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Articoli 17/07/2007

La Cassazione: la multa è valida anche se il vigile non lascia il preavviso

Il preavviso di violazione è un atto di cortesia

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Niente preavviso, niente multa. Questa la semplice equazione per affermare la quale, un automobilista romano tra le centinaia colti ogni giorno in divieto di sosta, ha percorso tutti i gradi del giudizio fino a fermarsi di fronte al semaforo rosso della Cassazione Civile. Infatti, l’Alta Corte, con la sentenza numero 5447 del 2007, ha rigettato il suo ricorso in opposizione, ritenendone del tutto infondati i motivi. Certo il caso è banale e, francamente, il tentativo di fare annullare il verbale piuttosto ardito, ma quello che più interessa è che la Corte ha riaperto una questione mai completamente risolta circa la natura giuridica di uno degli atti più odiati nella pratica delle sanzioni stradali: il preavviso di contravvenzione.
Il problema è che il codice della strada non contempla affatto quest’atto, anche se dappertutto, vigili ed ausiliari della sosta, ne staccano in grande quantità distribuendo biglietto sotto il tergicristallo di centinaia e centinaia di auto. Dire che si tratti di un semplice atto di cortesia equivale a minimizzarne la portata: il foglietto non solo avvisa che la violazione è stata, per così dire, scoperta, ma indica la somma da
 pagare, il conto corrente su cui fare il versamento e addirittura un termine, trascorso il quale partirà la raccomandata. Inoltre, chi paga subito, non ricevendo a casa il verbale, risparmierà le spese di notifica e quelle di procedimento che, secondo la legge, sono a carico del trasgressore. Ecco il problema: il preavviso produce degli effetti importanti nel procedimento sanzionatorio, ma la sua natura è incerta. Un verbale non è: mancano gli elementi essenziali, come le generalità del trasgressore e soprattutto la notifica, il che peraltro comporta l’impossibilità di difesa da parte del destinatario. Possiamo considerarlo una sorta di “avvio del procedimento”, in linea con le moderne riforme che garantiscono al cittadino una piena e tempestiva partecipazione prima della produzione dell’atto finale? Anche qui manca una notifica, manca il nome del trasgressore e manca anche la possibilità di intervenire, da parte di quest’ultimo che, trovato il preavviso sotto il tergicristallo, ha solo due alternative: pagare subito o attendere la notifica del verbale a casa. Quindi, niente partecipazione.



La lamentela dell’automobilista romano, per tornare al caso da cui siamo partiti, è in ultima analisi proprio questa: non avendo trovato il preavviso sull’auto una delle alternative per lui è saltata. Il ragionamento, che a prima vista sembra furbesco, in realtà pone qualche problemino di ordine formale. Sì, perché se è vero che il preavviso non esiste nel mondo giuridico, è altrettanto vero che chi lo trova può pagare “raffreddando” il contenzioso senza altra spesa, mentre chi non lo trova riceve a casa il verbale con annesse e connesse le pesanti spese di notifica e di procedimento. E’ evidente la sperequazione, poiché non c’è dubbio che alla fine uno paga di più dell’altro. Il trasgressore romano, poi, aveva anche lamentato l’imprecisione del vigile nel rappresentare topograficamente la violazione nel verbale giuntogli al domicilio: la via era quella, ma il suo veicolo era di fronte ad un numero civico diverso da quello indicato dall’agente. Una osservazione un po’ speciosa, quest’ultima, che la Cassazione ha rintuzzato osservando semplicemente che, se il divieto vigeva su tutta la strada, non era certo il caso di pretendere che il vigile utilizzasse, per la localizzazione, il misurino. Meno articolato invece, si è dimostrato il ragionamento della Corte circa la natura giuridica del preavviso, il quale è stato disconosciuto e dichiarato non rilevante, sulla scorta del fatto che il codice della strada non lo contempla. Ma allora, i milioni di euro che i Comuni incassano attraverso il pagamento delle somme riportate sul preavviso, senza che sia mai avvenuta la notifica dell’infrazione con un formale verbale? E, ancor peggio, cosa succederà nell’eventualità che il trasgressore non paghi, ma poi il preavviso non venga trasformato in verbale? In sostanza, può il Comando di Polizia, senza altra formalità, trattandosi di atti non formalmente classificati dal diritto, cestinarli archiviando de plano la violazione? Su quest’ultimo punto, la stessa Cassazione da un lato e la Corte dei Conti dall’altro, hanno come si dice piantato i paletti. I giudici penali si sono occupati del preavviso in merito a casi di alterazione della scrittura originale, episodi di compilazione falsata, idonea a favorire il trasgressore, e addirittura di casi di soppressione dell’atto. Va da se che vengono in rilievo ipotesi di reato molto gravi: falso materiale in atto pubblico, omissione di atti d’ufficio, abuso d’ufficio, soppressione di atto vero e chi più ne ha più ne metta. Ma, se fino ad ora abbiamo affermato che il preavviso non è un atto pubblico, come possiamo ipotizzare la sussistenza di questi reati contro la pubblica amministrazione? La Cassazione penale ha risolto il problema stabilendo che si tratta di un atto “endo-procedurale”, cioè un documento che pur non assurgendo all’ufficialità del verbale per carenza degli elementi essenziali, è dotato di efficacia propulsiva rispetto al procedimento sanzionatorio che nel verbale medesimo si sostanzierà. Quanto meno, certifica che il vigile c’era e l’infrazione pure, tutto il resto riguarda solo il modo in cui la procedura deve essere condotta a termine. In merito si è pronunciata anche la Corte dei Conti per verificare l’eventuale danno erariale prodotto dalla prassi, in certi Comandi, di archiviare il preavviso facendo abortire insieme tanto il procedimento sanzionatorio, quanto la pretesa della pubblica amministrazione di incassare il quantum. In particolare, con una datata sentenza (n. 1336/1997), la Corte aveva condannato il Comandante della Polizia Municipale di un importante capoluogo a versare lui, la somma corrispondente a tutti i preavvisi archiviati dal momento che - secondo il codice - solo il prefetto può chiudere il procedimento. Infatti, in sintesi, giunto il verbale (nel quale il preavviso si trasforma), o il trasgressore paga oppure fa opposizione, pena la procedura coattiva. Se invece fa ricorso al prefetto, quest’ultima autorità ha il potere di procedere oltre, con l’ordinanza ingiunzione ovvero di archiviare. Fatto sta che anche questa sentenza è stata in parte smentita, dalla stessa Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti con una pronuncia del 2 settembre 1998. In questo caso, la magistratura contabile ha riconosciuto che, per quanto il preavviso sia un atto atipico, non c’è dubbio che quando esso contenga degli errori essenziali che non porterebbero ad una legittima stesura del verbale (manca l’ora e la data dell’accertamento; è palesemente sbagliata la targa del veicolo; manca l’indicazione della strada e così via) l’unica soluzione possibile è quella dell’accantonamento, per evitare di mettere in moto costosi procedimenti già ab origine destinati al fallimento. Il preavviso, dunque, non è solo una informazione di cortesia, ma se non viene apposto non preclude la spedizione della multa al domicilio del trasgressore.


* Funzionario della Polizia di Stato e
Docente di Politiche della Sicurezza Presso l’Università di Bologna
 

Da “Il Centauro”, n. 113


© asaps.it

di Ugo Terracciano*

da "il Centauro"
Martedì, 17 Luglio 2007
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