Responsabilità da
sinistri stradali - Colpa del conducente - Investimento di pedone - Attraversamento
improvviso - Responsabilità del conducente investitore - Esclusione -
Condizioni Impossibilità di evitare l’evento - Necessità.
Questa
decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Milano, che con sentenza
in data 13-30 novembre 2001 rigettava il gravame della B. compensando le
spese del grado. MOTIVI
DELLA DECISIONE. - Con il primo motivo la B. denuncia violazione degli artt.
2697 c.c. e 115 c.p.c. in tema di onere probatorio e disponibilità delle prove.
In
sintesi, assume che la sentenza impugnata ha posto a fondamento della
decisione le mere allegazioni della controparte sulla base di un puro giudizio
di veridicità o di non veridicità delle stesse. I
protagonisti dell’incidente hanno fornito di esso due versioni totalmente
difformi e, quindi, inconciliabili tra loro. Lo Z. lo ha riferito nei termini
sostanzialmente accolti da entrambi i giudici di merito, mentre la B. ha
dichiarato (vedi la parte espositiva della sentenza impugnata) che stazionava a
bordo della superstrada Milano-Meda quando venne investita dall’auto condotta
ad alta velocità dallo Z.. Di fronte a questa insanabile duplicità di versioni,
ciascuna astrattamente idonea a configurare la totale responsabilità della
parte avversa, la corte d’appello come già il tribunale - ha dato credito alla
versione dello Z. facendo leva sulla conforme deposizione del teste oculare C.
S., di cui ha vagliato con esito positivo l’attendibilità, sulla mancanza di
qualsiasi traccia del sinistro sull’auto (lo Z. ha dichiarato di avere
colpito la B. con lo specchietto retrovisore), sul comportamento del conducente
e del teste suo compagno di viaggio dopo l’incidente, sulla posizione in cui
l’auto venne poi parcheggiata, a distanza di circa 110 m. dal punto d’urto,
sulla ritenuta inverosimiglianza della versione della B.. Da quanto sopra si
evince che la Corte territoriale, con apprezzamento di merito non sindacabile
in sede di legittimità, ha ritenuto che gli elementi probatori a sua
disposizione abbiano confortato la versione dello Z. dimostrandone la
veridicità. Anche
le ulteriori affermazioni della sentenza impugnata circa le caratteristiche
della strada teatro del sinistro e il divieto per i pedoni di percorrerla e di
attraversarla attengono a valutazioni di merito che trovano fondamento su
nozioni di comune esperienza, cui essa ha fatto implicito riferimento. È certamente vero che il c.d.s. vigente
all’epoca non prevedeva il termine superstrada utilizzato dalla corte
d’appello, ma è ugualmente vero che esso era e tuttora è di uso comune; infatti
ne è servita anche la B. (vedi pag. 3 della sentenza e pagg. 2 e 16 dello
stesso ricorso per cassazione) e che l’art. 125 c.d.s. disciplinava la
circolazione sulle strade extra-urbane, esplicitamente riservate ad autoveicoli
e motoveicoli. In
definitiva, la corte d’appello ha effettuato una ricostruzione indiziaria
della dinamica del sinistro utilizzando una serie di indizi di qualità tale da
poter costituire prova e offrendone congrua e razionale motivazione. La
censura risulta, dunque, infondata. Con
riferimento alla presunzione di colpa posta dall’art. 2054, comma 1 c.c. va
ribadito il principio di diritto costantemente affermato anche da questa stessa
sezione (confronta, per tutte, Cass., sez. III
n. 9620 del 2003) che, in caso di investimento di pedone, la responsabilità
del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era da parte di
quest’ultimo alcuna possibilità di prevenire l’evento, situazione questa ricorrente
allorché il pedone tenga una condotta imprevedibile e anormale, sicché
l’automobilista si trovi nell’oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque
di osservarne tempestivamente i movimenti. Tanto si verifica quando il pedone
appare all’improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede regolarmente
sulla strada, rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle
di comune prudenza e diligenza incidenti con nesso di causalità sul sinistro. La
Corte territoriale si è attenuta a questo principio poiché ha superato la
presunzione di legge a carico dello Z. indicando le ragioni (sintetizzate nella
parte espositiva di questa sentenza) che l’hanno indotta a ritenere che costui
avesse appunto fatto tutto il possibile per evitare il danno, avendo tenuto una
condotta non censurabile né sotto il profilo codicistico, né sotto quello
della comune prudenza e che, per contro, la B. avesse tenuto una condotta del
tutto imprevedibile e anomala. A
tale riguardo è appena il caso di ribadire che il concreto accertamento e la
valutazione dei rispettivi comportamenti rientrano nella competenza esclusiva
del giudice del merito, la cui motivazione congrua e logica resiste al
sindacato di legittimità. Anche
il secondo motivo risulta, quindi, infondato. Con il terzo motivo la B.
rappresenta vizio di motivazione con riferimento alla rilevanza degli elementi
posti a base della ricostruzione della dinamica del sinistro, agli elementi per
cui la corte d’appello ha ritenuto interdetta al transito pedonale È
noto che (Cass. n. 2399 del 2004) la deduzione di un vizio di motivazione della
sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità
non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta
al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della
correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni
svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le
prove, di controllarne 1’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare
la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza
all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente
previsti dalla legge); ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto
il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima,
può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del
giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato esame di punti
decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio,
ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni
complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del
procedimento logicogiuridico posto a base della decisione. Al fine della
congruità della motivazione è sufficiente che da questa risulti che i vari
elementi probatori acquisiti siano valutati nel loro complesso, anche senza
una esplicita confutazione di altri elementi non menzionati, purché risulti
logico e coerente il valore preminente attribuito a quelli utilizzati. Ne
consegue (Cass. n. 10156 del 2004) che, per poter configurare il vizio di
motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un
rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la
soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella
circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa
soluzione della vertenza. Il mancato esame di elementi probatori, contrastanti
con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso
esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate
siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera
probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il
convincimento è fondato, onde la ratio decidenti venga a trovarsi priva
di base. Alla
stregua dei principi sopra ribaditi appare ictu oculi l’inammissibilità
della prima e della terza delle sintetizzate censure, dal momento che la Corte
territoriale ha spiegato le ragioni del proprio convincimento in ordine alla
ricostruzione della dinamica del sinistro e all’attendibilità del teste. Quanto
alla ritenuta interdizione al traffico pedonale della strada su cui si è
verificato l’incidente, oltre al già rilevato dato normativo (art. 125 c.d.s.
previgente), sono sufficienti i riferimenti della sentenza impugnata all’assenza
assoluta di semafori e strisce pedonali e, per contro, alla presenza del guard-rail
privo di aperture. Pertanto
il ricorso va rigettato con aggravio per la parte soccombente delle spese,
liquidate come in dispositivo. |
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