(ASAPS) ROMA, 18 giugno 2007 – Dunque, la Cassazione torna
sull’argomento: infatti, già in passato, alcune clamorose sentenze di
assoluzione nei confronti di conducenti colti in flagranza del reato di guida
in stato di ebbrezza (soprattutto da bevande alcoliche), avevano posto il problema. In sostanza, colui
che veniva denunciato per guida in stato di ebbrezza, qualora la condotta non
fosse (ancora, ndr) sfociata in conseguenze peggiori, sembrava poter contare –
almeno in alcune occasioni – sulla benevolenza del giudice, il quale applicava
comunque attenuati precise. La “particolare tenuità del fatto”, dunque, poteva
anche consentire all’ebbro di farla franca, visto che, in fondo, nulla era
successo. Una sentenza del Giudice di Pace di Caltanissetta, (all’epoca la
competenza era dei GdP) però, è stata impugnata dal Procuratore Generale della
città, che ha chiamato in causa gli uffici romani di piazza Cavour, per
manifesta illogicità del pronunciamento. Il parere della Suprema Corte, ha dato ragione al
ricorrente, ribadendo che il non aver causato incidenti appare circostanza del
tutto “…irrilevante, trattandosi di reato di pericolo e non di danno…” L’imputato, che ora dovrà fare i conti con la
determinazione della Cassazione, era stato fermato dalla Stradale, in piena
notte, all’uscita da una discoteca: l’etilometro aveva dato un responso di
positività all’assunzione di alcol (1
g/l, secondo le notizie giunte in redazione), subì il ritiro della patente e la
successiva sospensione da parte del prefetto. A niente è valsa l’attestazione di “occasionalità” vantata
dall’imputato, né la sua “incensuratezza”, attenuanti ribadite dal GDP nel
dispositivo di sentenza, che non ha trovato d’accordo la procura nissena e,
successivamente, la
Cassazione. Secondo i giudici romani, se “…il tasso alcolimetrico del
giovane era risultato il doppio del massimo consentito, e ciò era già evidente
dal suo precario equilibrio statico e dalla difficoltà di coordinare le parole
ed i movimenti…”, non si può parlare di “fatto tenue” solo perché non si era
verificato alcun incidente, o per l’asserita occasionalità dell’evento, visto
che – lo sottolinea proprio la
Cassazione – “…l’imputato potrebbe non essere incorso in
altri controlli occasionali in passato…” Anche in questo caso, la saggezza della Suprema Corte ci
trova del tutto d’accordo: visto il numero di controlli operati ogni anno in
Italia (quelli ufficiali non arrivano a 300mila), e visto il numero di
patentati circolanti, il conducente italiano ha la possibilità di essere
controllato una volta ogni 175 anni. Quindi, tornando al caso in esame, secondo la Cassazione, non può
trovare applicazione in questo ambito l’articolo 34 (esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del
fatto) del decreto legislativo n. 274/2000 (Disposizioni sulla competenza penale del Giudice di Pace, a norma
dell’articolo 14 della Legge 24.11.1999, n. 468). Insomma, non si può assolvere una persona dal reato di
guida in stato di ebbrezza in riferimento alla “tenuità del fatto”,
all’esiguità del danno o del pericolo, alla sua occasionalità, al suo essere
collegato ad esigenze lavorative, di studio, di famiglia o di salute, da parte
dell’imputato. In soldoni, ci pare di capire, “troppo comodo cavarsela
così!” Dunque, sentenza annullata, ed atti rinviati allo stesso
GDP che l’aveva emessa, il quale “…terrà conto di quanto qui affermato…”
(ASAPS)
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