del decreto leg.vo n. 286/1998.
Il decreto legislativo prevede che per
l’iscrizione anagrafica, per il rilascio della ricevuta d’iscrizione e del
documento d’identità si applichino ai cittadini dell’Unione e ai loro
familiari, le medesime disposizioni previste per il cittadino italiano. 4) Conservazione del diritto di
soggiorno (artt. 11, 12,13). Il decreto legislativo disciplina le
ipotesi di conservazione del diritto di soggiorno al venir meno delle
condizioni che originariamente ne avevano determinato il riconoscimento. Per quanto riguarda i cittadini
dell’Unione non aventi un autonomo diritto di soggiorno, le ipotesi contemplate
sono le seguenti: decesso del cittadino dell’Unione o sua partenza dal
territorio nazionale, divorzio e annullamento del matrimonio. Tali eventi non incidono sul diritto di
soggiorno del familiare cittadino dell’Unione che abbia acquisito il diritto di
soggiorno permanente o che abbia i requisiti per divenire a sua volta titolare
di un autonomo diritto di soggiorno, ai sensi dell’art. 7, c. 1, nonché dei
figli o del genitore che ne ha l’affidamento, nel caso in cui i figli siano
iscritti in un istituto scolastico, fino al termine degli studi. Il decreto legislativo disciplina
inoltre specifici casi di conservazione del diritto di soggiorno del cittadino
dell’Unione, già lavoratore subordinato o autonomo. Le ipotesi prese in
considerazione dalla norma (art. 7, c. 3) sono le seguenti: cittadino
temporaneamente inabile a seguito di malattia o infortunio; cittadino che dopo
aver esercitato per oltre un anno un’attività lavorativa nel territorio
nazionale si trova in stato di disoccupazione involontaria debitamente
comprovata, ed è iscritto presso il Centro per l’impiego, ovvero ha reso la
dichiarazione ex art. 2, c. 1, del d. leg.vo 181/2000 che attesti l’immediata
disponibilità all’impiego; cittadino in stato di disoccupazione involontaria al
termine di un contratto di lavoro di durata inferiore ad un anno, o si è
trovato in stato di disoccupazione involontaria nei primi dodici mesi di
soggiorno in Italia ed è iscritto presso il Centro per l’impiego o abbia reso
apposita dichiarazione di disponibilità all’impiego; cittadino che segue un
corso di formazione professionale. 5) Diritto di soggiorno
permanente (artt. 14, 15,16,18). Il cittadino dell’Unione che ha
soggiornato legalmente e in via continuativa, per cinque anni,
nel territorio nazionale acquisisce un diritto di soggiorno permanente. Tale
titolo esonera l’interessato dalla conservazione dei requisiti previsti dal
decreto legislativo per il riconoscimento del diritto di soggiorno. L’assenza dal territorio nazionale di
durata superiore a due anni consecutivi comporta la perdita del diritto. Per i soli cittadini dell’Unione, la
relativa attestazione (ALL. 2) è rilasciata dal Comune di residenza entro 30 giorni
dalla richiesta dell’interessato, mentre per gli stranieri extracomunitari,
familiari di cittadini dell’Unione, è competente la Questura. Il decreto legislativo prevede che la
richiesta debba essere corredata dalla documentazione atta a dimostrare la
sussistenza delle condizioni previste per la maturazione del diritto. Si ritiene che la condizione relativa
alla continuità del soggiorno possa essere accertata attraverso
l’iscrizione anagrafica dell’interessato. La condizione che questi abbia soggiornato
legalmente deve intendersi – anche alla luce di quanto indicato nel
preambolo della direttiva - nel senso che nel corso dei cinque anni di
soggiorno l’interessato abbia risieduto nel territorio alle condizioni previste
nel decreto legislativo e senza essere stato oggetto di misure di
allontanamento. Il decreto legislativo specifica che
non pregiudicano la continuità del soggiorno le assenze che non superino
complessivamente sei mesi l’anno, ovvero le assenze di durata superiore
giustificate dall’assolvimento di obblighi militari ovvero fino a dodici mesi
consecutivi per motivi rilevanti. Tra questi ultimi il decreto legislativo
annovera, a titolo esemplificativo, la gravidanza e la maternità, la malattia
grave, gli studi o la formazione professionale o il distacco per motivi di
lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo. Si ritiene che tali assenze vadano
considerate nel calcolo del quinquennio previsto per la maturazione del diritto
di soggiorno permanente, nel senso che i relativi periodi debbano essere
computati quali periodi di soggiorno nel territorio nazionale. La continuità del soggiorno è invece
interrotta dal provvedimento di allontanamento della persona interessata. 6) Maturazione anticipata del
diritto di soggiorno permanente (art. 15). Di seguito si indicano le ipotesi -
riguardanti i lavoratori che hanno cessato la propria attività nel territorio
nazionale, ed i loro familiari - in cui il diritto di soggiorno permanente
viene maturato prima dei cinque anni di soggiorno. a) Pensionamento dell’interessato.
Rientrano in questa ipotesi il lavoratore subordinato o autonomo che, nel
momento in cui cessa l’attività ha raggiunto l’età prevista per la pensione di
vecchiaia, nonché il lavoratore subordinato che cessa di svolgere la propria
attività a seguito di pensionamento anticipato, qualora abbia svolto in Italia
la propria attività negli ultimi dodici mesi e vi abbia soggiornato in via
continuativa per oltre tre anni. Se il lavoratore non ha diritto alla
pensione di vecchiaia, la condizione relativa all’età è considerata soddisfatta
al raggiungimento dei 60 anni. b) Sopravvenuta incapacità
lavorativa permanente. Si tratta dell’ipotesi del lavoratore subordinato o
autonomo che ha soggiornato in modo continuativo nello Stato per almeno due
anni e cessa di lavorare a causa di una sopravvenuta incapacità lavorativa
permanente. Non sono poste condizioni legate alla durata del soggiorno nel caso
in cui l’incapacità al lavoro sia dovuta ad un infortunio sul lavoro o ad una
malattia professionale dai quali consegue il diritto ad una prestazione
interamente o parzialmente a carico di un’istituzione dello Stato. c) Esercizio dell’attività
lavorativa in altro Stato membro. L’ipotesi in esame si riferisce al
lavoratore subordinato o autonomo che dopo aver espletato tre anni di attività
e di soggiorno continuativi in Italia esercita un’attività subordinata in altro
Stato dell’Unione, permanendo le condizioni per la sua iscrizione anagrafica. Il decreto legislativo specifica che,
con riguardo alle ipotesi indicate alle lettere a) e b), i periodi di
occupazione trascorsi in altro Stato dell’Unione ove l’interessato esercita
l’attività sono considerati trascorsi nel territorio nazionale. Nelle stesse
ipotesi di cui alle lettere a) e b) la sussistenza delle condizioni di durata
del soggiorno e dell’attività non sono necessarie se il coniuge
dell’interessato è cittadino italiano o ha perso la cittadinanza italiana a
seguito del matrimonio. Ai fini della maturazione anticipata
del diritto di soggiorno permanente si considera periodo di occupazione
il periodo di iscrizione alle liste di mobilità o di disoccupazione
involontaria, il periodo di sospensione dell’attività indipendenti dalla
volontà dell’interessato e l’assenza dal lavoro o la cessazione dell’attività
per malattia o infortunio. Il diritto al soggiorno permanente
maturato anticipatamente alle condizioni sopraesposte è esteso al familiare che
soggiorna in Italia con il lavoratore subordinato o autonomo di cui sopra. Qualora il lavoratore deceda prima
di avere acquisito il diritto di soggiorno permanente, il familiare che ha
soggiornato con lui matura il diritto al soggiorno permanente alle seguenti
condizioni: il lavoratore abbia soggiornato per due anni continuativi in Italia
prima del decesso; il decesso sia avvenuto a seguito di infortunio sul lavoro o
malattia professionale; il coniuge abbia perso la cittadinanza italiana a
seguito del matrimonio. - 7) Misure di allontanamento
(Artt. 8, 13, 20 e 21). Oltre alle ipotesi di allontanamento
per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, disciplinati dall’art. 20, il
decreto legislativo prevede che il provvedimento di allontanamento dei
cittadini dell’Unione possa essere adottato quando vengano meno le condizioni
che determinano il diritto di soggiorno dell’interessato (art. 21). In tali casi il provvedimento di
allontanamento viene adottato dal Prefetto territorialmente competente in base
al luogo di iscrizione anagrafica del destinatario e sarà comunicato al comune
ove lo stesso è iscritto, analogamente a quanto avverrà per il provvedimento di
allontanamento adottato per motivi legati all’ordine e alla sicurezza pubblica. Il provvedimento prevede un termine per
lasciare il territorio nazionale non inferiore a un mese. Non può invece essere
imposto un divieto di reingresso. Il provvedimento adottato dal Prefetto è
impugnabile davanti al Tribunale entro 20 giorni dalla sua notifica. In relazione a tale competenza del
Prefetto è necessario che il comune, qualora nel corso degli adempimenti
previsti dal decreto legislativo dovesse verificare l’assenza o il venir meno
delle condizioni di soggiorno, provveda a darne comunicazione al Prefetto. L’art. 13, c. 3, del decreto
legislativo prevede che i cittadini dell’Unione che siano lavoratori
subordinati o autonomi o che siano nelle particolari condizioni specificate
dalla norma stessa, afferenti allo stato di disoccupazione, non possono
divenire oggetto di provvedimenti di allontanamento, se non di quelli adottati
per motivi di ordine e sicurezza pubblica. 8) Regime transitorio. Occorre in questa sede affrontare il
problema relativo alle Carte di soggiorno richieste alle Questure in data
anteriore all’11 aprile, ovvero prima dell’entrata in vigore del decreto
legislativo, ed a quella data non ancora rilasciate. In tali ipotesi il cittadino
dell’Unione dovrà necessariamente recarsi in Comune per chiedere l’iscrizione
ai sensi del decreto legislativo, non potendo la Questura rilasciare la Carta
di soggiorno oltre quella data. Al fine di semplificare gli adempimenti
a carico dell’interessato si ritiene che quest’ultimo debba limitarsi ad
esibire all’Ufficio d’anagrafe la ricevuta di presentazione dell’istanza di
Carta di soggiorno, rilasciata dalla Questura o da Poste italiane S.p.a., e
autodichiarare la sussistenza delle condizioni di soggiorno previste dal
decreto legislativo in oggetto. La verifica di tali condizioni potrà
poi essere svolta a campione dal Comune, utilizzando la documentazione in
possesso della Questura. A livello locale potranno essere
assunte le più idonee intese al fine di dare concreta attuazione alla soluzione
esposta, non escludendo la possibilità di trasferire ai Comuni, su loro
richiesta, la documentazione in possesso delle Questure, nelle forme e con le
modalità ritenute più opportune. Si pregano le SS.LL. di portare a
conoscenza dei Sig.ri Sindaci il contenuto della presente circolare,
sensibilizzandoli sull’importanza delle nuove procedure e ponendo in essere
ogni utile iniziativa finalizzata alla sua corretta applicazione. Sarà cura della Direzione Centrale per
i Servizi Demografici fornire ulteriori indicazioni sugli aspetti problematici
che dovessero emergere in sede applicativa, e che potranno essere segnalati
all’indirizzo di posta elettronica segreteriaservizidemografici@interno.it. Il testo della presente circolare è
reperibile sul sito internet di questo Ministero. |
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