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(ASAPS) - Le
assicurazioni non sono tenute a riconoscere il valore di prova piena ai moduli
del Cid (constatazione amichevole del sinistro), sottoscritti anche in maniera
incompleta dagli automobilisti coinvolti in un incidente stradale e non
coincidenti con altre dichiarazioni contenute nel fascicolo del sinistro. A
stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza numero 17160 della
III Sez. Civile. La Suprema Corte ha respinto il ricorso di un guidatore contro
la “Zurigo Assicurazioni”, affermando che “la dichiarazione confessoria,
contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (Cid), resa dal
responsabile del danno, proprietario del veicolo assicurato, non ha valore di
prova piena ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice”. Il caso
affrontato dai giudici del “Palazzaccio” vedeva come protagonista un
automobilista milanese P.B. che protestava contro la decisione con cui la Corte
di Appello di Milano, nel 2002, gli aveva riconosciuto il diritto a vedersi
liquidata solo la metà dei danni riportati dalla sua auto in un incidente. I giudici
rilevavano che il Cid era incompleto e che la “funzione accertativa del modulo
di constatazione si poneva in assoluto contrasto con il contesto delle uniche
dichiarazioni rinvenibili in atti provenienti dai protagonisti del sinistro”.
La Suprema Corte ha confermato che il Cid non può essere considerato una prova
inoppugnabile della dinamica degli incidenti. (ASAPS)
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