BRESCIAOGGI PROVAGLIO
VALSABBIA. L’ha organizzata l’«Acat» a partire da giovedì C’è una festa
controcorrente all’insegna del «no» all’alcol Nel ricchissimo
panorama di eventi estivi spicca per originalità la manifestazione che prenderà
corpo a Provaglio Valsabbia, nel Centro sportivo, a partire da giovedì.
Parliamo della prima «Festa analcolica» mai allestita in valle. «Abbiamo deciso di
andare in controtendenza - spiegano gli organizzatori dell’Acat
(Associazione dei club alcolisti in trattamento) della Valsabbia - organizzando una 4 giorni di festa davvero
e sobria alternativa al classico evento di paese che vede scorrere fiumi di
alcol. Non abbiamo ambizioni di guadagno, perchè sappiamo bene che la cultura e la nostra tradizione non prevedono
eventi festaioli senza bevande alcoliche; ma ci sembra giusto provare».
(*) Sulla base dello slogan «Frena con l’alcol…fai correre il
divertimento», giovedì 12 si inizierà alle 20.30 con «Africa e India», un
reportage fotografico sui luoghi visitati da ragazzi provagliesi e sul lavoro
svolto da suor Albina Baruzzi, affiancato da una mostra etnica di abiti e
oggetti e da uno stand gastronomico. Poi, venerdì si proseguirà col tributo ai
Nomadi insieme a Igor Balasina, componente del gruppo «Ala bianca». Sabato 14 ci saranno giochi vari nel pomeriggio, e per
casoncelli, salamine e formaggio nostrano. Alle 20.30 inizierà la Corrida, con
tanti dilettanti allo sbaraglio (chi vuole partecipare deve prenotarsi al
333-4974441) Domenica 15 si inizierà con la messa delle 11, seguita alle
12.30 dallo spiedo con polenta e, alle 14, dalla partita di calcio tra Acat
Valsabbia e l’Apcat Brescia. Infine, tombolata, torneo di briscola, stand gastronomico e
altre sorprese, e alle 20.30 la commedia dialettale «Me su desciat èn Paradis»
della filodrammatica «I striù de Mura». M.PAS.
(*) Nota: la rassegna di oggi è molto ricca, vale la pena di
dedicarvi qualche minuto. Ci sono molti articoli che suggerisco di leggere con
attenzione. Ho scelto di iniziarla con una buona notizia, davvero controcorrente, come dimostrano
tutti gli altri articoli che vi ho selezionato oggi. Questa oggi è un’iniziativa trasgressiva, in una cultura
tanto alcolica. Sono sempre più numerosi in Italia questi tentativi di
proporre un cambiamento culturale: meritano il massimo sostegno.
IL MESSAGGERO Assassini alla guida, pene lievi e in breve di nuovo patentatiAl volante ubriachi e drogati ma la fanno sempre franca di CARLO MERCURI Martedì 10 Luglio 2007 «Assassino... assassino, devi marcire in carcere!», gridano
all’indirizzo di Marco Ahmetovic i parenti dei quattro ragazzi rimasti falciati
dal suo furgone. Giovanni Delle Cave è davanti alla tv, guarda il servizio del
Tg e si sente ribollire il sangue. Dice: «Oggi
come ieri, non cambia niente. Anche a me, sette anni fa, uccisero un figlio.
Passeggiava sul lungomare di Latina, fu travolto da un’auto con a bordo cinque
ucraini ubriachi. Al processo i cinque sono stati condannati a due anni di
carcere e all’immediata espulsione dall’Italia. Perciò sono stati tutti subito
riaccompagnati a casa loro. In galera c’è finito solo uno, per quattro mesi». Non cambia niente, sostiene Delle Cave. Ahmetovic come gli
ucraini di Latina, è un film già visto:
guida in stato d’ubriachezza, giovani vite spezzate, dolore immenso dei
familiari e sostanziale impunità dei colpevoli. A Delle Cave gli hanno pure
riso in faccia, gli assassini di suo figlio, durante il processo. Come a dire:
urla pure, inveisci pure. Tanto a noi non ci puoi fare niente. Sostiene,
Delle Cave, di averne addirittura riconosciuto uno, degli assassini del figlio,
a passeggio sul lungomare. Rientrato chissà come in Italia, tornato sul luogo
del delitto. L’estrema beffa. Ma perché gli autori di questi “omicidi colposi” sono soliti
farla franca? Perché la legge non li persegue come si deve? A scorrere la casistica, se gli esiti non
fossero il più delle volte tragici, verrebbe da sorridere. Il premio Oscar
dell’incongruità sulle quattro ruote andrebbe senza dubbio a quel camionista di Ortisei al quale hanno
ritirato la patente (sempre per lo stesso motivo: guida in stato d’ubriachezza)
per otto volte e gliel’hanno sempre ridata. Tra un ritiro di patente e l’altro,
il nostro camionista di Ortisei ha naturalmente causato vari incidenti. Il più
grave in Val Pusteria, nel 1995: morirono nove persone, ne restarono ferite
altre diciassette. Ma appena l’anno prima, in Lombardia, il nostro camionista
aveva travolto e ucciso una giovane ciclista. Per l’incidente della Val
Pusteria l’uomo fu condannato a un anno e otto mesi di reclusione, poco più di
due mesi per vittima. Ma, a quanto risulta, nessuno ha potuto impedirgli di tornare a guidare il suo camion. L’avvocato
Federico Alfredo Bianchi, coordinatore Giustizia dell’Associazione europea
Vittime della strada, rileva una certa «latitanza della magistratura», per
parlar cortesi, sulla materia.
Sostiene, l’avvocato, che una corretta applicazione «dell’articolo 85 e
seguenti del Libro I Titolo IV Capo 1 del Codice penale risolverebbe la
faccenda» senza troppe complicazioni. «In
molti dei casi che abbiamo osservato dice l’ubriachezza è risultata volontaria.
Quindi non “scusabile”». Per spiegare, l’avvocato fa l’esempio del caso di
Stefano Masci, il ragazzo che nell’aprile scorso, ubriaco alla guida della sua
auto, percorse ad altissima velocità tredici chilometri contromano sulla via
Pontina prima di andare a schiantarsi frontalmente contro un’auto che procedeva
regolarmente sulla propria corsia. Tre le vittime della “carambola”. Lui,
il Masci, s’è salvato. Ora, afferma l’avvocato Bianchi, che «Stefano Masci dovrà essere processato per
omicidio volontario e non per omicidio colposo. Masci, infatti, non si era
ubriacato per cause di forza maggiore, ma perché aveva lucidamente deciso di
bere fino ad ubriacarsi. E l’ordinamento non lo scusa. Chi va a 150 all’ora
contromano su una strada non può non essere ritenuto consapevole dei danni che
la sua condotta comporta». Invece, prosegue l’avvocato, «per far sì che la magistratura si decidesse
a prendere una qualche misura cautelare nei riguardi del Masci c’è voluto lo
sciopero della fame di Giovanni Delle Cave», cioè del genitore che abbiamo
già conosciuto e che è rimasto per
dodici giorni senza mangiare, annichilito dalla possibilità che uno come Masci
potesse essere considerato alla stregua degli ucraini che uccisero suo figlio. Comunque, questo Masci «ha terminato gli arresti domiciliari
circa quattro mesi fa», dice l’avvocato Bianchi, e fa due più due: «Tra tutto
quanto afferma avrà scontato sì e no un anno». E quello di Masci è un caso estremo. Immaginarsi allora gli altri.
«L’arresto, in casi di incidenti del genere, non è obbligatorio», dice ancora
l’avvocato Bianchi. «Anzi aggiunge il colpevole se ne torna subito a casa». E
spiega perché: «Poniamo che, in sede di udienza preliminare, il reo patteggi la
pena che, in casi del genere, può variare tra i 6 e i 10 mesi. La pena viene
poi sospesa e quindi il colpevole non la sconta effettivamente. Neanche la patente gli tolgono, al
colpevole». Ecco dunque l’incommensurabilità tra misura del danno ed entità
della pena: da una parte si è distrutta
una vita, dall’altra cambia poco o niente. Mentre scriviamo queste righe, a Roma un motociclista ha perso la vita
perché la sua moto è stata sbattuta contro un albero da un’auto. L’auto ha
avuto uno scarto improvviso. Alla guida c’era un giovane croato. E’ risultato
positivo alla cocaina. Domanda: quanto resterà in carcere?
ASAPS.IT L’impunità sulle
strade Si parla, si
parla, ma al volante la gente uccide ogni giorno beneficiando di una sorta di
“indulto permanente”: all’estero, carcere duro, in Italia è amnistia
quotidiana. In
pochi giorni decine di episodi, tutti legati all’alcol: ve ne presentiamo
alcuni che fanno rabbrividire Di Lorenzo Borselli (ASAPS), 9 luglio 2007 – Mentre in Italia si fanno leggi a
tempo record, per tutelare la privacy dei cittadini (molti dei quali impegnati
in politica), sulle strade si muore di una morte orrenda. Che è anche violenta
e beffarda, perché nessuno se ne cura. L’indegno muro di gomma che circonda
l’argomento, non mostra mai segni di cedimento, nemmeno quando un padre come
Cesare Chiodelli, rivolge dalla sua Cremona un appello ai politici. Suo figlio Davide, è rimasto ucciso in un terribile schianto il 28 giugno scorso, insieme a suoi tre
amici (due giovani italiani ed un brasiliano, tutti tra i 20 ed i 28 anni),
provocato da un extracomunitario in stato di ebbrezza. Al dolore si è aggiunta l’indignazione, quando ha saputo che colui che
ha cancellato quattro vite, distruggendone molte altre, se l’è cavata con una
denuncia a piede libero per guida in stato di ebbrezza ed omicidio colposo
plurimo. È evidente che
qualcosa non va.
La tragedia è stata provocata da un uomo
capace di intendere e di volere, il quale doveva mettere in conto il rischio
che avrebbe corso e fatto correre agli altri, decidendo di ubriacarsi quando
sapeva benissimo che avrebbe dovuto guidare: il codice penale, lo
definisce “dolo eventuale”, che si verifica quando qualcuno pone in essere una
condotta per altri fini, ma sa che vi sono serie possibilità – o comunque
concrete probabilità – che ne discendano eventi ulteriori, accettando il
rischio di cagionarli. È qui, proprio nell’accettazione piena e consapevole del
rischio, che il reo pone in essere una condotta diversa dall’istituto della
“colpa cosciente”. Insomma, si decide di
bere alcolici o di assumere sostanze stupefacenti, ben sapendo che si dovrà
tornare a casa guidando. Ma, costi quel che costi, si va avanti, consapevoli
del rischio che ciò comporta. Nonostante ciò, un
killer della strada (a Cremona sono morti 4 giovani), raramente finisce in
prigione con un’imputazione di questo tipo e, ancor più difficilmente, viene
poi condannato. È praticamente impossibile, poi, che un omicida colposo si
trovi ad espiare una pena in carcere, visto che tra riduzioni di pena ed
entità della stessa, il condannato può tranquillamente tornare a casa, magari
guidando. Il tutto, mentre il familiare della vittima assiste incredulo alla
scena. Sentiamo ripetere
sempre la stessa frase: “…è come se me l’avessero ammazzato un’altra volta…” “È assurdo – ha detto Cesare Chiodelli – che sia libera
gente che ha ucciso. Sono belve feroci che devono essere fermate. Anche chi non
ha perso un figlio come me, vede che in questo paese la gente per bene non è
difesa, mentre gli altri non rischiano niente”. Vedete? “…la gente perbene…”, dice il padre dello sfortunato
ragazzo. Chi uccide sulla strada, in circostanze così assurde come nel caso
dell’incidente di Piacenza, non può essere considerato un “omicida colposo”: è
opinione comune della gente, e sono molti gli esperti (anche tanti avvocati,
che collaborano con il nostro sodalizio), che la legge debba cambiare e che
queste persone cessino di essere puntualmente impunite. In paesi esteri,
anche quelli molto vicini a noi, un delitto di questo tipo viene sanzionato
alla stregua di un omicidio volontario (ad esempio Gran Bretagna, Francia,
Spagna o Germania),
e, viste le dimensioni del fenomeno, sembra venuto il momento della verità, con
un obiettivo 2010 sempre più lontano dall’essere centrato (dall’Italia) e con costi sociali legati all’infortunistica
stradale che superano il 2,5% del prodotto interno lordo. All’indignazione di Chiodelli, che aveva già gridato tutta
la sua rabbia il giorno dei funerali del figlio, nel duomo di Cremona, ed allo
sdegno seguito alla morte dell’appuntato dei Carabinieri Roberto Sutera, ucciso
durante un inseguimento sul raccordo anulare (il pluripregiudicato a bordo del
furgone rubato, accusato di aver speronato la Stilo dell’Arma provocando il
terribile schianto, era stato arrestato 15 giorni prima ma già in libertà),
hanno indotto il Guardasigilli ad ordinare ispezioni per verificare eventuali
“inadempienze riguardo allo stato di libertà di soggetti già raggiunti da
sentenza di condanna o se vi siano stati ritardi nell’esecuzione delle pene”. Uno dei motivi per cui molti, moltissimi pluripregiudicati,
sono liberi di offendere (probabilmente non in questo), è l’indulto, che ha
graziato per l’appunto i soggetti già raggiunti da sentenze di condanna. Il capo degli ispettori del ministero di Giustizia si è
messo subito al lavoro, ma, conoscendo
la legge italiana e la quantità dei meccanismi che regolano la custodia
cautelare o l’espiazione delle pene, non abbiamo dubbi: da un punto di vista
formale, è tutto a posto. Secondo noi, è
giunto il momento di adottare una linea più dura: non per velleità punitive, ma
per semplice giustizia.
Per mettere il paese al riparo da delinquenti (per professione, abitudine e
tendenza) che tornano puntualmente liberi al ventesimo od al trentesimo
arresto, e per evitare che persone riconosciute colpevoli di aver cagionato la
morte in circostanze “colpose”, dalle quali emergano responsabilità gravissime
(l’incidente di Cremona è solo un esempio), possano reiterare il reato. Molti, tra quelli
che uccidono guidando in stato di ebbrezza, hanno già subito precedenti ritiri
di patente, così come gli utenti colpiti a raffica da sanzioni inerenti la
velocità. Volete un esempio di ciò che è successo nelle strade del
nostro paese negli ultimi giorni? Chieti, 6
luglio: un
commerciante in stato di ebbrezza,
al volante del proprio Mercedes ML, percorre l’asse attrezzato ad altissima velocità e piomba,
tamponandola, su una Renault Twingo con a bordo due giovani di 29 anni.
L’utilitaria si apre come una scatoletta ed i due giovani muoiono sul colpo,
entrambi per rottura (!) della spina dorsale. Il SUV, dopo l’impatto,
trascina la Twingo per 200 metri, e, quando la carcassa si stacca dal muso del
gippone, ne servono altri 200 per fermarsi: al commerciante, rimasto lievemente
ferito, gli uomini della Polizia Stradale hanno ritirato la patente,
denunciandolo per omicidio colposo plurimo e guida in stato di ebbrezza. Ravenna, 2
luglio: Matteo Verde, 29 anni, viene investito a
Punta Marina: una Seat Ibiza, condotta da un giovane in stato di ebbrezza,
travolge anche un altro pedone, dandosi subito alla fuga. Una giovane
ragazza straniera, che assistite alla scena, insegue il pirata e fornisce alla
Polizia Stradale tutte le indicazioni che ne consentono l’arresto. Quando all’ospedale Bellaria di Bologna,
Matteo muore, il suo carnefice era già stato processato per direttissima, in
ordine ai reati di omissione di soccorso e fuga e guida in stato di ebbrezza:
ha patteggiato la pena, pagando 6mila euro in cambio di 5 mesi reclusione.
Ora lo aspetta il processo per omicidio colposo, ma intanto è libero (di rifare
tutto daccapo). Bassano del
Grappa, 5 luglio:
un 21enne, in stato di ebbrezza (il
tasso alcolico nel sangue è di 3 g/l), investe, con l’auto del padre, un
immigrato del Ciad che stava tornando a casa in sella alla sua bicicletta, e
poi fugge. L’africano viene ricoverato
al pronto soccorso in gravi condizioni, con un trauma cranico commotivo e
numerose fratture; l’investitore, identificato grazie ai testimoni, rifiuta
di costituirsi e costringe i militari ad una vasta caccia all’uomo, conclusasi
alcune ore più tardi con il suo arresto per omissione di soccorso e con la
denuncia per guida in stato di ebbrezza. Gli ritirano la patente e, il giorno
dopo, lo conducono all’udienza di convalida della misura restrittiva: nonostante abbia carichi pendenti per furto
e lesioni personali, viene subito scarcerato. Questo dice la legge, così deve
fare il giudice. Sassari, 5
luglio: l’auto condotta da un ubriaco piomba su due
pedoni e poi fugge. Le Volanti lo arrestano poco dopo, nel corso di
un’altra operazione: si era infatti
recato in casa di parenti e li aveva aggrediti con un coltello. I
poliziotti hanno ricollegato i due episodi ed interrogando il suo nome al
terminale hanno scoperto che aveva la
patente sospesa. Sapete perché? Omissione di soccorso e guida in stato di
ebbrezza. Capite perché vorremmo la confisca del veicolo? Un’ultima cosa: le sue vittime, una donna di 81 anni ed un
ragazzo di 22, sono in ospedale. Lui? Già fuori. (ASAPS)
ASAPS.IT Emergenza alcol A Vicenza un 29enne fugge alla Stradale a 160 all’ora in città e poi si schianta. A Battipaglia extracomunitario devasta decine di auto e si mette a riparare la sua macchina per andarsene (ASAPS) 9 luglio 2007 – A scorrere le cronache, se non ci
fossero persone che per colpa della sconsideratezza altrui ci rimettono la
vita, vi si trovano episodi che potrebbero suscitare anche ilarità: non tanto
per le dinamiche, che nascondono sempre insidie fatali, ma per le vicende umane
che alcuni protagonisti mettono in scena in una sorta di pietoso teatrino. In un qualsiasi altro paese europeo,
condotte del genere costerebbero la patente per sempre. Da noi, beh… inutile ripetersi.
A Valdagno (Vicenza), un giovane commesso di 29 anni, ha pensato bene di non
fermarsi all’alt che una pattuglia della Polizia Stradale gli aveva appena
imposto, sulla strada che da Altavilla conduce a Sovizzo. Era piena notte e la
fuga dell’auto aveva fatto pensare agli agenti di essere alle prese con uno o
più delinquenti. La determinazione a non farsi catturare, poi, ha raggiunto punte di vera e propria
criminale incoscienza: semafori bruciati, strade percorse contromano, punte di
160 orari in centro città. Alla fine la Seat Ibiza in fuga è uscita di strada,
schiantandosi violentemente contro il muro di una casa: i poliziotti si sono
avvicinati con le pistole in pugno, ma davanti a loro non c’era un delinquente
abituale. Semplicemente, si trattava di un commesso, in stato di ebbrezza, che
credeva di evitare la sospensione della patente evitando il controllo.
L’altra assurda storia, giunge invece da Battipaglia (Salerno), l’ubriaco di
turno era un extracomunitario di 36 anni. Alla guida della sua Ford Fiesta, è
finito contro una lunga fila di veicoli parcheggiati. La Polizia Municipale è
subito accorsa e si è trovata davanti una scena pietosa. L’uomo, che era veramente ubriaco (vi è una sostanziale differenza tra
stato di ebbrezza ed ubriachezza, tanto che una persona veramente ubriaca
spesso non sarebbe nemmeno in grado di ingranare la prima), aveva danneggiato
anche la sua auto e stava cercando goffamente di ripararla per poter fuggire.
Un centinaio di metri prima, aveva puntato dritto contro due pedoni,
miracolosamente scampati all’investimento. (ASAPS)
CORRIERE ADRIATICO L’assicurazione
propone 750.000 euro in totale. Gli avvocati di parte civile chiedono che il
massimale sia riconosciuto a ciascuna delle vittime Ahmetovic alla sbarra tra insulti e minacce ASCOLI - Vinti dal dolore i parenti di Alex Luciani, Danilo
Traini, Davide Corradetti ed Eleonora Allevi, hanno assediato l’aula del
tribunale dove ieri mattina, in un clima di grande tensione e dolore, si è
aperto il processo a Marco Ahmetovic, il
rom ventiduenne che il 23 aprile scorso, mentre guidava ubriaco il suo furgone,
ha travolto e ucciso i quattro giovani di Appignano. In previsione di
quanto sarebbe potuto accadere al palazzo di giustizia è stato predisposto un
capillare servizio d’ordine che ha visto impegnati circa 30 tra poliziotti, sia
in divisa che in borghese, carabinieri e agenti di polizia penitenziaria.
Intorno alle 8 la Digos ha effettuato un primo controllo nei vari locali al
piano terra del tribunale. Una seconda ispezione è stata portata a termine
mezz’ora più tardi. La preoccupazione era che l’imputato non venisse avvicinato
solo dalla scorta. Alle 9,50 il giudice Emilio Pocci ha dichiarato aperto il
processo. Le prime difficoltà sono nate a causa delle minacce e degli insulti
che qualcuno dei presenti ha lanciato all’indirizzo di Ahmetovic e del suo
difensore. Poi, il magistrato ha detto che avrebbe proseguito il dibattimento solo
se non fossero continuate le intemperanze. Il giudice monocratico si è
riservato di decidere, all’esito del procedimento, se accogliere o meno la
richiesta di patteggiamento avanzata dal legale di Ahmetovic, l’avvocato Felice
Franchi. Se l’istanza del legale venisse accolta prevederebbe una condanna a 3
anni e sei mesi per l’omicidio colposo plurimo, più altri sei mesi per il reato
di resistenza a pubblico ufficiale e un mese di arresto per la guida in stato
di ebbrezza. Contro il patteggiamento ha dato parere negativo il pm Carmine
Pirozzoli. Le famiglie di tre dei quattro ragazzi si sono costituite parte
civile. Non i parenti di Alex Luciani che lo faranno con una causa a parte.
L’assicurazione del furgone è intestata alla madre di Ahmetovic, così come l’automezzo.
La “Duomo” ha messo a disposizione un massimale unico per il risarcimento dei
danni pari a 750 mila euro. I legali delle parti civili, gli avvocati Raffaele
Giammarino per Allevi, Nazario Agostini per Corradetti e Luca Cossignani per
Traini, hanno invece fatto istanza perchè il massimale sia riconosciuto ai
familiari di tutte e quattro le vittime. Alla richiesta si è associato anche il
difensore del rom. A questo punto Pocci ha deciso di sospendere il procedimento
per un’ora in modo da consentire all’avvocato dell’assicurazione, Davide
Aliberti, presente in aula in veste non ufficiale, di contattare la “Duomo” per
farsi inviare tutta la documentazione. Il fax però non ha soddisfatto gli
avvocati delle famiglie delle vittime che hanno avanzato la richiesta della
presenza in aula di un legale rappresentante della compagnia assicurativa. A
questo punto il giudice ha deciso che venga inviata entro il 30 luglio la
notifica di comparizione ad un delegato della “Duomo”. Il processo con il rito
immediato a Marco Ahmetovic è stato poi rinviato al 17 settembre prossimo.
Subito dopo l’udienza il difensore dello zingaro, Felice Franchi, ha dovuto
lasciare il palazzo di giustizia scortato dai carabinieri, che l’hanno
accompagnato fino al suo studio legale. Anche se la prima udienza a carico del rom si è chiusa in un
clima più disteso rispetto all’inizio, gli insulti di parenti e amici delle
vittime nei confronti del legale, “reo” di aver accettato la difesa del nomade,
sono proseguiti fino alla fine. Inutilmente,
il padre di Davide Coraddetti, Luigi, carabiniere in forza alla polizia
giudiziaria della procura ascolana, ha invitato tutti a mantenere la calma. “La
giustizia deve fare il suo corso - ha detto Luigi Corradetti, che, oltre al
figlio, nell’incidente ha perso anche la nipote, Eleonora Allevi - e dobbiamo
lasciare che il giudice decida serenamente”. “Certo è difficile spiegare certe
cose a chi soffre così duramente, come noi parenti. Dovete comprendere lo stato
d’animo di tutti, ma so anche che dobbiamo avere fiducia nella giustizia”. SANDRO CONTI
CORRIERE ADRIATICO “Marco, ti voglio bene” ASCOLI - La ragazza mora dai capelli lunghi che, sfidando
tutti i presenti nell’aula d’Assise, ha gridato all’indirizzo di Ahmetovic “Ti
voglio bene Marco”? E’ una amica del rom che testimonierà per la difesa. Fino a
quando non è stato tratto in arresto frequentava il giovane zingaro insieme ad
altri ragazzi della nostra città. E’ la stessa ragazza che andava a trovarlo
nel carcere di Marino del Tronto e che provvedeva due volte alla settimana a
portargli la biancheria intima pulita. Ha rischiato di essere aggredita subito
dopo la sospensione del processo. Per fortuna sono intervenute le forze
dell’ordine che l’hanno protetta e successivamente condotta fuori dal tribunale
uscendo da una porta secondaria. Si è diretta, in compagnia di un’altra
ragazza, verso Via Dino Angelini dove ad attenderla c’era una Mercedes di
colore scuro sulla quale le due sono salite. L’auto, alla cui guida si trovava
un’altra giovane, si è diretta verso il centro storico. Tornerà in aula per
testimoniare insieme ad altre 66 persone in un processo che si annuncia lungo
oltre ogni previsione. Qualunque sia
l’esito del processo, la giornata di ieri resterà impressa per sempre nella
mente di Marco Ahmetovic. Non appena gli agenti della polizia penitenziaria lo
hanno introdotto nell’aula il rom, sempre a testa bassa, ha preso posto nel
banco di prima fila accanto al suo avvocato difensore. Aveva lo sguardo di chi
si sente perso e cerca un appoggio in qualcuno. Si è rivolto al suo difensore e
gli ha detto: “Felice, che cosa devo fare, ho tanta paura”. Franchi ha cercato
di rincuorarlo rispondendogli: “Non temere che non ti accadrà nulla. Resta seduto
e tranquillizzati”. A questo punto Marco Ahmetovic ha chiesto al suo avvocato
se fosse il caso che si alzasse e, rivolto verso la gente, chiedesse scusa per
i lutti che aveva causato alle quattro famiglie appignanesi. L’avvocato gli ha
preso la mano e con tono paterno lo ha sconsigliato vivamente. Fino a quando il
giudice Pocci non ha chiuso l’udienza, Marco Ahmetovic, che indossava jeans
chiari, maglietta azzurra con righe nere e bianche, un piccolo crocifisso in
legno al collo, ha sempre guardato davanti a sè e solo in una circostanza si è
preso il capo fra le mani. Si era ventilata la possibilità che il processo,
per motivi di ordine pubblico e sicurezza, possa essere trasferito al tribunale
di Teramo o de L’Aquila per garantire uno svolgimento più sereno per lo stesso
giudice e per l’imputato. Eventualità che l’avvocato Franchi per il momento non
ha preso in considerazione ma si potrebbe verificare che la seconda udienza,
prevista per il 17 settembre prossimo, si svolga senza la presenza del
pubblico. Franchi nella richiesta di patteggiamento ha articolato anche le varie pene in quanto sono più episodi di reato
che vengono contestati a Marco Ahmetovic: 3 anni e 6 mesi per l’omicidio
plurimo colposo, per aver provocato la morte di Eleonora Allevi, 18 anni,
Danilo Traini, 17, Davide Corradetti e Alex Luciani, 16 anni, i, 6 mesi per
resistenza a pubblico ufficiale in quanto subito dopo l’incidente non voleva
essere condotto in ospedale e 1 mese per essere stato trovato alla guida del
furgone in stato di ebrezza. Complessivamente la pena sarebbe di 4 anni e 3
mesi che, con l’applicazione delle attenuanti generiche e della riduzione
prevista per il patteggiamento, si ridurrebbe sotto i due anni di reclusione.
Il Pm Pirozzoli, però, non ne vuole sapere tanto più che il rom tornerebbe in
libertà . Per ora lo zingaro resta dietro le sbarre. Per la Procura infatti
sussiste il “pericolo di fuga”.
CORRIERE ADRIATICO Dal
14 al 19 luglio tanti giovani si ritroveranno presso il parco urbano di
Comunanza Fiumi di birra per
la festa sui Sibillini COMUNANZA – Fiumi di bionde, rosse e scure scorreranno nella cittadina dei Sibillini dal 14 al 19 luglio prossimi. Naturalmente non si tratta di giovani avvenenti ma di birra, per la Festa ad essa dedicata che si terrà nel Parco Urbano di Comunanza, organizzato in collaborazione Pro Loco di Comunanza e Amministrazione Comunale. (*) Grazie ad uno specifico spazio coperto la manifestazione si svolgerà anche in caso di pioggia. Poi ricco programma musicale. Apertura a ritmi di pop rock il 14 con l’esibizione del Roxy Bar Mario (Tributo a Vasco Rossi e Ligabue). Domenica 15 è la volta dei King’s Head (tributo a Queen e
Pink Floyd). Un’occasione sempre piacevole e di ritrovo per tante persone ma soprattutto per i giovani del territorio che amano unire la piacevolezza di una buona birra con della musica coinvolgente F.M. (*) Nota: non a caso ho inserito questo articolo tra quelli,
pubblicati sullo stesso giornale dello stesso giorno, dedicati alla strage di
Appignano.
CORRIERE ADRIATICO L’impatto mortale in una tragica notte di aprile ASCOLI - Quelle
grida, “assassino... assassino!”, e quelle urla disperate di una folla, “devi
marcire in carcere...”, che cerca di avvicinare ed aggredire Marco Ahmetovic
mentre gli agenti lo spingono di corsa verso l’aula, è tutto quel che resta di
un dramma che ritorna tre mesi dopo. Ieri mattina, nel palazzo di
giustizia, c’erano tutti ad assistere alla prima udienza a carico del Rom.
Genitori, fratelli e sorelle. Ma anche parenti e amici. Tutti si sono recati in
tribunale per non dimenticare quanto successo lo scorso 23 aprile. Erano
passate da poco le 22. Un gruppo di otto ragazzi, da tutti conosciuti come
quelli del “Muretto”, decisero di andare a Castel di Lama per gustare un
gelato. Salirono in sella ai motorini ed imboccarono la provinciale
appignanese. All’altezza del Fosso della Meta, dove termina il comune di
Appignano ed inizia quello di Ascoli, il primo scuterista si trovò davanti
l’autocarro condotto da Ahmetovic che procedeva contromano. Il ragazzo ebbe la
prontezza di spirito di scartare verso la sua sinistra e riuscì ad evitare
l’impatto che sarebbe stato sicuramente mortale. Nella sua folle corsa, però,
il Ducato condotto dal Rom falciò quattro motorini, in uno dei quali
viaggiavano i fratelli Allevi. Altri due ragazzi ebbero salva la vita perché si
erano leggermente attardati. Tuttavia, non appena arrivarono, ai loro occhi si
presentò uno spettacolo terrificante anche perché, data la violenza dell’urto,
la miscela dei serbatoi che si era riversata sull’asfalto, forse a causa di una
scintilla, prese fuoco e le fiamme ustionarono i corpi di due giovani. Per tre
ragazzi, Davide Corradetti, Danilo Traini ed Eleonora Allevi, la sorella di Leonardo,
non c’era più nulla da fare, erano morti sul colpo. Alex Luciani, invece, dava
ancora flebili segni di vita. Purtroppo, una volta trasferito al pronto
soccorso del Mazzoni, il cuore del giovane smise di battere. MAURO GIORGI
KATAWEB Alcol: Turco al
Parlamento, preoccupante aumento consumi “Nel nostro paese
stanno assumendo un andamento preoccupante in questi anni alcuni fenomeni di
consumo alcolico a rischio, quali i consumi fuori pasto, i consumi eccessivi e
l’ubriachezza, con particolare riferimento alla popolazione giovanile, ma anche
alle donne e alla popolazione anziana”. L’allarme è lanciato dal ministro Livia Turco nella
Relazione del Ministero della salute appena trasmessa al Parlamento, sugli
interventi realizzati in materia di alcol e problemi alcolcorrelati. L’alcol costituisce il terzo più importante
fattore di rischio per la salute, dopo il tabacco e l’ipertensione; oltre ad
essere una sostanza psicotropa che può dare dipendenza, è causa di molte
patologie, oltre a traumi gravi, incidenti, turbe mentali e del comportamento.
“Le conseguenze di tali fenomeni — sottolinea il ministro Turco — interessano non solo il mondo sanitario,
ma anche quello sociale ed economico, con perdita di anni di vita e di lavoro,
sofferenza delle famiglie e degli individui, violenza e disadattamento sociale”.
Gli alcoldipendenti presi in carico presso i servizi
alcologici territoriali nell’anno 2005, si legge nella Relazione (relativa a
dati su consumi, attività e servizi 2005-2006, trasmessa recentemente dal Ministro
Turco alle Camere) sono stati oltre 56 mila, con un aumento del 4,3 rispetto
all’anno precedente. Accedono ai servizi soprattutto gli uomini, 3,5 per ogni
donna. L’età media, pari a 44,5 anni, è in diminuzione in tutte le categorie, e
in particolare nei nuovi utenti di sesso maschile (42,1 anni nel 2005 contro
44,0 anni del 2001). Nel 2005 il 17% dei nuovi utenti ha meno di 30 anni. Si registra infatti un forte aumento dei
nuovi utenti fra i 20 e i 29 anni, che passano dal 10% del 1996 al 15,7% del 2005.
IL GAZZETTINO (Treviso) In estate aumenta il consumo di alcolici fra gli under 16 Hanno meno di 16
anni, si muovono in gruppo - preferibilmente in scooter - e bevono alcolici. O
per lo meno ci provano.
È questo il ritratto degli under 16 di Marca che sempre più spesso tentano di
avvicinarsi ai banconi dei bar della provincia, domandando birra, spritz o
digestivi. La denuncia arriva da Giorgio Copparoni, gestore della Lampada,
locale moglianese che in questi ultimi quindici giorni sta registrando svariati
tentativi di assalto di gruppetti di ragazzi nemmeno sedicenni che pretendono
di farsi una bevuta "da grandi" in compagnia degli amici. Il fenomeno - secondo Copparoni - sarebbe del tutto nuovo: «Non mi era mai successo negli anni passati» afferma il gestore, già
consigliere comunale. La legge, tuttavia, è chiara e proibisce la
somministrazione di alcolici a chiunque non abbia ancora compiuto i 16 anni.
Peccato che, nella maggior parte dei casi, sia difficile distinguere chi ha
"diritto" alla birra e chi invece è ancora troppo piccolo per
avvicinarsi al mondo degli alcolici. C’è poi un ulteriore problema: come negare un bicchiere di vino a un
ragazzino, se poi è proprio quest’ultimo ad ammettere che a casa può bere tutto
ciò che vuole? «Le regole vanno rispettate - risponde Copparoni -. Io ho cominciato a chiedere la carta
d’identità in queste due ultime settimane. È assolutamente vietato servire
alcolici a chi ha meno di sedici anni e a chi è manifestamente ubriaco, se lo
facessi sarei passibile di sanzione». Quasi sempre, tuttavia, i ragazzi tentano di ottenere
l’agognato bicchiere di birra, mentendo spudoratamente sull’età. A quel punto,
chi si fida troppo facilmente delle dichiarazioni dei minorenni rischia di
trovarsi dalla parte del torto. «La
settimana scorsa - racconta Copparoni - è venuto nel mio locale un gruppetto di ragazzini. Hanno ordinato
sambuca e amaro. Erano circa le 22. Subito mi sono insospettito e ho domandato
loro l’età. Nessuno aveva ancora compiuto i 16 anni, così li ho mandati a casa,
segnalando il caso all’ufficio licenze e al comando della polizia municipale». Secondo quanto riferito dagli esercenti, inoltre, il
fenomeno starebbe crescendo rapidamente: da
quando sono chiuse le scuole la tendenza è quella di bere di più e bere prima.
«D’inverno non mi erano mai capitati episodi del genere. Adesso invece soltanto
nelle ultime due settimane sono arrivati qui già quattro gruppi di ragazzini -
spiega Copparoni -. E poi che succede? Succede che prendono il motorino e
sbandano per strada. Non voglio fare il moralista, ma difendere la categoria. Da un lato c’è una campagna ingiustificata
contro l’alcol, dall’altro mancano regole certe per tutelare la salute dei
ragazzi. È un controsenso». (*) Spesso la colpa è anche dei genitori: innanzitutto non tutti
sanno che è vietata la somministrazione di alcolici agli under 16, in secondo
luogo, nella maggior parte dei casi, i ragazzi agiscono senza che la famiglia
si accorga di nulla o - ancora peggio - rincuorati dal silenzio-assenso di
mamma e papà. «Credo - commenta Copparoni - che i genitori tendano a sottovalutare il problema. C’è un
ragazzino che conosco bene che fino all’anno scorso veniva nel mio locale con
la mamma e si prendeva il gelato; ebbene, pochi giorni fa si è presentato qui
con tre amici e mi ha domandato una birra media. Eppure avrebbe dovuto sapere
che so bene quanti anni ha. L’ho mandato via senza pensarci due volte. Ma la soluzione al problema non è nemmeno
questa, perché chiunque può entrare in un qualsiasi supermercato e acquistare
tutte le birre che vuole, senza che nessuno glielo impedisca. Questi
ragazzi lo vivono come un gioco. E sono tutte persone normalissime, insomma,
sono ragazzi del posto, curati e ben vestiti, non sbandati o poco di buono. La
sera escono di casa e si mettono alla ricerca di un bar. Non hanno mete
precise: si guardano intorno, ordinano una birra e vedono se gli va bene. Non sanno che chi incomincia a bere, non
smette più. Per questo è giusto iniziare quando si è abbastanza maturi». Anna Girotto (*) Nota: che cosa deve succedere ancora per rendere
“giustificata” una campagna contro l’alcol?
IL GAZZETTINO (Treviso) «Divieti inutili
se al supermercato si può comprare tutto» (A.G.) «Il problema è
che lo sballo è sempre più anticipato. Ciò dimostra il malessere dei
ragazzi che spesso scelgono i bar per dare sfogo al loro disagio». Renato
Salvadori, presidente provinciale di Ascom Confcommercio, interpreta in questo
modo il precoce avvicinamento dei ragazzi alle bevande alcoliche. Un fenomeno
che ha già sollevato l’attenzione dei commercianti, che si sono attrezzati
lanciando ancora quattro mesi fa una campagna di sensibilizzazione per il
corretto consumo dell’alcol da parte degli under 18. L’iniziativa, promossa in
prima battuta dalla Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) trevigiana, è
stata poi esportata nelle altre province del Veneto per migliorare
l’atteggiamento dei giovani e delle loro famiglie rispetto alle bevande
alcoliche. Lo slogan veicolato dalla campagna di informazione è: "Vuoi bere? Chiedimi tutto, ma non
alcol". «I destinatari sono gli under 18 e non soltanto i minori di 16
anni - spiega Salvadori -. I bar in ogni caso non sono un terminale
pericoloso per i giovani, perché gli operatori che ci lavorano sono
sensibilizzati al problema e quindi sanno come comportarsi. Le norme a riguardo però dovrebbero essere
maggiormente chiare: non è possibile che un esercente si rifiuti di servire
alcolici ad un ragazzo che ha meno di sedici anni e che poi lo stesso ragazzo
sia messo nella condizione di percorrere 50 metri, infilarsi in un supermercato
e acquistare tutto quello che vuole, senza che nessuno si opponga». Lo stesso Salvadori, tuttavia, pur riconoscendo l’incompletezza di una normativa che cerca
di proteggere i giovani dai rischi connessi all’alcol, dimenticandosi dei
supermercati, afferma che «innanzitutto va prevenuto il disagio. Non so
quanto possa essere facile impedire la libera commercializzazione - prosegue il
presidente dell’Ascom provinciale -. Bisognerebbe
invece comprendere il malessere di chi si avvicina precocemente all’alcol»
. Salvadori commenta l’incremento estivo del fenomeno: «Se bere crea dipendenza e un ragazzo incomincia a farlo d’estate, poi
lo fa pure d’inverno. È vero, tuttavia, che sono proprio questi i mesi che
spingono maggiormente i giovani alla socializzazione, forse anche attraverso
gli alcolici».
ROMAGNAOGGI Marina di Ravenna:
’’Abolire la birra per evitare le stragi’’ Abolire la birra
in bottiglia o portata da casa nei bagni di Marina di Ravenna. Questa la proposta del
capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, Eugenio Costa. Si esprime
anche il presidente comunale di Ascom, Graziano Parenti, chiedendo a
istituzioni e forze dell’ordine di impegnarsi per fare rispettare le regole. Dopo l’ennesima tragedia sulla strada, sono
tante le riflessioni sulle proposte per un modello di divertimento alternativo
allo sballo. “La fama in negativo che sta aggredendo la località nuoce a
tutti – puntualizza Costa - anche a coloro che lavorano onestamente. Non è
peraltro condivisibile l’ipotesi che può esserci una serena coesistenza tra la
Marina di oggi e quella che sta cercando di offrire proposte meno aggressive.
Il messaggio drammatico che sta passando coinvolge purtroppo, tutti coloro che
fanno parte del settore”. La replica degli addetti ai lavori non si fa attendere:
secondo il vicepresidente regionale di Asshotel-Confesercenti, e direttore
dell’hotel Diana di Ravenna, Filippo Donati, è necessario ragionare sulla questione a fine ottobre, conclusa la
stagione estiva (*). E’ un errore cercare soluzioni durante l’estate. Si
parla di professionalità e buona accoglienza e non di modello sbagliato. Per
puntare su una clientela diversa, sempre secondo Donati, sarebbe ora di abolire la politica della birra a basso prezzo. (*) Nota: allora, proviamo a seguire il ragionamento. I giovani bevono di più in estate, quindi affrontiamo il
problema… a fine ottobre, dopo l’estate. Verrebbe da malignare che allora interessa il guadagno, prima
che la salute dei ragazzi.
VARESENEWS No alla birra in bottiglia dopo le 22 Si sposta in
avanti di un’ora il limite per la vendita di bevande e cibi d’asporto in
contenitori di vetro, dalle 21 alle 22, ma si inaspriscono le sanzioni: sono queste le novità
principali dell’ordinanza del sindaco di Varese Attilio Fontana del 28 giugno
sulla somministrazione di cibi e bevande in contenitori di vetro da parte di
pubblici esercizi. Ordinanza che va a
sostituire la precedente del 2004, che prevedeva lo stop alla vendita in
bottiglie e lattine di vetro alle 21. In questi anni, solo una decina di
contravvenzioni riscontrate: ma da oggi, come promette il primo cittadino,
si cambia musica, e i controlli aumenteranno sensibilmente. Ma i frequentatori di Varese by night, alcuni dubbi li
hanno: primo fra tutti, alcuni bar
sembrano aver ignorato completamente l’esistenza della precedente legge. Non
era raro infatti trovare banchetti fuori dai locali che vendevano birre e
alcolici in bottiglia anche a tarda notte. Ma non solo: vedere giovani e meno giovani in giro con bottiglie o
bicchieri in mano rigorosamente di vetro, non è un’allucinazione; quelle stesse
bottiglie e bicchieri che poi si ritrovano a tarda notte, o meglio all’alba,
distrutte nelle piazze e per le strade varesine. La domanda è una sola: si
porteranno tutti la propria Corona personale da casa nella tasca dei pantaloni,
o il bicchiere preferito nascosto in borsetta, oppure qualcuno non rispetta la legge alla lettera? Con la nuova ordinanza, comunque, cambiano di poco le
regole: dalle 22 in avanti i pubblici esercizi, bar e ristoranti, ma anche
laboratori artigianali o negozi, non potranno somministrare o vendere né
bevande né cibi in contenitori di vetro; birre e cocktails saranno venduti
esclusivamente in bicchieri di plastica. Aumentano invece le pene: si parla di
multe salate, fino a 500 euro, per i gestori dei locali, ma si può incorrere
anche in sanzioni penali per la violazione dell’art. 650 del codice penale. Saranno i prossimi week end a dirci se questo gap
comunicativo tra amministrazione comunale e bar è stato colmato, grazie anche
magari a qualche controllo in più da parte della polizia. Oltre a questo, i titolari dei pubblici esercizi saranno
anche responsabili del rumore e degli schiamazzi del proprio locale: più ordine
e meno "casino", per non trovarsi poi denunciati per disturbo della
quiete pubblica.
CORRIERE ADRIATICO UBRIACO FERMATO DA
TRE PATTUGLIE Pesaro - Un uomo di circa 50 anni è stato fermato da tre
pattuglie della Polizia e soccorso dal 118 ieri pomeriggio in via San
Francesco. L’uomo è solito passare in rassegna, ogni giorno, i bar della città
per chiedere da bere. Ieri pomeriggio, dopo aver chiesto qualche birra, l’uomo
ha iniziato a mostrare rilevanti segni di nervosismo. Due agenti che passavano
in via San Francesco lo hanno subito notato e fermato. L’uomo ha opposto
resistenza, trascinandosi nella vicina via Baldassini, dove, dopo una
colluttazione condita da urla, è stato ammanettato e fatto salire in ambulanza,
sotto lo sguardo di molti curiosi. E quindi affidato alle cure dei sanitari.
TGCOM Provvedimento contro l’alcolismo Per comprare la
birra nel Northern Territory dell’Australia sarà necessario declinare le
proprie generalità, mostrando un documento, e dichiarare il luogo dove sarà
consumata. E’
uno dei nuovi provvedimenti pensati dal governo Howard per contrastare il
fenomeno dell’alcolismo. Gli obblighi
scatteranno al terzo cartone di birra presentato alla cassa: "una quantità
irrisoria rispetto a quella consumata in questa zona". Così, alla 72esima
lattina di birra (o di altre bevande alcoliche), riferisce il quotidiano The
Australian, il consumatore viene obbligato a farsi riconoscere. L’alcolismo è da sempre una piaga che affligge soprattutto
l’ampia comunità aborigena che vive nel Northern Territory. Alla dipendenza da alcool, inoltre, viene
attribuito un ruolo importante nel dilagante fenomeno delle violenze sessuali
sui bambini, venute alla luce poche settimane fa con un’inchiesta condotta
tra le comunità aborigene. L’obbligo di presentare la carta d’identità e di dichiarare
dove saranno consumate le bevande alcoliche è tuttavia soltanto uno dei
provvedimenti adottati. Nelle 73
comunità aborigene (con una popolazione di circa 60 mila persone su 400
mila nativi del Northern Territory) il
governo ha dato un giro di vite vietando la vendita, il possesso e il trasporto
di alcool per 6 mesi.
WINENEWS.IT “RECUPERARE IL
SAPER BERE SECONDO LO STILE MEDITERRANEO, CON CONSAPEVOLEZZA E SENSO DELLA
MISURA, E ATTRAVERSO L’INSEGNAMENTO”: E’ IL MESSAGGIO DI CARLO CANNELLA,
PRESIDENTE DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI RICERCA PER GLI ALIMENTI E LA NUTRIZIONE “Recuperare il saper bere nello stile mediterraneo, con
consapevolezza e senso della misura, spiegando le cose e senza proibirle”. È il
messaggio che Carlo Cannella, ordinario di Scienza dell’Alimentazione
all’Università “La Sapienza” di Roma e presidente dell’Istituto Nazionale di
Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione lancia dai microfoni di www.winenews.tv . | “Una volta il vino serviva ai contadini per recuperare
energie, oggi bisogna regolarsi nelle quantità, bisogna far capire ai giovani che a tavola un bicchiere di vino non
fa male a nessuno (*), ma che un intero calice per uno stuzzichino è
troppo”. “Il vino -
sottolinea Cannella - non ha solo componenti benefici ma ha anche la
parte alcolica (**), e per i giovani l’esempio deve venire dagli adulti: io
non sono per proibire, ma per insegnare e spiegare. L’esempio viene dal fumo:
scrivere “nuoce alla salute” all’inizio sembra funzionare, ma oggi si fuma più
di un tempo. D’altra parte l’eccesso nell’alimentazione non va mai bene, ma se
non regolarsi nel mangiare fa ingrassare, farsi scappare la mano nel bere
alcolici fa perdere il controllo”. (*) Nota: proprio a nessuno, signor Presidente dell’Istituto
Nazionale di Ricerca per gli alimenti e la nutrizione? Nemmeno ad un alcolista in trattamento? Ad una donna
incinta? Ad un bambino? A una persona che poi deve guidare? A una persona in
cura con psicofarmaci? Con antiepilettici? Ad un malato di fegato? … Sono diversi milioni di persone, in Italia. (**) Nota: in dosi appena appena diverse… Facciamo un esempio: per ogni parte di resveratrolo, nel
vino, ci sono centinaia di migliaia di parti di alcol, sostanza certamente
tossica e potenzialmente cancerogena.
ITALIA OGGI Rai, raccolta
firme per l’alcol in mensa Giornalisti Rai in rivolta contro il divieto di
somministrazione di bevande alcoliche in mense, bar e distributori della radio
tv pubblica. L’intesa stato-regioni da cui nasce l’iniziativa si riferisce
infatti solo a determinate categorie di lavoratori come autisti, guardie
giurate o medici. I firmatari del documento considerano arbitraria
l’imposizione a chi non svolge queste attività, come i giornalisti. (*) (*) Nota: un paio di settimane fa sono stato a Bologna, alle
celebrazioni del ventisettesimo anniversario della strage di Ustica. Al pomeriggio è stato inaugurato il “Museo della Memoria”,
che accoglie (anche) i resti del DC9 ITAVIA, ricomposto dopo essere stato
recuperato dal mare, dove era finito ad oltre 3.500 metri di profondità (!), e
poi trasportato da Pratica di Mare a Bologna. Alla sera, al teatr
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