Il rischio
di incrociare un animale (in senso naturalistico, ovviamente) in autostrada è
piuttosto remoto, ma se ne sbuca all’improvviso uno davanti all’auto lanciata
in velocità, i danni sono pesanti e dovrà provvedere la società concessionaria
a risarcirli. Che l’onere spetti alle Autostrade è oramai, alla luce di anni di
sentenze in merito, indiscutibile. Quello che invece è stato oggetto di
discussioni e posizioni divergenti è il titolo della responsabilità civile. La
Cassazione, oggi, statuisce che la responsabilità deriva dall’obbligo di
custodire il percorso autostradale, quindi a carico del concessionario, si
applica l’art. 2051 cod. civ. In precedenza alcune sentenze avevano fatto
riferimento alla responsabilità contrattuale: l’automobilista paga il tiket e
la società concessionaria deve garantirgli la fruibilità del percorso. Se ciò
non avviene il contratto non è rispettato E’ un caso di colpa per danni per cose
in custodia a proposito del quale l’art. 2051 del codice civile parla chiaro:
l’unico modo per evitare la responsabilità è provare che il danno sia derivato
da caso fortuito. Si era pronunciato tanti anni fa in questo senso il Pretore
di Torre Annunziata (NA) con la sentenza 20 giugno 1965. Il giudice, nella
fattispecie, occupandosi del caso di un cane sbucato improvvisamente dalla
siepe spartitraffico, aveva condannato la società autostrade a pagare il danno
per il mancato rispetto il contratto col cliente debitore del pedaggio. La
tesi, per così dire "contrattualistica", però, non ha convinto la
Cassazione che intervenuta su casi analoghi l’ha rifiutata (Cass. N. 260/75),
così come del resto hanno fatto anche gli studiosi del diritto (VENTRELLA,
1976). Per questi ultimi, il pagamento del pedaggio, non fa sorgere alcun
rapporto contrattuale. Ma se di contratto non si parla, a che titolo la società
autostradale dovrà risponderne? In quanto custode o per una colpa più generale
che si sostanzia nel principio generale del neminem laedere. La risposta
non è così indifferente, dato che se si applica la responsabilità del custode
(art. 2051 cod. civ.) la concessionaria deve dimostrare di aver correttamente esercitato il
controllo sul percorso e solo la prova del caso fortuito potrà scagionarla; se
invece si applica l’art. 2043 cod. civ. (principio del neminem laedere),
spetterà all’automobilista danneggiato provare che il danno subito deriva da
una negligenza della società autostrade. Qui, peraltro, non parliamo di buche
sull’asfalto o di cartelli mal posizionati o caduti: parliamo di animali che
attraversano la carreggiata sbarrando improvvisamente la strada alle auto in
velocità. Quindi, in un caso (art. 2051 cod. civ.) o nell’altro (art. 2043 cod.
civ.) per sostenere che la concessionaria sia in difetto, occorre chiarire se,
per evitare simili episodi, sussista l’obbligo di recintare il percorso: unico
modo per evitare l’ingresso "abusivo" di animali (o persone). Su
questo punto dobbiamo tracciare una storica linea di demarcazione tra ciò che
era previsto sotto l’egida del vecchio codice della strada e quello che il
nuovo codice prescrive in merito all’obbligo di recinzione. Un primo
orientamento della giurisprudenza - sotto la vigenza del vecchio codice - aveva
rilevato l’assenza di una norma che prescrivesse in capo al proprietario o al
concessionario di installare lungo l’itinerario la rete di recinzione. Così, la
Suprema Corte (Cass. n. 800/81), affermava che il titolo della responsabilità,
del concessionario d’autostrada a pedaggio, per danni subiti da un utente
(tanto alla persona che alla vettura), non si poteva far derivare dal fatto che
il concessionario medesimo non avesse provveduto alla recinzione continua, così
da impedire l’invasione da parte di animali della sede autostradale. Però, si
riteneva anche che, nel caso in cui, per autonoma iniziativa (oppure di
assunzione di un tale obbligo da parte concessionario verso il concedente), di
fatto, l’ente gestore avesse provveduto all’installazione, pur in difetto di un
obbligo di legge, esso dovesse assicurare la sua manutenzione ed in caso di
rottura la segnalazione della conseguente situazione di pericolo, nonché la
sollecita riparazione. L’installazione, infatti, fa sorgere nell’utente un
legittimo affidamento, l’idea di uno stato di apparente transitabilità
dell’autostrada, una ragionevole aspettativa
che essa sia integra, creando una situazione ai limiti del pericolo occulto
(Cass. n. 3555/80; Cass. n. 2781/79; Cass. n. 260/75; Cass. n. 2806/66). I
Pretori ed i Tribunali, hanno detto qualcosa di più: la costruzione,
manutenzione e riparazione dell’autostrada sono rimesse alla discrezionalità
della pubblica amministrazione e per essa al concessionario dell’autostrada.
Questi Enti (compresa la concessionaria) però, nell’esercizio della propria
discrezionalità trovano un limite: quello dell’antico principio del neminem
laedere. Ora, se si vogliono evitare arbitrarie ed illegittime immissioni
(ai sensi del vecchio art. 2 cod. str.) nelle autostrade, la rete di recinzione
costituisce una delle strutture necessarie e, quindi, un mezzo indispensabile.
La società, sempre sotto il vecchio codice, poteva installarla o no, ma in caso
d’incidente si riteneva costituisse colpa grave la destinazione di un percorso
ad autostrada senza le cautele idonee ad impedire l’improvviso ed inopinato
attraversamento di un cane (App. Milano 24 novembre 1970, Pret. Trani 11 aprile
1990; Pret. Castellammare del Golfo 16 marzo 1987; Trib. Napoli 15 novembre
1985., n. 30; Trib. Napoli 30 marzo 1983; App. Firenze 19 settembre 1967). Per
sintetizzare il concetto in maniera più semplice, se non succede nulla la
questione non sorge, ma in caso di incidente per l’invasione abusiva, alla
società autostrade il giudice chiederà: "cosa avresti dovuto fare per
evitarlo nel modo più assoluto?". Dato che la risposta sarà
"recintare", si riscontrerà la negligenza per non averlo fatto. Non
si applicava, però, in questi casi, l’art. 2051 c.c. per il carente controllo,
poiché, il dovere di custodia, non implicava un espresso dovere di provvedere
alla recinzione. Ed anche in presenza di squarci poteva ravvisarsi, al più, una
responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. come comportamento colposo in
relazione ai doveri derivanti dall’art. 2 del vecchio codice della strada (t.u.
15 giugno 1959 n. 393) che dava all’autostrada il significato di strada
"riservata" alla circolazione di veicoli e motoveicoli. Qualche
giudice, temperando il rigore di quest’interpretazione ha escluso, nel caso
concreto, la responsabilità di natura extracontrattuale della società che
gestisce l’autostrada, ritenendo che essa avesse assolto il suo onere di
normale diligenza con la continua sorveglianza del percorso, delle reti di
recinzione, nonché dei varchi, da parte del suo personale. L’insussistenza di
tale responsabilità si giustificava, però, proprio sulla base del fatto che
l’utente non può vantare alcuna pretesa all’installazione di recinzioni di
protezione. Diceva l’Alta Corte: "……non si può parlare di un
affidamento assoluto, da parte di chi usa l’autostrada, di viaggiare in luogo
sicuro, perché non è da escludere che qualche animale salti la recinzione e
penetri nella sede autostradale" (Cass. n. 385/69; App. Milano 15 gennaio
1965). La Corte d’Appello di Brescia non ha ravvisato, sulla scorta di un
simile ragionamento, la responsabilità dell’ente proprietario dell’autostrada
per l’investimento di una bambina che aveva attraversato la carreggiata
autostradale, dopo essersi immessa attraverso un varco aperto nella rete di
recinzione, anche se i varchi erano stati aperti da tempo e il sottopassaggio
pedonale consentiva con difficoltà e disagio il transito dei pedoni. Secondo il
giudicante "…. l’adozione di una recinzione non obbligatoria non crea
l’obbligo di mantenerla in efficienza e che l’automobilista deve prospettarsi
l’eventualità che siano in essa aperti dei varchi" (App. Brescia 15 giugno
1970). Nei pochi casi, poi, sempre sotto il vecchio codice, in cui la
Cassazione aveva ritenuto che si dovesse ragionare in termini di colpa della
concessionaria per difetto di custodia (art. 2051 cod. civ.), la Corte aveva guardato con occhio benevolo alle
società autostradali, sostenendo che non trova applicazione, nei confronti
della pubblica amministrazione proprietaria dell’autostrada, la responsabilità
per danni cagionati da cose in custodia, trattandosi di beni la cui estensione
non consente una vigilanza ed un controllo idonei ad evitare l’insorgenza di
situazioni di pericolo (Cass. n. 921/88). foto Blaco Questo criterio dell’estensione del
bene autostrada, come presupposto tale da impedire il controllo atto ad evitare
cause di pericolo per i terzi, è stato in parte confutato in altre decisioni
della Suprema Corte, nelle quali, per contro è stata ritenuta configurabile la
responsabilità in relazione a beni demaniali di limitata estensione (Cass. n.
526/87; Cass. n. 2319/85; Cass. n. 671/78). Inoltre, altri pronunciamenti hanno
ritenuto applicabile l’art. 2051 c.c. tout curt. (Cass. n. 3392/82). Col
nuovo codice della strada, la previsione espressa della presenza della
recinzione lungo l’intero tracciato è data dall’art. 2, 3° comma, lett. a,
d.leg. 30 aprile 1992 n. 285. La prospettiva, perciò cambia. Affermando che
l’obbligo installazione e, conseguentemente, di manutenzione e di regolazione
tecnica della circolazione non è altro che un particolare atteggiarsi del
dovere di custodia, si finisce col ritenere applicabile pienamente l’art. 2051
c.c., laddove l’evento dannoso sia dipeso da una situazione del bene demaniale
rispetto alla quale il dovere di custodia risulta specificato da doveri in capo
alla pubblica amministrazione. Dice, a questo proposito il Tribunale di Udine;
"il concessionario di un’autostrada sia responsabile ex art 2051 c.c.,
quale custode della strada stessa per i danni arrecati agli utenti dalla
presenza di sostanze oleose, anche se lasciate da altri veicoli, senza che
assuma alcuna rilevanza il fatto che l’estensione del bene oggetto di custodia
possa, in talune circostanze, impedire un controllo diretto al fine di evitare
l’insorgenza di una situazione di pericolo. Va ricordato in proposito che la
più recente giurisprudenza della Cassazione ha mostrato di condividere tale
indirizzo in tema di responsabilità degli enti pubblici locali per i danni
subiti da un passante per la caduta sulla sede stradale" (Trib. Udine 18
maggio 1992). Di recente, poi, la Cassazione (Cass. Civ. n. 298/2003),
rafforzando questa posizione ha ritenuto, per le autostrade dal nuovo codice
della strada (D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), per loro natura destinate alla
percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, che l’apprezzamento relativo
alla effettiva "possibilità" del controllo alla stregua degli
indicati parametri, non può che indurre a ravvisare la configurabilità di un
rapporto di custodia per gli effetti di cui all’ art. 2051 c.c. (conforme,
Cass. n. 488/2003). Quindi, in conclusione, quando sbuca un animale sulla
carreggiata ed i guai sono tanti, qualcuno dovrà dimostrare che per un
accidente (caso fortuito) sulla recinzione si è creato un varco. In tutti gli
altri casi, l’autostrada si addosserà i danni. * Funzionario della Polizia di Stato e Docente di Politiche della Sicurezza
Presso l’Università di Bologna da "il Centauro n.114 |
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