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Seguendo attentamente l’evoluzione
legislativa in tema di sicurezza stradale, avevamo segnalato che, tra le
modifiche in corso di approvazione, era stata inserita l’abrogazione del 1°
comma dell’articolo 117 che prevede il divieto, per i primi 3 anni dal
conseguimento della patente di categoria “A”, di guidare moto di grande
potenza. Questo divieto è finalizzato a
tutelare i giovani conducenti dai pericoli derivanti dalla guida di moto di
grande cilindrata, senza aver prima acquisito la dovuta perizia. Non si sa perché (ma secondo noi
per puro errore materiale) questa norma era stata abrogata e poi, anche a
seguito delle polemiche sollevate dal nostro intervento, sostituita con la
previsione di applicare quella corrispondente, contenuta nelle disposizioni
comunitarie, la quale è perfettamente uguale alla precedente ma con una
significativa variante. Infatti, secondo il paragrafo 2
dell’art. 6 della Direttiva Comunitaria in tema di patenti di guida, per i
primi tre anni dal conseguimento della patente “A”, per conducenti di età
inferiore a venti anni, non è possibile guidare moto di potenza superiore a 25
kW o con rapporto peso/potenza superiore a 0,16 kW/Kg. Questa limitazione, secondo la
prescrizione comunitaria, non si applica a chi abbia superato 21 anni di età e
superi una prova specifica di perizia di guida. Per evitare il pericolo di non
potere riferire le limitazioni anche a chi abbia superato 20 anni di età, è stata
inserita un’ulteriore modifica per estendere la sanzione anche a costoro. Vorremmo che qualcuno spiegasse
per quale ragione si abroga una legislazione efficace a tutela dei neopatentati,
per sostituirla con un’altra perfettamente uguale e che, per l’applicazione a
coloro che hanno superato 21 anni di età, necessiti dell’apporto di ulteriori modifiche,
in una realtà legislativa che è diventata sempre più una foresta inestricabile
di norme. Infatti, la previsione migliore
contenuta nel disegno di legge, è la delega al Governo riguardante la revisione
dell’intera legislazione del Codice della Strada, secondo criteri di armonizzazione,
di snellimento e semplificazione delle procedure, per arrivare, si spera, ad
una nuova normativa chiara, semplice e condivisa. A noi viene il dubbio che, come si
suol dire, “il tappo sia peggiore del buco” e sarebbe stato molto più saggio
riconoscere l’errore materiale commesso, lasciando in vita una legislazione
nazionale che, nel caso di specie, è più tutelante di quella comunitaria e per
la cui applicazione non erano richieste né aggiunte né varianti.
Giordano
Biserni Presidente
Asaps
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