Collare antiabbaio – sofferenza dell’animale – maltrattamento di animali
– sussistenza – ordinanza ministeriale – irrilevanza [art. 727 c.p.] Costituisce
reato di maltrattamento ad animali utilizzare il c.d. collare antiabbaio, in
quanto provoca reali sofferenze al cane, non assumendo rilevanza l’eventuale
ordinanza ministeriale che ne legittimi l’utilizzo. (1) (1)
Sull’equiparazione tra diligenza usata verso minori e diligenza usata verso gli
animali, si veda Cassazione
penale 21805/2007. (Fonte:
Altalex Massimario 9/2007) SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III PENALE Sentenza 15 aprile 2007, n.
15061 (Pres. De Maio – rel.Marmo) Fatto e diritto Il Gip del tribunale di Vicenza disponeva il
sequestro preventivo del cane meticcio di G. S., indagata in relazione ai reati
di cui all’articolo 544 ter c.p., perché in K., fino all’8 luglio 2006,
maltrattava il proprio cane meticcio abusando del collare coercitivo di tipo
elettrico antiabbaio apposto sul collo dell’animale. Il tribunale di Vicenza, con ordinanza del 29
settembre 2006, respingeva il gravame proposto dalla S.. La ricorrente è stata originariamente indagata in
ordine al delitto di cui all’articolo 544 ter c.p. che, ai sensi dell’articolo
544 sexies c.p., prevede la confisca obbligatoria dell’animale in caso
di condanna. Anche il secondo motivo è infondato. L’uso del collare antiabbaio, a prescindere
dalla specifica ordinanza mínisteriale e dalla sua efficacia, rientra nella
previsione del codice penale che vieta il maltrattamento degli animali e nel
caso in esame il referto medico del veterinario richiamato nella richiesta di
sequestro preventivo attestava lo stato di sofferenza dell’animale. In proposito questa Corte ha precisato che
costituisce incrudelimento senza necessità nei confronti di animali,
suscettibile di dare luogo quanto meno al reato di cui all’articolo 727 c.p.
ogni comportamento produttivo nell’animale di sofferenze che non trovino
giustificazione nell’insuperabile esigenza di tutela non altrimenti
realizzabile di valori giuridicamente apprezzabili, ancorchè non limitati a
quelli primari cui si riferisce l’articolo 54 c.p., rimanendo quindi esclusa
detta giustificazione quando si tratti soltanto della convenienza ed
opportunità di reprimere comportamenti eventualmente molesti dell’animale che
possano trovare adeguata correzione in trattamenti educativi etologicamente
informati e quindi privi di ogni forma di violenza o accanimento (v. per tutte
Cassazione, Sezione terza, sentenza 43230/02). Va quindi respinto anche il secondo motivo di
impugnazione. Consegue al rigetto del ricorso l’obbligo della
ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. |
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