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Cassazione: guidare ubriachi è reato, anche senza incidenti
La Suprema Corte ribadisce che l’ebbrezza al volante è “reato di “pericolo” e, come tale, va sanzionato secondo la legge, anche “senza danno”

Al Giudice di Pace che l’aveva assolto, rispediti gli atti del procedimento nei confronti di un 28enne, assolto per la “particolare tenuità del fatto”



(ASAPS) ROMA, 18 giugno 2007 – Dunque, la Cassazione torna sull’argomento: infatti, già in passato, alcune clamorose sentenze di assoluzione nei confronti di conducenti colti in flagranza del reato di guida in stato di ebbrezza (soprattutto da bevande alcoliche), avevano posto il problema. In sostanza, colui che veniva denunciato per guida in stato di ebbrezza, qualora la condotta non fosse (ancora, ndr) sfociata in conseguenze peggiori, sembrava poter contare – almeno in alcune occasioni – sulla benevolenza del giudice, il quale applicava comunque attenuati precise. La “particolare tenuità del fatto”, dunque, poteva anche consentire all’ebbro di farla franca, visto che, in fondo, nulla era successo. Una sentenza del Giudice di Pace di Caltanissetta, (all’epoca la competenza era dei GdP) però, è stata impugnata dal Procuratore Generale della città, che ha chiamato in causa gli uffici romani di piazza Cavour, per manifesta illogicità del pronunciamento.
Il parere della Suprema Corte, ha dato ragione al ricorrente, ribadendo che il non aver causato incidenti appare circostanza del tutto “…irrilevante, trattandosi di reato di pericolo e non di danno…”
L’imputato, che ora dovrà fare i conti con la determinazione della Cassazione, era stato fermato dalla Stradale, in piena notte, all’uscita da una discoteca: l’etilometro aveva dato un responso di positività all’assunzione di alcol (1 g/l, secondo le notizie giunte in redazione), subì il ritiro della patente e la successiva sospensione da parte del prefetto.
A niente è valsa l’attestazione di “occasionalità” vantata dall’imputato, né la sua “incensuratezza”, attenuanti ribadite dal GDP nel dispositivo di sentenza, che non ha trovato d’accordo la procura nissena e, successivamente, la Cassazione.
Secondo i giudici romani, se “…il tasso alcolimetrico del giovane era risultato il doppio del massimo consentito, e ciò era già evidente dal suo precario equilibrio statico e dalla difficoltà di coordinare le parole ed i movimenti…”, non si può parlare di “fatto tenue” solo perché non si era verificato alcun incidente, o per l’asserita occasionalità dell’evento, visto che – lo sottolinea proprio la Cassazione – “…l’imputato potrebbe non essere incorso in altri controlli occasionali in passato…”
Anche in questo caso, la saggezza della Suprema Corte ci trova del tutto d’accordo: visto il numero di controlli operati ogni anno in Italia (quelli ufficiali non arrivano a 300mila), e visto il numero di patentati circolanti, il conducente italiano ha la possibilità di essere controllato una volta ogni 175 anni.
Quindi, tornando al caso in esame, secondo la Cassazione, non può trovare applicazione in questo ambito l’articolo 34 (esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto) del decreto legislativo n. 274/2000 (Disposizioni sulla competenza penale del Giudice di Pace, a norma dell’articolo 14 della Legge 24.11.1999, n. 468).
Insomma, non si può assolvere una persona dal reato di guida in stato di ebbrezza in riferimento alla “tenuità del fatto”, all’esiguità del danno o del pericolo, alla sua occasionalità, al suo essere collegato ad esigenze lavorative, di studio, di famiglia o di salute, da parte dell’imputato.
In soldoni, ci pare di capire, “troppo comodo cavarsela così!”
Dunque, sentenza annullata, ed atti rinviati allo stesso GDP che l’aveva emessa, il quale “…terrà conto di quanto qui affermato…” (ASAPS)
© asaps.it
Lunedì, 18 Giugno 2007
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