Incroci
stradali – Obbligo di usare la massima prudenza nell’approssimarsi ad una
intersezione - Conducente di veicolo proveniente da destra con diritto di
precedenza - Sussistenza dell’obbligo. In tema di circolazione stradale, l’art. 145, comma 1, del codice della strada - nel prevedere che i conducenti, approssimandosi ad una intersezione, devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti - si rivolge a tutti i conducenti, anche al conducente favorito, giacché il diritto di precedenza spettante al conducente del veicolo proveniente da destra non esonera il conducente medesimo dall’obbligo di usare la dovuta attenzione nell’attraversamento di un incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada che non si attengano alla norma, recata dal comma secondo del medesimo art. 145, che impone di dare la precedenza a chi proviene da destra, salvo diversa segnalazione. (Nuovo C.S., art. 145) (1). In tema di circolazione stradale, la configurabilità dell’illecito amministrativo di inosservanza dell’obbligo di usare la massima prudenza nell’approssimarsi ad un incrocio, di cui all’art. 145, comma 1, del codice della strada, non dipende dal punto in cui accade l’incidente, sicché anche una collisione che si verifichi quando l’area di intersezione stia per essere interamente attraversata può essere indicativa del fatto che, avvicinandosi al crocevia, il conducente non ha osservato l’obbligo di usare la massima prudenza. (Nuovo C.S., art. 145) (2). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Con ricorso depositato in data 18 gennaio 2001, R. S. impugnò il verbale n. 720 di data 21 dicembre 2000 con cui la Polizia municipale di San Pancrazio Salentino gli aveva contestato la violazione di cui all’art. 145, comma 1, del codice della strada perché, percorrendo nel territorio di quel Comune, alla guida della sua autovettura Renault targata BJ 231 CA, la via Osanna, non aveva usato, approssimandosi alla intersezione con la via Silone, la massima prudenza al fine di evitare l’incidente con l’autovettura Fiat targata VA D51149, condotta da C. C.. L’opponente dedusse che l’incidente era da ascriversi non
a propria colpa, ma a quella del conducente dell’altra autovettura, il quale,
procedendo a velocità elevata, non si era arrestato al crocevia, omettendo di
dare la dovuta precedenza. 2. - Con sentenza n. 61 depositata in data 12 settembre
2002, l’adito Giudice di pace di San Pietro Vernotico - acquisito il rapporto
redatto dalla polizia municipale e assunta una prova testimoniale - rigettò il
ricorso e, per l’effetto, confermò il provvedimento opposto, condannando
l’opponente al pagamento della sanzione minima edittale di euro 62,59 e
dichiarando interamente compensate tra le parti le spese di lite. 2.1. - Premesso che l’art. 145, comma 1, del codice della
strada detta il principio della massima prudenza al fine di evitare incidenti,
il giudice di pace rilevava che il ricorrente, per essere esonerato da
responsabilità, avrebbe dovuto dare la prova di avere usato un grado
elevatissimo di cautela e di avvedutezza per evitare l’impatto, giacché anche
il conducente favorito, che beneficia dell’ obbligo imposto ad altri di cedere
la precedenza, è tenuto a sua volta, approssimandosi al crocevia, a moderare la
velocità e, all’occorrenza, a fermarsi, dovendo egli fare in modo di prevenire,
per quanto possibile, persino le altrui imprudenze che siano ragionevolmente
prevedibili. Secondo il giudice di pace, il ricorrente non aveva posto
in essere le dovute cautele, atteso che, non essendo l’intersezione servita da
alcun segnale né verticale, né orizzontale, egli doveva prevedere il sopraggiungere
di altre autovetture che potevano non rispettare l’obbligo di dare la
precedenza. Inoltre, l’entità dei danni riportati dai veicoli coinvolti e
descritti nel rapporto del Comando della Polizia municipale di San Pancrazio
Salentino dimostravano che ambedue i veicoli non avevano tenuto una velocità
adeguata, sicché anche la condotta del conducente favorito era meritevole di
essere sanzionata. 3. - Avverso questa sentenza, con atto notificato il 23
ottobre 2002 ed il 13 novembre 2002 il R. ha interposto ricorso per cassazione,
affidato a due motivi di censura. Il Ministero dell’interno e l’Ufficio territoriale del
Governo di Brindisi hanno depositato in data Il gennaio 2003 un atto di
costituzione. MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con il primo motivo (violazione, erronea e falsa applicazione di legge), il ricorrente deduce che l’art. 145, comma 1, del codice della strada, riguardando l’ipotesi di chi si avvicina ad una intersezione e deve adottare tutte le cautele necessarie per evitare un incidente, non può essere applicato al caso di specie, giacché il R., come provato nel corso del giudizio, aveva quasi interamente attraversato l’area di intersezione quando avvenne la collisione. L’art. 145, comma 1, del codice della strada, ponendo a
carico del conducente favorito l’onere di prevedere e potenzialmente
neutralizzare con le dovute cautele le eventuali altrui imprudenze ed
inosservanze, si riferisce al caso di chi, avvicinandosi all’incrocio, deve
moderare sensibilmente la velocità di guida per scorgere dalle strade laterali
il sopraggiungere di altri autoveicoli e conseguentemente arrestare la marcia
del proprio veicolo in tempo utile per evitare incidenti. Viceversa, nel caso di specie, dalla istruttoria orale
(teste V.) sarebbe emerso che il R., avendo superato la parte centrale
dell’intersezione, non era più in grado di scorgere dalle strade laterali il
sopraggiungere di altri autoveicoli e così di neutralizzare le altrui
probabili imprudenze. 2. - Con il secondo mezzo (omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia), il
ricorrente si duole che la sentenza impugnata non abbia dato il dovuto rilievo
al fatto che l’opponente aveva in realtà posto in essere, sebbene senza
successo, l’unica manovra di emergenza possibile, l’arresto dell’ autovettura
ed il repentino spostamento a destra. La prova circa il compimento di tali manovre di emergenza
è stata fornita tramite le fotografie riproducenti la posizione delle
autovetture subito dopo la collisione: posizione confermata dalla planimetria,
allegata al rapporto dell’incidente, redatta dagli agenti della polizia
municipale intervenuti sul luogo del sinistro, nonché dallo stesso
verbalizzante V., sentito nella qualità di teste. Il giudice di pace immotivatamente non avrebbe dato peso a
tali prove documentali e orali, ritenendo che il R. non avrebbe dimostrato di
aver usato un adeguato grado di cautela. La motivazione della sentenza
impugnata sarebbe anche contraddittoria, posto che dalla planimetria redatta
dagli stessi vigili verbalizzanti poteva trarsi un diverso convincimento circa
l’avvenuto tentativo da parte del R. di evitare l’impatto. Del tutto
inspiegabilmente il giudice di pace avrebbe argomentato l’assenza di cautele da
parte del R., quando invece dal disegno planimetrico redatto dai vigili urbani
emergerebbe che era stato esperito il tentativo, sebbene infruttuoso, di una
manovra di emergenza finalizzata ad evitare l’impatto. Inoltre, il giudice di pace non avrebbe argomentato sulla
richiesta di consulenza tecnica d’ufficio avanzata dalla difesa dell’opponente
al fine di ricostruire la dinamica del sinistro e l’obiettiva condotta dei
conducenti. Il giudice di pace si sarebbe limitato a mettere in luce che
ambedue i veicoli non avevano tenuto una velocità adeguata: argomentazione -
ad avviso del ricorrente - censurabile, atteso che nel rapporto dei vigili è
fatta una generica elencazione dei danni riportati dalle autovetture, che
potevano essere stati causati anche dall’eccessiva velocità di uno solo di
essi. La «prova della responsabilità di cui alla violazione contestata non
poteva essere induttivamente fornita, ma doveva discendere da un costrutto
logico-giuridico tale da rendere plausibile la fondatezza della violazione
contestata». Infine, il sufficiente grado di cautela ed avvedutezza
del conducente favorito ed in transito su di una intersezione doveva essere
valutato obiettivamente secondo la comune e logica prudenza, sulla base degli
elementi raccolti nel contraddittorio processuale, certamente non ricorrendo
riduttivamente alle sole considerazioni dei vigili verbalizzanti nel rapporto
d’incidente con riferimento ai danni materiali. 3. - Deve, preliminarmente, dichiararsi inammissibile l’«atto
di costituzione» depositato, senza previa notifica, dall’Avvocatura generale
dello Stato in rappresentanza degli intimati Ministero dell’interno e Ufficio
territoriale del Governo di Brindisi, e non contenente alcuna replica ai
motivi del ricorso. Difatti, la parte contro la quale il ricorso è diretto, se
intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso, che deve contenere,
oltre all’esposizione sommaria dei fatti della causa, i motivi per i quali
essa contrasta l’impugnazione, e deve essere notificato al ricorrente nelle
forme e nei termini di cui all’art. 370 c.p.c. In mancanza di tale atto, la
parte non può presentare memorie ma soltanto partecipare alla discussione
orale (Cass., sez. V, 11 giugno 2004, n. 11160). Nella specie, l’atto, depositato in cancelleria ma non
previamente notificato al ricorrente, con il quale l’Avvocatura si è
«costituita» nel giudizio di cassazione senza formulare alcuna deduzione
difensiva, è, stante la sua totale difformità rispetto al modello disegnato
dal legislatore, estraneo al relativo procedimento, né è qualificabile come
controricorso. A questo rilievo si aggiunga, per quanto potrà valere ai
fini della determinazione delle spese di questo giudizio, che l’Avvocatura
generale dello Stato non ha svolto altra attività difensiva in questo giudizio.
4. - Il primo motivo di ricorso è infondato. 4.1. - L’art. 145, comma 1, del nuovo codice della strada,
approvato con il D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285, prevede che «i conducenti,
approssimandosi ad una intersezione, devono usare la massima prudenza al fine
di evitare incidenti». 4.2. - Occorre premettere che tale disposizione si rivolge
a tutti i conducenti, anche al conducente favorito: il diritto di precedenza
spettante al conducente del veicolo proveniente da destra non esonera il conducente
medesimo dall’obbligo di usare la dovuta attenzione nell’attraversamento di un
incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti
illeciti o imprudenti di altri utenti della strada che non si attengano alla
norma, recata dal comma 2 del medesimo art. 145, che impone di dare la
precedenza a chi proviene da destra, salvo diversa segnalazione (cfr. Cass.,
sez. III, 27 giugno 2000, n. 8744;
nonché, nel vigore dell’art. 105 del codice della strada previgente, che
recava una norma di analogo tenore, Cass., sez. III, 8 settembre 1986, n. 5480). 4.3. - Ciò premesso, non sussiste il denunciato vizio di
falsa applicazione di legge, prospettato dal ricorrente sul rilievo che l’art.
145, comma 1, del codice della strada non sarebbe applicabile là dove, come
nella specie, il conducente del veicolo favorito abbia «quasi interamente
attraversato l’area d’intersezione» al momento della collisione. Non v’è dubbio che la disciplina stabilita dalla norma di
comportamento di cui all’art. 145, comma 1, del codice della strada presuppone
che il veicolo, percorrendo la strada che confluisce nel crocevia, stia per
impegnare questo: presuppone, cioè, una fase di avvicinamento
all’intersezione, durante la quale anche il conducente del veicolo favorito
deve tenere una condotta di guida ed una velocità tali da consentirgli un
tempestivo rallentamento, o un’adeguata manovra di emergenza, a fronte
dell’avvistamento dell’irregolare sopraggiungere di un altro veicolo, il quale,
a sua volta, non rallenti la corsa e violi l’obbligo di dare la precedenza
(cfr., nel vigore della corrispondente disposizione contenuta nell’ abrogato
codice della strada, Cass., sez. III, 6
febbraio 1978, n. 552; Cass., sez. III, 17
ottobre 1968, n. 3335). La norma regola il momento dell’approssimarsi
all’intersezione perché ha una finalità preventiva, facendo obbligo di usare
la massima prudenza al fine di evitare incidenti prima che il pericolo diventi
reale e non altrimenti fronteggiabile: ma ciò non significa che la prescrizione
rivolta al conducente sia destinata a non operare solo perché la collisione si
verifichi, anziché all’ingresso dell’intersezione, in fase di esecuzione e di
completamento della manovra di attraversamento del crocevia. In altri termini,
l’illecito amministrativo che si realizza per l’inosservanza di quel precetto
non dipende dal punto in cui accade l’incidente: anche una collisione
verificatasi, come nella specie, quando l’area di intersezione stia per essere
interamente attraversata può dare la dimostrazione del fatto che, avvicinandosi
all’intersezione, il conducente non ha osservato il precetto della massima
prudenza impostogli dal codice della strada. 5. - Il secondo motivo è
inammissibile. 5.1. - È una
questione di merito stabilire se il ricorrente, approssimandosi
all’intersezione, adottò la prudenza richiesta: la ricostruzione della modalità
dell’incidente e, quindi, del comportamento dei conducenti coinvolti nello
stesso, essendo una questione di fatto, rientra nei poteri del giudice di
merito e, come tale, è insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente
motivata. 5.2. - Nella specie, la sentenza impugnata, con motivazione
immune da censure rilevabili in questa, è pervenuta alla conclusione che il
ricorrente, nell’avvicinarsi all’intersezione, non servita da alcun segnale
(né verticale, né orizzontale) tra la via Osanna e la via Silone nel Comune di
San Pancrazio Salentino, non usò le dovute cautele; ed ha tratto tale
convincimento dal fatto che l’entità dei danni riportati dai veicoli coinvolti
nell’incidente e descritti nel rapporto del Comando della Polizia municipale
di San Pancrazio Salentino denotava che ambedue i veicoli non avevano tenuto
una velocità adeguata. 5.3. - Il motivo di censura si risolve in una inammissibile
richiesta di revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opinione che ha
condotto il giudice del merito alla soluzione della questione esaminata,
evidente apparendo come il ricorrente, lungi dal prospettare alcun vizio
rilevante della sentenza impugnata sotto il profilo di cui all’art. 360, primo
comma, n. 5), C.p.c., si limiti ad invocare - genericamente richiamando, senza
il rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, le fotografie
riproducenti la posizione delle autovetture subito dopo la collisione, la
planimetria dell’incidente allegata al rapporto redatto dalla polizia
municipale e la deposizione di uno degli agenti verbalizzanti - una diversa
lettura delle risultanze di fatto sì come accertate e ricostruite dal giudice
di merito. La censura omette di considerare che tanto la valutazione
delle risultanze probatorie, quanto il giudizio sul contenuto e sulla portata
delle quaestiones facti poste dalle singole fattispecie sottoposte al
vaglio del giudice di merito - così come la scelta, fra le varie risultanze
probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione -
involgono apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito, il
quale, nel fondare la propria decisione, non incontra altro limite che quello
di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto
ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a
confutare ogni e qualsiasi deduzione difensiva. È principio di diritto ormai consolidato (cfr., ex
multis, Cass., sez. III, 28 luglio 2005, n. 15805) quello per cui 1’art.
360, primo comma, n. 5), c.p.c. non conferisce in alcun modo e sotto nessun
aspetto della Corte di cassazione il potere di riesaminare il merito della
causa, consentendole, per converso, il solo controllo, sotto il profilo
logico-formale e della correttezza giuridica, delle valutazioni compiute dal
giudice del merito, al quale soltanto - va ripetuto - spetta 1’individuazione
delle fonti del proprio convincimento valutando le prove, controllandone
l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra esse, quelle funzionali alla
dimostrazione dei fatti in discussione. Nella specie il ricorrente, pur denunciando, apparentemente,
una deficiente motivazione della sentenza del giudice di pace, inammissibilmente
(perché in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del
giudizio di legittimità) sollecita una nuova valutazione delle risultanze del
processo ad opera di questa Corte, onde trasformare il processo di cassazione
in un giudizio di merito, nel quale ridiscutere analiticamente il contenuto di
fatti e vicende del processo, la maggiore o minore attendibilità di questa o di
quella risultanza processuale, le opzioni del giudice di merito non gradite e
per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più
consone alle aspettative della parte. E si duole, ancora inammissibilmente, della mancata
ammissione di una consulenza tecnica sulla dinamica del sinistro, senza
indicare in quale atto del giudizio di merito l’accertamento peritale fu
sollecitato (cfr. Cass., sez. III, 12 maggio 2000, n. 6115) e senza neppure
considerare che quando, come nella specie, il giudice del merito disponga di
elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni
di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può
essere censurato il mancato esercizio del potere discrezionale di quel giudice
di disporre la consulenza tecnica (da ultimo, Cass., sez. III, 27 ottobre 2004,
n. 20814). 6. - Il ricorso è rigettato. |
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