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Articoli 24/08/2007

Animale in autostrada: danni a carico della società concessionaria



Il rischio di incrociare un animale (in senso naturalistico, ovviamente) in autostrada è piuttosto remoto, ma se ne sbuca all’improvviso uno davanti all’auto lanciata in velocità, i danni sono pesanti e dovrà provvedere la società concessionaria a risarcirli. Che l’onere spetti alle Autostrade è oramai, alla luce di anni di sentenze in merito, indiscutibile. Quello che invece è stato oggetto di discussioni e posizioni divergenti è il titolo della responsabilità civile. La Cassazione, oggi, statuisce che la responsabilità deriva dall’obbligo di custodire il percorso autostradale, quindi a carico del concessionario, si applica l’art. 2051 cod. civ. In precedenza alcune sentenze avevano fatto riferimento alla responsabilità contrattuale: l’automobilista paga il tiket e la società concessionaria deve garantirgli la fruibilità del percorso. Se ciò non avviene il contratto non è rispettato E’ un caso di colpa per danni per cose in custodia a proposito del quale l’art. 2051 del codice civile parla chiaro: l’unico modo per evitare la responsabilità è provare che il danno sia derivato da caso fortuito. Si era pronunciato tanti anni fa in questo senso il Pretore di Torre Annunziata (NA) con la sentenza 20 giugno 1965. Il giudice, nella fattispecie, occupandosi del caso di un cane sbucato improvvisamente dalla siepe spartitraffico, aveva condannato la società autostrade a pagare il danno per il mancato rispetto il contratto col cliente debitore del pedaggio. La tesi, per così dire "contrattualistica", però, non ha convinto la Cassazione che intervenuta su casi analoghi l’ha rifiutata (Cass. N. 260/75), così come del resto hanno fatto anche gli studiosi del diritto (VENTRELLA, 1976). Per questi ultimi, il pagamento del pedaggio, non fa sorgere alcun rapporto contrattuale. Ma se di contratto non si parla, a che titolo la società autostradale dovrà risponderne? In quanto custode o per una colpa più generale che si sostanzia nel principio generale del neminem laedere. La risposta non è così indifferente, dato che se si applica la responsabilità del custode (art. 2051 cod. civ.) la concessionaria deve dimostrare di aver correttamente esercitato il controllo sul percorso e solo la prova del caso fortuito potrà scagionarla; se invece si applica l’art. 2043 cod. civ. (principio del neminem laedere), spetterà all’automobilista danneggiato provare che il danno subito deriva da una negligenza della società autostrade. Qui, peraltro, non parliamo di buche sull’asfalto o di cartelli mal posizionati o caduti: parliamo di animali che attraversano la carreggiata sbarrando improvvisamente la strada alle auto in velocità. Quindi, in un caso (art. 2051 cod. civ.) o nell’altro (art. 2043 cod. civ.) per sostenere che la concessionaria sia in difetto, occorre chiarire se, per evitare simili episodi, sussista l’obbligo di recintare il percorso: unico modo per evitare l’ingresso "abusivo" di animali (o persone). Su questo punto dobbiamo tracciare una storica linea di demarcazione tra ciò che era previsto sotto l’egida del vecchio codice della strada e quello che il nuovo codice prescrive in merito all’obbligo di recinzione. Un primo orientamento della giurisprudenza - sotto la vigenza del vecchio codice - aveva rilevato l’assenza di una norma che prescrivesse in capo al proprietario o al concessionario di installare lungo l’itinerario la rete di recinzione. Così, la Suprema Corte (Cass. n. 800/81), affermava che il titolo della responsabilità, del concessionario d’autostrada a pedaggio, per danni subiti da un utente (tanto alla persona che alla vettura), non si poteva far derivare dal fatto che il concessionario medesimo non avesse provveduto alla recinzione continua, così da impedire l’invasione da parte di animali della sede autostradale. Però, si riteneva anche che, nel caso in cui, per autonoma iniziativa (oppure di assunzione di un tale obbligo da parte concessionario verso il concedente), di fatto, l’ente gestore avesse provveduto all’installazione, pur in difetto di un obbligo di legge, esso dovesse assicurare la sua manutenzione ed in caso di rottura la segnalazione della conseguente situazione di pericolo, nonché la sollecita riparazione. L’installazione, infatti, fa sorgere nell’utente un legittimo affidamento, l’idea di uno stato di apparente transitabilità dell’autostrada, una ragionevole aspettativa che essa sia integra, creando una situazione ai limiti del pericolo occulto (Cass. n. 3555/80; Cass. n. 2781/79; Cass. n. 260/75; Cass. n. 2806/66). I Pretori ed i Tribunali, hanno detto qualcosa di più: la costruzione, manutenzione e riparazione dell’autostrada sono rimesse alla discrezionalità della pubblica amministrazione e per essa al concessionario dell’autostrada. Questi Enti (compresa la concessionaria) però, nell’esercizio della propria discrezionalità trovano un limite: quello dell’antico principio del neminem laedere. Ora, se si vogliono evitare arbitrarie ed illegittime immissioni (ai sensi del vecchio art. 2 cod. str.) nelle autostrade, la rete di recinzione costituisce una delle strutture necessarie e, quindi, un mezzo indispensabile. La società, sempre sotto il vecchio codice, poteva installarla o no, ma in caso d’incidente si riteneva costituisse colpa grave la destinazione di un percorso ad autostrada senza le cautele idonee ad impedire l’improvviso ed inopinato attraversamento di un cane (App. Milano 24 novembre 1970, Pret. Trani 11 aprile 1990; Pret. Castellammare del Golfo 16 marzo 1987; Trib. Napoli 15 novembre 1985., n. 30; Trib. Napoli 30 marzo 1983; App. Firenze 19 settembre 1967). Per sintetizzare il concetto in maniera più semplice, se non succede nulla la questione non sorge, ma in caso di incidente per l’invasione abusiva, alla società autostrade il giudice chiederà: "cosa avresti dovuto fare per evitarlo nel modo più assoluto?". Dato che la risposta sarà "recintare", si riscontrerà la negligenza per non averlo fatto. Non si applicava, però, in questi casi, l’art. 2051 c.c. per il carente controllo, poiché, il dovere di custodia, non implicava un espresso dovere di provvedere alla recinzione. Ed anche in presenza di squarci poteva ravvisarsi, al più, una responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. come comportamento colposo in relazione ai doveri derivanti dall’art. 2 del vecchio codice della strada (t.u. 15 giugno 1959 n. 393) che dava all’autostrada il significato di strada "riservata" alla circolazione di veicoli e motoveicoli. Qualche giudice, temperando il rigore di quest’interpretazione ha escluso, nel caso concreto, la responsabilità di natura extracontrattuale della società che gestisce l’autostrada, ritenendo che essa avesse assolto il suo onere di normale diligenza con la continua sorveglianza del percorso, delle reti di recinzione, nonché dei varchi, da parte del suo personale. L’insussistenza di tale responsabilità si giustificava, però, proprio sulla base del fatto che l’utente non può vantare alcuna pretesa all’installazione di recinzioni di protezione. Diceva l’Alta Corte: "……non si può parlare di un affidamento assoluto, da parte di chi usa l’autostrada, di viaggiare in luogo sicuro, perché non è da escludere che qualche animale salti la recinzione e penetri nella sede autostradale" (Cass. n. 385/69; App. Milano 15 gennaio 1965). La Corte d’Appello di Brescia non ha ravvisato, sulla scorta di un simile ragionamento, la responsabilità dell’ente proprietario dell’autostrada per l’investimento di una bambina che aveva attraversato la carreggiata autostradale, dopo essersi immessa attraverso un varco aperto nella rete di recinzione, anche se i varchi erano stati aperti da tempo e il sottopassaggio pedonale consentiva con difficoltà e disagio il transito dei pedoni. Secondo il giudicante "…. l’adozione di una recinzione non obbligatoria non crea l’obbligo di mantenerla in efficienza e che l’automobilista deve prospettarsi l’eventualità che siano in essa aperti dei varchi" (App. Brescia 15 giugno 1970). Nei pochi casi, poi, sempre sotto il vecchio codice, in cui la Cassazione aveva ritenuto che si dovesse ragionare in termini di colpa della concessionaria per difetto di custodia (art. 2051 cod. civ.), la Corte aveva guardato con occhio benevolo alle società autostradali, sostenendo che non trova applicazione, nei confronti della pubblica amministrazione proprietaria dell’autostrada, la responsabilità per danni cagionati da cose in custodia, trattandosi di beni la cui estensione non consente una vigilanza ed un controllo idonei ad evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo (Cass. n. 921/88).

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foto Blaco

Questo criterio dell’estensione del bene autostrada, come presupposto tale da impedire il controllo atto ad evitare cause di pericolo per i terzi, è stato in parte confutato in altre decisioni della Suprema Corte, nelle quali, per contro è stata ritenuta configurabile la responsabilità in relazione a beni demaniali di limitata estensione (Cass. n. 526/87; Cass. n. 2319/85; Cass. n. 671/78). Inoltre, altri pronunciamenti hanno ritenuto applicabile l’art. 2051 c.c. tout curt. (Cass. n. 3392/82). Col nuovo codice della strada, la previsione espressa della presenza della recinzione lungo l’intero tracciato è data dall’art. 2, 3° comma, lett. a, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285. La prospettiva, perciò cambia. Affermando che l’obbligo installazione e, conseguentemente, di manutenzione e di regolazione tecnica della circolazione non è altro che un particolare atteggiarsi del dovere di custodia, si finisce col ritenere applicabile pienamente l’art. 2051 c.c., laddove l’evento dannoso sia dipeso da una situazione del bene demaniale rispetto alla quale il dovere di custodia risulta specificato da doveri in capo alla pubblica amministrazione. Dice, a questo proposito il Tribunale di Udine; "il concessionario di un’autostrada sia responsabile ex art 2051 c.c., quale custode della strada stessa per i danni arrecati agli utenti dalla presenza di sostanze oleose, anche se lasciate da altri veicoli, senza che assuma alcuna rilevanza il fatto che l’estensione del bene oggetto di custodia possa, in talune circostanze, impedire un controllo diretto al fine di evitare l’insorgenza di una situazione di pericolo. Va ricordato in proposito che la più recente giurisprudenza della Cassazione ha mostrato di condividere tale indirizzo in tema di responsabilità degli enti pubblici locali per i danni subiti da un passante per la caduta sulla sede stradale" (Trib. Udine 18 maggio 1992). Di recente, poi, la Cassazione (Cass. Civ. n. 298/2003), rafforzando questa posizione ha ritenuto, per le autostrade dal nuovo codice della strada (D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, che l’apprezzamento relativo alla effettiva "possibilità" del controllo alla stregua degli indicati parametri, non può che indurre a ravvisare la configurabilità di un rapporto di custodia per gli effetti di cui all’ art. 2051 c.c. (conforme, Cass. n. 488/2003). Quindi, in conclusione, quando sbuca un animale sulla carreggiata ed i guai sono tanti, qualcuno dovrà dimostrare che per un accidente (caso fortuito) sulla recinzione si è creato un varco. In tutti gli altri casi, l’autostrada si addosserà i danni.

* Funzionario della Polizia di Stato e
Docente di Politiche della Sicurezza
Presso l’Università di Bologna
 

da "il Centauro n.114

   
© asaps.it

di Ugo Terracciano*

Venerdì, 24 Agosto 2007
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