Non conforme il recepimento della direttiva sui veicoli
fuori uso effettuato dall’Italia. Questo il motivo di condanna nei confronti
del nostro Paese espresso dalla Corte di giustizia delle comunità europee con
la sentenza del 24 maggio 2007 che decide la causa C-394/05. La controversia ha
avuto origine dal ricorso promosso dalla Commissione europea con il quale
veniva chiesto di dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo recepito
correttamente la direttiva 2000/53/CE sullo smaltimento dei veicoli fuori uso,
fosse venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della stessa
normativa comunitaria. Il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 che
traspone nel diritto nazionale la direttiva del 2000, infatti, secondo la
Commissione, non conteneva le disposizioni atte ad assicurare che gli operatori
economici istituissero sistemi di raccolta dei veicoli a tre ruote fuori uso e
quelle che disciplinassero un’adeguata presenza di centri di raccolta sul
territorio nazionale; mancava anche, secondo la ricorrente, una corretta
disposizione sulle informazioni da fornire da parte dei produttori di veicoli.
La fondatezza di tali argomentazioni sollevate dalla Commissione è stata
riconosciuta dal governo italiano in fase di procedimento precontenzioso e non
è stata contestata. Non avendo valutato positivamente il recepimento tardivo
compiuto dall’Italia e avendo rilevato la veridicità delle censure mosse dalla
Commissione, la Corte di giustizia ha condannato la Repubblica italiana perché,
“avendo adottato il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, che traspone in
diritto nazionale le disposizioni della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 18 settembre 2000, 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso, in
maniera non conforme a quest’ultima, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti
in forza degli artt. 3, n. 5, 5, n. 1, 7, n. 2, lett. a), secondo comma, nonché
8, nn. 3 e 4, di tale direttiva.”. (25
maggio 2007)
SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 24 maggio 2007
«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 2000/53/CE – Veicoli fuori uso – Artt.
3, n. 5, 5, n. 1, 7, n. 2, nonché 8, nn. 3 e 4 – Trasposizione non conforme»
Nella
causa C-394/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi
dell’art. 226 CE, proposto il 9 novembre 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla
sig.ra D. Recchia e dal sig. M. Konstantinidis, in qualità di agenti, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I. M. Braguglia,
in qualità di agente, assistito dall’avv. P. Gentili, avvocato dello Stato, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE
(Quinta Sezione),
composta
dal sig. R. Schintgen, presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič ed E. Levits
(relatore), giudici,
avvocato
generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere:
sig. R. Grass
vista la
fase scritta del procedimento,
vista la
decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la
causa senza conclusioni,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee
chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo adottato il
decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 (Supplemento ordinario alla GURI n.
182 del 7 agosto 2003; in prosieguo: il "decreto legislativo n.
209/2003"), il quale traspone in diritto nazionale le disposizioni della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 18 settembre 2000, 2000/53/CE [1], relativa
ai veicoli fuori uso (GU L 269, pag. 34) in maniera non conforme a quest’ultima,
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 2, punti 2 e
5, dell’art. 3, n. 5, del combinato disposto dell’art. 4, n. 2, lett. a), con
l’allegato II, dell’art. 5, nn. 1-4, dell’art. 6, nn. 3, lett. a), e 4,
dell’art. 7, nn. 1 e 2, dell’art. 8, nn. 3 e 4, dell’art. 10, n. 3, nonché
dell’art 12, n. 2, della direttiva 2000/53.
2 Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 20
luglio 2006, la Commissione ha annunciato che essa manteneva in essere il suo
ricorso solo per quanto riguarda gli artt. 3, n. 5, 5, n. 1, 7, n. 2, lett. a),
secondo comma, nonché 8, nn. 3 e 4, della direttiva 2000/53.
Contesto
normativo
Normativa
comunitaria
3 L’art.
3, n. 5, della direttiva 2000/53 prevede quanto segue:
"Per
i veicoli a motore a tre ruote, si applicano solo l’articolo 5, paragrafi 1 e 2
e l’articolo 6 della presente direttiva".
4 L’art.
5, n. 1, di tale direttiva è formulato nel modo seguente:
"Gli
Stati membri adottano i provvedimenti necessari:
affinché gli operatori economici istituiscano sistemi di
raccolta di tutti i veicoli fuori uso e, nella misura in cui ciò sia
tecnicamente fattibile, dei mezzi usati allo stato di rifiuto, asportati al
momento della riparazione delle autovetture, per assicurare un’adeguata
presenza di centri di raccolta sul territorio nazionale".
5 L’art.
7, n. 2, lett. a), della direttiva 2000/53 dispone quanto segue:
"Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari
affinché siano conseguiti dagli operatori economici i seguenti obiettivi:
a) entro il 1º gennaio 2006, per tutti i veicoli fuori uso,
la percentuale di reimpiego e recupero sia almeno l’85% del peso medio per
veicolo e anno; entro la stessa data, la percentuale di reimpiego e riciclaggio
sia almeno dell’80 % del peso medio per veicolo e anno.
Per i veicoli prodotti anteriormente al 1º gennaio 1980, gli
Stati membri possono stabilire obiettivi inferiori, ma non al di sotto del 75%
per il reimpiego ed il recupero e non al di sotto del 70% per il reimpiego e il
riciclaggio. Gli Stati membri che si avvalgono della presente disposizione ne
comunicano le ragioni alla Commissione e agli altri Stati membri (...)".
6 L’art.
8, nn. 3 e 4, di questa direttiva così stabilisce:
"3. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari
affinché i produttori forniscano informazioni per la demolizione per ogni tipo
di nuovo veicolo immesso sul mercato entro sei mesi dalla sua immissione sul
mercato. Tali informazioni identificano, nella misura in cui siano richiesti
dagli impianti di trattamento per ottemperare alle disposizioni della presente
direttiva, i diversi componenti e materiali e l’ubicazione di tutte le sostanze
pericolose nel veicolo, in particolare al fine di realizzare gli obiettivi
stabiliti nell’articolo 7.
4. Fatta salva la riservatezza commerciale e industriale,
gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che i
produttori di componenti utilizzati nei veicoli mettano a disposizione degli
impianti di trattamento autorizzati le informazioni appropriate in materia di
demolizione, stoccaggio e verifica dei componenti che possono essere
riutilizzati, per quanto richiesto da tali impianti".
Normativa
nazionale
7 L’art.
1, n. 2, del decreto legislativo n. 209/2003 disponeva quanto segue:
"Ai
veicoli a motore a tre ruote si applicano solo le disposizioni di cui
all’articolo 5, comma 1, e all’articolo 6".
8 L’art.
5, n. 1, di tale decreto così prevedeva:
"Il veicolo destinato alla demolizione è consegnato dal
detentore ad un centro di raccolta ovvero, nel caso in cui il detentore intende
cedere il predetto veicolo per acquistarne un altro, è consegnato al
concessionario o al gestore della succursale della casa costruttrice o
dell’automercato, per la successiva consegna ad un centro di raccolta".
9 Ai termini
dell’art. 5, n. 3, del detto decreto:
"Il produttore di veicoli organizza, su base
individuale o collettiva, una rete di centri di raccolta dei veicoli fuori uso
opportunamente distribuiti sul territorio nazionale ovvero individua centri di
raccolta, opportunamente distribuiti sul territorio nazionale, presso i quali è
assicurato il ritiro gratuito degli stessi veicoli".
10 L’art. 6 del decreto legislativo n. 209/2003 stabiliva
prescrizioni tecniche a cui sono soggetti gli impianti di trattamento autorizzati
nonché regole relative alle operazioni di trattamento.
11 L’art.
7, n. 2, lett. a), del decreto legislativo n. 209/2003 recitava:
"2. Gli operatori economici garantiscono il
conseguimento degli obiettivi del presente decreto anche attraverso gli accordi
di cui all’articolo 12, comma 1, ovvero, in loro mancanza, con le modalità
stabilite dal decreto previsto all’articolo 5, comma 15. In particolare, detti
operatori garantiscono che:
a) entro il 1º gennaio 2006, per i veicoli fuori uso
prodotti a partire dal 1º gennaio 1980, la percentuale di reimpiego e di
recupero è pari almeno all’85 per cento del peso medio per veicolo e per anno e
la percentuale di reimpiego e di riciclaggio per gli stessi veicoli è pari
almeno all’80 per cento del peso medio per veicolo e per anno; per i veicoli
prodotti anteriormente al 1º gennaio 1980, la percentuale di reimpiego e di
recupero è pari almeno al 75 per cento del peso medio per veicolo e per anno e
la percentuale di reimpiego e di riciclaggio è pari almeno al 70 per cento del
peso medio per veicolo e per anno (…)".
12 L’art.
10, nn. 1 e 2, del decreto legislativo n. 209/2003 disponeva quanto segue:
"1. Il produttore del veicolo, entro sei mesi
dall’immissione sul mercato dello stesso veicolo, mette a disposizione dei
centri di raccolta le pertinenti informazioni per la demolizione, sotto forma
di manuale o su supporto informatico. Tali informazioni devono consentire di
identificare i diversi componenti e materiali del veicolo e l’ubicazione di
tutte le sostanze pericolose in esso presenti.
2. Fermo restando il rispetto delle norme vigenti in materia
di riservatezza commerciale ed industriale, il produttore dei componenti del
veicolo mette a disposizione dei centri di raccolta adeguate informazioni sulla
demolizione, sullo stoccaggio e sulla verifica dei componenti che possono
essere reimpiegati".
13 Le menzionate disposizioni del decreto legislativo n.
209/2003 sono state modificate con il decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.
149 (GURI n. 86 del 12 aprile 2006, pag. 4; in prosieguo: il "decreto
legislativo n. 149/2006").
Procedimento
precontenzioso
14 In seguito alla notifica del decreto legislativo n.
209/2003, la Commissione, con la sua lettera di diffida del 19 dicembre 2003,
ha formulato taluni rilievi sulla conformità del detto decreto con gli artt.
2-8, 10 e 12 della direttiva 2000/53 e ha invitato la Repubblica italiana a
presentare osservazioni in merito a tali rilievi.
15 Non avendo ricevuto osservazioni in merito alle questioni
sollevate nella lettera di diffida, la Commissione ha inviato alla Repubblica
italiana un parere motivato invitandola a conformarsi al medesimo entro il
termine di due mesi dalla notifica.
16 In seguito alla risposta delle autorità italiane a tale
parere motivato, la Commissione, il 22 dicembre 2004, ha emesso un parere
motivato complementare, in cui precisava i motivi per cui essa riteneva che il
decreto legislativo n. 209/2003 non fosse conforme all’art. 2, punti 2 e 5,
all’art. 3, n. 5, al combinato disposto dell’art. 4, n. 2, con l’allegato II,
all’art. 5, nn. 1-4, all’art. 6, nn. 3, lett. a), e 4, all’art. 7, nn. 1 e 2,
all’art. 8, nn. 3 e 4, all’art. 10, n. 3, nonché all’art. 12, n. 2, della
direttiva 2000/53. Con tale parere si invitava altresì la Repubblica italiana a
prendere i provvedimenti appropriati per conformarsi al medesimo entro due mesi
dalla sua notifica.
17 Il 12 settembre 2005, le autorità italiane hanno
informato la Commissione dell’adozione di una legge che delega il governo
italiano a adottare disposizioni integrative e correttive del decreto
legislativo n. 209/2003 al fine di superare la procedura di infrazione avviata
dalla Commissione per non corretta trasposizione della direttiva 2000/53.
18 Non
essendo rimasta soddisfatta da tale risposta, la Commissione ha proposto il
presente ricorso.
Sul
ricorso
19 Nella sua controreplica, presentata alla Corte l’11
maggio 2006, il governo italiano ha segnalato l’adozione del decreto
legislativo n. 149/2006. Ritenendo di avere interesse al prosieguo della causa
soltanto per quanto riguarda gli artt. 3, n. 5, 5, n. 1, 7, n. 2, nonché 8, nn.
3 e 4, della direttiva 2000/53, la Commissione ha rinunziato agli atti per
quanto riguarda le altre censure.
20 Per quanto riguarda, in primo luogo, l’art. 3, n. 5,
della direttiva 2000/53, la Commissione censura la Repubblica italiana per non
aver essa previsto, per quanto riguarda i veicoli a motore a tre ruote,
disposizioni volte ad assicurare che gli operatori economici istituiscano
sistemi di raccolta di tutti i veicoli fuori uso e, nella misura in cui ciò sia
tecnicamente fattibile, delle parti usate allo stato di rifiuto, asportate al
momento della riparazione di veicoli, e ad assicurare un’adeguata presenza di
centri di raccolta sul territorio nazionale. Tali obblighi, previsti all’art.
5, n. 1, della direttiva 2000/53, si applicano ai veicoli a tre ruote in forza
dell’art. 3, n. 5, della medesima.
21 In secondo luogo, l’art. 5, n. 1, della direttiva 2000/53
non sarebbe stato trasposto correttamente, in quanto la Repubblica italiana,
con l’art. 5, n. 3, del decreto legislativo n. 209/2003, che traspone tale
disposizione, non ha istituito sistemi di raccolta, non appena ciò sia
tecnicamente fattibile, delle parti usate allo stato di rifiuto e asportate al
momento della riparazione dei veicoli.
22 Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’art. 7, n. 2,
della direttiva 2000/53, la Commissione ha precisato, nel suo atto di rinunzia
parziale agli atti, che essa manteneva in essere solo la censura con cui
contestava alla Repubblica italiana di non avere fornito informazioni alla
Commissione e agli altri Stati membri sulle ragioni che hanno portato tale
Stato ad avvalersi della possibilità prevista all’art. 7, n. 2, lett. a),
secondo comma, della detta direttiva.
23 In quarto luogo, per quanto riguarda la trasposizione
dell’art. 8, nn. 3 e 4, della direttiva 2000/53 mediante l’art. 10, nn. 1 e 2,
del decreto legislativo n. 209/2003, la Commissione censura la Repubblica
italiana per aver essa omesso di specificare che le informazioni da fornire da
parte dei produttori di veicoli e componenti devono corrispondere a quanto
richiesto dagli impianti di trattamento. Inoltre, l’art. 10, n. 2, del decreto
legislativo n. 209/2003 si riferirebbe erroneamente ai "centri di raccolta
" anziché agli "impianti di trattamento autorizzati".
24 La fondatezza di tali censure sollevate dalla Commissione
è stata riconosciuta dal governo italiano in fase di procedimento
precontenzioso e non è stata contestata dinanzi alla Corte. Il governo italiano
ha tuttavia osservato che il ricorso della Commissione è divenuto privo di
oggetto in seguito alle modifiche apportate dal decreto legislativo n.
149/2006.
25 A tal proposito, risulta da una giurisprudenza costante
che l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla
situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine
stabilito nel parere motivato e che la Corte non può tener conto dei mutamenti
successivi (v., in particolare, sentenze 24 ottobre 2002, causa C-455/00,
Commissione/Italia, Racc. pag. I-9231, punto 21; 2 ottobre 2003, causa
C-348/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I-11653, punto 7, e 26 gennaio 2006,
causa C-514/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-963, punto 44).
26 Orbene, nella fattispecie, è pacifico che, alla scadenza
del termine di due mesi impartito nel parere motivato complementare, la
Repubblica italiana non aveva trasposto in modo conforme gli artt. 3, n. 5, 5,
n. 1, 7, n. 2, lett. a), secondo comma, nonché 8, nn. 3 e 4, della direttiva
2000/53.
27 Pertanto, il ricorso proposto dalla Commissione
dev’essere accolto per quanto riguarda le censure mantenute in essere.
28 Conseguentemente, si deve dichiarare che la Repubblica
italiana, avendo adottato il decreto legislativo n. 209/2003, che traspone in
diritto nazionale le disposizioni della direttiva 2000/53 in modo non conforme
a quest’ultima, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli
artt. 3, n. 5, 5, n. 1, 7, n. 2, lett. a), secondo comma, nonché 8, nn. 3 e 4,
di tale direttiva.
Sulle
spese
29 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di
procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta
domanda. Inoltre, a norma del n. 5, primo comma, di questo stesso articolo, su
domanda della parte che rinuncia agli atti, le spese sono poste a carico
dell’altra parte se ciò appare giustificato dal comportamento di quest’ultima.
30 Nella fattispecie, la Repubblica italiana è rimasta
soccombente nei limiti in cui la Commissione ha mantenuto le sue censure. Per
quanto riguarda la rinunzia parziale agli atti da parte di quest’ultima, essa è
il risultato dell’adozione tardiva da parte della Repubblica italiana dei
provvedimenti necessari per assicurare la trasposizione corretta della
direttiva. Di conseguenza, poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la
Repubblica italiana dev’essere condannata alle spese.
Per
questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:
1) La Repubblica italiana, avendo adottato il decreto
legislativo 24 giugno 2003, n. 209, che traspone in diritto nazionale le
disposizioni della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 18
settembre 2000, 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso, in maniera non
conforme a quest’ultima, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in
forza degli artt. 3, n. 5, 5, n. 1, 7, n. 2, lett. a), secondo comma, nonché 8,
nn. 3 e 4, di tale direttiva.
2) La
Repubblica italiana è condannata alle spese.
Firme
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