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Voti alla sicurezza stradale: li dà l’European Transport
Safety Council, sostenuto da tutti i governi del Vecchio Continente. E l’Italia
è dietro la lavagna con il cappello da asino: siamo sopra la media della
mortalità europea (di circa il 13 per cento, circa 900 morti in più sulla media
e 2700 in più rispetto ai migliori della classe). Ma non è tutto: da noi le due
ruote valgono solo il 3,6 per cento della mobilità ma incidono per il 26 per
cento sulla mortalità generale da incidenti stradali. Il che significa che i
morti "da due ruote" sono in continuo aumento e che l’Italia ha il
maggior numero di vittime di Europa.
Insomma un quadro disastroso, reso ancora più preoccupante per il fatto che
abbiamo le città più pericolose fra tutte quelle del vecchio continente.
In città fra l’altro aumentano incidenti, morti e feriti, mentre su tutte le
altre strade diminuiscono (qui avvengono il 45% dei morti e il 79% dei feriti
totali). In più c’è un incredibile divario fra la situazione delle varie città
(chi riduce la mortalità del 30% e chi la aumenta del 40%). E nessuno sa perché
questo accada. L’ETSC è indubbiamente severo, ma sono numeri,
statistiche, impossibile da contestare. Il tutto è contenuto nel famoso Safety
Performance index, che prende in considerazione due parametri principali:
l’utilizzo delle cinture di sicurezza e la riduzione del numero di vittime. La
Francia è al primo posto, noi complessivamente siamo al 14esimo posto di una
classifica fatta da 27 paesi realizzata su statistiche 2002-2005. Ma c’è poco
da gioire perché come abbiamo visto prima abbiamo record davvero poco
invidiabili. Ma come si arriva al record francese? "Innanzitutto
da un forte impegno del governo - spiegano all’ETSC - perché Chirac ha posto la
sicurezza stradale fra gli obiettivi primari del suo mandato, e questo è stato
adottato soprattutto per quanto riguarda il rispetto dei limiti di velocità. In
Francia oggi hanno 2000 telecamere fisse che fanno qualcosa come 30 mila
verbali al giorno... Molto importante, sempre secondo l’ETCS, poi il controllo
degli incidenti che riguarda la guida in stato di ebbrezza. I dati vanno dal
1996 al 2005 e qui i Paesi che hanno fatto registrare la diminuzione più grande
del numero di morti per guida in stato di ebbrezza sono Repubblica Ceca (meno
12,5%), e poi seguono Germania, Olanda e Polonia. Il trend di riduzione è
importantissimo perché alla fine incide enormemente sul trend complessivo. Ma
ci sono poi anche paesi come Spagna, Ungheria, Slovenia, Finlandia e Gran
Bretagna che hanno invece avuto un aumento di vittime. E L’Italia? Non si sa:
da noi non è stato possibile registrare nulla. Il problema è enorme, e non a
caso scorrendo le statistiche europee i nostri dati sono sempre i più carenti,
i meno aggiornati e i più vecchi. Sulle tabelle accanto alla voce Italia c’è
sempre un asterisco, così diventa davvero molto difficile poi fare qualsiasi
tipo di stima e di investimento sul futuro. In tutti i casi è in arrivo un disegno di legge per alcune
azioni molto urgenti, c’è il progetto del nuovo Codice della Strada, e il
Ministero è al lavoro per cercare di ridurre in tutti i modi incidenti e numeri
di morti. Ma la strada appare onestamente completamente in salita. Molto possono comunque fare le stesse case
automobilistiche perché alla fine, poi, in una situazione di carenza
legislativa, di strade dissestate e segnaletica improbabile, una macchina piena
di tecnologia aiuta a salvarsi la pelle. Massimo Nordio, da Toyota Motor
Italia che a livello europeo sostiene il progetto ETSC è stato chiaro: "Watanabe,
il nostro presidente, ha un sogno, quello di potere arrivare ad avere una
macchina che più la usi e più migliora l’ambiente, e che faccia zero
vittime. Quindi salvaguardia dell’ambiente, ma anche salvaguardia totale delle
persone.
Va detto - continua poi Nordio - che poi il nostro impegno può arrivare fino a
un certo punto, perché la sicurezza stradale riguarda tutti, dalle autorità ai
costruttori passando per ogni singolo automobilista. Per questo è fondamentale
lavorare insieme. Aziende, strutture, istituzioni e consumatori". E
torniamo al tema del dibattito di oggi. E proprio alla Consulta Nazionale della Sicurezza Stradale
istituita nel 2001 proprio per dare in coordinamento generale ai 21 governi
regionali e agli oltre 8000 comuni e, soprattutto, per incentivare con
importanti finanziamenti progetti vari. Fino a oggi sono stati realizzati 4
programmi nazionali, 42 regionali e 1.122 interventi specifici. "Ma ogni
volta che abbiamo dato un euro - spiegano alla Consulta Nazionale della
Sicurezza Stradale - lo abbiamo fatto a fronte di un impegno: avere una scheda
che ci spiega i risultati della spesa".
A proposito di trasparenza, però non tutto
funziona: "Nel nostro stato diritto abbiamo la possibilità di tutelare la
vita di ognuno di noi" spiega Cassaniti Mastrojani dell’Associazione
Vittime della Strada "e secondo noi dobbiamo tener conto anche delle
responsabilità sociali, oltre che strade, veicolo e conducente. Ossia quelle
folli libertà che si prendono le istituzioni di fare un lavoro sbagliato senza
che venga mai sanzionato da nessuno. La società - continua ancora Cassaniti
Mastrojani - deve rispondere alla salvaguardia dei cittadini, che devono essere
ascoltati dalle istituzioni. Le mancate risposte che i cittadini hanno sono la
cartina di tornasole del nostro livello di democrazia".
Da Repubblica.it/motori
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