Giurisprudenza
di legittimità Depenalizzazione - Applicazione delle sanzioni Connessione obiettiva con un reato - Competenza
e giurisdizione - Applicazione della sanzione - Competenza del giudice penale
- Condizioni - Pregiudizialità dell’accertamento dell’illecito amministrativo La connessione obiettiva dell’illecito amministrativo con un reato, ai sensi dell’art. 24 della legge 24 novembre 1981, n. 689, rileva esclusivamente, determinando lo spostamento della competenza all’applicazione della sanzione dall’organo amministrativo al giudice penale, nel caso in cui l’accertamento del primo costituisca l’antecedente logico necessario per l’esistenza dell’altro, mentre, in difetto di tale rapporto di pregiudizialità, la pendenza del procedimento penale non fa venir meno detta competenza all’irrogazione della sanzione amministrativa. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto privo di vizi l’accertamento del giudice di merito relativo all’insussistenza del rapporto di pregiudizialità tra il reato di guida in stato di ebbrezza e l’illecito amministrativo consistente nell’aver circolato su strada extra urbana principale in retromarcia, prescindendo l’illecito amministrativo dallo stato di ebbrezza del conducente). (L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 24) SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO. - Con sentenza in data 22 ottobre 2001, il Giudice di pace di
Bitonto rigettava l’opposizione proposta da C. G. avverso
l’ordinanza-ingiunzione emessa nei suoi confronti dal Prefetto di Bari per
violazione dell’art. 176, comma 1, del Codice della strada. Quanto alla violazione dell’art. 24 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sostenuta dall’opponente sulla base del rilievo che nel medesimo contesto i verbalizzanti avevano elevato anche un altro verbale per un illecito penale e che quindi vi sarebbe stata la competenza unica del giudice penale, il Giudice del merito rilevava che la citata disposizione devolve al giudice penale la cognizione di infrazioni amministrative obiettivamente connesse con un reato quando l’accertamento della violazione amministrativa costituisca l’antecedente necessario rispetto alla decisione circa l’esistenza del reato. Nella specie, all’opponente era stato contestato anche il reato di cui all’art. 186, comma 2, del Codice della strada per avere guidato in stato di ebbrezza. Sicché, tenuto conto che l’illecito amministrativo contestato era l’avere percorso in retromarcia una strada extraurbana, doveva ritenersi che non sussistesse quello specifico rapporto tra l’illecito amministrativo e quello penale, costituendo la guida in stato di ebbrezza condotta sanzionata penalmente a prescindere dalla circostanza che in detto stato possano essere commessi altri illeciti sanzionati a titolo di illecito amministrativo. Il
Giudice riteneva poi irrilevante la doglianza concernente la mancata
sottoscrizione del verbale da parte di uno degli accertatori, trattandosi di
irregolarità sanata dalla successiva notificazione all’opponente del verbale
medesimo. Quanto, infine, alle doglianze del C. in ordine alla ricostruzione
del sinistro stradale effettuata dagli operanti, il Giudice rilevava che la
tesi dell’opponente non era condivisibile, non essendo compito del giudice
dell’opposizione a sanzione amministrativa quello di determinare, in caso di
sinistri stradali, le responsabilità civili delle persone coinvolte. In ogni
caso, il Giudice osservava che i verbalizzanti, intervenuti nell’immediatezza,
diedero atto della retromarcia innestata e della.luce bianca emessa dal fanale
posteriore, sicché l’opponente avrebbe potuto superare tali circostanze solo
proponendo la querela di falso. Il primo motivo di ricorso è infondato. Come
affermato da questa Corte con orientamento consolidato, che Il Collegio
condivide, «il termine concesso al prefetto per l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione
di cui all’art. 204 del Codice della strada con cui viene irrogata una sanzione
pecuniaria, è quello di 180 giorni,
stabilito dal D.L. 2 novembre 1999 n. 391, art. 1, non convertito (mai cui
effetti sono stati fatti salvi dalla L. 23 dicembre 1999 n. 391, che ha a sua
volta, con l’art. 68, riportato il detto termine a 180 giorni), e non quello di
60 giorni, come originariamente previsto dall’art. 204 del detto codice». Infatti,
«tale termine è applicabile in tutti i casi in cui, come nella specie, il sub-procedimento
introdotto dal ricorso al prefetto non si sia ancora esaurito al momento
dell’entrata in vigore di tale decreto legge, ancorché la violazione sia stata
accertata precedentemente, dovendosi far riferimento alla disciplina vigente
nel momento in cui l’atto viene compiuto, in forza del principio generale, in
tema di formazione degli atti amministrativi, secondo cui la nuova normativa,
portatrice di un’esigenza di pubblico interesse, trova immediata applicazione
allorché la fase in cui si inserisce non sia ancora conclusa, mentre, «ai fini
del calcolo del termine concesso al prefetto non si deve tener conto
dell’attività di notificazione del provvedimento (e della data del suo
compimento) ma soltanto del momento della sua adozione, restando estranea a
tale fase il rischio dell’esito negativo della procedura di notificazione» (v.,
da ultimo, Cass., 17 novembre 2005, n. 23299; in precedenza, Cass., 17 dicembre
2003, n. 19323). Per
quanto riguarda poi la questione della possibile applicazione del termine di 90
giorni, di cui all’art. 18 della legge 24 novembre 2000, n. 340, sulla quale si
incentra il motivo di ricorso in esame, deve rilevarsi che questa Corte ha già
avuto modo di chiarire che «in tema di sanzioni amministrative pecuniarie per
violazione di norme del Codice della strada, qualora avverso il verbale di
accertamento dell’infrazione sia stato proposto ricorso al prefetto, questi -
salvo che non ritenga di pronunziare ordinanza di archiviazione degli atti -
deve emettere, ai sensi dell’art. 204 C.S., ordinanza-ingiunzione
entro 180 giorni (termine applicabile anteriormente alla vigenza dell’art. 18,
comma 3, legge 24 novembre 2000, n. 340) dalla data in cui egli ha ricevuto in
trasmissione - dall’ufficio o dal comando accertatore - gli atti previsti
dall’art. 203, comma secondo, dello stesso codice, non essendo necessario che
entro il medesimo termine ne risulti altresì effettuata la notificazione
all’interessato, quest’ultima costituendo attività ulteriore non necessaria ai
fini della giuridica esistenza e della validità dell’atto amministrativo
(eseguibile finché il procedimento non sia prescritto ex .art. 29 legge
n. 689 del 1981), bensì posta a tutela dei diritti del destinatario e del
relativo tempestivo esercizio (Cass., 13 maggio 2005, n. 10038). Nella
specie, dalla sentenza impugnata emerge che il ricorso amministrativo è stato redatto dal C. il 28 gennaio 2000,
mancando in atti la prova della spedizione o della consegna al destinatario. Peraltro,
posto che il ricorrente deduce che detto ricorso pervenne all’organo
accertatore il 1° febbraio 2000, e che detta
circostanza non contrasta con l’elemento preso in considerazione dal giudice
del merito e non altera i termini della questione, appare evidente come la sentenza
impugnata sia immune dal denunciato vizio, avendo il giudice del merito
ritenuto applicabile la disciplina risultante dalla modificazione introdotta
dalla legge n. 488 del 1999 e quindi il termine di 180 giorni dalla
presentazione del ricorso per la decisione sudi esso da parte del prefetto.
L’ordinanza-ingiunzione, infatti, è stata adottata il 19
maggio 2000 e quindi entro il termine di 180 giorni dalla proposizione del ricorso,
non rilevando in contrario il fatto che la notifica sia avvenuta il 25 luglio
2000, giacché, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa
Corte, ciò che rileva ai fini dell’ osservanza del termine di cui all’ art. 204
Codice della strada è che in detto termine l’ordinanza sia adottata e non
anche notificata. In ogni caso, come correttamente rilevato dalla sentenza
impugnata, posto che al termine di cui all’art. 204 vanno aggiunti i trenta
giorni concessi all’organo accertatore per trasmettere la documentazione (art.
203, comma 2), deve concludersi che nel termine di 210 giorni dalla
presentazione del ricorso è intervenuta anche la notificazione dell’ordinanza-ingiunzione.
Il motivo in esame risulta quindi privo di fondamento. In parte
infondato e in parte inammissibile è il secondo motivo di ricorso. Nel caso di specie, il giudice del merito ha, con motivazione congrua ed immune da vizi logico-giuridici, accertato l’insussistenza del suindicato rapporto rilevando come tra il reato di guida in stato di ebbrezza e l’illecito amministrativo contestato al ricorrente (violazione dell’art. 176 Codice della strada, per avere il ricorrente circolato su strada extraurbana principale in retromarcia) non ricorresse un nesso di pregiudizialità necessaria, prescindendo 1’illecito amministrativo dallo stato di ebbrezza del conducente. E sul punto, il ricorrente si limita ad enunciare, ma senza in alcun modo censurare specificamente le affermazioni contenute nella sentenza impugnata, e peraltro erroneamente, che «i verbalizzanti per lo stesso fatto, hanno elevato due processi contravvenzionali, di cui uno costituente reato. Ne rinviene una competenza unica del giudice penale per ragione di connessione obiettiva della contravvenzione con il detto reato». Infatti, se è vero che unico Quanto
poi alle osservazioni del ricorrente, peraltro generiche, circa la
ricostruzione delle modalità del sinistro stradale all’esito del quale è stato elevato il verbale di
contravvenzione opposto in sede civile, vi è da rilevare che il ricorrente non
prospetta vizi logici della motivazione della sentenza impugnata, ma sottopone
inammissibilmente a questa Corte una ricostruzione del sinistro difforme da
quella ritenuta dal giudice del merito. Questi d’altra parte, ha rilevato che
dal verbale posto a base dell’ordinanza-ingiunzione emergevano circostanze di
fatto (retromarcia innestata e luce bianca emessa dal fanale posteriore) che il
ricorrente avrebbe dovuto contestare con querela di falso, e nel ricorso non si
rinviene alcuna specifica censura sul punto. |
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