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Articoli 07/06/2005

da "Il Centauro n. 95" - Rapporto Sicurezza SUD 2004.

 

 

Rapporto Sicurezza SUD 2004.
La Fondazione Cesar, con la consulenza scientifica dell’Associazione Sicurstrada e del Consorzio Formos, ha redatto per i Consigli Regionali Unipol (CRU), il Rapporto Sicurezza Sud 2004. E’ un dossier che ogni anno la Fondazione Cesar pubblica per analizzare lo stato della sicurezza in alcune regioni del sud d’Italia, in particolare quelle che l’Unione Europea fa rientrare nell’obiettivo 1 (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna). Partendo da una valutazione economica generale e cioè che il fatturato annuale della criminalità mafiosa in Italia è di oltre 100 miliardi di euro, secondo quanto sostenuto dal Procuratore Nazionale Antimafia, Pierluigi Vigna, la Fondazione Cesar ha analizzato i più importanti “rami d’azienda” della mafia in Italia. Immaginando la mafia come una normale holding si può affermare con tranquillità che il giro d’affari è di notevole dimensioni e che si dirama in tutto il mondo. I settori maggiormente “produttivi” sono quelli legati agli stupefacenti, agli appalti pubblici, ai traffici di armi, alla tratta delle donne e alla prostituzione.
Il “Rapporto Sicurezza Sud 2004” quindi ha messo in evidenza una situazione preoccupante e allarmante. Nelle Regioni meridionali il controllo mafioso è forte e radicato. Questa presenza ingombrante e l’inadeguatezza e mancanza di infrastrutture sono state nel passato e lo sono ancor di più oggi condizioni negative per lo sviluppo economico e sociale di questo territorio. A ciò si deve aggiungere che le mafie organizzate del ventunesimo secolo non hanno più bisogno di guadagnare dalle attività economiche limitate alle sole regioni del sud, ma hanno sempre più la necessità di investire e far fruttare i loro proventi in qualsiasi settore economico e in qualsiasi zona della terra. I guadagni con il commercio della droga sono elevati, il controllo delle campagne è serrato come quello del commercio e dell’edilizia, sia essa pubblica che privata. Le mafie controllano tutto il traffico dei prodotti contraffatti, che per dimensione ed estensione, non è più il fatto goliardico del “Vù cumprà”. Il Rapporto Sicurezza Sud della Fondazione Cesar ha messo in evidenza un fatto ancor più allarmante: nessuno parla più di mafie. Loro stesse tacciono (salvo a sparare per motivi di droga) per non farsi notare e lo stesso fa la politica. La polizia e la magistratura sono rimaste sole in questa lotta, ma per sconfiggerle è necessaria la disapprovazione e il biasimo della gente, che si crea anche grazie alla politica, agli intenti degli uomini dello Stato. Ma la politica, specie quella del comando, è infastidita dalla lotta alle mafie che disturba quell’immagine idilliaca di “paese dei balocchi”. Il Rapporto Sicurezza Sud si è concentrato sui rami d’azienda più fruttiferi della mafia analizzandoli singolarmente e suggerendo possibili migliorie.
Droga. I nuovi e grandi business economici della criminalità organizzata sono la droga e la prostituzione. La droga garantisce un movimento di denaro costante dato dall’alto consumo e dai costi minori delle nuove sostanze rispetto agli anni passati. L’attività delle forze dell’ordine diventa quindi sempre più difficile trovandosi in ritardo rispetto alle necessità reali. Il commercio delle sostanze stupefacenti si mimetizza (è difficile scoprire e/o sapere chi ne fa uso abituale o chi saltuario) e si modifica rapidamente e silenziosamente. I proventi della droga devono essere reinvestiti in attività legali. Il vero problema delle mafie negli anni duemila non è più quello di procurarsi ricchezza e benessere, ma di investirli e moltiplicarli nei mercati leciti. Da questa preoccupazione nasce il silenzio e la bontà della criminalità organizzata che sceglie un atteggiamento low profile per non creare malumore nella società civile e attenzione da parte dei media.
Lavoro nero. I dati ufficiali sottostimano il problema del lavoro nero, ma quelli ufficiosi evidenziano che è presente in tutte le regioni d’Italia, in particolare in quelle a più alto sviluppo economico. Nelle regioni del sud questa situazione è sempre stata evidente e soprattutto denunciata, ma oggi sta assumendo dimensioni inaccettabili per una nazione del livello di quella italiana. Quest’area del “nero” è pericolosa, oltre che immorale perché facilita la presenza del mondo criminale che opera e controlla con mezzi propri o attraverso legami stretti. Non solo esiste il lavoro nero in Italia, ma anche aziende in nero. Piccoli e medi imprenditori vivono nell’illegalità non denunciando le attività imprenditoriali e non esistendo quindi agli occhi dello Stato. Queste aziende sono vittime predestinate della criminalità che può operare indisturbata senza nessun tipo di protezione e garanzia legale.
Nuova economia. Il dossier Rapporto Sicurezza Sud 2004 ha più volte ribadito l’importanza per la mafia di reinvestire i guadagni ottenuti illegalmente. Il mercato più redditizio e più sicuro per la pulizia del denaro è quello legato alle attività immobiliari, quello della contraffazione e del commercio dei cosiddetti mercati paralleli. Sono in aumento anche gli acquisti di piccole e medie aziende, da parte di ignoti e facoltosi imprenditori che le usano per attività all’estero, soprattutto nell’est europeo. È un fenomeno che riguarda l’Italia del nord e del centro, limitato in quella del sud visto il basso numero di aziende.
Presidio democratico. La presenza delle Organizzazioni Sindacali, delle Associazioni Professionali ed Imprenditoriali nel Sud d’Italia è ancora forte, anche se non sufficiente ai bisogni dei cittadini. La ricerca ha evidenziato la necessità di aumentare “la capacità di ascolto e di aiuto” soprattutto da parte delle strutture periferiche. La gente si fida dell’Associazioni di categoria e Sindacali perché li vedono come una difesa dei diritti e dei loro bisogni (si pensi al ruolo di aiuto e confidente del Patronato, dei CAAF e dei Centri di Servizio). E’ necessario però che queste Organizzazioni modifichino la loro natura e struttura. Devono trasformasi da “soggetti della contrattazione e della difesa” a “protagonisti attivi dei progetti di sviluppo”. Oggi la denuncia e la protesta non bastano più, specie se il tuo interlocutore è sordo. La situazione di oggi richiede questo cambiamento, anzi lo impone. Quella di domani ancora di più, basti pensare all’allargamento dell’Unione Europea che sarà composta da nuovi paesi, spesso più poveri di quelli del Sud Italia, che pretenderanno aiuti economici sempre più consistenti. Sarà così una “guerra tra poveri”. È l’ultima cosa a cui dovremmo pensare e prestarci, e va quindi, evitata.
 
Martedì, 07 Giugno 2005
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