Giurisprudenza di legittimità Corte di Cassazione Civile Sezione I, 14 settembre 2006, n.
19781
Strade
- Tutela e manutenzione - Ente proprietario - Verifica della situazione di
fatto - Dovere dell’ente proprietario di sanzionare anche le situazioni
preesistenti - Configurabilità - Fattispecie in tema di sanzione irrogata per
la presenza di piante limitanti la visibilità nella fascia di rispetto. Depenalizzazione
- Applicazione delle sanzioni - Atti di accertamento - Illecito permanente -
Data di cessazione della permanenza - Coincidenza con la data dell’accertamento
- Prosecuzione della condotta illecita - Autonoma sanzionabilità - Sussistenza
- Intervenuto pagamento in misura ridotta relativo alla prima violazione -
Rilevanza - Esclusione.
In base all’art. 18, quarto comma, del nuovo Codice della
strada, l’ente proprietario della strada ha il potere-dovere di verificare le
situazioni di fatto esistenti all’atto della sua entrata in vigore al fine di
renderle conformi alle esigenze di sicurezza della circolazione, dettando le
prescrizioni necessarie ad eliminare ogni pericolo attuale, nonché sanzionando
ogni eventuale difformità anche preesistente all’ entrata in vigore della
norma. (Nella specie, la S.C.
ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittima l’irrogazione
di una sanzione amministrativa pecuniaria a carico dei proprietari di un fondo,
che avevano mantenuto, all’interno della loro proprietà e nella fascia di
rispetto con la strada provinciale, una siepe di altezza tale da ostacolare il
campo visivo necessario a salvaguardare la sicurezza della circolazione)..
In caso di violazione di natura permanente (consistente,
nella specie, nell’aver collocato e mantenuto una siepe di altezza tale da
limitare la visibilità nelle fasce di rispetto), l’atteggiamento antidoveroso
di chi viola il precetto si protrae nel tempo fino al compimento dell’azione
che pone fine alla situazione antigiuridica di pericolo (nella specie,
l’adeguamento alle vincolanti prescrizioni dell’ ente proprietario della
strada), mentre con la contestazione della violazione, anche se seguita
dall’applicazione della relativa sanzione e dall’eventuale pagamento in misura
ridotta, la permanenza si interrompe e nella ulteriore persistenza
dell’inadempimento si realizza una nuova violazione del medesimo precetto,
autonomamente sanzionabile.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con ricorso depositato il 12
gennaio 2002 M.
Z. I. e L. C. proponevano opposizione davanti al Giudice di pace di Rovereto
all’ordinanza 4 dicembre 2001 del Commissario di Governo di Trento che aveva
ingiunto ad entrambi, in via solidale, il pagamento di complessive lire
520.160, quale sanzione amministrativa della violazione del precetto di cui
all’art. 18, comma 4, Nuovo Codice della strada, accertata da un funzionario
della Provincia autonoma di Trento e loro contestata (per avere mantenuto nella
propria proprietà e nella fascia di rispetto della strada provinciale Rovereto-Folgaria,
in corrispondenza di una curva, una siepe di altezza tale da ostacolare il
campo visivo necessario a salvaguardare la sicurezza della circolazione),
essendo stato respinto il ricorso da essi proposto a norma dell’art. 203 dello
stesso Codice. A dire degli opponenti non era nella specie applicabile il
disposto di cui all’ art. 18 del Nuovo Codice della strada, giacché il loro
comportamento era stato realizzato in tempo precedente all’entrata in vigore
dello stesso Codice, mentre la normativa previgente non prescriveva per la
messa a dimora delle siepi alcun limite di distanza dal ciglio della strada.
Essi, peraltro, avevano tenuto la siepe alla distanza di un metro dal ciglio
della strada, così come aveva prescritto l’autorità comunale in sede di
provvedimento abilitativo edilizio. Infine essi avevano provveduto il 19 agosto
1998 al pagamento della sanzione in misura ridotta per violazione identica a
quella per la quale era stata emessa l’ordinanza-ingiunzione. A conclusione del
giudizio, svolto a norma dell’art. 23 della legge n. 689 del 1981, nel quale
non si era costituito il Commissario di Governo, il Giudice di pace rigettava
l’opposizione, ritenendo infondato così il motivo con il quale si era inteso
far valere il principio della irretroattività della norma sanzionatrice
(giacché «la disposizione sopraggiunta a miglior tutela della sicurezza del
traffico» deve trovare applicazione pure «per situazioni pregresse che ad essa
devono adeguarsi se difformi dalla nuova prescrizione»), come quello secondo
cui per identica violazione già era stato eseguito il pagamento della sanzione
in misura ridotta (per la ragione che si tratta di violazione non istantanea ma
permanente e alla precedente contestazione non era seguito l’adeguamento della
siepe alla prescrizione dell’art. 18 più volte citato). Contro questa sentenza M. Z. I. e L. C. hanno proposto
ricorso per cassazione, articolando in due distinti profili l’unico motivo di
impugnazione. Non ha svolto difese il Commissario di Governo di Trento.
MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con il primo profilo dell’unico
motivo di impugnazione i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 11 delle
disposizioni sulla legge in generale, e insieme vizio di motivazione, censurando
l’affermazione in linea generale di diritto, contenuta nella sentenza, secondo
cui la tassatività del principio di irretroattività della legge non varrebbe
«per le leggi speciali e i regolamenti, specie quando introducono nuove forme
riguardanti la sicurezza collettiva o la pubblica utilità», affermazione che
ha condotto il Giudice di pace ad applicare l’articolo 18 del Nuovo Codice
della strada a un comportamento ( «l’installazione della siepe») attuato in
tempo precedente alla sua entrata in vigore e per altro conforme al
provvedimento abilitativo edilizio dell’autorità comunale, come fu accertato
in sede di rilascio del certificato di abitabilità. I ricorrenti criticano in
particolare l’argomento sviluppato nella sentenza secondo cui il presente
giudizio non verte sulla «regolarità dell’impianto di quella siepe sotto il
profilo delle regole urbanistiche, ambientali o di estetica paesaggistica» e
quindi le eccezioni sollevate al riguardo non sarebbero pertinenti in questa
sede dove la condotta deve essere valutata rispetto ad una diversa disposizione
normativa di cui si assume la vigenza. Con il secondo profilo del motivo i ricorrenti censurano
l’affermazione circa la natura non istantanea ma permanente della stessa
violazione, dalla quale il Giudice di pace ha fatto discendere la conseguenza
che il pagamento in misura ridotta già attuato in rapporto ad una precedente
contestazione non ha comportato la illegittimità della nuova pretesa
sanzionatoria. Entrambi i profili di censura argomentati nell’unitario
motivo sono infondati. È appena il caso di rilevare che l’affermazione in linea
generale di diritto, introdotta nella sentenza impugnata, secondo cui
disposizioni normative speciali in materia diversa dalla previsione di nuove
figure di reato ben possono esplicitamente derogare (in ragione di obiettive
esigenze funzionali) al principio della non retroattività della legge, non
costituisce a ben vedere la premessa logica della decisione nel merito, che
anzi è correttamente fondata, non già
sulla efficacia retroattiva della norma sanzionatrice di cui all’art. 18,
comma 4, del Nuovo Codice della strada (che per altro riprende quasi alla
lettera la formulazione della disposizione previgente di cui all’art. l, comma
7, del testo unico per la tutela della strada approvato con D.P.R. 8 dicembre
1933, n. 1740, rimasto allora in vigore a norma dell’art. 145, comma 2, del D.P.R.
15 giugno 1959, n. 393), ma sul rilievo che la stessa norma ha attribuito
all’ente proprietario della strada il potere-dovere di verificare le
situazioni di fatto esistenti all’atto della sua entrata in vigore al fine di
renderle conformi alle apprezzate esigenze di sicurezza della circolazione,
dettando le prescrizioni necessarie ad eliminare ogni pericolo attuale. Come
appunto era avvenuto nel caso di specie, non avendo i proprietari opponenti inteso
adeguarsi a quelle prescrizioni per la addotta ragione che essi avevano
ottenuto dalla autorità comunale un esplicito provvedimento edilizio
abilitativo che li autorizzava anche a realizzare la siepe quale in concreto
posta poi a dimora, come era stato
accertato in sede di verifica in funzione del rilascio del certificato di
abitabilità. E ancora a ragione il Giudice di pace ha rilevato che l’autorizzazione
data in sede di provvedimento abilitativo edilizio non poteva valere a
legittimare una situazione di pericolo (apprezzata in diversa sede
istituzionale) per la circolazione, giacché con quel provvedimento era stata
valutata la corrispondenza dell’opera a disposizioni normative di diversa
natura (edilizie, urbanistiche, paesaggistiche, etc.) e, per altro, deve qui
aggiungersi, l’ente proprietario della strada nel caso di specie (la Provincia Autonoma
di Trento, che dettò le prescrizioni e ne accertò l’inosservanza) neppure si
identifica con il Comune che aveva approvato il progetto edilizio. E, già si è osservato, al tempo in cui la siepe era stata
piantata vigeva il precetto dettato dall’art. l, comma 7, del testo unico del
1933, con lo specifico divieto di eseguire « ... piantagioni in corrispondenza
delle curve stradali di raggio inferiore a cento metri» (come per certo nella
specie, «in corrispondenza di una curva-tornante» della strada provinciale Rovereto-Folgaria:
pagina 3 della sentenza impugnata) e dunque la condotta degli attuali
opponenti, allora attuata in violazione di quel divieto, era originariamente
illecita. Non può condividersi neppure il secondo profilo di
censura, dovendo per certo riconoscersi natura permanente alla contestata
violazione come è fatto palese dalla testuale formulazione del precetto
introdotto con la norma qui in esame (che prescrive le necessarie caratteristiche
di recinzioni e alberature in prossimità delle strade che «non dovranno
comunque ostacolare o ridurre, a giudizio dell’ente proprietario della strada,
il campo visivo necessario a salvaguardare la sicurezza della circolazione»),
sicché l’atteggiamento antidoveroso di chi viola quel precetto si protrae nel
tempo fino al compimento dell’azione che pone fine alla situazione
antigiuridica di pericolo con l’adeguamento alle vincolanti prescrizioni dell’
ente proprietario della strada; mentre con la contestazione della violazione e
l’applicazione della relativa sanzione la permanenza si interrompe e nella ulteriore
persistenza dell’inadempimento si realizza una nuova violazione del medesimo
precetto, autonomamente sanzionabile. Con la conseguenza - nel caso di specie
- che il «pagamento in misura ridotta» attuato dagli stessi opponenti a norma
dell’ art. 202 del Nuovo Codice della strada in rapporto ad una precedente
contestazione («nel 1988», come precisa la sentenza impugnata) della medesima
violazione non ha precluso il nuovo esercizio della potestà sanzionatoria
(perciò legittimamente fatta valere), essendo rimasto da allora inadempiuto il
precetto di conformare la siepe al disposto di cui all’art. 18 dello stesso
Codice. Il ricorso deve dunque essere rigettato. Non v’è
luogo a provvedere in ordine alle spese di questo giudizio, non avendo svolto
difese il Commissario di Governo intimato. (Omissis).
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