Giurisprudenza di legittimità CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sezione IV, 13 luglio 2007, n. 27740
Sui motivi di appello,
diretti ad ottenere l’assoluzione nel merito dell’imputato, sul duplice rilievo
dell’asserito comportamento colposo del pedone, che procedeva barcollando ed in
stato di alterazione, e della affermata mancanza di prove che la velocità
dell’autovettura fosse superiore a quella consentita, la Corte ne argomentava
l’infondatezza, osservando che lo stesso imputato aveva ammesso di aver notato
la vittima percorrere il margine della strada con andatura barcollante e che,
pertanto, essendo prevedibile anche una improvvisa deviazione del pedone, la
condotta di guida dello I. si palesava con evidenza inadeguata alla situazione
concreta e colposa. Veniva altresì dato
atto anche del concorso di colpa della vittima senza stabilirne però
l’incidenza. Avverso la sentenza,
propone ricorso l’imputato che articola tre distinti motivi di doglianza. Con il primo prospetta
la violazione di legge in ordine al giudizio di prevedibilità ed evitabilità
dell’evento, non essendo imputabile allo I. alcun profilo di colpa specifica né
generica. Sotto il primo
profilo, si sostiene che l’imputato non aveva violato la norma precauzionale
prevista dall’art. 142 del codice della strada, emergendo dalla stessa sentenza
che al momento dell’investimento l’autovettura osservava il limite di velocità
di 50 Km orari né quella di cui all’art. 141 dello stesso codice, che,
nell’imporre al conducente di regolare la velocità al fine di arrestare
tempestivamente il mezzo, avrebbe riferimento esclusivamente agli eventi
prevedibili tra i quali non poteva certamente rientrare la condotta della vittima. Parimenti, nessun
profilo di colpa generica sarebbe imputabile allo I., essendo del tutto
imprevedibile l’improvviso attraversamento del pedone. Con il secondo motivo
denuncia la manifesta illogicità della motivazione laddove i giudici di appello
affermano la facile prevedibilità dell’attraversamento da parte del pedone,
così applicando un giudizio non giustificato sulla base di massime di
esperienza generalmente riconosciute. La contraddittorietà della sentenza
emergerebbe anche dalla circostanza che la stessa Corte di Appello ha dato atto
che l’imputato tentò, pur se invano, di porre in essere una cd. manovra di
emergenza. Inoltre, in assenza di una consulenza cinematica sull’autovettura,
il giudice di merito non aveva a disposizione elementi probatori sufficienti a
fondare il giudizio di responsabilità dello I., non potendosi escludere
logicamente che il cd. comportamento alternativo lecito non sarebbe valso ad
impedire l’investimento del pedone. Con il terzo motivo
denuncia l’erronea interpretazione dell’art. 133 c.p., avendo i giudici del
merito inflitto una pena (mesi cinque di reclusione per l’omicidio colposo) non
commisurata ai fatti ed alla personalità dell’imputato, incensurato. Il ricorso è
infondato. I primi due motivi
strettamente connessi, meritano trattazione congiunta, vertendo tutti
sull’assenza di colpa dell’imputato a fronte del comportamento gravemente
colposo del pedone. Prima di procedere
all’esame dei motivi, appare opportuno soffermarsi sui principi più volte
affermati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine agli obblighi gravanti
sul conducente. In primo luogo, il
conducente è tenuto a vigilare al fine di avvistare il pedone. L’avvistamento del
pedone implica la percezione di una situazione di pericolo, in presenza della
quale ogni conducente è tenuto a porre in essere una serie di accorgimenti (in
particolare, moderare la velocità e, all’occorrenza, arrestare la marcia del
veicolo), al fine di prevenire il rischio di un investimento. Circa i doveri di
attenzione del conducente tesi ad avvistare il pedone, si è sottolineato che
grava sul conducente l’obbligo di ispezionare continuamente la strada che sta
per impegnare, mantenendo un costante controllo del veicolo in rapporto alle
condizioni della strada stessa e del traffico e di prevedere tutte quelle
situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire
intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada (v. Sez IV, 2 marzo
2007, Basta; 23 gennaio 2007, Tassi e 13 ottobre 2005, Tavoliere). Al fine di escludere
la responsabilità del conducente è, perciò, necessario che lo stesso sia
trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva
impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne i movimenti, attuati in
modo rapido ed inatteso; occorre, inoltre che nessuna infrazione alle norme
della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile
nel suo comportamento (v. le citate sentenze Sez. IV). Alla luce di tale
premessa, ritiene il Collegio che la sentenza impugnata sia esente da vizi
logico-giuridici. I giudici dell’appello
all’esito della valutazione degli elementi acquisiti, hanno ritenuto di
attribuire rilievo nel determinismo causale dell’evento alla imprudenza e
negligenza dell’imputato, il quale, pur avendo avvistato il pedone (il quale,
come ammesso dallo stesso imputato, percorreva il margine della strada con
andatura barcollante), non ovviava alla situazione di pericolosità, arrestando
l’autovettura o riducendo la velocità, in modo da rendere possibile l’arresto
in caso di improvvisa invasione della carreggiata da parte di persona, che,
come rilevato dalla Corte di merito manifestava segni di non adeguato controllo
della propria persona. La Corte di merito ha,
inoltre escluso, anche questa volta con motivazione esente da censure, che il
comportamento della vittima nell’attraversamento fosse qualificabile come
repentino ed improvviso, e come tale, idoneo ad escludere la responsabilità
dello I., avendo avuto l’imputato la possibilità di avvistare il pedone e di
osservarne tempestivamente i movimenti. Ad analoga conclusione
i giudici di secondo grado pervenivano con riferimento alla vana manovra di
deviazione dell’autovettura verso destra, posta in essere dal guidatore per
schivare il pedone, il cui asserito arresto al centro della strada – peraltro
indimostrato – è stato legittimamente ritenuto irrilevante, a fronte del
comportamento gravemente imprudente del guidatore. Il giudizio espresso
sul punto attiene al merito dei fatti e non è sindacabile in sede di legittimità
perché frutto di un apprezzamento delle emergenze processuali in ordine alla
condotta di guida del ricorrente, ai profili di colpa in essa ravvisati e alla
loro incidenza sotto il profilo causale, del quale è stata data congrua e
coerente giustificazione. Infondata è anche la
censura relativa all’erronea applicazione dell’art. 133 c.p., con riferimento
al trattamento sanzionatorio applicato. È decisiva, in tal senso, la
considerazione che la facile prevedibilità dell’attraversamento del pedone come
correttamente rilevato dalla corte di merito, implica un grado di colpa del
ricorrente, in relazione al quale la pena inflitta è certamente adeguata,
essendo, oltretutto, prossima ai minimi edittali. Al rigetto del ricorso
consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte Suprema di
cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Depositata in
Cancelleria il 13 luglio 2007 |
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