Assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile per gli autoveicoli – Direttive 72/166/CEE, 84/5/CEE/ e
90/232/CEE – Danni cagionati ai passeggeri di un autoveicolo – Parte di un
autoveicolo non predisposta per il trasporto di passeggeri seduti Allo stato attuale del diritto comunitario, gli
Stati membri restano liberi di stabilire il regime della responsabilità civile
applicabile ai sinistri derivanti dalla circolazione degli autoveicoli, ma sono
obbligati a garantire che la responsabilità civile applicabile ai sensi del
loro diritto nazionale sia coperta da un’assicurazione conforme alle
disposizioni delle tre direttive citate. Pertanto, una normativa nazionale non può negare o
limitare in misura sproporzionata l’indennizzo di un passeggero esclusivamente
sulla base della corresponsabilità di quest’ultimo nella realizzazione del
danno: l’entità dell’indennizzo della vittima può essere limitata solo al
verificarsi di circostanze eccezionali, in base ad una valutazione caso per
caso, e nel rispetto del diritto comunitario Le disposizioni di diritto nazionale che escludono
dal beneficio della garanzia dell’assicurazione obbligatoria chi viaggi in
qualsiasi parte di un autoveicolo non progettata né costruita con sedili per
passeggeri possono essere disapplicate, in quanto contrastanti con direttive
comunitarie precise ed incondizionate. (Fonte: Altalex Massimario) Corte di Giustizia delle Comunità Europee SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 19 aprile 2007 «Assicurazione obbligatoria della responsabilità
civile per gli autoveicoli – Direttive 72/166/CEE, 84/5/CEE/ e 90/232/CEE –
Danni cagionati ai passeggeri di un autoveicolo – Parte di un autoveicolo non
predisposta per il trasporto di passeggeri seduti» Nel procedimento C-356/05, avente ad oggetto la domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla High Court
(Irlanda) con decisione 30 luglio 2004, pervenuta in cancelleria il 23
settembre 2005, nella causa Elaine
Farrell contro Alan
Whitty, Minister
for the Environment, Ireland, Attorney
General e Motor
Insurers Bureau of Ireland (MIBI), LA CORTE (Prima Sezione), composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione,
dai sigg. E. Juhász (relatore), J.N. Cunha Rodrigues, K. Schiemann e E. Levits,
giudici, avvocato generale: sig.ra C. Stix‑Hackl cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito
alla trattazione orale del 7 settembre 2006, considerate le osservazioni presentate: – per Elaine Farrell, dai sigg. E. McCullough, SC ,
C. McCarthy, BL e dal sig. C. Murphy, barrister, su incarico del sig. M.
O’Shea, solicitor; – per il Minister for the Environment, l’Irlanda e
l’Attorney General (in prosieguo: «Ireland», dai sigg. E. Fitzsimons, K.
McMeel, D. Maloney e D. O’Hagan, in qualità di agenti; – per
la Motor Insurers Bureau of Ireland (MIBI), dal sig. E.
Gleeson, SC, su incarico della sig.ra P. Boyd, solicitor; – per la Commissione delle Comunità europee, dalla
sig.ra N. Yerrell, in qualità di agente, sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 5 ottobre 2006, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’interpretazione dell’art. 1 della terza direttiva del Consiglio 14 maggio
1990, 90/232/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla
circolazione di autoveicoli (GU L 129, pag. 33; in prosieguo: la «terza
direttiva»). 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di
una controversia che contrappone la sig.ra Farrell al sig. Whitty, al Minister
for the Environment (Ministro dell’Ambiente), all’Irlanda, all’Attorney
General, nonché al Motor Insurers Bureau of Ireland (MIBI) (in prosieguo: il
«MIBI»). Contesto normativo La normativa comunitaria 3 A tenore dell’art. 1, della direttiva del
Consiglio 24 aprile 1972, 72/166/CEE, concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della
responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e di
controllo dell’obbligo di assicurare tale responsabilità (GU L 103, pag. 1),
come modificata dalla terza direttiva (in prosieguo: la «prima direttiva»), per
«veicolo» si intende: «qualsiasi autoveicolo destinato a circolare sul suolo e
che può essere azionato da una forza meccanica, senza essere vincolato ad una
strada ferrata, nonché i rimorchi, anche non agganciati». 4 L’art. 3, n. 1, della prima direttiva prevede: «Ogni Stato membro adotta tutte le misure
necessarie (...) affinché la responsabilità civile relativa alla circolazione
dei veicoli che stazionano abitualmente nel suo territorio sia coperta da
un’assicurazione. I danni coperti e le modalità dell’assicurazione sono determinati
nell’ambito di tali misure». 5 L’art. 1, n. 4, primo e terzo comma, della
seconda direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, concernente il
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di
assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di
autoveicoli (GU 1984, L 8, pag. 17), quale modificata dalla terza direttiva (in
prosieguo: la «seconda direttiva»), così dispone: «Ciascuno Stato membro crea o autorizza un
organismo con il compito di rimborsare, almeno entro i limiti dell’obbligo di
assicurazione, i danni alle cose o alle persone causati da un veicolo non
identificato o per il quale non vi è stato adempimento dell’obbligo di
assicurazione conformemente al paragrafo 1. Questa disposizione lascia impregiudicato
il diritto degli Stati membri di conferire o no all’intervento di questo
organismo un carattere sussidiario, nonché quello di regolamentare le azioni
tra questo organismo e il responsabile o i responsabili del sinistro ed altri
assicuratori o istituti di sicurezza sociale che siano tenuti ad indennizzare
la vittima per lo stesso sinistro. Tuttavia gli Stati membri non autorizzano
l’organismo a subordinare il pagamento dell’indennizzo alla condizione che la
vittima dimostri in un modo qualsiasi che il responsabile del sinistro non è in
grado o rifiuta di pagare. (…) Tuttavia gli Stati membri possono escludere
dall’intervento di tale organismo le persone che per loro spontanea volontà
hanno preso posto nel veicolo che ha causato il sinistro, se l’organismo può
dimostrare che esse erano al corrente del fatto che il veicolo non era
assicurato». 6 Secondo l’art. 2, n. 1, della seconda direttiva: «Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie
affinché qualsiasi disposizione legale o clausola contrattuale contenuta in un
contratto di assicurazione rilasciato conformemente all’articolo 3, paragrafo
1, della [prima direttiva], che escluda dall’assicurazione l’utilizzo o la
guida di autoveicoli da parte: – di persone non aventi l’autorizzazione esplicita
o implicita, o – di persone non titolari di una patente di guida
che consenta loro di guidare l’autoveicolo in questione, o – di persone che non si sono conformate agli
obblighi di legge di ordine tecnico concernenti le condizioni e la sicurezza
del veicolo in questione, sia considerata, per l’applicazione dell’articolo 3
paragrafo 1 della [prima direttiva], senza effetto per quanto riguarda l’azione
dei terzi vittime di un sinistro. Tuttavia, la clausola di cui al primo trattino può
essere opposta alle persone che di loro spontanea volontà hanno preso posto nel
veicolo che ha causato il danno se l’assicurato può provare che esse erano a
conoscenza del fatto che il veicolo era rubato. Gli Stati membri hanno la facoltà – per i sinistri
avvenuti nel loro territorio – di non applicare la disposizione del primo comma
se e nella misura in cui la vittima può ottenere il risarcimento del danno da
un istituto di sicurezza sociale». 7 A tenore dei ‘considerando’ 2‑5 della terza
direttiva: «considerando che l’art. 3 della [prima direttiva],
impone ad ogni Stato membro di prendere qualsiasi misura necessaria affinché la
responsabilità civile risultante dalla circolazione dei veicoli che stazionano
abitualmente nel suo territorio sia coperta da un’assicurazione; che i danni
coperti e le modalità dell’assicurazione devono essere determinate nell’ambito
di tali misure; considerando che la [seconda direttiva] ha
notevolmente ridotto le disparità relative al livello e al contenuto
dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile negli Stati membri;
che continuano tuttavia ad esistere notevoli disparità nella copertura fornita
da tale assicurazione; considerando che occorre garantire che le vittime
di sinistri della circolazione automobilistica ricevano un trattamento
comparabile indipendentemente dal luogo della Comunità ove il sinistro è
avvenuto; considerando in particolare che in alcuni Stati
membri esistono lacune nella copertura fornita dall’assicurazione obbligatoria
dei passeggeri di autoveicoli; che, per proteggere tale categoria
particolarmente vulnerabile di vittime potenziali, è necessario colmare tali
lacune». 8 Secondo l’art. 1 della terza direttiva: «Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 1, secondo
comma della [seconda direttiva], l’assicurazione di cui all’articolo 3,
paragrafo 1 della [prima direttiva] copre la responsabilità per i danni alla
persona di qualsiasi passeggero, diverso dal conducente, derivanti dall’uso del
veicolo. Ai fini della presente direttiva, si intende per
“veicolo” un veicolo quale quello definito all’articolo 1 della [prima
direttiva]». 9 Ai sensi dell’art. 6, n. 2, della terza
direttiva, l’Irlanda dispone di un termine fino al 31 dicembre 1998 per
conformarsi all’art. 1 di tale direttiva per quanto riguarda i passeggeri sui
sedili posteriori delle motociclette e di un termine fino al 31 dicembre 1995
per conformarsi al detto art. 1 per quanto riguarda gli altri veicoli. La normativa nazionale 10 Dalla decisione di rinvio risulta che la
normativa pertinente è essenzialmente costituita dagli artt. 5, 56 e 65 (1) (a)
della legge del 1961 sulla circolazione stradale (Road Traffic Act 1961), nella
versione in vigore all’epoca dei fatti di cui alla causa a qua (in prosieguo:
il «1961 Act»), nonché dall’art. 6 del regolamento ministeriale del 1962
sull’assicurazione obbligatoria in materia di circolazione stradale (Road
Traffic) (Compulsory Insurance) (Amendment) Regulations 1962, e successive
modifiche. 11 Il giudice a quo precisa che da tale normativa
risulta che chi circola con un veicolo deve aver sottoscritto una polizza di
assicurazione approvata per coprire ogni forma di responsabilità per danni
fisici cagionati ai passeggeri del veicolo diversi dai soggetti esclusi. Questi
ultimi sono coloro che chiedono il risarcimento del danno subito mentre si
trovavano in un autoveicolo non appartenente ad una delle categorie specificate
mediante regolamento ministeriale. Per quanto riguarda tali veicoli specificati
dal ministro competente, sussiste l’obbligo di sottoscrivere un’assicurazione
della responsabilità civile per i danni causati alle persone che viaggiano a
bordo degli stessi. Tuttavia, il ministro non ha il potere di estendere
l’obbligo di assicurazione per i danni causati ai passeggeri che viaggino in
una parte di tale autoveicolo non progettata né costruita con sedili. Fatti di cui alla causa a qua e questioni
pregiudiziali 12 La sig.ra Farrell è stata vittima di un
incidente stradale avvenuto il 26 gennaio 1996. La stessa viaggiava in un
furgone che non era né progettato né costruito per trasportare passeggeri nella
parte posteriore. Il sig. Whitty, proprietario e conducente del detto furgone,
perdeva il controllo del suo veicolo, che si schiantava contro un muro. Poiché
il veicolo non era fornito di sedili nella parte posteriore, la sig.ra Farrell
al momento dell’incidente era seduta sul pavimento del furgone. 13 Poiché è emerso che il sig. Whitty non era
assicurato, la sig.ra Farrell cercava di ottenere un indennizzo presso il MIBI,
invocando un accordo da questo concluso tra tale ente ed il Minister for the
environment nel 1988 (in prosieguo: l’«accordo»). Con tale accordo, il MIBI
s’impegnava a indennizzare le vittime di incidenti stradali in cui fossero
coinvolti conducenti che avevano omesso di soddisfare l’obbligo di
assicurazione imposto dal 1961 Act. 14 Il MIBI, tuttavia, rifiutava di indennizzare la
sig.ra Farrell in quanto questa viaggiava in una parte dell’autoveicolo che non
era né progettata né equipaggiata di sedili per il trasporto di passeggeri. A
suo avviso, pertanto, la responsabilità per i danni fisici subiti dall’attrice
non costituiva una responsabilità per la quale l’assicurazione era obbligatoria
ai sensi del 1961 Act. L’accordo non trovava di conseguenza applicazione e il
MIBI non era obbligato a indennizzare l’attrice né a ottemperare ad una
qualsiasi sentenza pronunciata nei confronti del sig. Whitty. 15 Nel settembre 1997, la sig.ra Farrell agiva in
giudizio nei confronti dei convenuti nella causa principale. Nel luglio 2001
otteneva una decisione di condanna del sig. Whitty, mentre la stima dei danni
subiti veniva rinviata al momento della decisione nel merito. Da un lato,
infatti, la sig.ra Farrell cercava di ottenere una sentenza dichiarativa nella
quale fosse affermato che la normativa nazionale vigente all’epoca
dell’incidente non dava adeguata attuazione alle pertinenti disposizioni della
prima e della terza direttiva, in particolare all’art. 1 di quest’ultima,
mentre il MIBI e Ireland, dall’altro, negavano che le dette misure non dessero
adeguata attuazione a tale articolo. Quest’ultimo Stato membro sosteneva che la
terza direttiva consentiva di non estendere l’assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile ai passeggeri che si trovassero in una parte di un
autoveicolo a propulsione meccanica non progettata né equipaggiata di sedili
per trasportare passeggeri. 16 In tali circostanze la High Court ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali: «1) se, in forza dell’art. 1, della terza direttiva
(...) l’Irlanda fosse tenuta, a partire dal 31 dicembre 1995 – data entro la
quale tale Stato membro doveva dare attuazione alle disposizioni della terza
direttiva relativamente ai passeggeri di autoveicoli diversi dalle motociclette
– a rendere obbligatoria l’assicurazione della responsabilità civile per danni
causati alle persone che viaggino in una parte dell’autoveicolo non progettata
né costruita con sedili per passeggeri; 2) se, in caso di soluzione affermativa della prima
questione, l’art. 1 della terza direttiva conferisca ai singoli diritti che
essi possono far valere direttamente dinanzi ai giudici nazionali». Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 17 Con la prima questione, il giudice a quo vuole
in sostanza sapere se l’art. 1 della terza direttiva debba essere interpretato
nel senso che osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale
l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per gli autoveicoli
non copre la responsabilità per danni fisici cagionati a persone che viaggiano
in una parte di un autoveicolo non progettata né costruita con sedili per i
passeggeri. 18 La sig.ra Farrell e la Commissione delle
Comunità europee ritengono, in sostanza, che l’art. 1 della terza direttiva
esiga che l’assicurazione obbligatoria copra, in tutti gli Stati membri, i
danni cagionati ai soggetti che viaggiano in una parte di un autoveicolo non
concepita per il trasporto di passeggeri né equipaggiata di sedili a tal fine. 19 Ireland, sostenuta dal MIBI, è di parere
contrario. Sostiene, da un lato, che, non essendo definita nella terza
direttiva la nozione di «passeggero», spetta agli Stati membri definire quali
persone che viaggino in autoveicoli siano considerate passeggeri ai fini di
tale direttiva e, dall’altro lato, che la detta direttiva non obbliga gli Stati
membri a garantire la sottoscrizione di un’assicurazione obbligatoria per i
danni fisici subiti dalle persone che viaggiano in qualsiasi parte di un
autoveicolo non progettata con posti a sedere. 20 Il detto Stato aggiunge che la sua impostazione
restrittiva è giustificata da ragioni di coerenza con la normativa relativa
alla sicurezza stradale, dato che l’inclusione di siffatti soggetti nell’ambito
della garanzia dell’assicurazione obbligatoria si risolverebbe nel far prendere
a carico dall’assicurazione un comportamento deliberatamente pericoloso.
Inoltre, secondo tale Stato, la detta impostazione sarebbe conforme alla
dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione inserita nel verbale
del Consiglio all’atto dell’adozione della posizione comune relativa al
progetto della terza direttiva. Secondo tale verbale, il Consiglio e la
Commissione avrebbero dichiarato che l’art. 1 della terza direttiva non
pregiudicherebbe le disposizioni delle legislazioni degli Stati membri per
quanto riguarda l’indennizzo del passeggero la cui responsabilità sia coinvolta
nel sinistro, del passeggero in soprannumero o del passeggero trasportato
all’interno di un veicolo non progettato per il trasporto di persone diverse
dal conducente. 21 La posizione di Ireland non può essere
condivisa. 22 Va constatato che, a tenore dell’art. 1 della
terza direttiva, l’assicurazione obbligatoria copre la responsabilità per i
danni alla persona di qualsiasi passeggero, diverso dal conducente, derivanti
dall’uso del veicolo. 23 Siccome il detto articolo concede
incontestabilmente una copertura assicurativa a tutti i passeggeri, la tesi
sostenuta da Ireland potrebbe essere accolta soltanto se le persone trasportate
in un autoveicolo non progettato per il loro trasporto non potessero essere
qualificate «passeggeri». 24 Orbene, sarebbe in contrasto con gli obiettivi
della normativa comunitaria escludere dalla nozione di «passeggero», e quindi
dalla copertura assicurativa, le persone lese che hanno preso posto in un
autoveicolo non previsto per il loro trasporto né a tal fine equipaggiato.
Infatti, a tenore del quarto e quinto ‘considerando’ della terza direttiva,
tale normativa ha per obiettivo, tra l’altro, quello di colmare le lacune nella
copertura assicurativa obbligatoria dei passeggeri degli autoveicoli in taluni
Stati membri e di proteggere tale categoria particolarmente vulnerabile di
vittime potenziali, nonché garantire alle vittime di sinistri della
circolazione automobilistica un trattamento comparabile, indipendentemente dal
luogo della Comunità ove il sinistro è avvenuto. 25 Tale interpretazione trova del resto conforto
nella giurisprudenza della Corte. Infatti quest’ultima ha già constatato che la
prima e la seconda direttiva non hanno imposto prima del 31 dicembre 1995, cioè
prima della scadenza del termine di trasposizione fissato per l’Irlanda dalla
terza direttiva, di prevedere che l’assicurazione obbligatoria copra i danni
fisici ai passeggeri trasportati in una parte di un autoveicolo non progettata
per il trasporto di persone sedute. La Corte ha tuttavia rilevato che l’art. 1,
della terza direttiva ha esteso, a partire da tale data, la copertura
obbligatoria imposta dall’art. 3, n. 1, della prima direttiva, come precisato e
completato dalla seconda direttiva, ai danni alla persona causati a qualsiasi
passeggero, diverso dal conducente (ordinanza 14 ottobre 2002, causa C‑158/01,
Withers, Racc. pag. I‑8301, punti 20 e 21). 26 Inoltre, come emerge da tale giurisprudenza, la
Corte, nel pronunciarsi sui danni fisici causati ai passeggeri trasportati in
una parte di un autoveicolo non progettata per il trasporto di persone sedute,
ha considerato le dette persone «passeggeri», a prescindere dalla parte del
veicolo nella quale esse sono state trasportate (v., in questo senso, ordinanza
Withers, citata, punto 21). 27 Per di più, la normativa comunitaria prevede
esplicitamente eccezioni all’obbligo di proteggere le vittime di sinistri. Tali
eccezioni sono previste negli artt. 1, n. 4, terzo comma, e 2, n. 1, della
seconda direttiva. 28 Tuttavia, il legislatore comunitario non ha
previsto deroghe relative ad una distinta categoria di soggetti potenziali
vittime di un sinistro automobilistico che hanno preso posto in una parte di
veicolo non progettata per il loro trasporto né a tal fine attrezzata. Ciò
considerato, tali soggetti non possono essere esclusi dalla nozione di
«passeggero» e, pertanto, dalla copertura assicurativa garantita dalla
normativa comunitaria. 29 Posto che, da un lato, la facoltà di deroga
all’obbligo di proteggere le vittime di sinistri è definita e circoscritta dal
diritto comunitario e che, dall’altro, la realizzazione dei sopra menzionati
obiettivi esige un approccio uniforme della copertura assicurativa dei
passeggeri a livello comunitario, gli Stati membri non possono introdurre
limiti aggiuntivi all’assicurazione obbligatoria nei confronti dei passeggeri. 30 Di conseguenza, una normativa nazionale non può
ridurre la nozione di «passeggero» e privare così della copertura assicurativa
soggetti che, conformemente alla prima, seconda e terza direttiva, hanno
diritto al risarcimento del danno causato da autoveicoli. 31 Si deve aggiungere che l’impostazione
restrittiva del legislatore nazionale non trova giustificazione neppure nella
dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione ricordata al punto 20
della motivazione della presente sentenza. Infatti è costante giurisprudenza
che quando una dichiarazione inserita in un verbale del Consiglio non trova
alcun riscontro nel testo di una disposizione di diritto derivato, essa non può
essere presa in considerazione per interpretare tale disposizione (sentenze 26
febbraio 1991, causa C‑292/89, Antonissen, Racc. pag. I‑745, punto 18; 8 giugno
2000, causa C‑375/98, Epson Europe, Racc. pag. I‑4243, punto 26, e 10 gennaio
2006, causa C‑402/03, Skov e Bilka, Racc. pag. I‑199, punto 42). 32 Si deve altresì ricordare che l’obbligo di
copertura assicurativa dei passeggeri è distinto dalla portata dell’indennizzo
di questi ultimi qualora dovessero restare vittime di un sinistro prodotto da
autoveicoli. Infatti, mentre il primo è garantito e definito dalla normativa
comunitaria, la seconda è sostanzialmente disciplinata dal diritto nazionale. 33 A questo proposito, la Corte ha già giudicato
che la prima, seconda e terza direttiva non mirano ad armonizzare i regimi di
responsabilità civile degli Stati membri e che, allo stato attuale del diritto
comunitario, questi ultimi restano liberi di stabilire il regime della responsabilità
civile applicabile ai sinistri derivanti dalla circolazione degli autoveicoli,
ma sono obbligati a garantire che la responsabilità civile applicabile ai sensi
del loro diritto nazionale sia coperta da un’assicurazione conforme alle
disposizioni delle tre direttive citate (sentenze 14 settembre 2000, causa C‑348/98,
Mendes Ferreira e Delgado Correia Ferreira, Racc. pag. I‑6711, punti 23 e 29,
nonché 30 giugno 2005, causa C‑537/03, Candolin e a., Racc. pag. I‑5745, punto
24). 34 Inoltre, da questa giurisprudenza risulta che in
tale settore gli Stati membri devono esercitare le loro competenze nel rispetto
del diritto comunitario e, segnatamente, dell’art. 1 della terza direttiva, e
che la normativa nazionale che disciplina il risarcimento dei sinistri
conseguenti alla circolazione dei veicoli non può privare tale articolo della
sua efficacia pratica (v., in tal senso, sentenze 28 marzo 1996, causa C‑129/94,
Ruiz Bernáldez, Racc. pag. I‑1829, punto 19, nonché Candolin e a., citata,
punti 27 e 28). 35 Pertanto, una normativa nazionale, definita in
base a criteri generali ed astratti, non può negare o limitare in misura
sproporzionata l’indennizzo di un passeggero esclusivamente sulla base della
corresponsabilità di quest’ultimo nella realizzazione del danno. Infatti,
l’entità dell’indennizzo della vittima può essere limitata solo al verificarsi
di circostanze eccezionali, in base ad una valutazione caso per caso, e nel
rispetto del diritto comunitario (v., in tal senso, sentenza Candolin e a.,
citata, punti 29, 30 e 35). 36 Alla luce di quanto sopra considerato, la prima
questione va risolta dichiarando che l’art. 1 della terza direttiva dev’essere
interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale
l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per gli autoveicoli
non copre la responsabilità dei danni fisici causati alle persone che viaggiano
in una parte di un autoveicolo che non è stata progettata né costruita con
sedili per passeggeri. Sulla seconda questione 37 Per quanto riguarda la seconda questione, circa
la possibilità da parte dei singoli di far valere direttamente dinanzi ai
giudici nazionali l’art. 1 della terza direttiva, va ricordato che, secondo una
costante giurisprudenza, la disposizione di una direttiva ha effetto diretto
se, dal punto di vista del contenuto, appare incondizionata e sufficientemente
precisa (sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53; 4
dicembre 1997, cause riunite da C‑253/96 a C‑258/96, Kampelmann e a., Racc.
pag. I‑6907, punto 37, e 9 settembre 2004, causa C‑292/02, Meiland Azewijn,
Racc. pag. I‑7905, punto 57). 38 Nella specie va constatato, come rilevato dalla
Commissione, che l’art. 1 della terza direttiva soddisfa tali criteri. Questo
articolo consente infatti di identificare sia l’obbligo dello Stato membro come
pure i beneficiari, e il contenuto di tali disposizioni è incondizionato e
preciso. L’art. 1 della terza direttiva può di conseguenza essere invocato al
fine di disapplicare le disposizioni di diritto nazionale che escludono dal
beneficio della garanzia dell’assicurazione obbligatoria chi viaggi in
qualsiasi parte di un autoveicolo non progettata né costruita con sedili per
passeggeri. 39 Resta la questione se tale disposizione possa
essere invocata nei confronti di un ente quale il MIBI. 40 Si deve a questo proposito precisare che una
direttiva non può essere invocata nei confronti di singoli, ma può esserlo nei
confronti dello Stato, indipendentemente dalla veste nella quale questo agisca,
come datore di lavoro o come pubblica autorità. Fa parte degli enti ai quali si
possono opporre le norme di una direttiva idonee a produrre effetti diretti un
organismo che, indipendentemente dalla sua forma giuridica, sia stato
incaricato, con atto della pubblica autorità, di prestare, sotto il controllo
di quest’ultima, un servizio d’interesse pubblico e che disponga a tal fine di
poteri che oltrepassano quelli risultanti dalle norme che si applicano nei
rapporti fra singoli (sentenze 12 luglio 1990, causa C‑188/89, Foster e a.,
Racc. pag. I‑3313, punto 20; 14 settembre 2000, causa C‑343/98, Collino e
Chiappero, Racc. pag. I‑6659, punto 23, nonché 5 febbraio 2004, causa C‑157/02,
Rieser Internationale Transporte, Racc. pag. I‑1477, punto 24). 41 Poiché il giudice a quo non ha fornito
sufficienti informazioni a proposito del MIBI per poter decidere se questi
potesse essere assimilato a un siffatto ente, spetta al giudice nazionale
valutare, tenendo conto, sulla base di quanto sopra considerato, dello statuto
del MIBI e dei suoi rapporti con lo Stato irlandese, se la direttiva possa
essere invocata nei suoi confronti. 42 Il giudice nazionale, qualora decida che la
direttiva non può essere invocata nei confronti del MIBI, deve, applicando il
diritto interno e, in particolare, le disposizioni di una normativa
appositamente adottata al fine di attuare quanto prescritto da una direttiva,
interpretare il diritto nazionale per quanto possibile alla luce del testo e
dello scopo della direttiva di cui trattasi onde conseguire il risultato
perseguito da quest’ultima (sentenze 23 ottobre 2003, causa C‑408/01, Adidas‑Salomon
e Adidas Benelux, Racc. pag. I‑12537, punto 21, e 5 ottobre 2004, cause riunite
da C‑397/01 a C‑403/01, Pfeiffer e a., Racc. pag. I‑8835, punto 113). 43 Ad ogni modo, potrebbe sorgere la responsabilità
dello Stato membro per il risarcimento dei danni causati dalla non corretta
trasposizione di una direttiva, ai sensi della sentenza 19 novembre 1991, cause
riunite C‑6/90 e C‑9/90, Francovich e a. (Racc. pag. I‑5357). 44 La seconda questione va pertanto risolta
dichiarando che l’art. 1, della terza direttiva soddisfa tutte le condizioni
richieste per produrre effetto diretto e conferisce, di conseguenza, diritti
che i singoli possono invocare direttamente dinanzi ai giudici nazionali.
Spetta tuttavia al giudice nazionale verificare se tale disposizione possa
essere invocata nei confronti di un ente quale il MIBI. Sulle spese 45 Nei confronti delle parti nella causa principale
il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
soggetti diversi dalle dette parti per presentare osservazioni alla Corte non
possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione)
dichiara: 1) L’art. 1 della terza direttiva del Consiglio
14 maggio 1990, 90/232/CEE, relativo al ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante
dalla circolazione di autoveicoli, va interpretato nel senso che osta ad una
normativa nazionale ai sensi della quale l’assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile per gli autoveicoli non copre la responsabilità dei danni
fisici causati alle persone che viaggiano in una parte di un autoveicolo non
progettata né costruita con sedili per passeggeri. 2) L’art. 1 della terza direttiva 90/232
soddisfa tutte le condizioni richieste per produrre effetto diretto e
conferisce, di conseguenza, diritti che i singoli possono invocare direttamente
dinanzi ai giudici nazionali. Spetta tuttavia al giudice nazionale verificare
se tale disposizione possa essere invocata nei confronti di un ente quale il
Motor Insurers Bureau of Ireland (MIBI). Firme |
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