foto dalla rete (ASAPS) VALDIDENTRO (SONDRIO), 20 agosto – La
violenza stradale è uno dei fenomeni più tragici della modernità. Lo è per il
numero di vittime che provoca, per la gravità delle lesioni permanenti, per i
profondi disagi che le vittime di eventi particolari o di quelli più gravi,
sono costrette a portarsi dietro, spesso per sempre. A Sondalo, un centro
montano dell’Alta Valtellina, Deborah Cossi, 23 anni appena, non ha mai
superato la perdita del giovane compagno di vita, rimasto ucciso in un
incidente stradale e con il quale aveva messo al mondo una splendida creatura,
Daniel. La notte tra il 6 ed il 7
agosto, Deborah si è lanciata da una rupe nel greto dell’Adda, ad oltre 1.700
metri di quota, a Boscopiano, portando con sé, nel vuoto, anche il piccolo
Daniel, che avrebbe compiuto 7 mesi pochi giorni dopo. Il fiume, limaccioso e
gelido, ha restituito solo il corpo della madre, mentre dell’innocente creatura
non c’è traccia. I Carabinieri del comando provinciale, hanno organizzato un’ultima
grande battuta, alla quale hanno partecipato anche il Soccorso Alpino, i
soccorritori fluviali dei Vigili del Fuoco, la Guardia di Finanza ed anche gli
esperti rocciatori della Polizia di Stato, giunti dalla Scuola Alpina di Moena
(Trento). Il letto del fiume è stato battuto palmo a palmo, i fondali
scandagliati, pozzi e sifoni passati al setaccio, ma le uniche tracce di Daniel
sono un pannolino ed una maglietta, immediatamente sequestrati e consegnati al
procuratore di Sondrio, che si aggiungono ad alcune tracce organiche recuperate
in acqua nei giorni precedenti: il Dna ha confermato che appartengono al
piccolo. Il suo corpicino, però, non si è trovato e con la fine dell’ultima
battuta si chiudono anche le speranze per la famiglia di Deborah di poter
seppellire le spoglie della figlia insieme a quelle del neonato. C’è poco da
far retorica, in una vicenda straziante come questa: c’è solo da riflettere.
(ASAPS) |
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