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Speravamo che le recenti modifiche apportate
al codice della strada, con il Decreto Legge n. 117 del 3 agosto 2007,
potessero rivelarsi determinanti: invece, analizzato bene il testo, emerge
l’esatto contrario. L’esigenza di punire le trasgressioni stradali più letali –
guida sotto l’effetto di alcol e stupefacenti ed eccesso di velocità – con
l’aggravamento del sistema sanzionatorio, era dettata dalla necessità di creare
innanzitutto una maggior deterrenza, possibile peraltro solo con il rinforzo
degli organi di polizia stradale e con un maggior coordinamento.
Tuttavia, la contemporanea istituzione di tre
fasce progressive di violazione – che rende praticamente impossibile un
accertamento sintomatologico da parte della polizia giudiziaria – e la
depenalizzazione del rifiuto da parte del conducente di sottoporsi ad
accertamento della propria condizione psicofisica, hanno creato una situazione
paradossale, tanto che a giovarsene saranno soprattutto i “furbi” e gli
“esperti”. Sarà sufficiente rifiutarsi per vedere trasformata la propria
condotta da reato penale ad illecito amministrativo.
“Non riusciamo a capire perché il legislatore
abbia intrapreso questa strada – dice il presidente dell’Asaps Giordano Biserni
– che eminenti esperti consultati concordano con noi nel definire assurda ed
irragionevole e sospettabile di incostituzionalità. È evidente, infatti, la
disparità di trattamento tra conducenti che si trovano nelle medesime
condizioni di fatto e di diritto. Poniamo il caso che persone in evidente stato
di ebbrezza – spiega Biserni – vengano sorprese alla guida di veicoli: alcune
soffieranno nell’etilometro o accetteranno di sottoporsi al narcotest, altre
invece si rifiuteranno. Le prime rischieranno sanzioni penali, mentre le
seconde resteranno immuni da questa eventualità, configurandosi a loro carico
semplici illeciti amministrativi, seppur pesanti”.
Si è di fatto instaurata un’ingiusta disparità
di trattamento, che premia il più furbo o, paradossalmente, il più ubriaco. Una
conducente che, per esempio, non riesca a soffiare nell’etilometro perché
eccessivamente ebbro – è il caso di un ciclomotorista della provincia di Torino
– potrà beneficiare dell’impossibilità della qualificazione del reato da lui
commesso (perché il giudice non saprà in relazione a quale grado di ebbrezza
giudicarlo) né potrà dirsi “non collaborativo” all’esecuzione del test: non ha
rifiutato ma, semplicemente, non poteva.
“Purtroppo siamo davanti – aggiunge il
presidente dell’Asaps – ad una riconosciuta facoltà da parte di persone in
evidente stato di ebbrezza di sottrarsi al controllo degli organi di polizia
stradale, essendo ormai noto che, per evitare la
Giustizia in materia di sicurezza stradale, basta dire di no al
poliziotto, al carabiniere o al vigile. Ci auguriamo che il Legislatore
intervenga al più presto per evitare che proprio attorno ai reati più gravi
connessi alla circolazione stradale, con i quali ci misuriamo ogni giorno, non
venga sancita per legge l’assoluta impunità. Oggi, di fatto, la condizione è
questa”.
L’Asaps ha arricchito il proprio portale www.asaps.it
con una serie di pareri tecnici da parte di eminenti giuristi, una sintesi
delle notizie più importanti sulla normativa e sulle iniziative intraprese
nelle diverse Procure della Repubblica, oltre che mettere a disposizione di
tutti l’intera collezione di circolari ministeriali e di estratti della
Gazzetta Ufficiale.
Forlì, 23 agosto 2007 L’ufficio stampa ASAPS
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