MILANO — Se la rabbia degli stranieri contro i
vigili ha un volto, è il volto tumefatto dell’agente Federico Carrozzo, 31
anni. Era appena uscito dall’ospedale dopo le botte nella guerriglia di
Chinatown, il 12 aprile, e c’è rientrato ieri sera. In prognosi riservata.
Ferito, con due colleghi, da 60 peruviani che al Parco Cassinis, periferia
Sud-Est della città, hanno risposto a un controllo su un connazionale venditore
di Nike taroccate. L’uomo stava scaricando da un furgone scatoloni e scatoloni
di scarpe a prezzi stracciati — paia a 10 euro, per esempio — quando sono
comparsi 10 vigili. Controlli e manette. Lui ha urlato. E chiamato a raccolta i
connazionali, in gran parte donne. Una massa urlante, infuriata, eccitata dagli
alcolici tracannati in quantità industriale per tutto il pomeriggio. Le
bottiglie sono diventate armi, tirate addosso agli agenti. Bottiglie in testa,
bottiglie sui visi, bottiglie ovunque. Cinque arrestati, alla fine. Da inizio
anno, 37 vigili finiti all’ospedale. A gennaio, l’aggressione di ambulanti
senegalesi. Ad aprile, appunto, i cinesi. Due settimane fa, un centinaio di nomadi
romeni che pretendevano dal Comune roulotte per viverci dentro. A Milano, Forza
Italia protesta («Dove sono carabinieri e poliziotti? »), il sindacato dei
vigili Siapol suggerisce («Maggiore dotazione di mezzi e strumenti ») e il
vicesindaco Riccardo De Corato sbotta: «Adesso basta ». Basta ai clandestini
(«Sono a quota 100mila: troppi») e alle zone franche. Come i parchi pubblici.
Parchi che pagano dazio, nel fine-settimana, all’abbandono dei milanesi
destinati ad altri lidi, tipo quelli liguri. D’accordo: ma soluzioni? Ancora De
Corato: «Bisogna insistere con il far rispettare le regole. Tolleranza zero. Chi
sgarra, deve andarsene. Certo, Milano, sull’emergenza stranieri, sinceramente
non ce la fa più. Continuiamo a chiedere aiuto al governo, ma non vediamo
nessun miglioramento ». Da fine aprile, il Comune ha fatto scattare
l’operazione «Verde sicuro», con una squadra di vigili addetta al controllo dei
giardini pubblici. Luogo dove le comunità extracomunitarie si incontrano,
mangiano, parlano e si divertono, perché, comunque, un parco dev’essere pur
sempre un posto d’aggregazione e relax. E però, forse approfittando di una
generale scarsa sorveglianza, ci sono bande di immigrati che nei parchi
piantano le loro attività illegali. Così ha fatto il peruviano che al Cassinis
ha scatenato il putiferio. «Per fortuna — disse il 12 aprile l’agente Federico
Carrozzo — mi ha aiutato un collega. Altrimenti, sarei potuto morire». Ieri
sera, Carrozzo era lì, in ospedale, sanguinante, a ripetere le stesse parole
Da corriere.it
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