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Corte di Cassazione 06/06/2007

Giurisprudenza di legittimità - Incroci stradali – Obbligo di usare la massima prudenza nell’approssimarsi ad una intersezione - Conducente di veicolo proveniente da destra con diritto di precedenza - Sussistenza dell’obbligo. Incroci stradali...

(Cass. Civ., sezione I, 13 luglio 2006, n. 15928)

Incroci stradali – Obbligo di usare la massima prudenza nell’approssimarsi ad una intersezione - Conducente di veicolo proveniente da destra con diritto di precedenza - Sussistenza dell’obbligo. Incroci stradali - Obbligo di usare la massima pru­denza nell’approssimarsi ad una intersezione ­Inosservanza - Collisione verificatasi ad incrocio quasi interamente attraversato - Configurabilità dell’illecito 


In tema di circolazione stradale, l’art. 145, com­ma 1, del codice della strada - nel prevedere che i conducenti, approssimandosi ad una intersezione, devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti - si rivolge a tutti i conducenti, anche al conducente favorito, giacché il diritto di preceden­za spettante al conducente del veicolo proveniente da destra non esonera il conducente medesimo dall’obbligo di usare la dovuta attenzione nell’at­traversamento di un incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti ille­citi o imprudenti di altri utenti della strada che non si attengano alla norma, recata dal comma secondo del medesimo art. 145, che impone di dare la pre­cedenza a chi proviene da destra, salvo diversa se­gnalazione. (Nuovo C.S., art. 145) (1).
In tema di circolazione stradale, la configurabilità dell’illecito amministrativo di inosservanza dell’ob­bligo di usare la massima prudenza nell’approssimar­si ad un incrocio, di cui all’art. 145, comma 1, del co­dice della strada, non dipende dal punto in cui accade l’incidente, sicché anche una collisione che si verifichi quando l’area di intersezione stia per essere intera­mente attraversata può essere indicativa del fatto che, avvicinandosi al crocevia, il conducente non ha os­servato l’obbligo di usare la massima prudenza. (Nuovo C.S., art. 145) (2).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Con ricorso depositato in data 18 gennaio 2001, R. S. impugnò il verbale n. 720 di data 21 dicembre 2000 con cui la Polizia municipale di San Pancrazio Salen­tino gli aveva contestato la violazione di cui all’art. 145, comma 1, del codice della strada perché, percor­rendo nel territorio di quel Comune, alla guida della sua autovettura Renault targata BJ 231 CA, la via Osanna, non aveva usato, approssimandosi alla inter­sezione con la via Silone, la massima prudenza al fine di evitare l’incidente con l’autovettura Fiat targata VA D51149, condotta da C. C..

L’opponente dedusse che l’incidente era da ascri­versi non a propria colpa, ma a quella del conducente dell’altra autovettura, il quale, procedendo a velocità elevata, non si era arrestato al crocevia, omettendo di dare la dovuta precedenza.

2. - Con sentenza n. 61 depositata in data 12 set­tembre 2002, l’adito Giudice di pace di San Pietro Ver­notico - acquisito il rapporto redatto dalla polizia mu­nicipale e assunta una prova testimoniale - rigettò il ricorso e, per l’effetto, confermò il provvedimento op­posto, condannando l’opponente al pagamento della sanzione minima edittale di euro 62,59 e dichiarando interamente compensate tra le parti le spese di lite.

2.1. - Premesso che l’art. 145, comma 1, del codice della strada detta il principio della massima prudenza al fine di evitare incidenti, il giudice di pace rilevava che il ricorrente, per essere esonerato da responsabi­lità, avrebbe dovuto dare la prova di avere usato un grado elevatissimo di cautela e di avvedutezza per evi­tare l’impatto, giacché anche il conducente favorito, che beneficia dell’ obbligo imposto ad altri di cedere la precedenza, è tenuto a sua volta, approssimandosi al crocevia, a moderare la velocità e, all’occorrenza, a fermarsi, dovendo egli fare in modo di prevenire, per quanto possibile, persino le altrui imprudenze che si­ano ragionevolmente prevedibili.

Secondo il giudice di pace, il ricorrente non aveva posto in essere le dovute cautele, atteso che, non es­sendo l’intersezione servita da alcun segnale né verti­cale, né orizzontale, egli doveva prevedere il soprag­giungere di altre autovetture che potevano non rispettare l’obbligo di dare la precedenza. Inoltre, l’en­tità dei danni riportati dai veicoli coinvolti e descritti nel rapporto del Comando della Polizia municipale di San Pancrazio Salentino dimostravano che ambedue i veicoli non avevano tenuto una velocità adeguata, sic­ché anche la condotta del conducente favorito era me­ritevole di essere sanzionata.

3. - Avverso questa sentenza, con atto notificato il 23 ottobre 2002 ed il 13 novembre 2002 il R. ha interposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi di censura.

Il Ministero dell’interno e l’Ufficio territoriale del Governo di Brindisi hanno depositato in data Il gen­naio 2003 un atto di costituzione.


MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con il primo motivo (violazione, erronea e falsa applicazione di legge), il ricorrente deduce che l’art. 145, comma 1, del codice della strada, riguardando l’ipotesi di chi si avvicina ad una intersezione e deve adottare tutte le cautele necessarie per evitare un incidente, non può essere applicato al caso di specie, giacché il R., come provato nel corso del giudizio, aveva quasi inte­ramente attraversato l’area di intersezione quando avvenne la collisione.

L’art. 145, comma 1, del codice della strada, po­nendo a carico del conducente favorito l’onere di pre­vedere e potenzialmente neutralizzare con le dovute cautele le eventuali altrui imprudenze ed inosservanze, si riferisce al caso di chi, avvicinandosi all’incrocio, deve moderare sensibilmente la velocità di guida per scorgere dalle strade laterali il sopraggiungere di altri autoveicoli e conseguentemente arrestare la marcia del proprio veicolo in tempo utile per evitare incidenti.

Viceversa, nel caso di specie, dalla istruttoria orale (teste V.) sarebbe emerso che il R., avendo su­perato la parte centrale dell’intersezione, non era più in grado di scorgere dalle strade laterali il sopraggiun­gere di altri autoveicoli e così di neutralizzare le altrui probabili imprudenze.

2. - Con il secondo mezzo (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia), il ricorrente si duole che la sen­tenza impugnata non abbia dato il dovuto rilievo al fatto che l’opponente aveva in realtà posto in essere, sebbene senza successo, l’unica manovra di emergenza possibile, l’arresto dell’ autovettura ed il repen­tino spostamento a destra.

La prova circa il compimento di tali manovre di emergenza è stata fornita tramite le fotografie riprodu­centi la posizione delle autovetture subito dopo la col­lisione: posizione confermata dalla planimetria, alle­gata al rapporto dell’incidente, redatta dagli agenti della polizia municipale intervenuti sul luogo del sini­stro, nonché dallo stesso verbalizzante V., sentito nella qualità di teste.

Il giudice di pace immotivatamente non avrebbe dato peso a tali prove documentali e orali, ritenendo che il R. non avrebbe dimostrato di aver usato un adeguato grado di cautela. La motivazione della sen­tenza impugnata sarebbe anche contraddittoria, posto che dalla planimetria redatta dagli stessi vigili verba­lizzanti poteva trarsi un diverso convincimento circa l’avvenuto tentativo da parte del R. di evitare l’impatto. Del tutto inspiegabilmente il giudice di pace avrebbe argomentato l’assenza di cautele da parte del R., quando invece dal disegno planimetrico re­datto dai vigili urbani emergerebbe che era stato espe­rito il tentativo, sebbene infruttuoso, di una manovra di emergenza finalizzata ad evitare l’impatto.

Inoltre, il giudice di pace non avrebbe argomentato sulla richiesta di consulenza tecnica d’ufficio avanzata dalla difesa dell’opponente al fine di ricostruire la di­namica del sinistro e l’obiettiva condotta dei condu­centi. Il giudice di pace si sarebbe limitato a mettere in luce che ambedue i veicoli non avevano tenuto una ve­locità adeguata: argomentazione - ad avviso del ricor­rente - censurabile, atteso che nel rapporto dei vigili è fatta una generica elencazione dei danni riportati dalle autovetture, che potevano essere stati causati anche dall’eccessiva velocità di uno solo di essi. La «prova della responsabilità di cui alla violazione contestata non poteva essere induttivamente fornita, ma doveva discendere da un costrutto logico-giuridico tale da ren­dere plausibile la fondatezza della violazione conte­stata».

Infine, il sufficiente grado di cautela ed avvedu­tezza del conducente favorito ed in transito su di una intersezione doveva essere valutato obiettivamente se­condo la comune e logica prudenza, sulla base degli elementi raccolti nel contraddittorio processuale, cer­tamente non ricorrendo riduttivamente alle sole consi­derazioni dei vigili verbalizzanti nel rapporto d’inci­dente con riferimento ai danni materiali.

3. - Deve, preliminarmente, dichiararsi inammissi­bile l’«atto di costituzione» depositato, senza previa notifica, dall’Avvocatura generale dello Stato in rap­presentanza degli intimati Ministero dell’interno e Uf­ficio territoriale del Governo di Brindisi, e non conte­nente alcuna replica ai motivi del ricorso.

Difatti, la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controri­corso, che deve contenere, oltre all’esposizione som­maria dei fatti della causa, i motivi per i quali essa con­trasta l’impugnazione, e deve essere notificato al ricorrente nelle forme e nei termini di cui all’art. 370 c.p.c. In mancanza di tale atto, la parte non può presen­tare memorie ma soltanto partecipare alla discussione orale (Cass., sez. V, 11 giugno 2004, n. 11160).

Nella specie, l’atto, depositato in cancelleria ma non previamente notificato al ricorrente, con il quale l’Avvocatura si è «costituita» nel giudizio di cassa­zione senza formulare alcuna deduzione difensiva, è, stante la sua totale difformità rispetto al modello dise­gnato dal legislatore, estraneo al relativo procedi­mento, né è qualificabile come controricorso.

A questo rilievo si aggiunga, per quanto potrà va­lere ai fini della determinazione delle spese di questo giudizio, che l’Avvocatura generale dello Stato non ha svolto altra attività difensiva in questo giudizio.

4. - Il primo motivo di ricorso è infondato.

4.1. - L’art. 145, comma 1, del nuovo codice della strada, approvato con il D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285, prevede che «i conducenti, approssimandosi ad una in­tersezione, devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti».

4.2. - Occorre premettere che tale disposizione si rivolge a tutti i conducenti, anche al conducente favo­rito: il diritto di precedenza spettante al conducente del veicolo proveniente da destra non esonera il condu­cente medesimo dall’obbligo di usare la dovuta atten­zione nell’attraversamento di un incrocio, anche in re­lazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada che non si attengano alla norma, recata dal comma 2 del me­desimo art. 145, che impone di dare la precedenza a chi proviene da destra, salvo diversa segnalazione (cfr. Cass., sez. III, 27 giugno 2000, n. 8744; nonché, nel vi­gore dell’art. 105 del codice della strada previgente, che recava una norma di analogo tenore, Cass., sez. III, 8 settembre 1986, n. 5480).

4.3. - Ciò premesso, non sussiste il denunciato vi­zio di falsa applicazione di legge, prospettato dal ri­corrente sul rilievo che l’art. 145, comma 1, del codice della strada non sarebbe applicabile là dove, come nella specie, il conducente del veicolo favorito abbia «quasi interamente attraversato l’area d’intersezione» al momento della collisione.

Non v’è dubbio che la disciplina stabilita dalla norma di comportamento di cui all’art. 145, comma 1, del codice della strada presuppone che il veicolo, per­correndo la strada che confluisce nel crocevia, stia per impegnare questo: presuppone, cioè, una fase di avvi­cinamento all’intersezione, durante la quale anche il conducente del veicolo favorito deve tenere una con­dotta di guida ed una velocità tali da consentirgli un tempestivo rallentamento, o un’adeguata manovra di emergenza, a fronte dell’avvistamento dell’irregolare sopraggiungere di un altro veicolo, il quale, a sua volta, non rallenti la corsa e violi l’obbligo di dare la prece­denza (cfr., nel vigore della corrispondente disposi­zione contenuta nell’ abrogato codice della strada, Cass., sez. III, 6 febbraio 1978, n. 552; Cass., sez. III, 17 ottobre 1968, n. 3335).

La norma regola il momento dell’approssimarsi all’intersezione perché ha una finalità preventiva, fa­cendo obbligo di usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti prima che il pericolo diventi reale e non altrimenti fronteggiabile: ma ciò non significa che la prescrizione rivolta al conducente sia destinata a non operare solo perché la collisione si verifichi, anziché all’ingresso dell’intersezione, in fase di esecuzione e di completamento della manovra di attraversamento del crocevia. In altri termini, l’illecito amministrativo che si realizza per l’inosservanza di quel precetto non dipende dal punto in cui accade l’incidente: anche una collisione verificatasi, come nella specie, quando l’area di intersezione stia per essere interamente attra­versata può dare la dimostrazione del fatto che, avvi­cinandosi all’intersezione, il conducente non ha osser­vato il precetto della massima prudenza impostogli dal codice della strada.

5. - Il secondo motivo è inammissibile.

5.1. - È una questione di merito stabilire se il ri­corrente, approssimandosi all’intersezione, adottò la prudenza richiesta: la ricostruzione della modalità dell’incidente e, quindi, del comportamento dei con­ducenti coinvolti nello stesso, essendo una questione di fatto, rientra nei poteri del giudice di merito e, come tale, è insindacabile in sede di legittimità, se adegua­tamente motivata.

5.2. - Nella specie, la sentenza impugnata, con mo­tivazione immune da censure rilevabili in questa, è pervenuta alla conclusione che il ricorrente, nell’av­vicinarsi all’intersezione, non servita da alcun segnale (né verticale, né orizzontale) tra la via Osanna e la via Silone nel Comune di San Pancrazio Salentino, non usò le dovute cautele; ed ha tratto tale convincimento dal fatto che l’entità dei danni riportati dai veicoli coinvolti nell’incidente e descritti nel rapporto del Co­mando della Polizia municipale di San Pancrazio Sa­lentino denotava che ambedue i veicoli non avevano tenuto una velocità adeguata.

5.3. - Il motivo di censura si risolve in una inam­missibile richiesta di revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opinione che ha condotto il giudice del merito alla soluzione della questione esaminata, evidente apparendo come il ricorrente, lungi dal pro­spettare alcun vizio rilevante della sentenza impugnata sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5), C.p.c., si limiti ad invocare - genericamente richia­mando, senza il rispetto del principio di autosuffi­cienza del ricorso, le fotografie riproducenti la posi­zione delle autovetture subito dopo la collisione, la planimetria dell’incidente allegata al rapporto redatto dalla polizia municipale e la deposizione di uno degli agenti verbalizzanti - una diversa lettura delle risul­tanze di fatto sì come accertate e ricostruite dal giudice di merito.

La censura omette di considerare che tanto la va­lutazione delle risultanze probatorie, quanto il giudi­zio sul contenuto e sulla portata delle quaestiones facti poste dalle singole fattispecie sottoposte al vaglio del giudice di merito - così come la scelta, fra le varie ri­sultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sor­reggere la motivazione - involgono apprezzamenti ri­servati in via esclusiva al giudice del merito, il quale, nel fondare la propria decisione, non incontra altro li­mite che quello di indicare le ragioni del proprio con­vincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare ogni e qualsiasi deduzione difensiva.

È principio di diritto ormai consolidato (cfr., ex multis, Cass., sez. III, 28 luglio 2005, n. 15805) quello per cui 1’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c. non con­ferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto della Corte di cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendole, per converso, il solo con­trollo, sotto il profilo logico-formale e della corret­tezza giuridica, delle valutazioni compiute dal giudice del merito, al quale soltanto - va ripetuto - spetta 1’individuazione delle fonti del proprio convincimento va­lutando le prove, controllandone l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione.

Nella specie il ricorrente, pur denunciando, appa­rentemente, una deficiente motivazione della sentenza del giudice di pace, inammissibilmente (perché in con­trasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita una nuova valutazione delle risultanze del processo ad opera di questa Corte, onde trasformare il processo di cassazione in un giu­dizio di merito, nel quale ridiscutere analiticamente il contenuto di fatti e vicende del processo, la maggiore o minore attendibilità di questa o di quella risultanza processuale, le opzioni del giudice di merito non gra­dite e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la so­stituzione con altre più consone alle aspettative della parte.

E si duole, ancora inammissibilmente, della man­cata ammissione di una consulenza tecnica sulla dina­mica del sinistro, senza indicare in quale atto del giu­dizio di merito l’accertamento peritale fu sollecitato (cfr. Cass., sez. III, 12 maggio 2000, n. 6115) e senza neppure considerare che quando, come nella specie, il giudice del merito disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da no­zioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio del potere discrezionale di quel giu­dice di disporre la consulenza tecnica (da ultimo, Cass., sez. III, 27 ottobre 2004, n. 20814).

6. - Il ricorso è rigettato.

Nessuna statuizione deve essere emessa sulle spese del giudizio di cassazione, in assenza di attività difen­siva da parte delle amministrazioni intimate. (Omissis)

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Mercoledì, 06 Giugno 2007
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