Poiché il giudice rimettente non scioglie affatto il
dubbio concernente la dovuta applicazione, nella controversia oggetto di sua
cognizione, della disposizione denunciata, lasciando appunto irrisolta la
portata delle eccezioni preliminari di nullità del provvedimento impugnato,
che, se fondate, non consentirebbero di delibare il merito della vicenda sanzionatoria, la sollevata questione di incostituzionalità è meramente ipotetica ed astratta e, come
tale, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
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ORDINANZA
N. 311 ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco | BILE | Presidente | - Giovanni Maria | FLICK | Giudice | - Francesco | AMIRANTE | " | - Ugo | DE
SIERVO | " | - Paolo | MADDALENA | " | - Alfio | FINOCCHIARO | " | - Alfonso | QUARANTA | " | - Franco | GALLO | " | - Luigi | MAZZELLA
| " | - Gaetano | SILVESTRI | " | - Sabino | CASSESE
| " | - Maria Rita
| SAULLE | " | - Giuseppe | TESAURO | " | - Paolo Maria
| NAPOLITANO | " |
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, Tabella dei punteggi, ultima parte,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
promosso con ordinanza del 21 giugno 2006 dal Giudice di pace di Lecce nel
procedimento civile vertente tra Coppola Daniela e il Comune di Lecce, iscritta
al n. 686 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale,
dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4
luglio 2007 il Giudice relatore Paolo Maddalena.
Ritenuto che, con ordinanza del 21
giugno 2006, il Giudice di pace di Lecce ha sollevato, in riferimento all’art.
3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, «comma 1 Tabella A» (recte: Tabella dei punteggi, ultima
parte), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada) – introdotto dall’art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9
(Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma
dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), come modificato
dal decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice
della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n.
214 – nella parte in cui dispone che «Per le patenti rilasciate successivamente
al 1° ottobre 2003 a soggetti che non siano già titolari di altra patente di
categoria B o superiore, i punti riportati nella presente tabella, per ogni
singola violazione, sono raddoppiati qualora le violazioni siano commesse entro
i primi tre anni dal rilascio»; che l’incidente di
costituzionalità è sorto nel corso di un giudizio di opposizione ad
ordinanza-ingiunzione emessa dal Prefetto di Lecce in data 3 dicembre 2004 per
la contestata «violazione degli artt. 41, 146 e 126-bis c.d.s.»; che il giudice a quo, nel precisare di aver acquisito
agli atti la «documentazione comprovante il rilascio della patente di guida
della ricorrente testimoniante il periodo di abilitazione alla guida della
stessa», sostiene che «alla fattispecie in esame è applicabile il disposto
dell’art. 126-bis, comma 1, (tabella allegata) del C.d.s. secondo il quale
l’infrazione comporta, per i soggetti patentati dopo il 01.10.2003, il
raddoppio dei punti decurtati sulla patente di guida se non siano trascorsi più
di tre anni dal rilascio»; che il rimettente
afferma, altresì, che la sollevata questione sarebbe rilevante nel giudizio
principale, giacché egli, ove «intendesse superare le eccezioni preliminari di
nullità del verbale provvedimento impugnato entrando, quindi, nel merito,
sarebbe tenuto ad applicare la normativa in esame confermando, eventualmente,
la sanzione accessoria applicata» alla ricorrente; che, quanto alla non
manifesta infondatezza, il giudice a quo sostiene che la disposizione
denunciata contrasterebbe con l’art. 3 della Costituzione, in quanto «la
giovane età e l’anno di conseguimento della patente di guida» costituirebbero
«elemento discriminatorio ai fini della applicazione della sanzione accessoria
creando una irragionevole disparità di trattamento tra colpevoli delle medesime
infrazioni»; che, ad avviso del
rimettente – il quale all’uopo richiama talune decisioni della Corte
costituzionale (e, segnatamente, le sentenze n. 218 del 1974, n. 26 del 1979,
n. 103 del 1982 e n. 409 del 1989) – «l’età e l’anno di conseguimento dello status di patentato non possono
costituire elemento discriminatorio tale da creare ingiustificate, illogiche e
conclamate disuguaglianze tra colpevoli delle medesime infrazioni, nonché
irrazionali scelte sanzionatorie tra categorie di persone»; che la norma censurata,
si argomenta ancora nell’ordinanza di rimessione, introdurrebbe, invece, una
siffatta discriminazione, varcando così il «limite indefettibile tracciato»
dalla giurisprudenza costituzionale innanzi richiamata, secondo la quale «il
principio d’uguaglianza, di cui all’art. 3, primo comma, Cost., esige che la
pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il
sistema sanzionatorio adempia, nel contempo, alla funzione di difesa sociale ed
a quella di tutela delle posizioni individuali», e che le relative valutazioni «rientrano
nell’ambito del potere discrezionale del legislatore, il cui esercizio può
essere censurato, sotto il profilo della legittimità costituzionale, soltanto
nei casi in cui non sia stato rispettato il limite della ragionevolezza» (viene
richiamata la sentenza n. 409 del 1989); che è intervenuto in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata
inammissibile o comunque infondata; che, quanto all’eccepita
inammissibilità, il rimettente porrebbe, secondo la difesa erariale, «come solo
eventuale l’applicabilità al caso di specie della norma» censurata, mancando,
altresì, di indicare un «parametro che consenta di valutare il comportamento»
della ricorrente nel giudizio principale «in funzione della (maggiore o minore
gravità) della sanzione applicabile»; che, nel merito della
questione, l’Avvocatura generale, oltre a rilevare che l’elemento dell’età, al
quale il rimettente riconnette specifica importanza ai fini
dell’irragionevolezza della norma denunciata, non sarebbe «previsto dalla
fattispecie né preso in considerazione dal legislatore come presupposto di
applicazione», sostiene che la disciplina oggetto di censura è frutto di
«scelte di politica amministrativa» riservate alla ragionevole discrezionalità
del legislatore, dovendosi tener conto, in un regime di patente a punti, della
differenza che esiste tra la «posizione dei “neopatentati”», dotati di minore
esperienza, e quella di chi «da lunghi anni è alla guida di un veicolo».
Considerato che il Giudice di pace di
Lecce dubita della legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, Tabella dei punteggi, ultima parte,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) –
introdotto dall’art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9
(Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma
dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), come modificato
dal decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice
della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n.
214 – nella parte in cui dispone che «Per le patenti rilasciate successivamente
al 1° ottobre 2003 a soggetti che non siano già titolari di altra patente di
categoria B o superiore, i punti riportati nella presente tabella, per ogni
singola violazione, sono raddoppiati qualora le violazioni siano commesse entro
i primi tre anni dal rilascio»; che la disposizione
censurata violerebbe, secondo il giudice a quo, l’art. 3 della Costituzione, giacché «prevede che la giovane età e l’anno
di conseguimento della patente di guida costituiscano elemento discriminatorio
al fini della applicazione della sanzione accessoria creando una irragionevole
disparità di trattamento tra colpevoli delle medesime infrazioni»; che, in via preliminare,
occorre osservare che il rimettente, nel motivare sulla rilevanza del proposto
incidente di costituzionalità, afferma che egli sarebbe tenuto ad applicare la
disposizione denunciata soltanto ove «intendesse superare le eccezioni
preliminari di nullità del verbale provvedimento impugnato entrando, quindi,
nel merito»; che, pertanto, risulta
evidente che il giudice a quo non
scioglie affatto il dubbio concernente la dovuta applicazione, nella
controversia oggetto di sua cognizione, della disposizione denunciata,
lasciando appunto irrisolta la portata delle eccezioni preliminari di nullità
del provvedimento impugnato, che, se fondate, non consentirebbero di delibare
il merito della vicenda sanzionatoria; che, pertanto, la
sollevata questione è meramente ipotetica ed astratta e, come tale, deve essere
dichiarata manifestamente inammissibile (ex
plurimis, ordinanza n. 56 del 2007).
Visti gli artt. 26, secondo comma,
della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta
inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, Tabella dei punteggi, ultima parte,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) –
introdotto dall’art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9
(Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma
dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), come modificato
dal decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice
della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n.
214 – sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice di pace
di Lecce con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio
2007.
Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2007.
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