foto Blaco Con una sentenza decisamente al passo coi tempi (sezione prima,
18.9.2006, n. 20117) la Corte di Cassazione ha riconosciuto che ormai la
nozione di "originale" di un documento (nel caso, un verbale di
infrazione stradale) comincia ad essere qualcosa di incerto. Anzi, di
decisamente improbabile. Con tutte le conseguenze del caso, ossia emissione ed
esistenza di copie, necessità di attestazione di conformità (all’originale),
eccetera. Ma andiamo con ordine. Il Giudice di Pace di Pesaro, con sentenza del
7 agosto 2001, accogliendo l’opposizione proposta dal contravvenuto avverso un
verbale della polizia stradale, lo annullava ai sensi del D.P.R. 10 novembre
1997, n. 513, art. 6, comma 3, in quanto esso non conteneva la dichiarazione di
conformità al documento informatico. La Prefettura di Pesaro proponeva ricorso
per Cassazione lamentando che erroneamente era stata dichiarata la nullità
dell’atto, posto che la notifica dello stesso, anche se non effettuata con una copia dichiarata conforme all’originale, aveva
comunque raggiunto lo scopo di porre l’interessato in grado di difendersi, e
considerato altresì che, ai sensi del citato art. 6 quater, negli atti
amministrativi emessi mediante sistemi informatici (quale quello in questione)
era sufficiente per la loro validità la mera indicazione a stampa del soggetto
responsabile. La Corte esaminava e condivideva questo secondo motivo di gravame
ritenendolo assorbente. Faceva presente che, da un lato, il D.P.R. n. 513 del 1997,
art. 6, comma 3, disciplina "le copie su supporto informatico di documenti
formati in origine su supporto cartaceo o, comunque, non informatico", per
cui non era applicabile alla fattispecie, e che, d’altro canto, non solo il
D.L. n. 6 del 1991, art. 6 quater, dispone che, quando l’emanazione di atti
amministrativi da parte degli enti locali avviene mediante sistemi informatici,
l’apposizione di firma autografa prevista per la validità dell’atto "è
sostituita dalla indicazione a stampa, sul documento redatto dal sistema
automatizzato, de nominativo del soggetto responsabile", ma
in tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, nel
caso di contestazione non immediata della violazione, il D.P.R. 16 dicembre
1992, n. 495, art. 385 (reg. att. esec. C.d.S.) stabilisce, al comma 3, che il
verbale redatto dall’organo accertatore rimane agli atti dell’ufficio o
comando, mentre ai soggetti ai quali devono essere notificati gli estremi viene
inviato uno degli originali o copia autenticata a cura del responsabile dello
stesso ufficio o comando, e che, quando il verbale è stato redatto con sistema
meccanizzato o di elaborazione dati, viene notificato con il modulo prestampato
recante l’intestazione dell’ufficio (o del comando). Ne consegue, argomentava
la Corte, che il modulo prestampato notificato al trasgressore, pur recando
unicamente l’intestazione dell’ufficio o comando cui appartiene il
verbalizzante, è parificato per legge in tutto e per tutto al secondo originale
o alla copia autentica del verbale ed è, al pari di questi, assistito da fede
privilegiata.Non occorre quindi alcuna attestazione di conformità al documento
informatico.A commento della sentenza, occorre evidenziare in particolare la
lettera della legge citata dalla Suprema Corte, ove si richiama specificamente
il dettato: "uno degli originali". Ed infatti, oggi, con la
videoscrittura al computer, ciò che costituisce realmente l’originale del
documento è la memoria, ossia qualcosa di immateriale (d’altronde,
stiamo parlando di intelligenze artificiali), che può essere replicato
su supporto cartaceo all’infinito, in tanti esemplari ognuno uguale all’altro,
senza che ve ne sia uno, primario (appunto, "originale")
distinguibile dall’altro (e come tale fotocopiabile e/o identificabile come
copia). In altre parole, l’"origine" del documento non si individua
più nella prima stesura materiale su carta, ove, altrettanto materialmente, il
redattore appone la propria sottoscrizione ad attestare che si tratta
dell’avvenuta formazione di un documento nuovo. Al contrario si individua nel
dato memorizzato, in sé non materialmente apprensibile. Occorre comunque fare
attenzione. Il documento esistente solo al computer allo stadio di nuda
memoria, sappiamo, può essere modificato, per cui occorre comunque estrarre una
traccia della sua formazione, e ciò può avvenire solo con la trasposizione del
suo contenuto su carta. Ossia, con la fissazione della sua formazione e
perfetta esistenza. La stampa del documento (anche la prima stampa, in quanto,
come abbiamo detto, si tratta di stampe tutte uguali, non diversamente
connotabili l’una rispetto all’altra), quindi, conserva una sua funzione sul
piano probatorio. Ossia, ogni stampa, dalla prima in poi, assicura che
il documento è esistente in memoria (e si potrebbe dire, in
"originale") in quei termini e con quel contenuto. Non esiste più,
invece, l’originale sostanziale del documento, quello formato a mano o con la
macchina da scrivere a tasto, con tanto di firma autografa, che costituiva un primum
e un unicum irripetibile, del quale si potevano solo trarre delle
riproduzioni aventi natura e funzione di copie. foto Blaco Questo, probabilmente,
costituisce il futuro generalizzato di tutta l’attività di documentazione
(amministrativa, giudiziaria, forse anche privata), la quale obbedirà sempre
più a un’esigenza di minimizzazione degli sprechi (di carta) e di
razionalizzazione degli spazi, con ricorso ad archivi informatici (ove, magari,
verranno inseriti i documenti scannerizzati, quindi così "fissati"
nella storia, come avveniva e tutt’ora avviene per i documenti microfilmati) e
stampa solo in casi limitati e all’occorrenza. Ma questa è anche una storia già
vecchia e risaputa, e se ne parlò, ad esempio, quando uscì la famosa (e
discussa) legge 5 ottobre 2001, n. 367 (avente ad oggetto la "Ratifica ed
esecuzione dell’accordo fra Italia e Svizzera che completa la Convenzione
Europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne
agevola l’applicazione, nonché conseguenti modifiche al codice penale e al codice
di procedura penale"), con la quale si stabilì che per le rogatorie (in
questo caso, fra Italia e Svizzera) occorre l’invio di copie o fotocopie munite
del visto di conformità, e non più di copie semplici, come sempre era avvenuto
(introducendo così, fra l’altro, il rischio di "sgonfiare" e
nullificare tutte le rogatorie che già erano in atto e i relativi
procedimenti). Allora, in un convegno su "La trasparenza
dell’economia" svolto a Genova il 21 novembre 2001, il procuratore generale
del Cantone di Ginevra Bernard Bertossa (uno che se ne intendeva) affermò che
queste nuove disposizioni avrebbero reso sempre più difficile la collaborazione
fra giudici di diversi paesi. Fece infatti notare in quell’occasione Bertossa
che l’obbligo di invio di copie autenticate o di documenti originali "fa
pensare che al legislatore italiano non piacciano soprattutto i documenti
bancari: da anni infatti nelle banche non esistono gli originali, essendo
tutto registrato su computer, per cui ora, con la nuova legge, si dovranno
inviare alle autorità italiane documenti che di fatto non esistono".
Quindi, per i verbali di infrazione stradale (lo ha detto la Cassazione in
quanto lo prevede una legge dello Stato) gli originali cartacei non esistono
più, con la conseguenza che non si può più parlare di copie autenticate o di
copie con visto di conformità. Per i documenti bancari che riguardano affari di
denaro condotti fra Italia e Svizzera, un’altra legge dello Stato, un po’
cavillando, ha invece stabilito che gli originali continueranno sempre ad
esistere, anche se di fatto ormai non è più vero. Eppure tutto, verbali e atti
bancari, viene formato a computer allo stesso modo. Mah…. *
Gip presso il Tribunale di Forlì
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