(ASAPS) HASSELT (BELGIO), 11
agosto 2007 – In confronto ad altri paesi europei – parliamo di sicurezza
stradale – il Belgio vanta dei risultati non proprio brillanti, sia da un punto
di vista della diminuzione della mortalità che da quello del numero di
incidenti in relazione ai chilometri percorsi. “Su questo fronte, il nostro paese è ben al di sotto della media europea”:
parola di Claudia Juvyns, neo dottoressa in scienze economiche applicate
all’università di Hasselt, capoluogo della provincia di Limburgo, nella regione
fiamminga. Le conclusioni del complesso elaborato di fine studi, che
costituisce secondo gli accademici uno dei lavori più ben fatti sulla materia,
sono state raggiunte dalla giovane Claudia partendo da diversi punti di vista.
Il primo, riguarda la formazione del conducente, ritenuta “un fattore che spiega i cattivi risultati ottenuti dal Belgio in
materia di sicurezza stradale”, e che farebbe acqua da tutte le parti. Si
sente la mancanza della patente a punti, della quale si parla da tempo ma che
sembra essere ancora piuttosto lontana dall’essere realizzata.
Il modello al quale la studentessa di ispira, è quello francese, ritenuto il
migliore tra quelli europei, o quello del vicino Lussemburgo (copiato appunto
da Parigi). Un altro problema, inoltre, è che in Belgio è ancora molto diffusa
la pratica del conducente autodidatta, che apprende da solo la teoria e si
esercita nella pratica con istruttori di propria fiducia (patentati anziani,
con almeno 10 anni di esperienza), limitando a sole 20 ore l’obbligo di farsi
addestrare da un esperto di scuola guida. Per il singolo utente, un notevole
risparmio economico, ma per la collettività il rischio di patentare un apprendista stregone è molto alto. I
privatisti continuano ad aumentare, perché – come spiega la dottoressa Juvyns –
una recente riforma dei corsi di guida ha reso paradossalmente più semplice le
modalità di conseguimento del titolo alla conduzione. “In questo modo – si legge nella tesi – il candidato rischia di apprendere, dal proprio accompagnatore,
abitudini e scorrettezze, anche di carattere tecnico”. Inoltre, una scuola
guida a bordo di un veicolo dotato di istruttore professionista e di doppi
comandi, è decisamente più sicuro, visto che in emergenza sarebbe più facile
intervenire.
Nel regno di Alberto II, si è lavorato in senso diametralmente opposto di
Francia, Paesi Bassi, Germania e Regno Unito, i paesi che negli ultimi anni
hanno ottenuto i migliori risultati rispetto a tutta Europa, e che lavorano
moltissimo proprio sulla formazione. Gli istruttori di scuola guida, in questi
paesi, sono sottoposti a continue verifiche ed aggiornamenti, ed i candidati,
prima di potersi iscrivere all’esame di pratica, devono aver effettuato almeno
44 ore di lezione individuale.
In Francia, l’esame per ottenere la licenza è suddiviso in varie prove, che
possono essere affrontate solo in tempi diversi, aumentando lo status di
studente del candidato. In Belgio, come in Italia, ci sono due prove secche: la teoria, coi quiz, e la pratica.
Infine, la ricercatrice ha analizzato le dinamiche dei sinistri, giungendo alla
conclusione che la velocità dei belgi è troppo alta, che gli uomini sono più
trasgressivi delle donne e che nell’immediatezza del conseguimento della
patente di guida il rischio di provocare un sinistro è incredibilmente più
alto. Insomma, una critica tout-court, che ha suscitato un grande scalpore.
(ASAPS)
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