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Rassegna stampa Alcol e guida del 10 luglio 2007

A cura di Alessandro Sbarbada e Roberto Argenta

BRESCIAOGGI

PROVAGLIO VALSABBIA. L’ha organizzata l’«Acat» a partire da giovedì

C’è una festa controcorrente all’insegna del «no» all’alcol

 Nel ricchissimo panorama di eventi estivi spicca per originalità la manifestazione che prenderà corpo a Provaglio Valsabbia, nel Centro sportivo, a partire da giovedì. Parliamo della prima «Festa analcolica» mai allestita in valle.

«Abbiamo deciso di andare in controtendenza - spiegano gli organizzatori dell’Acat (Associazione dei club alcolisti in trattamento) della Valsabbia - organizzando una 4 giorni di festa davvero e sobria alternativa al classico evento di paese che vede scorrere fiumi di alcol. Non abbiamo ambizioni di guadagno, perchè sappiamo bene che la cultura e la nostra tradizione non prevedono eventi festaioli senza bevande alcoliche; ma ci sembra giusto provare». (*)

Sulla base dello slogan «Frena con l’alcol…fai correre il divertimento», giovedì 12 si inizierà alle 20.30 con «Africa e India», un reportage fotografico sui luoghi visitati da ragazzi provagliesi e sul lavoro svolto da suor Albina Baruzzi, affiancato da una mostra etnica di abiti e oggetti e da uno stand gastronomico. Poi, venerdì si proseguirà col tributo ai Nomadi insieme a Igor Balasina, componente del gruppo «Ala bianca».

Sabato 14 ci saranno giochi vari nel pomeriggio, e per casoncelli, salamine e formaggio nostrano. Alle 20.30 inizierà la Corrida, con tanti dilettanti allo sbaraglio (chi vuole partecipare deve prenotarsi al 333-4974441)

Domenica 15 si inizierà con la messa delle 11, seguita alle 12.30 dallo spiedo con polenta e, alle 14, dalla partita di calcio tra Acat Valsabbia e l’Apcat Brescia.

Infine, tombolata, torneo di briscola, stand gastronomico e altre sorprese, e alle 20.30 la commedia dialettale «Me su desciat èn Paradis» della filodrammatica «I striù de Mura».

M.PAS.

 

(*) Nota: la rassegna di oggi è molto ricca, vale la pena di dedicarvi qualche minuto.

Ci sono molti articoli che suggerisco di leggere con attenzione.

Ho scelto di iniziarla con una buona notizia, davvero controcorrente, come dimostrano tutti gli altri articoli che vi ho selezionato oggi.

Questa oggi è un’iniziativa trasgressiva, in una cultura tanto alcolica.

Sono sempre più numerosi in Italia questi tentativi di proporre un cambiamento culturale: meritano il massimo sostegno.


IL MESSAGGERO

Assassini alla guida, pene lievi e in breve di nuovo patentati
Al volante ubriachi e drogati ma la fanno sempre franca

di CARLO MERCURI

Martedì 10 Luglio 2007 «Assassino... assassino, devi marcire in carcere!», gridano all’indirizzo di Marco Ahmetovic i parenti dei quattro ragazzi rimasti falciati dal suo furgone. Giovanni Delle Cave è davanti alla tv, guarda il servizio del Tg e si sente ribollire il sangue. Dice: «Oggi come ieri, non cambia niente. Anche a me, sette anni fa, uccisero un figlio. Passeggiava sul lungomare di Latina, fu travolto da un’auto con a bordo cinque ucraini ubriachi. Al processo i cinque sono stati condannati a due anni di carcere e all’immediata espulsione dall’Italia. Perciò sono stati tutti subito riaccompagnati a casa loro. In galera c’è finito solo uno, per quattro mesi».

Non cambia niente, sostiene Delle Cave. Ahmetovic come gli ucraini di Latina, è un film già visto: guida in stato d’ubriachezza, giovani vite spezzate, dolore immenso dei familiari e sostanziale impunità dei colpevoli. A Delle Cave gli hanno pure riso in faccia, gli assassini di suo figlio, durante il processo. Come a dire: urla pure, inveisci pure. Tanto a noi non ci puoi fare niente. Sostiene, Delle Cave, di averne addirittura riconosciuto uno, degli assassini del figlio, a passeggio sul lungomare. Rientrato chissà come in Italia, tornato sul luogo del delitto. L’estrema beffa.

Ma perché gli autori di questi “omicidi colposi” sono soliti farla franca? Perché la legge non li persegue come si deve? A scorrere la casistica, se gli esiti non fossero il più delle volte tragici, verrebbe da sorridere. Il premio Oscar dell’incongruità sulle quattro ruote andrebbe senza dubbio a quel camionista di Ortisei al quale hanno ritirato la patente (sempre per lo stesso motivo: guida in stato d’ubriachezza) per otto volte e gliel’hanno sempre ridata. Tra un ritiro di patente e l’altro, il nostro camionista di Ortisei ha naturalmente causato vari incidenti. Il più grave in Val Pusteria, nel 1995: morirono nove persone, ne restarono ferite altre diciassette. Ma appena l’anno prima, in Lombardia, il nostro camionista aveva travolto e ucciso una giovane ciclista. Per l’incidente della Val Pusteria l’uomo fu condannato a un anno e otto mesi di reclusione, poco più di due mesi per vittima. Ma, a quanto risulta, nessuno ha potuto impedirgli di tornare a guidare il suo camion.

L’avvocato Federico Alfredo Bianchi, coordinatore Giustizia dell’Associazione europea Vittime della strada, rileva una certa «latitanza della magistratura», per parlar cortesi, sulla materia. Sostiene, l’avvocato, che una corretta applicazione «dell’articolo 85 e seguenti del Libro I Titolo IV Capo 1 del Codice penale risolverebbe la faccenda» senza troppe complicazioni. «In molti dei casi che abbiamo osservato dice l’ubriachezza è risultata volontaria. Quindi non “scusabile”». Per spiegare, l’avvocato fa l’esempio del caso di Stefano Masci, il ragazzo che nell’aprile scorso, ubriaco alla guida della sua auto, percorse ad altissima velocità tredici chilometri contromano sulla via Pontina prima di andare a schiantarsi frontalmente contro un’auto che procedeva regolarmente sulla propria corsia. Tre le vittime della “carambola”. Lui, il Masci, s’è salvato. Ora, afferma l’avvocato Bianchi, che «Stefano Masci dovrà essere processato per omicidio volontario e non per omicidio colposo. Masci, infatti, non si era ubriacato per cause di forza maggiore, ma perché aveva lucidamente deciso di bere fino ad ubriacarsi. E l’ordinamento non lo scusa. Chi va a 150 all’ora contromano su una strada non può non essere ritenuto consapevole dei danni che la sua condotta comporta». Invece, prosegue l’avvocato, «per far sì che la magistratura si decidesse a prendere una qualche misura cautelare nei riguardi del Masci c’è voluto lo sciopero della fame di Giovanni Delle Cave», cioè del genitore che abbiamo già conosciuto e che è rimasto per dodici giorni senza mangiare, annichilito dalla possibilità che uno come Masci potesse essere considerato alla stregua degli ucraini che uccisero suo figlio.

Comunque, questo Masci «ha terminato gli arresti domiciliari circa quattro mesi fa», dice l’avvocato Bianchi, e fa due più due: «Tra tutto quanto afferma avrà scontato sì e no un anno». E quello di Masci è un caso estremo. Immaginarsi allora gli altri. «L’arresto, in casi di incidenti del genere, non è obbligatorio», dice ancora l’avvocato Bianchi. «Anzi aggiunge il colpevole se ne torna subito a casa». E spiega perché: «Poniamo che, in sede di udienza preliminare, il reo patteggi la pena che, in casi del genere, può variare tra i 6 e i 10 mesi. La pena viene poi sospesa e quindi il colpevole non la sconta effettivamente. Neanche la patente gli tolgono, al colpevole». Ecco dunque l’incommensurabilità tra misura del danno ed entità della pena: da una parte si è distrutta una vita, dall’altra cambia poco o niente. Mentre scriviamo queste righe, a Roma un motociclista ha perso la vita perché la sua moto è stata sbattuta contro un albero da un’auto. L’auto ha avuto uno scarto improvviso. Alla guida c’era un giovane croato. E’ risultato positivo alla cocaina. Domanda: quanto resterà in carcere?


ASAPS.IT

L’impunità sulle strade

Si parla, si parla, ma al volante la gente uccide ogni giorno beneficiando di una sorta di “indulto permanente”: all’estero, carcere duro, in Italia è amnistia quotidiana. In pochi giorni decine di episodi, tutti legati all’alcol: ve ne presentiamo alcuni che fanno rabbrividire

Di Lorenzo Borselli

(ASAPS), 9 luglio 2007 – Mentre in Italia si fanno leggi a tempo record, per tutelare la privacy dei cittadini (molti dei quali impegnati in politica), sulle strade si muore di una morte orrenda. Che è anche violenta e beffarda, perché nessuno se ne cura. L’indegno muro di gomma che circonda l’argomento, non mostra mai segni di cedimento, nemmeno quando un padre come Cesare Chiodelli, rivolge dalla sua Cremona un appello ai politici.

Suo figlio Davide, è rimasto ucciso in un terribile schianto il 28 giugno scorso, insieme a suoi tre amici (due giovani italiani ed un brasiliano, tutti tra i 20 ed i 28 anni), provocato da un extracomunitario in stato di ebbrezza. Al dolore si è aggiunta l’indignazione, quando ha saputo che colui che ha cancellato quattro vite, distruggendone molte altre, se l’è cavata con una denuncia a piede libero per guida in stato di ebbrezza ed omicidio colposo plurimo.

È evidente che qualcosa non va. La tragedia è stata provocata da un uomo capace di intendere e di volere, il quale doveva mettere in conto il rischio che avrebbe corso e fatto correre agli altri, decidendo di ubriacarsi quando sapeva benissimo che avrebbe dovuto guidare: il codice penale, lo definisce “dolo eventuale”, che si verifica quando qualcuno pone in essere una condotta per altri fini, ma sa che vi sono serie possibilità – o comunque concrete probabilità – che ne discendano eventi ulteriori, accettando il rischio di cagionarli.

È qui, proprio nell’accettazione piena e consapevole del rischio, che il reo pone in essere una condotta diversa dall’istituto della “colpa cosciente”. Insomma, si decide di bere alcolici o di assumere sostanze stupefacenti, ben sapendo che si dovrà tornare a casa guidando. Ma, costi quel che costi, si va avanti, consapevoli del rischio che ciò comporta.

Nonostante ciò, un killer della strada (a Cremona sono morti 4 giovani), raramente finisce in prigione con un’imputazione di questo tipo e, ancor più difficilmente, viene poi condannato. È praticamente impossibile, poi, che un omicida colposo si trovi ad espiare una pena in carcere, visto che tra riduzioni di pena ed entità della stessa, il condannato può tranquillamente tornare a casa, magari guidando. Il tutto, mentre il familiare della vittima assiste incredulo alla scena.

Sentiamo ripetere sempre la stessa frase: “…è come se me l’avessero ammazzato un’altra volta…”

“È assurdo – ha detto Cesare Chiodelli – che sia libera gente che ha ucciso. Sono belve feroci che devono essere fermate. Anche chi non ha perso un figlio come me, vede che in questo paese la gente per bene non è difesa, mentre gli altri non rischiano niente”.

Vedete? “…la gente perbene…”, dice il padre dello sfortunato ragazzo. Chi uccide sulla strada, in circostanze così assurde come nel caso dell’incidente di Piacenza, non può essere considerato un “omicida colposo”: è opinione comune della gente, e sono molti gli esperti (anche tanti avvocati, che collaborano con il nostro sodalizio), che la legge debba cambiare e che queste persone cessino di essere puntualmente impunite.

In paesi esteri, anche quelli molto vicini a noi, un delitto di questo tipo viene sanzionato alla stregua di un omicidio volontario (ad esempio Gran Bretagna, Francia, Spagna o Germania), e, viste le dimensioni del fenomeno, sembra venuto il momento della verità, con un obiettivo 2010 sempre più lontano dall’essere centrato (dall’Italia) e con costi sociali legati all’infortunistica stradale che superano il 2,5% del prodotto interno lordo.

All’indignazione di Chiodelli, che aveva già gridato tutta la sua rabbia il giorno dei funerali del figlio, nel duomo di Cremona, ed allo sdegno seguito alla morte dell’appuntato dei Carabinieri Roberto Sutera, ucciso durante un inseguimento sul raccordo anulare (il pluripregiudicato a bordo del furgone rubato, accusato di aver speronato la Stilo dell’Arma provocando il terribile schianto, era stato arrestato 15 giorni prima ma già in libertà), hanno indotto il Guardasigilli ad ordinare ispezioni per verificare eventuali “inadempienze riguardo allo stato di libertà di soggetti già raggiunti da sentenza di condanna o se vi siano stati ritardi nell’esecuzione delle pene”.

Uno dei motivi per cui molti, moltissimi pluripregiudicati, sono liberi di offendere (probabilmente non in questo), è l’indulto, che ha graziato per l’appunto i soggetti già raggiunti da sentenze di condanna.

Il capo degli ispettori del ministero di Giustizia si è messo subito al lavoro, ma, conoscendo la legge italiana e la quantità dei meccanismi che regolano la custodia cautelare o l’espiazione delle pene, non abbiamo dubbi: da un punto di vista formale, è tutto a posto.

Secondo noi, è giunto il momento di adottare una linea più dura: non per velleità punitive, ma per semplice giustizia. Per mettere il paese al riparo da delinquenti (per professione, abitudine e tendenza) che tornano puntualmente liberi al ventesimo od al trentesimo arresto, e per evitare che persone riconosciute colpevoli di aver cagionato la morte in circostanze “colpose”, dalle quali emergano responsabilità gravissime (l’incidente di Cremona è solo un esempio), possano reiterare il reato.

Molti, tra quelli che uccidono guidando in stato di ebbrezza, hanno già subito precedenti ritiri di patente, così come gli utenti colpiti a raffica da sanzioni inerenti la velocità.

Volete un esempio di ciò che è successo nelle strade del nostro paese negli ultimi giorni?

Chieti, 6 luglio: un commerciante in stato di ebbrezza, al volante del proprio Mercedes ML, percorre l’asse attrezzato ad altissima velocità e piomba, tamponandola, su una Renault Twingo con a bordo due giovani di 29 anni. L’utilitaria si apre come una scatoletta ed i due giovani muoiono sul colpo, entrambi per rottura (!) della spina dorsale. Il SUV, dopo l’impatto, trascina la Twingo per 200 metri, e, quando la carcassa si stacca dal muso del gippone, ne servono altri 200 per fermarsi: al commerciante, rimasto lievemente ferito, gli uomini della Polizia Stradale hanno ritirato la patente, denunciandolo per omicidio colposo plurimo e guida in stato di ebbrezza.

Ravenna, 2 luglio: Matteo Verde, 29 anni, viene investito a Punta Marina: una Seat Ibiza, condotta da un giovane in stato di ebbrezza, travolge anche un altro pedone, dandosi subito alla fuga. Una giovane ragazza straniera, che assistite alla scena, insegue il pirata e fornisce alla Polizia Stradale tutte le indicazioni che ne consentono l’arresto. Quando all’ospedale Bellaria di Bologna, Matteo muore, il suo carnefice era già stato processato per direttissima, in ordine ai reati di omissione di soccorso e fuga e guida in stato di ebbrezza: ha patteggiato la pena, pagando 6mila euro in cambio di 5 mesi reclusione. Ora lo aspetta il processo per omicidio colposo, ma intanto è libero (di rifare tutto daccapo).

Bassano del Grappa, 5 luglio: un 21enne, in stato di ebbrezza (il tasso alcolico nel sangue è di 3 g/l), investe, con l’auto del padre, un immigrato del Ciad che stava tornando a casa in sella alla sua bicicletta, e poi fugge. L’africano viene ricoverato al pronto soccorso in gravi condizioni, con un trauma cranico commotivo e numerose fratture; l’investitore, identificato grazie ai testimoni, rifiuta di costituirsi e costringe i militari ad una vasta caccia all’uomo, conclusasi alcune ore più tardi con il suo arresto per omissione di soccorso e con la denuncia per guida in stato di ebbrezza. Gli ritirano la patente e, il giorno dopo, lo conducono all’udienza di convalida della misura restrittiva: nonostante abbia carichi pendenti per furto e lesioni personali, viene subito scarcerato. Questo dice la legge, così deve fare il giudice.

Sassari, 5 luglio: l’auto condotta da un ubriaco piomba su due pedoni e poi fugge. Le Volanti lo arrestano poco dopo, nel corso di un’altra operazione: si era infatti recato in casa di parenti e li aveva aggrediti con un coltello. I poliziotti hanno ricollegato i due episodi ed interrogando il suo nome al terminale hanno scoperto che aveva la patente sospesa. Sapete perché? Omissione di soccorso e guida in stato di ebbrezza. Capite perché vorremmo la confisca del veicolo? Un’ultima cosa: le sue vittime, una donna di 81 anni ed un ragazzo di 22, sono in ospedale. Lui? Già fuori. (ASAPS)


ASAPS.IT

Emergenza alcol

Ubriachi in fuga: le storie si ripetono
A Vicenza un 29enne fugge alla Stradale a 160 all’ora in città e poi si schianta. A Battipaglia extracomunitario devasta decine di auto e si mette a riparare la sua macchina per andarsene

(ASAPS) 9 luglio 2007 – A scorrere le cronache, se non ci fossero persone che per colpa della sconsideratezza altrui ci rimettono la vita, vi si trovano episodi che potrebbero suscitare anche ilarità: non tanto per le dinamiche, che nascondono sempre insidie fatali, ma per le vicende umane che alcuni protagonisti mettono in scena in una sorta di pietoso teatrino. In un qualsiasi altro paese europeo, condotte del genere costerebbero la patente per sempre. Da noi, beh… inutile ripetersi. A Valdagno (Vicenza), un giovane commesso di 29 anni, ha pensato bene di non fermarsi all’alt che una pattuglia della Polizia Stradale gli aveva appena imposto, sulla strada che da Altavilla conduce a Sovizzo. Era piena notte e la fuga dell’auto aveva fatto pensare agli agenti di essere alle prese con uno o più delinquenti. La determinazione a non farsi catturare, poi, ha raggiunto punte di vera e propria criminale incoscienza: semafori bruciati, strade percorse contromano, punte di 160 orari in centro città. Alla fine la Seat Ibiza in fuga è uscita di strada, schiantandosi violentemente contro il muro di una casa: i poliziotti si sono avvicinati con le pistole in pugno, ma davanti a loro non c’era un delinquente abituale. Semplicemente, si trattava di un commesso, in stato di ebbrezza, che credeva di evitare la sospensione della patente evitando il controllo. L’altra assurda storia, giunge invece da Battipaglia (Salerno), l’ubriaco di turno era un extracomunitario di 36 anni. Alla guida della sua Ford Fiesta, è finito contro una lunga fila di veicoli parcheggiati. La Polizia Municipale è subito accorsa e si è trovata davanti una scena pietosa. L’uomo, che era veramente ubriaco (vi è una sostanziale differenza tra stato di ebbrezza ed ubriachezza, tanto che una persona veramente ubriaca spesso non sarebbe nemmeno in grado di ingranare la prima), aveva danneggiato anche la sua auto e stava cercando goffamente di ripararla per poter fuggire. Un centinaio di metri prima, aveva puntato dritto contro due pedoni, miracolosamente scampati all’investimento. (ASAPS)


CORRIERE ADRIATICO

L’assicurazione propone 750.000 euro in totale. Gli avvocati di parte civile chiedono che il massimale sia riconosciuto a ciascuna delle vittime

Prima udienza del processo al Rom che ha chiesto di patteggiare la pena. Decisione rinviata
Ahmetovic alla sbarra tra insulti e minacce

ASCOLI - Vinti dal dolore i parenti di Alex Luciani, Danilo Traini, Davide Corradetti ed Eleonora Allevi, hanno assediato l’aula del tribunale dove ieri mattina, in un clima di grande tensione e dolore, si è aperto il processo a Marco Ahmetovic, il rom ventiduenne che il 23 aprile scorso, mentre guidava ubriaco il suo furgone, ha travolto e ucciso i quattro giovani di Appignano. In previsione di quanto sarebbe potuto accadere al palazzo di giustizia è stato predisposto un capillare servizio d’ordine che ha visto impegnati circa 30 tra poliziotti, sia in divisa che in borghese, carabinieri e agenti di polizia penitenziaria. Intorno alle 8 la Digos ha effettuato un primo controllo nei vari locali al piano terra del tribunale. Una seconda ispezione è stata portata a termine mezz’ora più tardi. La preoccupazione era che l’imputato non venisse avvicinato solo dalla scorta. Alle 9,50 il giudice Emilio Pocci ha dichiarato aperto il processo. Le prime difficoltà sono nate a causa delle minacce e degli insulti che qualcuno dei presenti ha lanciato all’indirizzo di Ahmetovic e del suo difensore. Poi, il magistrato ha detto che avrebbe proseguito il dibattimento solo se non fossero continuate le intemperanze. Il giudice monocratico si è riservato di decidere, all’esito del procedimento, se accogliere o meno la richiesta di patteggiamento avanzata dal legale di Ahmetovic, l’avvocato Felice Franchi. Se l’istanza del legale venisse accolta prevederebbe una condanna a 3 anni e sei mesi per l’omicidio colposo plurimo, più altri sei mesi per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e un mese di arresto per la guida in stato di ebbrezza. Contro il patteggiamento ha dato parere negativo il pm Carmine Pirozzoli. Le famiglie di tre dei quattro ragazzi si sono costituite parte civile. Non i parenti di Alex Luciani che lo faranno con una causa a parte. L’assicurazione del furgone è intestata alla madre di Ahmetovic, così come l’automezzo. La “Duomo” ha messo a disposizione un massimale unico per il risarcimento dei danni pari a 750 mila euro. I legali delle parti civili, gli avvocati Raffaele Giammarino per Allevi, Nazario Agostini per Corradetti e Luca Cossignani per Traini, hanno invece fatto istanza perchè il massimale sia riconosciuto ai familiari di tutte e quattro le vittime. Alla richiesta si è associato anche il difensore del rom. A questo punto Pocci ha deciso di sospendere il procedimento per un’ora in modo da consentire all’avvocato dell’assicurazione, Davide Aliberti, presente in aula in veste non ufficiale, di contattare la “Duomo” per farsi inviare tutta la documentazione. Il fax però non ha soddisfatto gli avvocati delle famiglie delle vittime che hanno avanzato la richiesta della presenza in aula di un legale rappresentante della compagnia assicurativa. A questo punto il giudice ha deciso che venga inviata entro il 30 luglio la notifica di comparizione ad un delegato della “Duomo”. Il processo con il rito immediato a Marco Ahmetovic è stato poi rinviato al 17 settembre prossimo. Subito dopo l’udienza il difensore dello zingaro, Felice Franchi, ha dovuto lasciare il palazzo di giustizia scortato dai carabinieri, che l’hanno accompagnato fino al suo studio legale.

Anche se la prima udienza a carico del rom si è chiusa in un clima più disteso rispetto all’inizio, gli insulti di parenti e amici delle vittime nei confronti del legale, “reo” di aver accettato la difesa del nomade, sono proseguiti fino alla fine. Inutilmente, il padre di Davide Coraddetti, Luigi, carabiniere in forza alla polizia giudiziaria della procura ascolana, ha invitato tutti a mantenere la calma. “La giustizia deve fare il suo corso - ha detto Luigi Corradetti, che, oltre al figlio, nell’incidente ha perso anche la nipote, Eleonora Allevi - e dobbiamo lasciare che il giudice decida serenamente”. “Certo è difficile spiegare certe cose a chi soffre così duramente, come noi parenti. Dovete comprendere lo stato d’animo di tutti, ma so anche che dobbiamo avere fiducia nella giustizia”.

SANDRO CONTI


CORRIERE ADRIATICO

Le parole di un’amica incendiano l’aula del tribunale
“Marco, ti voglio bene”

ASCOLI - La ragazza mora dai capelli lunghi che, sfidando tutti i presenti nell’aula d’Assise, ha gridato all’indirizzo di Ahmetovic “Ti voglio bene Marco”? E’ una amica del rom che testimonierà per la difesa. Fino a quando non è stato tratto in arresto frequentava il giovane zingaro insieme ad altri ragazzi della nostra città. E’ la stessa ragazza che andava a trovarlo nel carcere di Marino del Tronto e che provvedeva due volte alla settimana a portargli la biancheria intima pulita. Ha rischiato di essere aggredita subito dopo la sospensione del processo. Per fortuna sono intervenute le forze dell’ordine che l’hanno protetta e successivamente condotta fuori dal tribunale uscendo da una porta secondaria. Si è diretta, in compagnia di un’altra ragazza, verso Via Dino Angelini dove ad attenderla c’era una Mercedes di colore scuro sulla quale le due sono salite. L’auto, alla cui guida si trovava un’altra giovane, si è diretta verso il centro storico. Tornerà in aula per testimoniare insieme ad altre 66 persone in un processo che si annuncia lungo oltre ogni previsione. Qualunque sia l’esito del processo, la giornata di ieri resterà impressa per sempre nella mente di Marco Ahmetovic. Non appena gli agenti della polizia penitenziaria lo hanno introdotto nell’aula il rom, sempre a testa bassa, ha preso posto nel banco di prima fila accanto al suo avvocato difensore. Aveva lo sguardo di chi si sente perso e cerca un appoggio in qualcuno. Si è rivolto al suo difensore e gli ha detto: “Felice, che cosa devo fare, ho tanta paura”. Franchi ha cercato di rincuorarlo rispondendogli: “Non temere che non ti accadrà nulla. Resta seduto e tranquillizzati”. A questo punto Marco Ahmetovic ha chiesto al suo avvocato se fosse il caso che si alzasse e, rivolto verso la gente, chiedesse scusa per i lutti che aveva causato alle quattro famiglie appignanesi. L’avvocato gli ha preso la mano e con tono paterno lo ha sconsigliato vivamente. Fino a quando il giudice Pocci non ha chiuso l’udienza, Marco Ahmetovic, che indossava jeans chiari, maglietta azzurra con righe nere e bianche, un piccolo crocifisso in legno al collo, ha sempre guardato davanti a sè e solo in una circostanza si è preso il capo fra le mani. Si era ventilata la possibilità che il processo, per motivi di ordine pubblico e sicurezza, possa essere trasferito al tribunale di Teramo o de L’Aquila per garantire uno svolgimento più sereno per lo stesso giudice e per l’imputato. Eventualità che l’avvocato Franchi per il momento non ha preso in considerazione ma si potrebbe verificare che la seconda udienza, prevista per il 17 settembre prossimo, si svolga senza la presenza del pubblico. Franchi nella richiesta di patteggiamento ha articolato anche le varie pene in quanto sono più episodi di reato che vengono contestati a Marco Ahmetovic: 3 anni e 6 mesi per l’omicidio plurimo colposo, per aver provocato la morte di Eleonora Allevi, 18 anni, Danilo Traini, 17, Davide Corradetti e Alex Luciani, 16 anni, i, 6 mesi per resistenza a pubblico ufficiale in quanto subito dopo l’incidente non voleva essere condotto in ospedale e 1 mese per essere stato trovato alla guida del furgone in stato di ebrezza. Complessivamente la pena sarebbe di 4 anni e 3 mesi che, con l’applicazione delle attenuanti generiche e della riduzione prevista per il patteggiamento, si ridurrebbe sotto i due anni di reclusione. Il Pm Pirozzoli, però, non ne vuole sapere tanto più che il rom tornerebbe in libertà . Per ora lo zingaro resta dietro le sbarre. Per la Procura infatti sussiste il “pericolo di fuga”.


CORRIERE ADRIATICO

Dal 14 al 19 luglio tanti giovani si ritroveranno presso il parco urbano di Comunanza

Fiumi di birra per la festa sui Sibillini


COMUNANZA – Fiumi di bionde, rosse e scure scorreranno nella cittadina dei Sibillini dal 14 al 19 luglio prossimi.

Naturalmente non si tratta di giovani avvenenti ma di birra, per la Festa ad essa dedicata che si terrà nel Parco Urbano di Comunanza, organizzato in collaborazione Pro Loco di Comunanza e Amministrazione Comunale. (*) Grazie ad uno specifico spazio coperto la manifestazione si svolgerà anche in caso di pioggia. Poi ricco programma musicale. Apertura a ritmi di pop rock il 14 con l’esibizione del Roxy Bar Mario (Tributo a Vasco Rossi e Ligabue).

Domenica 15 è la volta dei King’s Head (tributo a Queen e Pink Floyd).

Lunedì 16 in programma una serata discoteca col Dj George Lardo. Martedì 17 tocca a J & The Gang con un programma di musica pop rock. Mercoledì 18 il gruppo Turnover affronterà pezzi degli anni ’70. Infine chiusura giovedì 19 col gruppo Soul Sacrifice che si esibirà con un programma incentrato sull’opera di Carlos Santana. Le serate saranno anche accompagnate da varie specialità gastronomiche da accompagnare naturalmente alle varie tipologie di birre.
Un’occasione sempre piacevole e di ritrovo per tante persone ma soprattutto per i giovani del territorio che amano unire la piacevolezza di una buona birra con della musica coinvolgente
.

F.M.

(*) Nota: non a caso ho inserito questo articolo tra quelli, pubblicati sullo stesso giornale dello stesso giorno, dedicati alla strage di Appignano.


CORRIERE ADRIATICO

Un furgone guidato dallo zingaro ubriaco travolse e uccise quattro ragazzi di Appignano del Tronto
L’impatto mortale in una tragica notte di aprile

ASCOLI - Quelle grida, “assassino... assassino!”, e quelle urla disperate di una folla, “devi marcire in carcere...”, che cerca di avvicinare ed aggredire Marco Ahmetovic mentre gli agenti lo spingono di corsa verso l’aula, è tutto quel che resta di un dramma che ritorna tre mesi dopo. Ieri mattina, nel palazzo di giustizia, c’erano tutti ad assistere alla prima udienza a carico del Rom. Genitori, fratelli e sorelle. Ma anche parenti e amici. Tutti si sono recati in tribunale per non dimenticare quanto successo lo scorso 23 aprile. Erano passate da poco le 22. Un gruppo di otto ragazzi, da tutti conosciuti come quelli del “Muretto”, decisero di andare a Castel di Lama per gustare un gelato. Salirono in sella ai motorini ed imboccarono la provinciale appignanese. All’altezza del Fosso della Meta, dove termina il comune di Appignano ed inizia quello di Ascoli, il primo scuterista si trovò davanti l’autocarro condotto da Ahmetovic che procedeva contromano. Il ragazzo ebbe la prontezza di spirito di scartare verso la sua sinistra e riuscì ad evitare l’impatto che sarebbe stato sicuramente mortale. Nella sua folle corsa, però, il Ducato condotto dal Rom falciò quattro motorini, in uno dei quali viaggiavano i fratelli Allevi. Altri due ragazzi ebbero salva la vita perché si erano leggermente attardati. Tuttavia, non appena arrivarono, ai loro occhi si presentò uno spettacolo terrificante anche perché, data la violenza dell’urto, la miscela dei serbatoi che si era riversata sull’asfalto, forse a causa di una scintilla, prese fuoco e le fiamme ustionarono i corpi di due giovani. Per tre ragazzi, Davide Corradetti, Danilo Traini ed Eleonora Allevi, la sorella di Leonardo, non c’era più nulla da fare, erano morti sul colpo. Alex Luciani, invece, dava ancora flebili segni di vita. Purtroppo, una volta trasferito al pronto soccorso del Mazzoni, il cuore del giovane smise di battere.

MAURO GIORGI


KATAWEB

Alcol: Turco al Parlamento, preoccupante aumento consumi

“Nel nostro paese stanno assumendo un andamento preoccupante in questi anni alcuni fenomeni di consumo alcolico a rischio, quali i consumi fuori pasto, i consumi eccessivi e l’ubriachezza, con particolare riferimento alla popolazione giovanile, ma anche alle donne e alla popolazione anziana”.

L’allarme è lanciato dal ministro Livia Turco nella Relazione del Ministero della salute appena trasmessa al Parlamento, sugli interventi realizzati in materia di alcol e problemi alcolcorrelati. L’alcol costituisce il terzo più importante fattore di rischio per la salute, dopo il tabacco e l’ipertensione; oltre ad essere una sostanza psicotropa che può dare dipendenza, è causa di molte patologie, oltre a traumi gravi, incidenti, turbe mentali e del comportamento. “Le conseguenze di tali fenomeni — sottolinea il ministro Turco — interessano non solo il mondo sanitario, ma anche quello sociale ed economico, con perdita di anni di vita e di lavoro, sofferenza delle famiglie e degli individui, violenza e disadattamento sociale”.

Gli alcoldipendenti presi in carico presso i servizi alcologici territoriali nell’anno 2005, si legge nella Relazione (relativa a dati su consumi, attività e servizi 2005-2006, trasmessa recentemente dal Ministro Turco alle Camere) sono stati oltre 56 mila, con un aumento del 4,3 rispetto all’anno precedente. Accedono ai servizi soprattutto gli uomini, 3,5 per ogni donna. L’età media, pari a 44,5 anni, è in diminuzione in tutte le categorie, e in particolare nei nuovi utenti di sesso maschile (42,1 anni nel 2005 contro 44,0 anni del 2001). Nel 2005 il 17% dei nuovi utenti ha meno di 30 anni. Si registra infatti un forte aumento dei nuovi utenti fra i 20 e i 29 anni, che passano dal 10% del 1996 al 15,7% del 2005.


IL GAZZETTINO (Treviso)

«Siamo minorenni dateci spritz e birra» 
In estate aumenta il consumo di alcolici fra gli under 16

Hanno meno di 16 anni, si muovono in gruppo - preferibilmente in scooter - e bevono alcolici. O per lo meno ci provano. È questo il ritratto degli under 16 di Marca che sempre più spesso tentano di avvicinarsi ai banconi dei bar della provincia, domandando birra, spritz o digestivi. La denuncia arriva da Giorgio Copparoni, gestore della Lampada, locale moglianese che in questi ultimi quindici giorni sta registrando svariati tentativi di assalto di gruppetti di ragazzi nemmeno sedicenni che pretendono di farsi una bevuta "da grandi" in compagnia degli amici.

Il fenomeno - secondo Copparoni - sarebbe del tutto nuovo: «Non mi era mai successo negli anni passati» afferma il gestore, già consigliere comunale. La legge, tuttavia, è chiara e proibisce la somministrazione di alcolici a chiunque non abbia ancora compiuto i 16 anni. Peccato che, nella maggior parte dei casi, sia difficile distinguere chi ha "diritto" alla birra e chi invece è ancora troppo piccolo per avvicinarsi al mondo degli alcolici. C’è poi un ulteriore problema: come negare un bicchiere di vino a un ragazzino, se poi è proprio quest’ultimo ad ammettere che a casa può bere tutto ciò che vuole? «Le regole vanno rispettate - risponde Copparoni -. Io ho cominciato a chiedere la carta d’identità in queste due ultime settimane. È assolutamente vietato servire alcolici a chi ha meno di sedici anni e a chi è manifestamente ubriaco, se lo facessi sarei passibile di sanzione».

Quasi sempre, tuttavia, i ragazzi tentano di ottenere l’agognato bicchiere di birra, mentendo spudoratamente sull’età. A quel punto, chi si fida troppo facilmente delle dichiarazioni dei minorenni rischia di trovarsi dalla parte del torto. «La settimana scorsa - racconta Copparoni - è venuto nel mio locale un gruppetto di ragazzini. Hanno ordinato sambuca e amaro. Erano circa le 22. Subito mi sono insospettito e ho domandato loro l’età. Nessuno aveva ancora compiuto i 16 anni, così li ho mandati a casa, segnalando il caso all’ufficio licenze e al comando della polizia municipale».

Secondo quanto riferito dagli esercenti, inoltre, il fenomeno starebbe crescendo rapidamente: da quando sono chiuse le scuole la tendenza è quella di bere di più e bere prima. «D’inverno non mi erano mai capitati episodi del genere. Adesso invece soltanto nelle ultime due settimane sono arrivati qui già quattro gruppi di ragazzini - spiega Copparoni -. E poi che succede? Succede che prendono il motorino e sbandano per strada. Non voglio fare il moralista, ma difendere la categoria. Da un lato c’è una campagna ingiustificata contro l’alcol, dall’altro mancano regole certe per tutelare la salute dei ragazzi. È un controsenso». (*)

Spesso la colpa è anche dei genitori: innanzitutto non tutti sanno che è vietata la somministrazione di alcolici agli under 16, in secondo luogo, nella maggior parte dei casi, i ragazzi agiscono senza che la famiglia si accorga di nulla o - ancora peggio - rincuorati dal silenzio-assenso di mamma e papà. «Credo - commenta Copparoni - che i genitori tendano a sottovalutare il problema. C’è un ragazzino che conosco bene che fino all’anno scorso veniva nel mio locale con la mamma e si prendeva il gelato; ebbene, pochi giorni fa si è presentato qui con tre amici e mi ha domandato una birra media. Eppure avrebbe dovuto sapere che so bene quanti anni ha. L’ho mandato via senza pensarci due volte. Ma la soluzione al problema non è nemmeno questa, perché chiunque può entrare in un qualsiasi supermercato e acquistare tutte le birre che vuole, senza che nessuno glielo impedisca. Questi ragazzi lo vivono come un gioco. E sono tutte persone normalissime, insomma, sono ragazzi del posto, curati e ben vestiti, non sbandati o poco di buono. La sera escono di casa e si mettono alla ricerca di un bar. Non hanno mete precise: si guardano intorno, ordinano una birra e vedono se gli va bene. Non sanno che chi incomincia a bere, non smette più. Per questo è giusto iniziare quando si è abbastanza maturi».

Anna Girotto

(*) Nota: che cosa deve succedere ancora per rendere “giustificata” una campagna contro l’alcol?


IL GAZZETTINO (Treviso)

«Divieti inutili se al supermercato si può comprare tutto»

(A.G.) «Il problema è che lo sballo è sempre più anticipato. Ciò dimostra il malessere dei ragazzi che spesso scelgono i bar per dare sfogo al loro disagio». Renato Salvadori, presidente provinciale di Ascom Confcommercio, interpreta in questo modo il precoce avvicinamento dei ragazzi alle bevande alcoliche. Un fenomeno che ha già sollevato l’attenzione dei commercianti, che si sono attrezzati lanciando ancora quattro mesi fa una campagna di sensibilizzazione per il corretto consumo dell’alcol da parte degli under 18. L’iniziativa, promossa in prima battuta dalla Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) trevigiana, è stata poi esportata nelle altre province del Veneto per migliorare l’atteggiamento dei giovani e delle loro famiglie rispetto alle bevande alcoliche.

Lo slogan veicolato dalla campagna di informazione è: "Vuoi bere? Chiedimi tutto, ma non alcol". «I destinatari sono gli under 18 e non soltanto i minori di 16 anni - spiega Salvadori -. I bar in ogni caso non sono un terminale pericoloso per i giovani, perché gli operatori che ci lavorano sono sensibilizzati al problema e quindi sanno come comportarsi. Le norme a riguardo però dovrebbero essere maggiormente chiare: non è possibile che un esercente si rifiuti di servire alcolici ad un ragazzo che ha meno di sedici anni e che poi lo stesso ragazzo sia messo nella condizione di percorrere 50 metri, infilarsi in un supermercato e acquistare tutto quello che vuole, senza che nessuno si opponga».

Lo stesso Salvadori, tuttavia, pur riconoscendo l’incompletezza di una normativa che cerca di proteggere i giovani dai rischi connessi all’alcol, dimenticandosi dei supermercati, afferma che «innanzitutto va prevenuto il disagio. Non so quanto possa essere facile impedire la libera commercializzazione - prosegue il presidente dell’Ascom provinciale -. Bisognerebbe invece comprendere il malessere di chi si avvicina precocemente all’alcol» . Salvadori commenta l’incremento estivo del fenomeno: «Se bere crea dipendenza e un ragazzo incomincia a farlo d’estate, poi lo fa pure d’inverno. È vero, tuttavia, che sono proprio questi i mesi che spingono maggiormente i giovani alla socializzazione, forse anche attraverso gli alcolici».


ROMAGNAOGGI

Marina di Ravenna: ’’Abolire la birra per evitare le stragi’’

Abolire la birra in bottiglia o portata da casa nei bagni di Marina di Ravenna. Questa la proposta del capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, Eugenio Costa. Si esprime anche il presidente comunale di Ascom, Graziano Parenti, chiedendo a istituzioni e forze dell’ordine di impegnarsi per fare rispettare le regole. Dopo l’ennesima tragedia sulla strada, sono tante le riflessioni sulle proposte per un modello di divertimento alternativo allo sballo.

“La fama in negativo che sta aggredendo la località nuoce a tutti – puntualizza Costa - anche a coloro che lavorano onestamente. Non è peraltro condivisibile l’ipotesi che può esserci una serena coesistenza tra la Marina di oggi e quella che sta cercando di offrire proposte meno aggressive. Il messaggio drammatico che sta passando coinvolge purtroppo, tutti coloro che fanno parte del settore”.

La replica degli addetti ai lavori non si fa attendere: secondo il vicepresidente regionale di Asshotel-Confesercenti, e direttore dell’hotel Diana di Ravenna, Filippo Donati, è necessario ragionare sulla questione a fine ottobre, conclusa la stagione estiva (*). E’ un errore cercare soluzioni durante l’estate. Si parla di professionalità e buona accoglienza e non di modello sbagliato. Per puntare su una clientela diversa, sempre secondo Donati, sarebbe ora di abolire la politica della birra a basso prezzo.

(*) Nota: allora, proviamo a seguire il ragionamento.

I giovani bevono di più in estate, quindi affrontiamo il problema… a fine ottobre, dopo l’estate.

Verrebbe da malignare che allora interessa il guadagno, prima che la salute dei ragazzi.


VARESENEWS

Varese - Cambia con una nuova ordinanza del sindaco la legge sulla vendita di cibi e bevande in contenitori di vetro: sanzioni più alte per i trasgressori
No alla birra in bottiglia dopo le 22

Si sposta in avanti di un’ora il limite per la vendita di bevande e cibi d’asporto in contenitori di vetro, dalle 21 alle 22, ma si inaspriscono le sanzioni: sono queste le novità principali dell’ordinanza del sindaco di Varese Attilio Fontana del 28 giugno sulla somministrazione di cibi e bevande in contenitori di vetro da parte di pubblici esercizi. Ordinanza che va a sostituire la precedente del 2004, che prevedeva lo stop alla vendita in bottiglie e lattine di vetro alle 21. In questi anni, solo una decina di contravvenzioni riscontrate: ma da oggi, come promette il primo cittadino, si cambia musica, e i controlli aumenteranno sensibilmente.

Ma i frequentatori di Varese by night, alcuni dubbi li hanno: primo fra tutti, alcuni bar sembrano aver ignorato completamente l’esistenza della precedente legge. Non era raro infatti trovare banchetti fuori dai locali che vendevano birre e alcolici in bottiglia anche a tarda notte. Ma non solo: vedere giovani e meno giovani in giro con bottiglie o bicchieri in mano rigorosamente di vetro, non è un’allucinazione; quelle stesse bottiglie e bicchieri che poi si ritrovano a tarda notte, o meglio all’alba, distrutte nelle piazze e per le strade varesine. La domanda è una sola: si porteranno tutti la propria Corona personale da casa nella tasca dei pantaloni, o il bicchiere preferito nascosto in borsetta, oppure qualcuno non rispetta la legge alla lettera?

Con la nuova ordinanza, comunque, cambiano di poco le regole: dalle 22 in avanti i pubblici esercizi, bar e ristoranti, ma anche laboratori artigianali o negozi, non potranno somministrare o vendere né bevande né cibi in contenitori di vetro; birre e cocktails saranno venduti esclusivamente in bicchieri di plastica. Aumentano invece le pene: si parla di multe salate, fino a 500 euro, per i gestori dei locali, ma si può incorrere anche in sanzioni penali per la violazione dell’art. 650 del codice penale.

Saranno i prossimi week end a dirci se questo gap comunicativo tra amministrazione comunale e bar è stato colmato, grazie anche magari a qualche controllo in più da parte della polizia.

Oltre a questo, i titolari dei pubblici esercizi saranno anche responsabili del rumore e degli schiamazzi del proprio locale: più ordine e meno "casino", per non trovarsi poi denunciati per disturbo della quiete pubblica.


CORRIERE ADRIATICO

UBRIACO FERMATO DA TRE PATTUGLIE

Pesaro - Un uomo di circa 50 anni è stato fermato da tre pattuglie della Polizia e soccorso dal 118 ieri pomeriggio in via San Francesco. L’uomo è solito passare in rassegna, ogni giorno, i bar della città per chiedere da bere. Ieri pomeriggio, dopo aver chiesto qualche birra, l’uomo ha iniziato a mostrare rilevanti segni di nervosismo. Due agenti che passavano in via San Francesco lo hanno subito notato e fermato. L’uomo ha opposto resistenza, trascinandosi nella vicina via Baldassini, dove, dopo una colluttazione condita da urla, è stato ammanettato e fatto salire in ambulanza, sotto lo sguardo di molti curiosi. E quindi affidato alle cure dei sanitari.


TGCOM

Australia:documenti per avere birra
Provvedimento contro l’alcolismo

Per comprare la birra nel Northern Territory dell’Australia sarà necessario declinare le proprie generalità, mostrando un documento, e dichiarare il luogo dove sarà consumata. E’ uno dei nuovi provvedimenti pensati dal governo Howard per contrastare il fenomeno dell’alcolismo. Gli obblighi scatteranno al terzo cartone di birra presentato alla cassa: "una quantità irrisoria rispetto a quella consumata in questa zona".

Così, alla 72esima lattina di birra (o di altre bevande alcoliche), riferisce il quotidiano The Australian, il consumatore viene obbligato a farsi riconoscere.

L’alcolismo è da sempre una piaga che affligge soprattutto l’ampia comunità aborigena che vive nel Northern Territory. Alla dipendenza da alcool, inoltre, viene attribuito un ruolo importante nel dilagante fenomeno delle violenze sessuali sui bambini, venute alla luce poche settimane fa con un’inchiesta condotta tra le comunità aborigene.

L’obbligo di presentare la carta d’identità e di dichiarare dove saranno consumate le bevande alcoliche è tuttavia soltanto uno dei provvedimenti adottati. Nelle 73 comunità aborigene (con una popolazione di circa 60 mila persone su 400 mila nativi del Northern Territory) il governo ha dato un giro di vite vietando la vendita, il possesso e il trasporto di alcool per 6 mesi.


WINENEWS.IT

“RECUPERARE IL SAPER BERE SECONDO LO STILE MEDITERRANEO, CON CONSAPEVOLEZZA E SENSO DELLA MISURA, E ATTRAVERSO L’INSEGNAMENTO”: E’ IL MESSAGGIO DI CARLO CANNELLA, PRESIDENTE DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI RICERCA PER GLI ALIMENTI E LA NUTRIZIONE

“Recuperare il saper bere nello stile mediterraneo, con consapevolezza e senso della misura, spiegando le cose e senza proibirle”. È il messaggio che Carlo Cannella, ordinario di Scienza dell’Alimentazione all’Università “La Sapienza” di Roma e presidente dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione lancia dai microfoni di www.winenews.tv .

| “Una volta il vino serviva ai contadini per recuperare energie, oggi bisogna regolarsi nelle quantità, bisogna far capire ai giovani che a tavola un bicchiere di vino non fa male a nessuno (*), ma che un intero calice per uno stuzzichino è troppo”.

Il vino - sottolinea Cannella - non ha solo componenti benefici ma ha anche la parte alcolica (**), e per i giovani l’esempio deve venire dagli adulti: io non sono per proibire, ma per insegnare e spiegare. L’esempio viene dal fumo: scrivere “nuoce alla salute” all’inizio sembra funzionare, ma oggi si fuma più di un tempo. D’altra parte l’eccesso nell’alimentazione non va mai bene, ma se non regolarsi nel mangiare fa ingrassare, farsi scappare la mano nel bere alcolici fa perdere il controllo”.

(*) Nota: proprio a nessuno, signor Presidente dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli alimenti e la nutrizione?

Nemmeno ad un alcolista in trattamento? Ad una donna incinta? Ad un bambino? A una persona che poi deve guidare? A una persona in cura con psicofarmaci? Con antiepilettici? Ad un malato di fegato? …

Sono diversi milioni di persone, in Italia.

(**) Nota: in dosi appena appena diverse…

Facciamo un esempio: per ogni parte di resveratrolo, nel vino, ci sono centinaia di migliaia di parti di alcol, sostanza certamente tossica e potenzialmente cancerogena.


ITALIA OGGI

Rai, raccolta firme per l’alcol in mensa

Giornalisti Rai in rivolta contro il divieto di somministrazione di bevande alcoliche in mense, bar e distributori della radio tv pubblica. L’intesa stato-regioni da cui nasce l’iniziativa si riferisce infatti solo a determinate categorie di lavoratori come autisti, guardie giurate o medici. I firmatari del documento considerano arbitraria l’imposizione a chi non svolge queste attività, come i giornalisti. (*)

(*) Nota: un paio di settimane fa sono stato a Bologna, alle celebrazioni del ventisettesimo anniversario della strage di Ustica.

Al pomeriggio è stato inaugurato il “Museo della Memoria”, che accoglie (anche) i resti del DC9 ITAVIA, ricomposto dopo essere stato recuperato dal mare, dove era finito ad oltre 3.500 metri di profondità (!), e poi trasportato da Pratica di Mare a Bologna.

Alla sera, al teatr

Mercoledì, 11 Luglio 2007
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