Nell’attività di polizia stradale, soprattutto nei piccoli comuni di questa grande Italia (…un po’ di sano patriottismo non fa mai male…), può capitare di essere chiamati, al fine di verificare la regolarità di un ciclomotore “stargato” che si trova in sosta, sull’area pubblica. Un veicolo che se lasciato lì, incustodito, può catalizzare l’interesse dei diversi meccanici occasionali che necessitano di parti di ricambio o, piuttosto, si dilettano a distruggere i beni altrui. Ad ogni buon conto, se l’intervento è richiesto, il nostro compito è quello di rispondere e di rispondere nel migliore dei modi. CICLOMOTORE E CIRCOLAZIONE Come risaputo, il ciclomotore, è una delle macchine che circola sulle strade ed è guidata dall’uomo. Tale definizione, indipendentemente dalla sua classificazione tecnica (art. 52 c.s.; art. 198 reg. c.s.), deriva dalla lettura più generale dell’art. 45 del nuovo codice della strada, che fornisce, per l’appunto, la definizione di veicolo. Dunque, affinché un ciclomotore possa rientrare nella definizione di veicolo e quindi, ai fini dell’applicazione delle norme previste dal nuovo codice della strada, è necessario che lo stesso “circoli” sulle “strade” e sia condotto dall’uomo; ovviamente, tale condizione è attuale se l’uomo è presente in qualità di conducente, mentre resta presupposto, se il veicolo stesso è idoneo ad essere condotto in quanto dotato di per sé di parti essenziali per la sua conduzione. Per circolazione, secondo quanto riportato nella definizione n. 9), del comma 1, dell’art. 3 del nuovo codice strada, si deve intendere non solo il movimento, ma anche la fermata e la sosta dei veicoli (c.d. circolazione statica) sulla strada; per strada, invece, secondo la definizione che si ricava dalla lettura del comma 2, dell’art. 2 dello stesso codice, si deve intendere l’area di “uso pubblico” destinata alla circolazione, oltre che dei pedoni e degli animali, anche dei veicoli: ancora una volta, tali definizioni sono rilevanti ai fini dell’applicazione delle norme previste dal più volte citato codice. Infatti, la giurisprudenza è stata sempre improntata a questa definizione, affermando che, ai fini dell’applicazione delle sanzioni inerenti all’inosservanza delle norme che regolano la circolazione stradale, si deve far riferimento non tanto al concetto di proprietà della strada, ma alla sua “destinazione” (Cass. Civ. Sez. III 17 aprile 1996, n. 3633) ovvero, quella che il soggetto, con un atto di volontà, implicito od esplicito, ha inteso dare all’area di sua proprietà(1). CONTRASSEGNO E TARGA Dunque, se sul piano sostanziale un ciclomotore è una macchina a propulsione meccanica o elettrica, sul piano formale la sua circolazione è ammessa solo allorquando per il medesimo veicolo sono stati rilasciati due documenti che sono (art. 97, comma 1, c.s.): a) il certificato di circolazione, contenente i dati di identificazione e costruttivi del veicolo, nonché quelli della targa e dell’intestatario, rilasciato dal Dipartimento per i trasporti terrestri, ovvero da uno dei soggetti di cui alla legge 8 agosto 1991, n. 264 , con le modalità stabilite con decreto dirigenziale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito di aggiornamento dell’Archivio nazionale dei veicoli di cui agli articoli 225 e 226; b) la targa personale, che identifica l’intestatario del certificato di circolazione. Tale obbligo non comporta alcuna necessità di interpretazione della norma, se non una mera considerazione pratica: né il certificato di circolazione, né la targa, sono attualmente disponibili, giacché non ancora emessi dai competenti organi. In buona sostanza, ogni ciclomotore, ancorché munito di contrassegno di identificazione per ciclomotore (c.d. targhetta) e di certificato di idoneità tecnica per ciclomotore, non è idoneo ad essere posto in circolazione e quello che sta accadendo, è ormai da tempo sotto gli occhi di tutti tanto che, inconsapevolmente ed in perfetta buona fede, il personale della polizia stradale esegue i controlli di istituto, sulla base del testo ante-legge n. 9 del 2002, la cui efficacia è stata prorogata allo scorso 1° luglio 2004, dal d. L. n. 151 del 2003 (2), ormai decaduto. Sta di fatto, che a stretto rigore di diritto, circolare con un contrassegno di identificazione per ciclomotore equivale a circolare con una targa non rispondente al modello previsto, il che equivale a circolarne senza. Ne consegue, che chiunque circola senza contrassegno di identificazione per ciclomotore o piuttosto, senza la targa, dovrebbe essere sanzionato come chi circola con il ciclomotore “stargato”. IL D.M. 22 OTTOBRE 1999, N. 460 Sulla scorta di quanto previsto dall’art. 46 del d. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dal d. Lgs. N. 389 del 1997, sulla G.U. n. 287 del 7 dicembre 1999, è stato pubblicato il coevo decreto N. 460 che reca la disciplina dei casi e delle procedure di conferimento ai centri di raccolta dei veicoli a motore o rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e di quelli acquisiti ai sensi degli artt. 927-929 e 923 del codice civile. Ne consegue, che chiunque voglia disfarsi di un ciclomotore dunque, lo voglia trattare come rifiuto (art. 6, comma 1, lett. a) del decr. Ronchi 22/97), è tenuto a consegnarlo ad un centro di raccolta autorizzato ai sensi degli artt. 27 s. del decreto da ultimo citato. In difetto, l’abbandono o il deposito del veicolo fuori uso suddetto, comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria indicata al comma 1 dell’art. 50 del decreto Ronchi, se trattasi di persona fisica (3); la contravvenzione punita e prevista dall’art. 51, commi 1 e 2 del medesimo decreto, se trattasi di persona giuridica. Ma quando un ciclomotore è da considerare abbandonato? Le ipotesi prospettate dal d.M. n. 460 del 1999 sono le seguenti: a) quando è privo del “contrassegno di identificazione; b) quando è privo di parti essenziali per l’uso o la conservazione; c) quando è accertata la sosta che si sia protratta per oltre sessanta giorni, in violazione degli artt. 6, 7, 157, 158 e 175 del nuovo codice della strada. Tale ultima ipotesi, che pare essere dettata da mere ragioni teoriche, è stata prevista dall’art. 2 del decreto dappoco citato. Le altre due ipotesi, invece, sono state previste dall’art. 1 dello stesso decreto e danno luogo a quella che è definita dallo stesso ministero emanante un “presunzione di abbandono”. In realtà, il veicolo privo di parti essenziali per il suo uso o la sua conservazione, come del contrassegno, non è considerato rifiuto ma, piuttosto veicolo a motore in condizioni da far presumere lo stato di abbandono. Niente vieta, infatti, che la “menomazione” meccanica o formale del veicolo, sia avvenuta per cause indipendenti dalla volontà del proprietario del bene; magari perché altri vi hanno provveduto in quanto vandali o quant’altro. Non a caso, laddove si evidenzi uno stato di “presunto abbandono” del ciclomotore, l’organo di polizia stradale è tenuto a: 1. constatare, tramite verbalizzazione, lo stato di conservazione del veicolo e le relative parti mancanti; 2. accertare che nei riguardi del ciclomotore non sia pendente denuncia di furto; 3. conferire il ciclomotore presso uno dei centri di raccolta individuati dal prefetto con le modalità di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 571 del 1982, tra quelli autorizzati ai sensi dell’art. 46 del decreto n. 22 precedentemente citato. Non da meno e prima di ogni altro adempimento finalizzato al recupero del veicolo che si presume abbandonato, la polizia stradale è tenuta a rilevare eventuali violazioni a norme di comportamento del codice della strada. Prima di riprendere quest’ultimo aspetto del controllo e che è anche motivo di principale riflessione di questo nostro intervento, va ricordato che allo scadere del sessantesimo giorno dal rinvenimento del ciclomotore, lo stesso è da considerare cosa abbandonata, ai sensi di legge: in tal senso, trattandosi di veicolo fuori uso ed essendo stato appurato che lo stesso è stato abbandonato sull’area pubblica, questo è da considerare rifiuto a tutti gli effetti e, come tale, destinato alla demolizione o al recupero. CODICE DELLA STRADA O DECRETO RONCHI Giungendo a conclusione, la domanda che ci poniamo è questa: trovandoci dinanzi ad un veicolo del quale si presume l’abbandono, che tipo di violazione è da accertare e quale il soggetto cui notificare gli estremi della violazione? Premesso tutto quello che abbiamo sin qui detto, è chiaro che il veicolo lasciato in sosta sulla strada (al pari di vicoli, piazze, larghi e comunque di ogni altro luogo pubblico destinato alla circolazione di persone, animali e veicoli; non anche, di ogni altro luogo di privata dimora, rispetto al quale il ciclomotore non potrà essere mai considerato cosa abbandonata, dunque, rifiuto), resta pur sempre un ciclomotore e come tale, oggetto di accertamento di conformità, a quanto disposto dal nuovo codice della strada. Dal decreto 460/99, peraltro, si può intendere che l’organo di polizia stradale è tenuto ad accertare le mere violazioni alle c.d. norme di comportamento (Tit. V) del nuovo codice della strada, ma non di tutte le violazioni che quest’ultimo prevede; tra queste, tenuto conto che siamo in fase di circolazione statica, ci viene da pensare a quelle attinenti alla sosta (art. 157 ss. st. cod.). Come già detto, ciò escluderebbe quindi l’accertamento di altri tipi di violazione, tra cui, evidentemente, la circolazione con veicolo stargato o non coperto da assicurazione di responsabilità civile. Si potrebbe pensare che il non avere previsto le altre violazioni al codice della strada, dipende dal fatto che il veicolo è in stato di apparente abbandono e quindi, è potenzialmente idoneo a costituire un veicolo fuori uso e non più un vero e proprio veicolo; quindi, non esisterebbe più l’obbligo di copertura assicurativa, né l’obbligo di definirlo formalmente mediante documento di identificazione e certificato di circolazione. In tal senso, resterebbero potenzialmente violabili, in termini più concreti, le sole norme di comportamento che possono essere violate, sia nella fase statica, come in quella dinamica, con una macchina a propulsione muscolare o meccanica, ancorché non classificabile in una di quelle indicate negli artt. 47 ss. del codice. Vero è, che durante la fase dei successivi accertamenti e quindi, prima ancora dello spirare dei sessanta giorni previsti dal decreto per la individuazione del veicolo fuori uso, l’eventuale “recupero giuridico” (mi si passi il termine che pare calzante) dello stesso e quindi, la sua rinnovata classificazione a ciclomotore, comporterà per l’organo di polizia stradale, la notificazione degli estremi delle violazioni non solo alle norme di comportamento del nuovo codice della strada, ma di ogni altra norma che si ritiene sia stata violata. Ciò continua ad escludere – fintanto che non saranno rilasciate le targhe per ciclomotore – l’applicazione della sanzione prevista per la circolazione di ciclomotore “stargato”, di cui all’art. 97 del nuovo codice della strada; resta evidente, che la condizione di veicolo “stargato” è solo propedeutica alla procedura di recupero del veicolo che in tal caso si può presumere in stato di abbandono. (*) Ufficiale della Polizia Municipale, tecnico del segnalamento, iscritto all’albo dei docenti della Scuola di Polizia Locale dell’Emilia Romagna. (1) Così Giuseppe Carmagnini: (2) Sembra che questa assurda situazione, sia in corso di risoluzione mediante l’emanazione – si badi bene – di un decreto d’urgenza da emanare entro il 1° luglio p.v. che, come risaputo estenderà l’obbligo del patentino per ciclomotore a tutti i conducenti e che sarà rubricato (con un po’ di sarcasmo, naturalmente)… “la lunga estate calda”. (3) Competente ad irrogare la sanzione è il sindaco e per esso il dirigente, ed i relativi proventi sono del comune che, ai sensi dell’art.55-bis del decreto Ronchi, sono destinati all’esercizio delle funzioni di controllo in materia ambientale. |
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