Da una recente e interessante pronuncia della magistratura amministrativa nascono alcune considerazioni su inquinamento e territorio. Soprattutto, su inquinamento ed eguale tutela sociale. Con la sentenza n. 148 del 17.1.2007, il TAR Veneto (Sezione I) ha affermato che “è illegittima l’ordinanza contingibile e urgente del Sindaco di limitazione della circolazione di autoveicoli non adibiti al trasporto di persone, emanata a fronte di una situazione di inquinamento atmosferico ed acustico sussistente da diversi anni, che postula piuttosto interventi strutturali e concertati tra le varie P.A. competenti. Simili interventi straordinari producono infatti ricadute sul territorio di altri Comuni, trasferendo i problemi di inquinamento sulle altre aree interessate dai percorsi alternativi. E’ pertanto appropriato ed opportuno che, al fine di risolvere il problema, la P.A. con più ampie competenze non solo in materia di viabilità, ma anche di pianificazione, assetto e governo del territorio (la Regione) convochi una conferenza di servizi, con la partecipazione di tutti gli enti pubblici interessati”. In pratica, questa sentenza dice che non v’è tutela dell’ambiente e della collettività quando, a seguito di provvedimenti contingenti ed estremi di portata strettamente locale (quali blocco di arterie e deviazioni del traffico), si verifica un “effetto domino”, ossia una ricaduta del problema altrove, nel territorio limitrofo. La sentenza riguardava “il Comune di Villaverla e altri”, ossia un’area compresa fra Vicenza e Tiene, caratterizzata da forte densità abitativa, insediamenti artigianali e industriali e massiccio traffico veicolare (vi passa l’autostrada). Il principio sembra ineccepibile. Non ha senso “spostare” il problema e non risolverlo. Non ha senso, con un atto d’imperio da parte di un Sindaco, trasferire una situazione intollerabile su altre persone, su altri insediamenti umani, con il rischio di una sorta di “turnazione” nella sofferenza, e non concertare, invece, a livello superiore (in questo caso, regionale) una diversa e più ampia regolazione del traffico, in modo che i focolai di inquinamento di disperdano e si ricomponga una situazione generale più accettabile per tutti. Questo è vero e incontestabile quando l’assetto del territorio è tale che possano venire interessate, volta a volta, comunità diverse, confinanti e radicate in vaste aree, senza soluzione di continuità. Quale sarebbe, invece, l’ottica, nel caso ci si trovasse in presenza di un assetto territoriale diverso? Ad esempio, se l’inquinamento andasse ad un livello critico in una piccola isola? Misure urgenti si potrebbero adottare, forse. Non vi sarebbero, in questo caso, territori di Comuni confinanti. Oppure, evenienza ancora più problematica, se la situazione critica si verificasse nel territorio di un Comune di confine, con ricadute solo al di là della frontiera, in territorio estero? In questo caso non sarebbe possibile ipotizzare, come soluzione a monte, una riconsiderazione del problema a livello istituzionale superiore, nell’ambito nazionale. Che fare, allora? Procedere egualmente alle misure urgenti col rischio di provocare proteste da parte di consoli o addirittura incidenti diplomatici? E se il degrado, l’avvelenamento, la contaminazione divenissero insopportabili e allarmanti in un paese situato in un fondovalle circondato aree montane, boschive, e la situazione fosse tale che un alleggerimento del traffico potesse avvenire senza ripercussioni su aree vicine popolate? Ossia, facendo deviare il traffico, e spostando l’inquinamento su strade e valli non segnate da insediamenti urbani? Quest’ultima ipotesi, tutt’altro che trascurabile, e forse più realistica delle altre, richiama interrogativi più ampi, dilatabili fino all’individuazione della morale da seguire, ora e soprattutto in futuro. Preoccuparsi delle condizioni della popolazione è giusto e sacrosanto, ma rientra sempre in un’ottica antropocentrica, di derivazione kantiana, oggi ancora dominante. Non dimentichiamo, però, che l’uomo, per sopravvivere, deve ormai fare i conti sempre più con l’ambiente che deve (e può) abitare e gli essere viventi con cui può (e deve) interagire (animali, piante e altro). Non è giusto spostare l’inquinamento dove ci sono altri uomini, propri simili. Ma, ormai, anche spostarlo dove non ci sono uomini è un lusso che non ci si può più permettere.
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