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Notizie brevi 25/06/2007

La tragedia di Cremona, e le altre di questo fine settimana ripropongono la questione - Ma vogliamo davvero una strada sicura?

E allora diamoci da fare: signori politici, fate il bene del nostro paese, per una volta: uomini in divisa, mezzi, effettività delle sanzioni
La colpa? Sempre degli altri e del modello di società, ovviamente
 


foto Blaco - archivio Asaps

 (ASAPS) 25 giugno 2007 – Faremmo un grosso errore a scandalizzarci e basta, a lapidare il motociclista che, a Cremona, ha investito ed ucciso due donne ed una bambina sulle strisce, oltre ad aver ferito un neonato di pochi mesi. Aveva appena ripreso la patente di guida dalla Prefettura, dove era rimasta per due mesi a seguito della sospensione per eccesso di velocità. Aveva violato l’articolo 142/9° del codice. Ma aveva pagato, e, così permette la legge, dopo aver subito la decurtazione di 10 punti dalla propria licenza, era tornato in condizione di poter nuovamente guidare. Indiscrezioni, filtrate dopo l’incredibile tragedia, indicano che andava forte, fortissimo. Lui si sarebbe giustificato, dicendo che aveva la visuale coperta da un furgoncino, che gli avrebbe impedito una visuale libera.
Direte voi: ma era un habitué!
Cosa credete, che non lo sappiamo? Ma la legge non permette di etichettare il pregiudizio. Altrimenti, parliamoci chiaro, la metà degli italiani (quelli pizzicati almeno una volta oltre i 40 orari rispetto al limite, o denunciati per guida in stato di ebbrezza), resterebbero a casa.
Dicevamo: faremmo un grosso errore a scandalizzarci e basta. Cosa dovremmo fare, allora? Scrollare le spalle e far finta di niente? Assolutamente no .
Possiamo lanciare un appello, a tutta la politica.
In questi giorni il Parlamento si occupa in vario modo di sicurezza stradale. Sappiamo però che, almeno al momento, nessuno ha intenzione di trasformare le strade italiane in un modello di comportamento, alla francese.
Chissà perché, il nostro paese sembra aver bisogno di un quadrato di boxe, dove affrontarsi, mostrare virilità, esternare la genetica propensione al sorpasso, ostentare il luccicante SUV, la mastodontica ammiraglia, la velocissima supersportiva. È sulla strada che l’italiano, nemmeno troppo medio, si sfoga, ripartendo al semaforo, bruciando magari il rosso, sfrecciando sulle strisce (quante multe vengono elevate per la mancata precedenza ai pedoni?), sfiorando ciclisti sulle provinciali o sulle statali, violando sistematicamente il diritto alla sopravvivenza del prossimo, sia questo a piedi, in bicicletta, in moto o, più genericamente, alla guida di un qualsiasi veicolo a motore.
L’italiano medio guarda il tiggì, mentre cena, e vede qualche rara immagine di incidente stradale, scopre che a provocarlo è stato un pirata, magari ubriaco, magari extracomunitario.
Eccolo allora improvvisare un comizio, nel quale elenca le soluzioni: polizia, palette, raffiche di mitra sparate a bruciapelo, giudici inflessibili che riaprano il braccio della morte e poi, finalmente, sedia elettrica o iniezione letale.
Dopo, si rialza e, avvinazzato, sale in auto e corre a tutta velocità dagli amici. Lo ferma una pattuglia, gli ritira la patente per eccesso di velocità, lo denuncia per guida in stato di ebbrezza. Improperi a non finire, governo ladro, o divise che farebbero meglio ad andare ad arrestare i delinquenti.
Oppure uccide qualcuno, ma, comunque vada, la colpa non è mai sua. Non può esserlo. Lui è l’italiano che guida meglio di tutti, che non corre in formula uno solo per un caso… tutti vanno puniti, ad eccezione di lui, il superuomo.
Viviamo di quotidiane emergenze: diamo la colpa ai tir, alle moto (ma quanti autotrasportatori, motociclisti o scooteristi sono invece rispettosi delle regole?), alle auto. Diamo la colpa a tutti, ma siamo noi, parte della collettività, ad essere immaturi per l’era moderna della mobilità. Se continuiamo così, faremo come i dinosauri, e l’Homo Sapiens – quello che sa tutto delle OPA, che si lamenta dell’euro inflazionato, che piange per le tasse troppo alte o per l’emergenza criminalità – finirà col correre (gioco di parole) il rischio di estinguersi.
Nessuno apre un telegiornale o un quotidiano, dicendo la cinica verità: il costo della sinistrosità assorbe il 2,5% del prodotto interno lordo, si pensi solo ai costi della sanità e a quelli delle invalidità permanenti. Potessimo dimezzarlo, saremmo un popolo competitivo e non un paese che deve sempre rincorrere gli altri.
Si dice che, fatta la legge, trovato l’inganno, ma non è sempre così. Facciamola, una legge che sia seria, mutiamo le coscienze, cerchiamo, insomma, di sopravvivere.

Eccesso di velocità? La patente deve essere rivista, in relazione a dove e come l’infrazione è stata commessa.
Norme di comportamento violate? Il trasgressore deve pagare carissimo. Un semaforo bruciato, deve costare la patente.
Guida in stato di ebbrezza? Lascereste un’arma carica ad un potenziale assassino? La patente è un’arma. È una licenza, come il porto d’armi. Non è un diritto naturale o acquisito. Chi ne fa un uso sbagliato, deve sapere che non la riavrà tanto facilmente. Possibile che ci sia un uomo che ha ucciso alla guida 13 persone (12 in un colpo solo), e che quest’uomo non abbia ancora avuto la revoca del permesso?
Omicidio colposo o lesioni gravissime? Chi uccide, sulla strada, di solito non lo fa intenzionalmente. Altrimenti, saremmo davanti ad una fattispecie di volontarietà, di dolo. Ma se la sua condotta di guida è manifestamente temeraria o incosciente, tale da poter provocare incidenti, l’evento che ne sussegue deve essere interpretato nell’ambito del “dolo eventuale”. Si tratta di crimine stradale.  Dunque, prigione.
E, in ogni caso, signori politici, fate in modo che pene e sanzioni, in Italia, vengano rispettivamente scontate e oblate. Per questo serve finalmente un potenziamento della “fisicità” di chi le contesta, cioè divise sulla strada. Altrimenti, tutto quello che diciamo, è aria fritta. In barba ai morti.


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Lunedì, 25 Giugno 2007
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