L’amministrazione
competente deve far presente ai cittadini stranieri che la domanda di permesso
di soggiorno deve essere presentata personalmente. Il Consiglio di Stato ha
così accolto il ricorso di una straniera contro il Ministero dell’ Interno e la
Questura di Napoli che con una nota, in seguito ad una richiesta di
chiarimenti, avevano comunicato al suo avvocato che la domanda di rinnovo del
permesso di soggiorno non era stata presentata e che la ricorrente risultava al
momento irregolare nel territorio italiano. Per la Questura la domanda di
rinnovo del permesso di soggiorno era inesistente poiché non era stata
sottoscritta e presentata personalmente dalla parte interessata. Infatti la
ricorrente, pensando di affrontare la pratica con il massimo scrupolo, si era
avvalsa dell’assistenza di un legale che, munito di procura, aveva richiesto il
rinnovo. Secondo i Supremi giudici amministrativi il ricorso è fondato in
quanto l’amministrazione, prima di adottare il provvedimento negativo, in
questo caso la nota in cui si affermava che la ricorrente risultava clandestina
perchè l’istanza di rinnovo era inesistente, avrebbe dovuto informare
l’interessata dell’obbligo di sottoscrivere e presentare personalmente la
domanda, fermo restando che la domanda risultava irregolare dal momento che la
legge prescrive che la richiesta di permesso di soggiorno, così come quella di
rinnovo, non ammette alcun tipo di procura e deve essere sottoscritta e
presentata personalmente dagli interessati. (28 agosto 2007)
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione sesta, sentenza n. 4062/2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE sul ricorso in appello n. 8561/06 proposto
dalla sig.ra A rappresentata e difesa dall’avv. Salvatore Ronca e dall’avv.
Gennaro Ambrosio ed elettivamente domiciliata in Roma, presso la Segreteria del
Consiglio di Stato, piazza Capo di Ferro n. 13;
contro il Ministero dell’Interno e la Questura di
Napoli, in persona del Ministro in carica rappresentati e difesi
dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso i suoi uffici in
Roma, via dei Portoghesi n. 12; per l’annullamento della sentenza n. 8354 in data 28 settembre
2006 del Tribunale Amministrativo per la Campania, Sede di Napoli, Sezione IV,
resa inter partes.
Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio
delle parti appellate; Viste le memorie prodotte dalle parti a
sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la pubblica udienza
dell’8 maggio 2007 il Consigliere Manfredo Atzeni ed udito l’avv. dello Stato
Cesaroni; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto
quanto segue.
FATTO Con ricorso al Tribunale Amministrativo per la
Campania, Sede di Napoli, la sig.ra A impugnava la nota in data 8/4/2006 con la
quale il Dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Napoli
comunicava all’avv. G. A.che la suddetta sig.ra A non risultava avere
presentato domanda di rinnovo del permesso di soggiorno e pertanto risultava
irregolare sul territorio italiano. Sosteneva che la domanda era stata presentata
dall’avv. A. in forza di regolare procura, allegata all’istanza, per cui doveva
essere presa in considerazione dall’Ufficio; chiedeva quindi l’annullamento dei
provvedimenti impugnati. Con la sentenza n. 8354 in data 28 settembre
2006 i primi giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso. Avverso la predetta sentenza sig.ra A propone
l’appello in epigrafe contestando gli argomenti addotti dal giudice di prime
cure e chiedendo il suo annullamento. Si è costituita in giudizio l’Avvocatura
Generale dello Stato, depositando la sola costituzione. Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2007 la
causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO L’appello è fondato. L’appellante ha chiesto il rinnovo del
permesso di soggiorno, già rilasciato in suo favore. La domanda non è stata sottoscritta e
presentata direttamente dall’interessata che, a tale scopo, ha conferito
procura ad un avvocato; la sottoscrizione della procura è stata autenticata dal
medesimo avvocato, ai sensi dell’art. 83 c.p.c. L’Ufficio ha ritenuto la domanda inesistente,
presumibilmente in applicazione dell’art. 5, quarto comma, del D.
Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 [1], il quale impone che la domanda di
rinnovo del permesso di soggiorno sia sottoscritta personalmente dall’istante. L’Ufficio non ha assunto un provvedimento
espresso di inammissibilità o rigetto della domanda. In risposta ad una nota del predetto avvocato,
con la quale egli chiedeva notizie sulla pratica, ha comunicato che
l’appellante non risultava avere presentato domanda di rinnovo del permesso di
soggiorno, e che quindi, allo stato, la stessa era clandestina nel territorio
italiano. I primi giudici hanno ritenuto tale nota priva
di contenuto provvedimentale, in quanto meramente descrittiva della situazione
giuridica dell’appellante, ma la tesi non può essere condivisa. Non è revocabile in dubbio il fatto che
all’Ufficio sia pervenuta una domanda di rinnovo di permesso di soggiorno. Tale domanda è stata predisposta in forma
diversa da quella richiesta dall’art. 5, quarto comma, del D. Lgs. 25 luglio
1998, n. 286, il quale impone che le domande di permesso di soggiorno siano
presentate personalmente dall’interessato. La norma ha un significato sostanziale,
essendo palesemente rivolta ad evitare che le sorti del lavoratore
extracomunitario siano gestite da soggetti diversi, che la comune conoscenza
insegna essere spesso legati alla criminalità. Giova anche osservare che il richiamato art.
83 c.p.c. legittima l’avvocato ad autenticare la firma del cliente
esclusivamente quando questa è apposta su atti della causa riguardo alla quale
gli viene conferito il mandato, mentre non gli attribuisce certamente un potere
d’autentica generalizzato, esercitabile anche in relazione ad atti estranei al
processo. In conclusione, deve essere affermato che la
domanda è stata presentata in termini irregolari. L’amministrazione, ignorandola, ha peraltro
violato l’obbligo di definire il procedimento con provvedimento espresso, ai
sensi dell’art. 2 della legge 7agosto 1990, n. 241 [2]. In tale situazione, l’atto impugnato in primo
grado ha un contenuto provvedimentale, in quanto manifesta la volontà di
arrestare il procedimento, rimasta fino a quel momento implicita nell’assenza
di risposta. La tesi dei primi giudici non può quindi
essere condivisa: nella situazione descritta, le ragioni della ricorrente
possono essere tutelate solo con l’impugnazione dell’atto di cui si discute. Il ricorso di primo grado deve, di
conseguenza, essere dichiarato ammissibile. Nel merito, afferma il collegio che l’obbligo
di definire il procedimento deve essere rispettato in termini tali da
consentire all’interessato di comprendere le ragioni del rifiuto della sua
domanda (art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241). L’odierna ricorrente, cittadina straniera, già
autorizzata a soggiornare in Italia, all’atto del rinnovo del permesso
rilasciatole ha ritenuto di affrontare la pratica con il massimo scrupolo,
affidandosi all’assistenza di un avvocato. Nella sua situazione, è legittima l’ignoranza
della norma che le impone di sottoscrivere e presentare personalmente la
domanda, eventualmente predisposta con l’assistenza dell’avvocato. Quest’ultimo, dal suo canto, aveva l’obbligo
di far presente tale necessità alla sua assistita. Afferma, in conclusione, il collegio che la
domanda presentata dalla ricorrente per il tramite del suo avvocato doveva
essere respinta o dichiarata inammissibile. L’amministrazione, peraltro, prima di adottare
il provvedimento negativo aveva l’obbligo di fare presente all’interessata la
necessità di sottoscrivere personalmente l’istanza, non essendo consentita
alcuna forma di procura. Il comportamento omissivo tenuto dall’amministrazione,
e la stessa risposta fornita alla lettera dell’avvocato della ricorrente, hanno
invece creato una situazione di irregolarità, in contrasto con la volontà
dell’interessata di assoggettarsi alle determinazioni delle autorità nazionali. In conclusione, in riforma della sentenza
appellata il ricorso di primo grado deve essere accolto, fatti salvi gli
ulteriori provvedimenti dell’amministrazione in esito alla ulteriore domanda
che la ricorrente presenti, sottoscrivendola personalmente, nel termine che le
verrà assegnato dalla stessa Questura di Napoli. In considerazione della particolarità della
controversia le spese possono essere integralmente compensate.
P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Sesta, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza gravata,
accoglie il ricorso di primo grado annullando, per l’effetto, il provvedimento
impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione, nei
termini di cui in motivazione. Compensa integralmente spese ed onorari del
giudizio fra le parti costituite. Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, l’8 maggio 2007 dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) nella Camera di
Consiglio con l’intervento dei Signori:
Giovanni RUOPPOLO Presidente Giuseppe ROMEO Consigliere Luciano Barra CARACCIOLO Consigliere Francesco CARINGELLA Consigliere Manfredo ATZENI Consigliere, est.
Presidente GIOVANNI RUOPPOLO
Consigliere Segretario MANFREDO ATZENI GIOVANNI CECI
Depositata in Segreteria il 19 luglio 2007
Da "CittadinoLex"
|