- art. 213, c. 2°
sexies, codice della strada, introdotto dall’art. 5 bis decreto legge
30/06/2005, n. 115, convertito con modificazioni in legge17/08/2005, n. 168. ******************** ORDINANZA N. 146 REPUBBLICA
ITALIANA composta dai
signori: - Franco BILE Presidente - Giovanni Maria FLICK Giudice - Francesco AMIRANTE ” - Ugo DE SIERVO ” - Romano VACCARELLA ” - Paolo MADDALENA ” - Alfio FINOCCHIARO ” - Alfonso QUARANTA ” - Franco GALLO ” - Luigi MAZZELLA ” - Gaetano SILVESTRI ” - Sabino CASSESE ” - Maria Rita SAULLE ” - Giuseppe TESAURO ” - Paolo Maria NAPOLITANO ” ORDINANZA nei
giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 171, commi 1, 2, e 3, e 213,
comma 2-sexies (comma
introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del
decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per
assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel
testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168),
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
promossi con ordinanze del 9 marzo 2006 dal Giudice di pace di Scicli (n. 2
ordinanze), del 5 aprile e del 17 maggio 2006 dal Giudice di pace di
Caltanissetta, del 5 maggio 2006 dal Giudice di pace di Noto (n. 2 ordinanze),
dell’8 maggio 2006 dal Giudice di pace di Recanati, del 20 aprile 2006 dal
Giudice di pace di Modica (n. 2 ordinanze), del 30 maggio 2006 dal Giudice di
pace di Locri e del 18 e 24 novembre 2005 dal Giudice di pace di Torre
Annunziata, rispettivamente iscritte ai nn. 318, 319, 330, 509, 541, 542, 546,
554, 555, 556, 560 e 571 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn.
38, 47, 49 e 50, prima serie speciale, dell’anno 2006. Visti
gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito
nella camera di consiglio del 21 marzo 2007 il Giudice relatore Alfonso
Quaranta. Ritenuto
che i Giudici di pace di
Caltanissetta (r.o. nn. 330 e 509 del 2006), Recanati (r.o. n. 546 del 2006),
Modica (r.o. nn. 554 e 555 del 2006) e Locri (r.o. n. 556 del 2006) hanno
sollevato questioni di legittimità costituzionale – in riferimento, nel
complesso, agli artt. 3, 27, 31 e 42 della Costituzione – dell’art. 213, comma
2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c,
numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni
urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica
amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17
agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada); che i Giudici di pace di Noto (r.o. nn. 541 e 542 del 2006) e Torre
Annunziata (r.o. nn. 560 e 571 del 2006) hanno censurato – ipotizzandone il
contrasto con gli artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost. (parametri, gli ultimi due,
evocati solo dal secondo di tali giudici rimettenti) – gli artt. 171, commi 1 e
2, e 213, comma 2-sexies, del
medesimo d.lgs. n. 285 del 1992; che, infine, anche il Giudice di pace di Scicli (r.o. nn. 318 e 319 del
2006) ha sollevato questione di legittimità costituzionale – in riferimento
agli artt. 3 e 42 della Carta fondamentale – degli artt. 171, comma 3, e 213,
comma 2-sexies, dello stesso
d.lgs. n. 285 del 1992; che il Giudice di pace di Caltanissetta, con la prima delle ordinanze
pronunciate (r.o. n. 330 del 2005), censura l’art. 213, comma 2-sexies,
del codice della strada, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 42,
secondo comma, Cost.; che il rimettente premette di essere investito dell’opposizione proposta
dalla proprietaria di un ciclomotore (non responsabile personalmente
dell’accertata infrazione di cui all’art. 170, comma 2, del codice della
strada) avverso i verbali con i quali, contestata la suddetta violazione, è
stato disposto il sequestro del mezzo in vista della successiva confisca; che, secondo il giudice a quo, la misura della confisca non sarebbe
«giustificata», ponendosi in contrasto «con i parametri, di rango
costituzionale, di ragionevolezza, della responsabilità personale, e di
riconoscimento e difesa della proprietà privata»; che, a suo dire, nell’ipotesi in esame «si è certamente in presenza di
una confisca avente natura di sanzione amministrativa accessoria», la quale,
però, «non possiede, in forza del suo contenuto, i tratti della secondarietà,
della marginalità e della complementarietà, ergendosi ad elemento primario di
regolamentazione e per ciò stesso confliggendo con le direttrici dell’intero
sistema sanzionatorio degli illeciti amministrativi»; che, inoltre, non essendo previsto dal codice della strada (neppure a
sèguito dell’emanazione della legge 21 febbraio 2006, n. 102, recante
«Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali»,
sebbene essa abbia inasprito il trattamento sanzionatorio dei reati commessi in
violazione delle regole sulla circolazione stradale) alcun provvedimento di
confisca obbligatoria «nei casi di danno alle persone» provocati da veicoli a
quattro ruote, neppure «se dal fatto colposo o doloso dell’agente sia derivata
la morte di una o più persone», del tutto abnorme e iniqua si presenterebbe la
scelta legislativa di ricollegare, invece, la sanzione della confisca a «meri
comportamenti irregolari di chi trovasi alla guida di un veicolo a due ruote»; che, richiamata la giurisprudenza della
Corte costituzionale secondo cui deve ritenersi «ingiusta ed irrazionale la
previsione della confisca obbligatoria del bene, allorché sia evidente la
violazione del canone di ragionevolezza», il rimettente assume che tale
evenienza ricorrerebbe nel caso di specie, atteso che «la confisca del
ciclomotore è applicata in via immediata ed automatica», non consentendosi al
proprietario del bene di provare la propria «assoluta estraneità all’illecito
amministrativo da altri commesso», con conseguente violazione, così, anche del
principio della personalità della responsabilità amministrativa enunciato
dall’art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale); che, infine, l’impossibilità di attribuire rilievo – ai fini della
mancata applicazione della confisca – proprio alla circostanza costituita dalla
appartenenza del veicolo ad un terzo estraneo all’illecito amministrativo «si
traduce in un’ingiustificata violazione del diritto sul bene confiscato», in
contrasto con quanto previsto dall’art. 42, secondo comma, della Costituzione,
atteso che, attraverso la misura della confisca, la norma censurata «non si
limita a sottrarre all’incolpevole proprietario la disponibilità per un tempo
limitato di un bene patrimoniale, e quindi a comprimere le sole facoltà di
godimento della res», bensì lo priva del bene «in via definitiva», con
«una statuizione di tipo demolitorio»; che, con la seconda ordinanza (r.o. n. 509 del 2006), il medesimo
rimettente nisseno – chiamato a giudicare del ricorso proposto dal proprietario
di un ciclomotore, in relazione all’accertata infrazione dell’art. 170, comma
2, del codice della strada, commessa non personalmente dal ricorrente, ma dal
di lui figlio – reputa, del pari, il predetto art. 213, comma 2-sexies, del d.lgs. n. 285 del 1992 in
contrasto «con i parametri, di rango costituzionale, della eguaglianza, della
ragionevolezza e proporzionalità della pena, della responsabilità personale e
del riconoscimento e difesa della proprietà privata», donde l’ipotizzata
violazione degli artt. 3 e 42 Cost.; che, in particolare, il giudice a
quo – oltre a ribadire che la confisca, sebbene configurata come «sanzione
amministrativa accessoria», risulterebbe priva dei «tratti della secondarietà,
della marginalità e della complementarietà», caratteristici di tale tipo di
sanzione – evidenzia che le esigenze protette dalla previsione di detta misura,
cioè «la salvaguardia dell’incolumità degli stessi contravvenzionati e
l’interesse della sicurezza stradale in genere», si porrebbero in contrasto con
«i principi di adeguatezza e ragionevolezza» di cui all’art. 3 Cost.; che, infine, «un ulteriore vulnus all’impianto
costituzionale» sarebbe costituito dalla circostanza che la confisca viene
disposta a carico del proprietario «pur essendo l’antigiuridicità della
condotta ascrivibile ad altri», realizzandosi, così, una violazione del
principio della responsabilità amministrativa sancito dall’art. 3 della legge
n. 689 del 1981; che anche il Giudice di pace di Recanati ipotizza l’illegittimità
costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies
(peraltro indicato, per un evidente lapsus
calami, quale «comma sexies»),
del codice della strada, assumendo la violazione degli artt. 3 e 27 Cost.; che
il giudice a quo premettere di essere
investito – al pari degli altri giudici rimettenti sopra menzionati –
dell’esame del ricorso proposto dal proprietario di un veicolo a due ruote
colpito da provvedimento di confisca, per essere stata accertata a carico del
conducente (il figlio del ricorrente) la violazione dell’art. 170, comma 2, del
codice della strada; che la norma suddetta è censurata sia «sotto il profilo della
ragionevolezza che della proporzionalità», in quanto essa, a fronte di
violazioni non meno gravi, suscettibili di essere commesse tramite veicoli a
quattro ruote, «commina la sanzione della confisca obbligatoria solo ove la
violazione commessa riguardi un ciclomotore o motociclo», realizzando così una
disparità di trattamento tra il cittadino motociclista e il cittadino
automobilista; che il rimettente deduce, inoltre, il difetto di proporzionalità del
trattamento sanzionatorio, attesa «l’incongruità tra la sanzione pecuniaria
principale fissata in misura modesta» e «una sanzione accessoria notevolmente
penalizzante per la libertà del cittadino»; che, con due ordinanze di contenuto pressoché identico (r.o. nn. 554 e
555 del 2006), il Giudice di pace di Modica – premettendo di dover giudicare
due ricorsi proposti avverso altrettanti verbali con i quali, contestata (nel
primo caso direttamente al ricorrente, nel secondo caso al di lui figlio)
l’infrazione consistente nella guida di un veicolo a due ruote senza l’uso del
casco protettivo, era stata disposta la confisca dei mezzi in questione,
ciascuno di proprietà dei ricorrenti – censura il predetto art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada,
ipotizzando la violazione degli artt. 3 e 27 Cost.; che, secondo il rimettente, «se il legislatore può discrezionalmente
stabilire le condotte punibili e determinare, per esse, la sanzione ritenuta
più opportuna, tuttavia tale potere non può confliggere in modo manifesto con
il canone della ragionevolezza», segnatamente «nei suoi aspetti della
adeguatezza e della proporzionalità della sanzione»; che detta evenienza si sarebbe, invece, verificata nell’ipotesi in
esame, stante la «evidente sproporzione tra la prevista sanzione della confisca
obbligatoria del motoveicolo o del ciclomotore a fronte di condotte senz’altro
di esigua rilevanza quali l’uso di un casco non allacciato o la seduta non
corretta del guidatore»; che rileverebbe, inoltre, la violazione anche del principio
costituzionale della parità di trattamento, in quanto la previsione della
sanzione accessoria della confisca, «per i soli ciclomotori e motoveicoli»,
avrebbe introdotto «un ben più grave trattamento sanzionatorio per il solo
fatto che la medesima violazione del precetto sia perpetrata con una
determinata species di veicoli»; che, infine, altro profilo di incostituzionalità deriverebbe dal fatto
che detta sanzione «colpisce direttamente il proprietario» del mezzo,
«indipendentemente dalla circostanza che sia lui o meno a commettere la
violazione», in contrasto con il principio della personalità della responsabilità
amministrativa di cui all’art. 3 della legge n. 689 del 1981, il quale ammette
deroghe – ai sensi dell’art. 6 della medesima legge, nonché (quanto allo
specifico settore delle infrazioni stradali) dell’art. 196 del codice della
strada – soltanto per le sanzioni pecuniarie, e non per quelle, come nella
specie, «in cui assume rilievo preponderante il carattere schiettamente
personale»; che i medesimi parametri – artt. 3 e 27 Cost. – sono evocati anche dal
Giudice di pace di Locri, nel sollevare incidente di costituzionalità avente ad
oggetto sempre l’art. 213, comma 2-sexies,
del codice della strada; che, investito del ricorso proposto dal conducente di un motociclo a
carico del quale era stata accertata l’infrazione consistente nel mancato uso
del casco protettivo, il giudice a quo rileva
che, per effetto della censurata disposizione, risulta comminata al ricorrente
anche la sanzione accessoria della confisca del veicolo, ciò che costituisce
violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione; che, difatti, nella specie risulterebbe disatteso quanto affermato dalla
Corte costituzionale (sono citate le sentenze numeri 349 e 435 del 1997), la
quale ha sancito la necessità di «rimodellare il sistema della confisca, stabilendo
alcuni canoni essenziali al fine di evitare che l’applicazione giudiziale della
sanzione amministrativa produca disparità di trattamento»; che la norma censurata determinerebbe, altresì, disparità di trattamento
tra il soggetto resosi responsabile dell’infrazione consistente
nell’alterazione delle condizioni meccaniche del motociclo e quello che, come
nella specie, abbia omesso di indossare il casco protettivo, atteso che solo
nella prima ipotesi ricorre «un grave pericolo per gli utenti della strada», e
dunque una circostanza idonea a giustificare l’irrogazione della sanzione; che il Giudice di pace di Noto – con due ordinanze di contenuto
pressoché identico – censura, invece, oltre al predetto art. 213, comma 2-sexies, anche gli artt. 171, commi 1 e 2,
del codice della strada, ipotizzando la violazione degli artt. 2, 3 e 42 Cost.; che il rimettente – sul presupposto di dover giudicare, in ambo i casi
sottoposti al suo esame, dell’impugnativa di un verbale di confisca di
motoveicolo, emesso all’esito dell’accertamento dell’infrazione consistente
nella guida del veicolo senza indossare il casco protettivo – deduce,
innanzitutto, il contrasto tra le norme denunciate e l’art. 3 della Carta
fondamentale, in ragione della evidente «sproporzione» tra la violazione
amministrativa «e le conseguenze economiche della sanzione» comminata, atteso
che può esservi «una notevole diversità di valore economico» tra i diversi
ciclomotori o motocicli oggetto di confisca; che inoltre, quanto alla violazione dell’art. 2 Cost., assume il giudice
a quo – sul presupposto che tra i
diritti inviolabili dell’uomo rientri anche quello all’eguaglianza – che le
censurate disposizioni introducano «una evidente disparità di trattamento tra
conducenti di ciclomotori o motoveicoli e conducenti di tutti gli altri
veicoli», a carico dei quali non è prevista la sanzione della confisca nel caso
di guida senza uso della cintura di sicurezza, ovvero sotto l’effetto di
sostanze alcoliche o psicotrope; che, infine, la
violazione dell’art. 42 Cost. è motivata in base al rilievo che nel censurato
sistema configurato dal legislatore non viene «in considerazione l’appartenenza
del ciclomotore o motoveicolo» ad un «terzo non trasgressore», al quale si
sottrae la proprietà del bene, «gravandolo inoltre delle spese di custodia
senza limiti di tempo»; che i medesimi artt. 171, commi 1 e 2, e 213, comma 2-sexies, del codice della strada, sono
censurati anche dal Giudice di pace di Torre Annunziata, il quale – con due
distinte ordinanze – ne assume l’illegittimità costituzionale ai sensi degli
artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost.; che con il primo provvedimento di rimessione (r.o. n. 560 del 2006), il
giudice a quo – chiamato a giudicare
dell’opposizione proposta dal conducente di un motociclo, sanzionato per aver
condotto il veicolo senza indossare il casco protettivo – assume che le
censurate disposizioni, nel prevedere l’applicazione della sanzione accessoria
della confisca, sarebbero in contrasto, innanzitutto, con l’art. 42 Cost., nonché
con gli art. 2 e 3 della Carta fondamentale, «per l’evidente sproporzione tra
violazione e sanzione e relative conseguenze economiche», nonché per la
«disparità di trattamento» tra i conducenti di ciclomotori o motoveicoli e
quelli di tutti gli altri veicoli; che il contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost. deriverebbe, invece, dalla
circostanza che nella specie risulta sottratta a qualsivoglia giudice terzo la
comminatoria di una sanzione di una gravità economica tale da superare, in
alcune ipotesi, «persino l’entità di sanzioni pecuniarie previste dalle leggi
penali»; che i medesimi rilievi vengono approfonditi dal Giudice di pace di Torre
Annunziata nella seconda delle sue due ordinanze di rimessione (r.o. n. 571 del
2005); che è dedotta, in primo luogo, la violazione dell’art. 42 della Carta
fondamentale, sotto un duplice profilo; che, da un lato, «con la sanzione del sequestro, prodromica alla
confisca obbligatoria, si sottrae la proprietà del bene al legittimo
proprietario e/o possessore, gravandolo inoltre delle spese di custodia senza
limite di tempo»; che, dall’altro, l’applicazione della confisca anche nel caso
«dell’appartenenza del ciclomotore o del motoveicolo a terzo non trasgressore»
costituirebbe «una sottrazione immotivata, illegittima, ed, in ultima analisi,
illecita del bene», in quanto effettuata nei confronti di un soggetto non
responsabile di alcuna delle infrazioni sanzionate dagli artt. 169, commi 2 e
7, 170 e 171 del codice della strada; che si ipotizza, in secondo luogo, la violazione degli artt. 2 e 3 della
Costituzione; che il rimettente sottolinea «la evidente sproporzione tra violazione e
sanzione» comminata, giacché, variando «la differenza di valore del singolo
ciclomotore o motoveicolo confiscato», si verrebbe, per tale motivo, a punire
«in modo diverso il trasgressore rispetto alla medesima violazione», con
conseguente lesione dei diritti inviolabili dell’uomo, «tra i quali va compreso
il diritto all’eguaglianza»; che i medesimi parametri sono evocati, poi, sotto altro profilo,
sottolineando come le norme censurate realizzino «una evidente disparità di
trattamento tra il conducente di ciclomotori o motoveicoli» e «i conducenti di
tutti gli altri veicoli, rispetto alla medesima ratio di salvaguardia dell’integrità fisica» dell’utente della
strada; che, difatti, le misure del sequestro e poi della confisca non sono
previste per chi realizza infrazioni idonee – al pari di quelle di cui agli
artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del codice della strada – a porre in pericolo
l’integrità fisica del conducente, quali, in via esemplificativa, il mancato
uso della cintura di sicurezza, la guida in stato di ebbrezza o di alterazione
da sostanze psicotrope, l’impiego, da parte del conducente di un autoveicolo,
di apparecchi telefonici cellulari, o, infine, l’attraversamento della sede
stradale sebbene il semaforo emetta la luce rossa; che, in terzo luogo, viene dedotta anche la violazione degli artt. 24 e
111 della Costituzione; che si rileva, quanto al primo di tali parametri, che la disciplina
recata dalle disposizioni denunciate «sottrae a qualsivoglia giudice terzo la
comminatoria di una sanzione, ancorché amministrativa», di una tale «gravità
economica» da superare, in alcune ipotesi, persino «l’entità di sanzioni
pecuniarie previste dalle leggi penali»; che, infine, l’art. 213, comma 2-sexies,
del codice della strada, nello stabilire la possibilità della confisca di un
bene «adoperato per commettere una delle violazioni» di cui ai precedenti artt.
169, commi 2 e 7, 170 e 171, sembrerebbe presupporre la «volontarietà»
dell’illecito, in contrasto «con il principio secondo il quale in materia di
sanzione amministrativa è ininfluente l’elemento psicologico»; che anche il Giudice di pace di Scicli, con due ordinanze di contenuto
sostanzialmente identico, ha sollevato questione di legittimità costituzionale
– in riferimento agli artt. 3 e 42 della Carta fondamentale – degli artt. 171,
comma 3, e 213, comma 2-sexies, del
codice della strada; che il rimettente – investito in entrambi i casi dell’opposizione
proposta, da genitore esercente la potestà su un minore, avverso il verbale di
sequestro e successiva confisca di un ciclomotore, per essersi il predetto
minore reso responsabile dell’infrazione consistente nella guida del mezzo
senza l’uso del casco protettivo – ha sollevato incidente di costituzionalità
avverso le disposizioni summenzionate; che il rimettente ipotizza, innanzitutto, la «violazione dell’articolo 3
della Costituzione, per il motivo della irragionevolezza e sproporzionalità»
della misura della confisca, perché «vi è identità di disciplina
(ingiustificata), sia quando il veicolo venga usato per commettere un reato,
sia nel caso che lo stesso venga adoperato per commettere una di quelle
violazioni amministrative» individuate dalla medesima norma censurata (artt.
169, commi 2 e 7, 170 e 171 del codice della strada); che, inoltre, deduce il contrasto con l’art. 42 della Costituzione,
atteso che la confisca di un ciclomotore o motoveicolo, specie se disposta a
carico di un terzo, «incolpevole del comportamento del conducente, finisce con
assumere aspetti di mero trasferimento coattivo di un bene dal privato allo
Stato per finalità squisitamente repressive, sì da identificarsi addirittura
con l’istituto dell’espropriazione», imponendo, però, il sacrificio del diritto
di proprietà del privato per realizzare «un interesse generale non
costituzionalmente protetto, quale la prevenzione degli incidenti stradali»; che, infine, il rimettente assume che le norme censurate sarebbero
affette anche dai vizi della «illogicità e della ingiustizia manifesta», per un
duplice concorrente motivo; che esse, difatti, assoggettano l’autore dell’infrazione prevista
dall’art. 171 del codice della strada «a quattro conseguenze negative» (il
pagamento della sanzione pecuniaria, la decurtazione del punteggio dalla
patente di guida, la confisca obbligatoria del mezzo, l’impossibilità di
accedere al pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria), ed inoltre
riservano allo stesso un trattamento sanzionatorio più severo rispetto a quello
contemplato per «altre violazioni amministrative» (ed in particolare per quella
di cui all’art. 148, comma 10, del codice della strada), sebbene esse pongano
«più gravemente in pericolo l’incolumità fisica non solo del conducente»; che è intervenuto in tutti i giudizi (salvo che in quello che trae
origine dall’ordinanza del Giudice di pace di Caltanissetta, iscritta al r.o.
n. 509 del 2006) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, svolgendo considerazioni
sostanzialmente identiche in ciascun atto di intervento; che in particolare la difesa erariale – eccepita, in via preliminare,
l’inammissibilità delle questioni relative ai commi 1, 2 e 3 dell’artt. 171 del
codice della strada, atteso che tali disposizioni si limitano a descrivere le
infrazioni in relazione alle quali il (solo) comma 2-sexies dell’art. 213 del medesimo codice della strada prevede,
quale sanzione accessoria a quella pecuniaria, la confisca del veicolo a due
ruote – ha dedotto l’infondatezza delle questioni sollevate; che, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la confisca è rivolta a
sottrarre la disponibilità di ciclomotori e motoveicoli a coloro i quali,
mostrandosi indifferenti all’obbligo di indossare il casco protettivo, abbiano
realizzato «una causa di incremento del pericolo di lesioni craniche da
circolazione di motocicli»; che – sottolinea ancora la difesa erariale – pure «il proprietario che
autorizzi o tolleri l’uso del motociclo da parte di soggetti che non rispettano
l’obbligo in questione» è ragionevolmente sottoposto, dal denunciato art. 213,
comma 2-sexies, alla medesima
sanzione, avendo lo stesso non solo «accettato di concorrere all’incremento
complessivo del rischio da circolazione», ma anche «rinunciato ad esercitare un
controllo personale e diretto sul comportamento del conducente»; che nessuna violazione del principio di eguaglianza può, poi, essere
ravvisata nel caso di specie; che priva di fondamento è la censura che tende a stigmatizzare il fatto
che la confisca obbligatoria «non sia prevista per violazioni stradali che il
giudice rimettente considera più gravi sotto il profilo degli interessi
protetti», atteso che la legittimità costituzionale di una sanzione va
riconosciuta «qualora sussista una ragionevole coerenza tra la sua misura ed
entità e gli interessi protetti dal precetto di cui la sanzione è presidio»; che nella specie, prosegue la difesa erariale, «la prevenzione del
rischio individuale e sociale da trauma cranico, specifico e peculiare della
circolazione motociclistica, rende ragione sufficiente di una misura intesa a
togliere la disponibilità del mezzo specifico della creazione di tale rischio»; che tali rilievi, inoltre, valgono a fugare l’ulteriore dubbio relativo
alla violazione dell’art. 3 Cost., dimostrando come nell’applicazione della
sanzione de qua «non abbia alcun
rilievo il valore dei motocicli confiscati», giacché attraverso di essa non si
«tende a colpire il patrimonio del responsabile, bensì a rimuovere una causa di
incremento del rischio di cui si è detto»; che, infine, la difesa dello Stato esclude l’esistenza di un contrasto
tra le norme censurate e gli artt. 24 e 111 Cost., conseguente al «carattere
rigido» di tale sanzione, essendo quella della confisca obbligatoria una
«sanzione ampiamente nota all’ordinamento penale e sanzionatorio
amministrativo», giustificata dalla «necessità di eliminare le cause materiali
di potenziali, ulteriori, lesioni dell’interesse protetto». Considerato che i Giudici di pace di Caltanissetta (r.o. nn.
330 e 509 del 2006), Recanati (r.o. n. 546 del 2006), Modica (ro. nn. 554 e 555
del 2006) e Locri (r.o. n. 556 del 2006) sollevano questioni di legittimità
costituzionale – in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 27, 31 e 42 della
Costituzione – dell’art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art.
5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno
2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di
settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa
legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice della strada); che i Giudici di pace di Noto (r.o. nn. 541 e 542 del 2006) e Torre
Annunziata (r.o. nn. 560 e 571 del 2006) dubitano della legittimità
costituzionale – ipotizzando il contrasto con gli artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost.
(parametri, gli ultimi due, evocati solo dal secondo di tali giudici
rimettenti) – degli artt. 171, commi 1 e 2, e 213, comma 2-sexies, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992; che, infine, anche il Giudice di pace di Scicli (r.o. nn. 318 e 319 del
2006) solleva questioni di legittimità costituzionale – in riferimento agli
artt. 3 e 42 della Carta fondamentale – degli artt. 171, comma 3, e 213, comma
2-sexies, dello stesso d.lgs.
n. 285 del 1992; che, data la connessione esistente tra i vari giudizi, se ne impone la
riunione ai fini di una unica pronuncia; che, nelle more del presente giudizio, i commi 168 e 169 dell’art. 2 del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), inseriti dalla relativa legge di conversione 24
novembre 2006, n. 286, hanno, rispettivamente, modificato, l’uno, il testo
dell’art. 171, comma 3, del codice della strada, l’altro, il testo del
successivo art. 213, comma 2-sexies (norma, quest’ultima, denunciata da
tutti giudici rimettenti); che,
difatti, in virtù del citato ius superveniens, mentre alla «sanzione
pecuniaria amministrativa prevista dal comma 2» del medesimo art. 171 del
codice della strada, in luogo della confisca originariamente prevista,
«consegue il fermo del veicolo per sessanta giorni ai sensi del capo I, sezione
II del titolo VI» dello stesso codice (ovvero per la durata di novanta giorni
allorché, «nel corso di un biennio», sia «stata commessa, almeno per due volte,
una delle violazioni previste dal comma 1» del predetto art. 171), ai sensi del
novellato art. 213, comma 2-sexies, dello stesso codice della strada
risulta «sempre disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in cui un
ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere un reato, sia
che il reato sia stato commesso da un conducente maggiorenne, sia che sia stato
commesso da un conducente minorenne»; che, pertanto, alla luce di tale duplice sopravvenienza normativa si
impone la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, per una rinnovata
valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni
dagli stessi sollevate. LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, ordina la
restituzione degli atti ai Giudici di pace di Caltanissetta, Recanati, Modica,
Locri, Noto, Torre Annunziata e Scicli. Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2007. |
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