Lunedì 30 Dicembre 2024
area riservata
ASAPS.it su
Corte di Cassazione 14/09/2007

Appello, ripetizione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di 1° grado

Cass. civ, sez. III, sentenza 13.04.2007 n° 8829
 

Appello - ripetizione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado - legittimazione ed interesse ad agire [art. 81 c.p.c.]
Chi ha provveduto a pagare somme di denaro in esecuzione della sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva e successivamente riformata in appello, ha diritto a chiederne la ripetizione. Tale diritto compete soltanto a chi abbia effettivamente provveduto al pagamento.
Ne deriva che, stante il divieto posto dall’articolo 81 c.p.c., qualora in un giudizio in cui siano parte il danneggiante e il suo assicuratore, quest’ultimo abbia corrisposto all’attore le somme attribuite dalla sentenza di primo grado in favore del danneggiato, la domanda di restituzione proposta non dall’assicuratore ma dall’assicurato è inammissibile.
(Fonte: Altalex Massimario 14/2007)

 SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 13 aprile 2007, n. 8829
Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato nel 1998 la sig.ra R.B. conveniva avanti al Tribunale di Rovereto la locale Amministrazione comunale per ivi sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di sinistro avvenuto allorquando alla guida del proprio ciclomotore Aprilia nella locale piazza ...omissis..., direzione via ...omissis..., cadeva rovinosamente a terra, sbalzata all’esito dell’impatto della ruota anteriore con alcune sporgenti piastre di porfido che formavano un insidioso scalino.
Nella resistenza dell’Amministrazione convenuta, che chiamava in causa in garanzia il Consorzio Cavatori Produttori di Porfido Scarl il quale, costituitosi, chiamava a sua volta in causa la società Assicurazioni Generali s.p.a. al fine di essere dalla medesima nel caso manlevata, l’adito giudice con sentenza del 2001 accertava e dichiarava la corresponsabilità nella causazione del sinistro in oggetto del Comune e del Consorzio convenuti nella rispettiva misura del 70 e del 30%, rigettando la domanda da quest’ultimo spiegata nei confronti della compagnia Assicurazioni Generali s.p.a., e disponeva in ordine alla regolazione delle spese.
Interposto gravame in via principale dal Consorzio, e in via incidentale dal Comune di Rovereto; riunito il procedimento con altro proposto dal Comune di Rovereto; nella resistenza della R. con sentenza del 27/2/2003 la Corte d’Appello di Trento, in riforma dell’impugnata decisione, rigettava la domanda risarcitoria da quest’ultima originariamente proposta, compensando interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Avverso la detta sentenza della corte di merito la R. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico complesso motivo, illustrato da memoria.
Resistono con controricorso il Comune di Rovereto e il Consorzio Cavatori Produttori di Porfido Scarl, che spiegano altresì entrambi ricorso incidentale, rispettivamente affidandolo ad unico complesso motivo - illustrato da memoria - il primo, e a 2 motivi il Consorzio, che propone anche ricorso incidentale condizionato, sulla base di 3 motivi.

Motivi della decisione

Con unico, complesso motivo la ricorrente principale R. denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto della controversia prospettato dalle parti e rilevabile d’ufficio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Lamenta che l’impugnata sentenza risulta inammissibilmente basata solo su un documento proveniente dal Comune di Rovereto, avendo la corte di merito "esaltato una improbabile (quanto chiaramente precostituita) valenza probatoria di una nota datata 05.12.97 del Dirigente del servizio progettazione e sviluppo del Comune di Rovereto, ing. G.P., asseritamente riferentesi ad un sopralluogo effettuato in piazza ...omissis......", riformando il giudizio emesso dal primo giudice in quanto asseritamente formato "sulla base di una apodittica ed assoluta valorizzazione della dichiarazione testimoniale di B.G., in contrasto con gli altri elementi probatori".
Deduce al riguardo che a tale stregua essa ha commesso un "eclatante errore di giudizio", in quanto la dichiarazione del teste B. fornisce viceversa "un’unica lettura all’unisono con gli altri elementi probatori (ivi compresa la CTU medico-legale e la documentazione fotografica in atti) della dinamica e, quindi, della causa del sinistro", l’unico elemento con cui essa risulta in contrasto essendo la suddetta nota di controparte, asseritamente inserentesi "in un’ulteriore visione probatoria del servizio progettazione e sviluppo del Comune di Rovereto, che aveva collaudato in data 29.10.97 (ovvero 6 giorni prima del sinistro) i lavori di pavimentazione ed arredo di piazza ...omissis......", sicchè "tutte le risultanze istruttorie sono state giudicate sulla base di un errore di giudizio e valutazione della nota di parte dd. 05.12.97 e di una interpretazione delle risultanze istruttorie attraverso il caleidoscopio rappresentato da tale documento".
Allega che le "foto in atti si riferiscono allo stato dei luoghi a soli otto giorni dalla caduta, e da sole evidenziano la sussistenza di una insidia o trabocchetto sulla piazza"; e che l’erronea valutazione delle risultanze processuali ha indotto la Corte di merito ad emettere "una sentenza totalmente priva di qualsiasi riferimento di diritto, sicchè non è data neppure la possibilità di valutare l’iter e le motivazioni logico-giuridiche che volevano la signora R. caduta a terra senza alcun responsabile".
Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Come questa Corte ha avuto ripetutamente modo di affermare, i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla decisione stessa.
Ai fini della sussistenza del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto a pena d’inammissibilità per il ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c. è infatti necessario che nel contesto dell’atto d’impugnazione si rinvengano gli elementi indispensabili perchè il giudice di legittimità possa avere, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, una chiara e completa visione dell’oggetto dell’impugnazione, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti (v. Cass., 23/7/2004, n. 13830; Cass., 17/4/2000, n. 4937; Cass., 22/5/1999, n. 4998; Cass., 21/5/1999, n. 4916; Cass., 25/3/1999, n. 2826).
E’ cioè indispensabile che dal contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del "fatto", sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (v. Cass., 4/6/1999, n. 5492).
Quanto al vizio di omessa pronunzia, perchè esso possa utilmente dedursi in sede di legittimità è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni vengano riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre sono state proposte, al fine di consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività (v. Cass., Sez. Un., 28/7/2005, n. 15781).
Risponde del pari a consolidato principio di questa Corte che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura solo quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione (in particolare Cfr. Cass., 25/2/2004, n. 3803).
Tale vizio non consiste invero nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di merito (v. Cass., 14/3/2006, n. 5443; Cass., 20/10/2005, n. 20322), solamente a quest’ultimo spettando individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (v.
Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 21/3/2001, n. 4025; Cass., 8/8/2000, n. 10417; Cass., Sez. Un., 11/6/1998, n. 5802; Cass., 22/12/1997, n. 12960).
La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimità non già, come evidentemente suppone l’odierna ricorrente, il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v., da ultimo v. Cass., 7/3/2006, n. 4842; Cass., 20/10/2005, n. 20322; v. Cass., 27/4/2005, n. 8718;
Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 21/3/2001, n. 4025; Cass., 8/8/2000, n. 10417; Cass., 8/8/2000, n. 10414; Cass., Sez. Un., 11/6/1998, n. 5802; Cass., 22/12/1997, n. 12960).
Orbene, tali principi sono rimasti nel caso dalla ricorrente non osservati, avendo essa anzitutto omesso di riportare nel ricorso gli atti richiamati, ed in particolare l’evocato documento dell’Amministrazione comunale.
Sotto altro profilo, la ricorrente si è invero limitata a sostenere che "La Corte di Cassazione, in ossequio al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dovrà controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e le valutazioni compiuti dal Giudice di merito ... con particolare riferimento alla valenza probatoria da attribuirsi ad un documento proveniente da una parte in causa. La sentenza d’appello è, infatti, viziata in quanto fondata esclusivamente su un documento - dichiarazione proveniente da una parte (ovvero dal convenuto Comune di Rovereto) sulla base della quale è stato snaturato l’intero iter logico della sentenza di primo grado: tale argomentazione e percorso logico-giuridico hanno condotto ad una sentenza ingiusta ... Da parte del Giudice di appello vi è stato un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali integranti un errore di giudizio ... Erroneamente la Corte di Appello di Trento ha esaltato una improbabile (quanto chiaramente precostituita) valenza probatoria di una nota datata 05.12.97 del Dirigente del servizio progettazione e sviluppo del Comune di Rovereto, ing. G.P., asseritamente riferentesi ad un sopralluogo effettuato in piazza ...omissis... il giorno 07.11.97 ovvero due - tre giorni dopo il sinistro occorso alla ricorrente, signora R.B., ritenendo erronea la sentenza di primo grado per aver deciso sulla base di una apodittica ed assoluta valorizzazione della dichiarazione testimoniale di B.G., in contrasto con gli altri elementi probatori".
Al riguardo altresì aggiungendo: "La Corte di Appello ha commesso un eclatante errore di giudizio, in quanto: 1) la dichiarazione del teste B.G. fornisce un’unica lettura all’unisono con gli altri elementi probatori (ivi compresa la CTU medico-legale e la documentazione fotografica in atti) della dinamica e, quindi, della causa del sinistro; 2) l’unico elemento in contrasto con tutti gli elementi probatori assunti nel giudizio di primo grado è costituito dalla nota dd. 05.12.97, nota che, chiaramente di parte, si riferisce, tra l’altro, agli esiti di un sopralluogo del 07.11.97 (eseguito dal Comune di Rovereto su segnalazione di personale operaio (teste G.) da dipendenti comunali, che dichiaravano non esservi in loco particolari sconnessioni), salvo, poi, in data 12.11.97 ripetere il sopralluogo e mettere idonea segnaletica per rendere sicuro il transito: sostiene la Corte che i distacchi delle piastre del sottofondo si sono verificati in data 12.11.97 e non già in data 05.11.97, quando si verificò il sinistro (salvo che il Comune di Rovereto l’apposita segnaletica la mise in esito al sopralluogo effettuato per la caduta della signora R. ed i sopralluoghi effettuati all’esito di segnalazioni pervenute prima del sinistro); 3) la nota dd. 05.12.97 si inserisce in un’ulteriore visione probatoria che ne appalesa il suo precostituito fine, in quanto firmata dal responsabile del servizio progettazione e sviluppo del Comune di Rovereto, che aveva collaudato in data 29.10.97 (ovvero 6 giorni prima del sinistro) i lavori di pavimentazione ed arredo di piazza ...omissis..., lavori ultimati ... il 24.10.96. 4) tutte le risultanze istruttorie sono state giudicate sulla base di un errore di giudizio e valutazione della nota di parte dd. 05.12.97 e di una interpretazione delle risultanze istruttorie attraverso il caleidoscopio rappresentato da tale documento; 5) la caduta della signora R. come rappresentata dal teste B. (e confermata dalla C.T.U. con riferimento alla tipologia delle lesioni subite) esattamente descritta dal teste, viene indicata trovare fonte nei meandri della psiche del B. ... La dinamica del sinistro ovvero il nesso causale tra la caduta della signora R. ... e le piastre sollevate trova puntuale conferma in tutte le risultanze istruttorie ... Le foto in atti riferiscono dello stato dei luoghi a soli otto giorni dalla caduta e da sole evidenziano la sussistenza di una insidia-trabocchetto sulla piazza ...".
Orbene, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti in relazione ai sopra indicati profili, emerge evidente come la ricorrente si sia nel caso limitata a mere apodittiche allegazioni che, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, si risolvono in effetti nella mera doglianza circa l’asseritamente erronea attribuzione da parte della corte di merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura delle risultanze di causa diversa da quella nel caso operata da tale giudice (cfr., da ultimo, Cass., 18/4/2006, n. 8932).
Emerge evidente, pertanto, come invece di censurare la sentenza peruno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c. la ricorrente in realtà ad altro non mira se non a sollecitare, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 31/5/2006, n. 12984; Cass., 14/3/2006, n. 5443).
Con unico motivo il ricorrente in via incidentale Comune di Rovereto denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 336 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn, 3 e 4.
Lamenta che la corte di merito ha omesso di pronunziare in ordine alla restituzione da parte della R. degli importi in suo favore versati in esecuzione della sentenza di 1 grado, oggetto di specifica domanda proposta in sede di appello e da emettersi in conseguenza dell’accoglimento del medesimo in ordine al profilo dell’an della propria responsabilità nella causazione del sinistro de quo.
Il ricorso è inammissibile.
Come questa Corte ha già avuto modo di precisare, ben è possibile la ripetizione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello (con sentenza confermata dalla Corte Suprema di Cassazione), pur non ricorrendo in tal caso un’ ipotesi di condictio indebiti (art. 2033 c.c.), dalla quale differisce per natura e funzione, laddove non vengono nella specie in rilievo - tra l’altro - gli stati soggettivi di buona o mala fede dell’accipiens, atteso che il diritto alla restituzione sorge direttamente in conseguenza della riforma della sentenza, la quale, facendo venir meno ex tunc e definitivamente il titolo delle attribuzioni in base alla prima sentenza, impone di porre la controparte nella medesima situazione in cui si trovava in precedenza (v. Cass., 5/8/2005, n. 16559).
In giurisprudenza di legittimità si è ulteriormente precisato che non incorre conseguentemente nel vizio di omessa pronuncia il giudice di appello il quale, nel riformare completamente la decisione impugnata, non dispone la condanna della parte vittoriosa in primo grado a restituire gli importi ricevuti in forza dell’esecuzione della sentenza appellata (v. Cass., 5/7/2006, n. 15292; Cass., 24/6/2002, n. 11729; Cass., 26/4/2003, n. 562476. v. anche Cass., 8/1/2004, n. 88; Cass., 28/11/2003, n. 18238; Cass., 10/12/2001, n. 15571; Cass., 19/8/1999, n. 8781; Cass., 6/4/1999, n. 3291).
Nella specie, l’Amministrazione odierna ricorrente incidentale afferma nei propri scritti difensivi (v. p. 12 del ricorso incidentale) di avere nell’atto di appello dedotto che in esecuzione della sentenza appellata aveva "provveduto, per il tramite del proprio assicuratore RAS S.p.a., al versamento in favore di R. Barbara dell’importo corrispondente alle somme liquidate nella sentenza impugnata per capitale, interessi e spese, per complessivi Euro 120,786,36". Altresì aggiungendo che "Dall’accoglimento delle domande di cui al presente atto di appello dovrà pertanto derivare la condanna della R. alla restituzione dei predetti importi, o comunque di quegli importi che dovessero risultare non dovuti per effetto della riforma della sentenza". Precisa, ancora, di avere nelle conclusioni rassegnate in sede di appello chiesto "in ogni caso, condannarsi R.B. e/o il Consorzio Cavatori e produttori Porfido alla restituzione in favore del Comune di Rovereto dell’importo di Euro 120.786,36, maggiorato di interessi dal 24.1.02 al saldo, o di quel maggior o minor importo che risulterà non dovuto, all’esito dell’invocata riforma della sentenza impugnata". E si duole al riguardo che la "Corte di Appello, malgrado la specificità della domanda", non abbia deciso al riguardo, così incorrendo nel tipico vizio di omessa pronuncia".
Orbene, alla stregua dei più sopra richiamati principi emerge evidente, da un canto, che il lamentato vizio di omessa pronunzia è invero nel caso inconfigurabile; da altro canto, come sia la stessa Amministrazione ricorrente a dare atto dell’essere il pagamento oggetto della domandata restituzione stato in realtà effettuato da soggetto altro e diverso da sè, e cioè dalla compagnia assicuratrice RAS s.p.a., anch’essa invero parte del presente giudizio, per esservi stata proprio dalla predetta odierna ricorrente incidentale chiamata in manleva.
L’Amministrazione comunale fa pertanto in tal modo valere in nome proprio un diritto del suindicato solvens, in spregio invero del divieto posto dall’art. 81 c.p.c, in ordine a tale domanda pertanto inammissibilmente difettando di interesse e legittimazione (relativamente alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per difetto di interesse cfr., seppure con riferimento ad altra fattispecie, Cass., 25/2/1966, n. 579).
Risponde d’altro canto a principio affermato in giurisprudenza di legittimità che colui il quale agisce in giudizio per far valere un diritto altrui prospettandolo come proprio non può invero giovarsi dell’eventuale ratifica del suo operato da parte del vero titolare di quel diritto, in quanto una ratifica è concepibile soltanto nel caso di chi agisca in nome e per conto di altri senza averne i poteri (v. Cass., 5/4/1995, n. 4000; Cass., 30/10/1986, n. 6376).
Con il 1 motivo il ricorrente in via incidentale Consorzio Cavatori Produttori di Porfido Scarl, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1218, 2055 c.c., art. 185 c.p. lamenta l’infondatezza e l’eccessività del risarcimento del danno riconosciuto dal Tribunale di Rovereto a titolo di "danno patrimoniale, biologico, non patrimoniale e per perdita di chances".
Si duole, in particolare, che non siano stati correttamente applicati i criteri di quantificazione del danno biologico e del danno morale introdotti dalla L. n. 57 del 2001.
Lamenta che "il giudice di primo grado" ha "aumentato il quantum aggiungendo al già consistente importo l’ulteriore voce di danno relativa alle spese mediche da sostenere in futuro", voce di danno peraltro "assolutamente ingiustificata", oltre che non provata, trattandosi di "credito non liquido nè esigibile".
Con il 2 motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c..
Lamenta l’erroneità della disposta compensazione delle spese di lite, essendo la pretesa azionata dalla R. del tutto infondata, e non sussistendo diversamente da quanto affermato dalla corte di merito-alcuna "delicatezza e complessità della valutazione delle fonti probatorie".
Con il 1 motivo del ricorso incidentale condizionato il Consorzio Cavatori Produttori di Porfido Scarl denunzia, nei confronti del Comune di Rovereto, violazione e falsa applicazione dell’art. 1667 c.c..
Lamenta l’erroneità della ravvisata ammissibilità - tempestività della domanda di manleva proposta dal Comune di Rovereto, essendo erroneo l’assunto secondo cui la condotta del Consorzio successiva al collaudo dei lavori di pavimentazione integra un preteso riconoscimento rispetto ad asseriti vizi e difetti della pavimentazione medesima riconducibili a sue pretese responsabilità.
Deduce che la testimonianza Be. non mette in luce alcuna relazione tra la rottura della lastra e la esecuzione non a regola d’arte dei lavori di pavimentazione da parte del Consorzio.
Lamenta di avere tempestivamente eccepito in comparsa di costituzione la decadenza del Comune di Rovereto dalla garanzia ex art. 1667 c.c. in ordine agli asseriti vizi e difetti dei lavori di pavimentazione appaltati, così come la prescrizione del termine biennale per la relativa azione.
Allega che, diversamente da quanto dedotto dal Comune in sede di primo grado di giudizio, trattasi nel caso di vizi non occulti, essendo pertanto essi, ove effettivamente sussistenti, rilevabili sin dall’atto di consegna dei lavori ovvero in sede di collaudo finale.
Con il 2 motivo denunzia, nei confronti del Comune di Rovereto, violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2055 c.c.; erroneo apprezzamento delle risultanze processuali e difetto di motivazione;
insussistenza di responsabilità a sè imputabile per vizi e difetti intrinseci della pavimentazione.
Con il 3 motivo denunzia, nei confronti delle Assicurazioni Generali s.p.a., violazione e falsa applicazione degli artt. 1341 e 1904 c.c.;
nonchè motivazione erronea e comunque insufficiente.
Lamenta che la polizza in vigore al momento del sinistro riporta quale oggetto della garanzia assicurativa "Le conseguenze della Responsabilità Civile ai sensi di legge derivanti all’assicurato nella sua qualità di esercente un’impresa effettuante posa in opera di porfido, senza uso di impalcature e/o scale", a tale stregua pertanto delineando una limitazione di responsabilità, e conseguentemente richiedendo apposita sottoscrizione, nel caso invero mancante.
Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento dei ricorsi incidentali del Consorzio Cavatori Produttori di Porfido Scarl.
La reciproca soccombenza e le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi di integrale compensazione tra tutte le parti costituite delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale del Comune e assorbiti quelli del Consorzio Cavatori Porfido. Compensa integralmente tra tutte le parti le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2007.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2007.

Da Altalex


© asaps.it
Venerdì, 14 Settembre 2007
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK