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Blaco Quello che abbiamo trascorso è stato un inverno oltre
che mite, estremamente pedalabile. Se la tendenza ad inverni con temperature
dolci come quello di quest’anno dovesse confermarsi, il futuro della bicicletta
si farebbe ancora più radioso. Verrebbe infatti ridotto uno dei limiti nella
fruibilità del mezzo a pedale, quello del freddo. Ma ci pensate al valore
aggiunto del velocipede nel quadro della mobilità di oggi? Facciamo una
sintetica escursione sui perché Bicisì. La bicicletta è l’unico mezzo di
locomozione non inquinante, e sappiamo bene cosa significhi questo in un
territorio come quello di alcune regioni del nord nel quale in molte città a
metà febbraio abbiamo già quasi esaurito i giorni disponibili di sforamento per
le polveri sottili e per gli altri elementi inquinanti. Neanche il cavallo è
così performante da questo punto di vista, infatti rilascia qualche residuo
organico. E’ poi un veicolo, forse l’unico, col quale la salute - è fin troppo
noto - ne trae un grande giovamento. La bicicletta non è rumorosa (pensate
invece al rumore del traffico), è l’unico mezzo che potrebbe circolare anche di
notte, in piena estate, mentre abbiamo le finestre aperte. Se il conducente non
canta o non fischia nessuno se ne accorge. La bici non consuma niente. Va
avanti solo attraverso la spinta dell’energia muscolare. In un periodo nel
quale il costo dei prodotti energetici gioca un ruolo determinante
nell’andamento generale dell’economia mondiale e quindi di quella familiare, la
bicicletta è un elemento calmieratore dei costi. La bici si parcheggia
comodamente, occupa pochissimo spazio. In uno stallo di una vettura si possono
parcheggiare, incrociate fra loro, circa 11 biciclette. Il velocipede è anche
un mezzo che nel rapporto di peso fra il veicolo e il trasportato raggiunge
parametri impensabili per qualsiasi altro sistema di locomozione. Dove lo
trovate un mezzo del peso di una ventina di kg (per non parlare delle
biciclette sportive con pesi superpiuma),
che riesce a trasportare un essere umano, avvezzo al tortello e alla
tagliatella e che spesso sfora gli 80/90 kg?. Quanto spreco nei fuoristrada o
nelle gigantesche berline. Si impiegano dai 15 ai 20 quintali di materiali
ferrosi e plastici per trasportare spesso lo stesso soggetto di 80/90 kg, molte
volte da solo. Pensate che 3/4 dell’energia consumata dal veicolo servono per
trainare in pratica se stesso. Insomma di un pieno di 60 litri ben 45 servono
all’assorbimento del peso della macchina per il suo movimento. Non parliamo poi
della capacità della bicicletta di portarvi ovunque, in pianura in ogni luogo.
Per le gambe buone sono accessibili anche le vette più alte e i sentieri più
impervi con le Mountain Bike. Ma ci sono luoghi che quelli con la macchina non
potranno mai raggiungere. Le piazze e le piccole vie dei nostri stupendi centri
storici. Qualcuno mi dirà che la bicicletta però è meno veloce. E’ vero.
Dipende dove dovete andare. Certo in autostrada o lungo una statale non è
possibile sfidare le 150 cavalli a motore. Ma nell’area urbana siete proprio
sicuri di poter andare più veloci? Di giorno nelle ore di punta mi risulta che
in molte città si viaggi ad una velocità media di 15-20 km/h. I mezzi pubblici
di superficie, su gomma, in tante città si fermano fra i 12 e 15 km/h. Non sono
velocità accessibili anche ad un anziano ciclista? Infine i costi di acquisto e
manutenzione. Credo che mezzo più nazionalpopolare non esista. Una discreta
bicicletta nuova si compra con 150 euro. Una bici usata con poche decine di
euro, la manutenzione sfiora quasi lo zero. Un mezzo insomma alla portata anche
del pensionato alla minima. Foto
Upi-Svizzera Ma si fa abbastanza per stimolare, agevolare,
perché no, anche proteggere questa meritoria categoria? La risposta è breve:
no! Sembra quasi che la bicicletta (come il pedone) sia un elemento di disturbo
nella dinamica della circolazione. Certo quando è lenta, guidata da un anziano,
ci costringe a rallentare e ad essere prudenti. Però, diciamo la verità qualche
volta è sentita quasi come elemento spurio, non adeguato. Se solo pensassimo
che ogni ciclista può significare un’auto in meno sulla strada, forse
guarderemmo in modo diverso quel mezzo di tradizionale locomozione. Non credo
sia un caso il fatto che - tanto per toccare il tema che personalmente conosco
meglio - nel quadro di una incidentalità che fa segnare negli anni della
patente a punti positivi e significativi segni meno, il segmento dei ciclisti,
così come gli altri utenti deboli della strada (pedoni e ciclomotoristi), è
quello che ha conseguito risultati sicuramente meno brillanti. ‘C’è da
aggiungere anche un altro preoccupante aspetto: i ciclisti con i pedoni sono
fra le “prede” più colpite dai pirati della strada. La povera ragazza uccisa
qualche tempo fa a Bologna da un conducente che poi si è dato alla fuga ne è
una testimonianza lampante. Potremmo aggiungere anche quella famiglia di
extracomunitari travolti a gennaio su una statale, vicino a Lesina (FG) da un
altro pirata. Furono uccisi un uomo e una donna. Il pirata successivamente
identificato disse che non si era accorto dell’urto. Due ciclisti presi in
pieno scaraventati sull’asfalto e uccisi e non ci si accorge dell’urto… L’alcol
in questi casi gioca un ruolo dirompente. Un aspetto che da solo meriterebbe
ben altro spazio. Cosa fare? Ovviamente da una parte serve un intervento più convinto del pubblico amministratore
perché si incrementi la protezione e quindi la sicurezza del ciclista con una
più significativa estensione delle piste ciclabili, possibilmente non miste
alle pedonali. Servono più investimenti economici (anche per avere meno
investimenti sulla strada), per quella serie infinita di fattori positivi che
abbiamo elencato all’inizio che dovrebbero fare dei ciclisti una categoria
protetta. Molto protetta, direi quasi da coccolare. Gli agenti di polizia
stradale, e della Polizia Municipale in particolare, devono contribuire a
“ricordare” agli automobilisti che i ciclisti sono soggetti di pari diritto
nella circolazione. Certo esistono poi delle regole precise da rispettare anche
per il ciclista. A quelle specifiche previste dall’art.182 del CdS (Devono
viaggiare in unica fila, o mai affiancati in un numero superiore a due, e fuori
dai centri abitati sempre in unica fila, con l’uso libero delle braccia e delle
mani, e reggere il manubrio almeno con una mano, non devono trainare altri
veicoli o condurre animali ecc.) si devono aggiungere alcune regole sentite dai
ciclisti come non a loro appartenenti. Due esempi per tutti: guidare in stato
di ebbrezza e l’uso del cellulare mentre si guida (sono vietate anche le
cuffie). Si tratta di infrazioni per le quali il codice fa riferimento ai
conducenti. Andrebbe poi attivata una maggior informazione sui fattori di
rischio, incentrati ad esempio sull’importanza di farsi vedere con luci accese
di notte, aspetto questo molto trascurato, e quella di indossare capi chiari e
retroriflettenti, non solo di notte ma anche quando piove o nei casi di scarsa
visibilità. Un ultimo riferimento all’aspetto sportivo della bici, e quello del
tifoso. La bicicletta sa muovere emozioni profonde, sempre di rispetto, a volte
di solitudine nei momenti felici “Un uomo solo al comando…” e in quelli tristi.
Abbiamo rivisto recentemente il film sul nostro Marco Pantani e non abbiamo
potuto fare a meno di riflettere e commuoverci. Nelle schiere del tifo che si
esprime ai lati di un passo di montagna non scoppia mai la violenza insensata e
incivile di un Cibali di Catania. Per il ciclismo sportivo non ci sarà mai un
ispettore Filippo Raciti che ci lascia la vita. Lo sport in bicicletta è tutta
un’altra cosa. Insomma credo di poter dire che la bici ha un roseo futuro, che
può diventare ancora più roseo con un po’ di attenzione in più e di amore in
più. I ciclisti la meritano. |
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