(ASAPS) MILANO, 3 luglio 2007 – Il ministro
dei trasporti Alessandro Bianchi, sembra averci letto nel pensiero. Da
settimane, da quando il presidente della Repubblica Giorgio Napoletano aveva
più volte invitato le forze politiche a farsi carico dell’annosa piaga degli infortuni
sul lavoro, abbiamo cominciato a scrivere articoli ed illustrare dati (non
ultimo in un convegno a Bagno a Ripoli, vicino Firenze, ospiti della Polizia
Municipale) secondo i quali gli incidenti stradali provocano assai più vittime
e che, paradossalmente, una buona parte delle morti bianche (anche quelli in
itinere), avvengono sulla strada. Ebbene, giusto ieri (2 luglio), il ministro
Alessandro Bianchi ha detto la stessa cosa, parlando a margine dell’assemblea dell’ANCMA
(Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori, che riunisce le aziende
italiane costruttrici di cicli e motocicli). Il membro del governo, però, non
si è fermato qui, affondando il colpo parlando della situazione sempre più
critica dei motociclisti. Ma andiamo per ordine: il primo aspetto che ci
interessa è quello, importantissimo, secondo il quale un uomo dell’esecutivo
accosti l’infortunistica stradale a quella professionale, arrivando per la
prima volta a rappresentare con tutta la sua drammaticità la situazione delle
strade italiane (dunque specchio del paese), sulle quali ogni anno “…ci sono più
morti che quelli causati sommando gli incidenti sul lavoro, le morti violente o
le vittime per altri tipi di trasporto…”. Il problema, ed è quello che diciamo da anni,
è rappresentato dalla diversa sensibilità con cui una morte viene trattata, sia
dagli organi di stampa che dalle varie autorità dello stato, fino ad arrivare all’opinione
pubblica. Quante volte, abbiamo detto che ogni giorno,
in Italia, si consuma una strage come quella di Nassirya? Quante volte abbiamo cercato di creare
nell’immaginario collettivo un termine di paragone con la cronaca che, invece,
sembra attirarci così tanto? L’ultima, ci venga consentito un piccolo motto
di orgoglio, proprio a giugno, quando abbiamo parlato della strage di ciclisti
che ogni anno insanguina le nostre strade. In quell’occasione, abbiamo detto che,
nel 2005, ha
perso la vita un numero di amanti del pedale, pari al doppio del gruppo del
giro d’Italia. Torniamo alla cronaca: Bianchi, parlando della
necessità di adottare misure più incisive, ha spiegato che nel 75% degli
incidenti, le cause sono direttamente ascrivibili al conducente, nel 10% alle
condizioni del veicolo e, nel restante 15% dei casi, allo stato delle
infrastrutture. “…solo tenendo conto di queste cifre – ha detto – si devono pianificare le risorse e le
strategie da adottare”. Il discorso è caduto dunque sul DDL di riordino ed
inasprimento del codice della strada, già passato al vaglio della Camera ed ora
all’esame del Senato. Riferendosi alle novità, introdotte dal disegno di legge,
il ministro dei trasporti ha precisato che il nuovo codice (se non subirà
modifiche nell’iter), sarà “più ricco sul fronte della prevenzione” e, parlando
dei controlli etilometrici (aggiungendo probabilmente ai dati ufficiali
italiani – 200mila verifiche – un’ottimistica valutazione circa quelli delle
polizie locali, affermando che in totale si fanno 500mila controlli), ha
annunciato un aumento dei riscontri. “La Francia e gli altri paesi – ha detto a proposito
del contrasto all’alcol – fanno 4 o 5 volte più di noi, ma su questo c’è un
problema di risorse del ministero dell’Interno”. A questo punto, però, ci pare doverosa una
precisazione: in Francia, i controlli etilometrici eseguiti nel 2006, sono
stati 11milioni. Dunque, circa 20 volte in più che in Italia, se corrisponde al
vero il fatto che da noi, 500mila persone abbiano soffiato in un test. È invece indiscutibile la circostanza che le
risorse siano un problema: le auto non ci sono, gli etilometri sono scarsi, gli
organici languono da anni e la burocrazia aumenta, per far fronte alla mole di
ricorsi indirizzati ai Giudici di pace. Basterà
allora la buona volontà del ministro per centrare l’obiettivo dell’UE di
dimezzare la mortalità entro il 2010? Oppure, allo scadere dell’ultimatum contro la
violenza stradale in Europa, dovremo subire l’ennesima procedura d’infrazione? Secondo Alessandro Bianchi, le nuove norme
sarebbero improntate a migliori “formazione, informazione, regole e controllo”
e, insomma, si deve “sensibilizzare il paese su di un problema che ha un forte
costo sociale”. Secondo stime ottimistiche, si tratterebbe del 2,5% del PIL. Ovvia, dunque, la piega del discorso. “In Italia
– ha detto – c’è una riduzione dell’incidentalità inferiore rispetto a quanto
accade in Europa. Peraltro gli
obiettivi dell’UE di far calare gli incidenti del 50% entro il 2010 sono stati
già ridimensionati al 40-45%”. Francamente, questo particolare ci era
sfuggito. Sapevamo, osservando quotidianamente l’Europa e collaborando con
istituti direttamente collegati all’UE, che probabilmente l’obiettivo non sarà
centrato, ma, sia chiaro, solo per colpa dell’allargamento ad Est e non per un
differimento dovuto alla consapevolezza che il risultato non sia possibile. Il fatto è, signor Ministro, che l’Italia, è
il peggiore tra gli stati della vecchia Europa, tanto da venir continuamente
additati per l’incapacità di far rispettare le norme (si veda il casco e le
cinture nel mezzogiorno d’Italia ed il telefonino dappertutto) e ripresi per i
ritardi con cui forniamo i dati relativi alla sinistrosità Il problema è che, per contrastare la violenza
stradale, per arginare le morti, per limitare i danni permanenti, bisogna
investire. Certamente in “formazione, informazione, regole e controllo”, come
dice il ministro, ma da subito. Sono anni che si fanno proclami, ed oggi è
possibile dire che anche l’occasione della patente a punti – che ha comunque
ridimensionato il fenomeno – è stata solo in minima parte sfruttata. Alessandro Bianchi, ha poi ricordato che
l’incidentalità tra i motociclisti è aumentata in Italia dell’11%, affermando che “bisogna circoscrivere questo
problema, attraverso interventi ad hoc che coinvolgano anche i produttori”. A Bruxelles, vista la crescente inclinazione
alla letalità del motociclo (tendenza comune a tutta l’Unione), gira già voce
che a mettere un freno alle moto, limitando cavalli e velocità, potrebbe
intervenire un provvedimento del parlamento europeo.(ASAPS)
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