Art. 204, c. 2°, del codice della strada Circolazione stradale - Provvedimenti del Prefetto - Ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria - Prevista notificazione nel termine di centocinquanta giorni, anziché in quello di novanta giorni stabilito per la conclusione dei procedimenti amministrativi in genere e per la notificazione
ORDINANZA
N. 185 ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco
| BILE
| Presidente | - Giovanni Maria | FLICK
| Giudice | - Francesco | AMIRANTE
| “ | - Ugo | DE
SIERVO
| “ | - Paolo | MADDALENA | “ | - Alfio
| FINOCCHIARO | “ | - Alfonso | QUARANTA | “ | - Franco | GALLO | “ | - Luigi
| MAZZELLA
| “ | - Gaetano
| SILVESTRI | “ | - Sabino
| CASSESE | “ | - Maria Rita | SAULLE
| “ | - Giuseppe | TESAURO
| “ | - Paolo Maria | NAPOLITANO
| “ |
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio
di legittimità costituzionale dell’articolo 204, comma 2, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), modificato dall’articolo 4, comma 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 2003,
n. 151 (Modifiche ed integrazioni al
codice della strada), convertito, con modificazioni, con la legge 1°
agosto 2003, n. 214 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 27
giugno 2003, n. 151, recante modifiche ed integrazioni al codice della strada),
promosso con ordinanza del 19 novembre
2005 dal Giudice di pace di Torino, nel procedimento civile vertente tra G. M. e
il Prefetto di Torino, iscritta al n. 609 del registro ordinanze 2006 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie
speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella
camera di consiglio del 9 maggio 2007 il Giudice relatore Ugo De Siervo.
Ritenuto che, con ordinanza pronunciata
il 19 novembre 2005 e pervenuta a questa Corte il 12 aprile 2006, il Giudice di
pace di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale (in via
incidentale) dell’art. 204, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285 (Nuovo codice della strada),
in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111 e 113 della Costituzione, nella parte
in cui tale disposizione prevede che l’ordinanza-ingiunzione di pagamento di
sanzione amministrativa pecuniaria debba essere notificata nel termine di 150
giorni, anziché in quello «previsto dall’art. 2, comma 3, della legge 7 agosto
1990, n. 241 per la conclusione dei procedimenti amministrativi in genere»; che il rimettente
premette di essere investito del giudizio di opposizione disciplinato dall’art.
205 del codice della strada, avverso 5 ordinanze-ingiunzione adottate il 2
dicembre 2004 e notificate entro il termine di 150 giorni previsto dalla norma
impugnata, introdotta dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 27 giugno 2003,
n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con
modificazioni, con la legge 1° agosto 2003, n. 214 (Conversione in
legge, con modificazioni, del D.L. 27 giugno 2003, n. 151, recante modifiche ed
integrazioni al codice della strada); che la notifica si sarebbe
perfezionata «per il notificante» nell’ultimo giorno utile concesso a tal fine
dalla legge; che la disposizione
impugnata violerebbe, secondo il rimettente, l’art. 3 della Costituzione per un
duplice profilo; che, anzitutto, il
termine per la notifica dell’ordinanza-ingiunzione sarebbe stato
irragionevolmente equiparato a quello previsto dall’art. 201 del codice della
strada ai fini della notifica del verbale di contestazione della violazione,
quando solo in quest’ultimo caso l’Amministrazione è gravata dall’onere di
identificare il trasgressore, mentre nel primo il solo adempimento richiesto
consiste nel «portare il provvedimento nella sua sfera conoscitiva»; che, inoltre, per
effetto della norma impugnata, il «procedimento sanzionatorio-amministrativo»
potrebbe protrarsi, sommati i termini previsti dalla legge per ciascuna fase
entro cui si articola, fino a «cinquecentodieci giorni», mentre l’opponente
dispone di sessanta giorni per ricorrere al Prefetto e di ulteriori trenta
giorni per impugnare l’ordinanza-ingiunzione: ciò, a parere del rimettente,
configurerebbe «disparità di trattamento»; che sarebbero altresì
lesi gli artt. 24, 111, e 113 della Costituzione, poiché la durata del
procedimento ostacolerebbe la conclusione del giudizio di opposizione «in tempi
ragionevoli» e introdurrebbe il rischio di «veder dispersi elementi di prova»
difensivi, a causa del decorso del tempo; che, infine, il giudice a
quo ritiene violato anche l’art. 97 della Costituzione, poiché il termine
stabilito dalla norma oggetto contrasterebbe con il principio che assicura il
buon andamento dei pubblici uffici e non assicurerebbe l’«effetto deterrente,
in relazione alla commissione delle violazioni, creatosi con l’introduzione
della patente a punti», poiché, ai sensi dell’art. 126-bis del codice
della strada, la comunicazione all’anagrafe nazionale della violazione richiede
che essa sia «definita», sicché nella pendenza del ricorso amministrativo e
giurisdizionale, il trasgressore potrebbe invece riacquistare punti
frequentando un corso di aggiornamento, ovvero potrebbe addossare a terzi
compiacenti la responsabilità di ulteriori violazioni; che, in punto di
rilevanza, il rimettente premette di ritenere, pur nel silenzio del
legislatore, che l’inosservanza del termine previsto dalla norma impugnata
comporti «i medesimi effetti estintivi dell’obbligazione» definiti dal comma 1-bis
dell’art. 204 del codice della strada, quanto alla tempestività dell’adozione
dell’ordinanza-ingiunzione: ciò comporterebbe l’inesistenza giuridica
dell’ordinanza impugnata e la conseguente declaratoria di cessazione della
materia del contendere, per difetto dell’interesse ad agire dell’opponente, ai
sensi dell’art. 100 del codice di procedura civile; che è intervenuto in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata
inammissibile o infondata; che, secondo
l’Avvocatura, la questione sarebbe inammissibile per omessa descrizione della
fattispecie, posto che il rimettente non precisa i fatti di causa, le
specifiche censure sollevate dall’opponente, i «tempi osservati nel
procedimento amministrativo», ed erra nel valutare i termini effettivamente
concessi dalla legge per ricorrere al Prefetto e al Giudice di pace; che la questione sarebbe
altresì irrilevante, poiché l’inosservanza del termine per la notifica
dell’ordinanza-ingiunzione non determinerebbe, diversamente da quanto previsto
al comma 1-bis dell’art. 204 del codice della strada, alcuna
«nullità/inesistenza» dell’ordinanza stessa; che, nel merito,
l’Avvocatura nega la sussistenza di alcuna disparità di trattamento tra
opponente ed Amministrazione, giacché non sarebbero comparabili in radice «il
termine occorrente all’Amministrazione per partecipare all’interessato un
provvedimento sanzionatorio con il termine demandato al privato per la propria
difesa in giudizio o in sede amministrativa»; che, in particolare,
alla luce degli artt. 3 e 97 della Costituzione, la fissazione del termine
oggetto di censura sarebbe riservata alla discrezionalità del legislatore e
apparirebbe in concreto congrua, in riferimento «ad evidenti esigenze
organizzative della Amministrazione, specie nelle zone urbane ovvero ad elevata
densità di popolazione», ove i ricorsi amministrativi sono particolarmente
numerosi, e ove complessi possono essere gli «adempimenti relativi alla
individuazione della residenza o della sede del trasgressore», ai fini della
notifica; che, infine, non solo
sarebbe inconferente il richiamo dell’art. 111 della Costituzione, in relazione
ad un procedimento amministrativo, ma in ogni caso il diritto di difesa
dell’opponente sarebbe assicurato dalla facoltà di agire immediatamente innanzi
al Giudice di pace, omettendo il ricorso amministrativo al Prefetto.
Considerato che il Giudice di pace di
Torino dubita della legittimità costituzionale dell’art. 204, comma 2, del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui vi viene fissato
in 150 giorni il termine assegnato all’Amministrazione per notificare al
trasgressore l’ordinanza-ingiunzione, con cui è stato rigettato il ricorso
amministrativo proposto avverso l’inflizione di una sanzione amministrativa
pecuniaria; che il giudice a quo
formula espressamente il proprio dubbio di costituzionalità in relazione alla
previsione del predetto termine, «anziché di quello previsto dall’art. 2, comma
3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 per la conclusione dei procedimenti
amministrativi in genere»; che in tal modo il
remittente sollecita una soluzione additiva, che non è costituzionalmente
obbligata, dato che non vi è ragione per ritenere imposta dalla Costituzione
l’osservanza del termine (fissato al diverso fine di concludere il procedimento
amministrativo, e non di notificarne l’atto conclusivo) indicato dall’art. 2,
comma 3, della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni; che, viceversa, la
rideterminazione del termine congruo ai fini della notifica
dell’ordinanza-ingiunzione, ove fosse ritenuto costituzionalmente illegittimo
quello stabilito dalla norma denunciata, non potrebbe che ricadere nella sfera
di discrezionalità legislativa; che, non essendo
prospettata a questa Corte una soluzione additiva costituzionalmente obbligata,
la questione è manifestamente inammissibile (da ultimo, ordinanze n. 299 e n.
210 del 2006).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta
inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 204,
comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3,
24, 97, 111 e 113 della Costituzione, dal Giudice di pace di Torino con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno
2007.
Depositata in Cancelleria il 12 giugno 2007.
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