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Articoli 15/09/2007

Rischi del lavoro su strada



Parlando di "luogo di lavoro", siamo portati a pensare ad uno spazio confinato o semiconfinato, come uno stabilimento o un ufficio; in realtà con questo termine si intende qualunque sede di attività lavorativa, anche gli spazi naturali all’aperto. Numerose categorie di lavoratori, tra cui addetti ai cantieri e alla manutenzione stradale ed operatori di polizia (in particolare stradale e municipale) operano, infatti, in ambienti esterni. Quali sono i rischi per queste categorie di lavoratori? Quali le norme per la sicurezza? Compito del "datore di lavoro" è quello di individuare i rischi, e mettere in atto misure idonee a prevenirli, azzerarli o ridurli al minimo possibile, anche fornendo ai lavoratori adeguata formazione ed informazione ed eventuali dispositivi di protezione individuale (DPI). L’ambiente di lavoro all’aperto presenta una serie di problematiche che sono legate essenzialmente alle condizioni atmosferiche, a cui si aggiungono i rischi lavorativi derivanti dalle specifiche attività. Le alte e le basse temperature possono produrre effetti negativi sulla salute e la sicurezza dei lavoratori, determinando un abbassamento delle loro prestazioni fisiche e mentali. Il caldo intenso (superiore ai 30°C), unito ad un alto tasso di umidità (maggiore del 60%) e alla scarsa ventilazione, può causare, ad esempio, colpi di calore o colpi di sole, caratterizzati da notevole aumento della temperatura corporea, stanchezza, vertigini, cefalea, nausea, ipotensione e tachicardia, fino al collasso circolatorio e alla sincope. Il caldo può essere responsabile anche di patologie localizzate, come i crampi, improvvisi spasmi muscolari dolorosi, dovuti alla perdita di sali minerali con la sudorazione. Le basse temperature determinano, invece, con una certa frequenza sindromi da raffreddamento, riniti, faringiti. Gli effetti locali, soprattutto nelle zone distali del corpo (orecchie, naso, piedi, ecc.), si manifestano con eritemi e, in casi estremamente gravi, con il congelamento. Naturalmente per gli ambienti aperti non è possibile prevedere requisiti specifici, ma si possono considerare interventi di tipo protezionistico e comportamentale, informazione adeguata ai lavoratori, e uso di dispositivi di protezione individuale. Il lavoro all’aperto nella stagione estiva dovrebbe essere evitato durante le ore di maggior caldo ed irraggiamento solare (tra le 11 e le 15) e durante i picchi di ozono a fine pomeriggio (tra le 16 e le 18). L’ozono, costituito da ossidi di azoto ed idrocarburi colpiti dalle radiazioni solari, irrita, infatti, gli occhi e le vie respiratorie. In ogni caso, occorre procedere a frequenti pause in luoghi ombreggiati e aerati (importante l’installazione di tettoie o rifugi), utilizzare copricapo e occhiali da sole con protezione dai raggi UV, bere con frequenza acqua o altri liquidi per ristabilire l’equilibrio idro-salino, applicare creme protettive sulle zone della pelle esposte al sole per evitare ustioni localizzate. Nella stagione fredda è importante evitare il più possibile le posizioni statiche, bere frequentemente liquidi caldi, garantire all’organismo un apporto calorico sufficiente.I lavoratori dovranno essere dotati di abiti adeguati: vestiti leggeri che proteggano dai raggi del sole e consentano una buona circolazione dell’aria e l’evaporazione del sudore durante la stagione estiva; giacconi termici, guanti, copricapo, abbigliamento impermeabile, in caso di freddo e precipitazioni di pioggia o neve (DPI). Adeguare, ove possibile, gli orari di lavoro, favorendo turnazioni più frequenti, o più frequenti pause di ristoro, e organizzare l’attività in modo da spostare i lavori pesanti o gravosi al momento migliore della giornata, limiterebbe l’esposizione ai fattori climatici sfavorevoli e i conseguenti effetti negativi sulla salute. Un rischio per i lavoratori che operano all’esterno è rappresentato anche dall’esposizione ad agenti chimici, che si verifica, in genere, per inalazione di sostanze aerodisperse, ma in alcuni casi può avvenire anche per contatto. Situazioni di rischio di assorbimento di ossido di carbonio (CO) e di idrocarburi derivati del petrolio, rinvenibili in discrete quantità nelle miscele dei gas di scappamento, sono state individuate nell’inquinamento prodotto dal traffico veicolare. Nelle zone industriali e nelle aree urbane ad elevato traffico si possono raggiungere livelli transitori di 100 ppm di CO, contro le concentrazioni di 0,1-2 ppm delle aree rurali e suburbane. Tuttavia, a causa della rapida diffusione del CO nell’aria, della variabilità delle condizioni metereologiche e dell’irregolarità del traffico è difficile stabilire l’entità del rischio di esposizione. Il controllo della quantità di CO assorbita durante 6-8 ore di esposizione alle concentrazioni generalmente presenti nelle città (vigili urbani), ha indicato un incremento trascurabile della dose ematica. A questo gas si aggiunge, però, la presenza nell’aria di altri inquinanti, come le polveri sottili, gli ossidi di zolfo e di azoto, l’ozono. Poiché l’esposizione agli inquinanti ambientali comporta soprattutto il rischio di patologie respiratorie, tra cui asma bronchiale, bronchite ed enfisema, bisognerebbe prevedere visite mediche periodiche per quei lavoratori che abbiano postazioni fisse in zone ad elevata concentrazione di sostanze inquinanti, e programmare, se possibile, turni che permettano di evitare prolungate esposizioni nei punti maggiormente trafficati della città, fornendo appositi dispositivi di protezione (maschere facciali o cabine fisse e dotate di filtri). L’esposizione ad agenti chimici si può verificare anche in corso di interventi per incidenti che coinvolgono il trasporto di merci pericolose, ossia materiale esplosivo, infiammabile, tossico, radioattivo, corrosivo. Esistono circa 3800 tipologie di sostanze soggette a normativa ADR (Accord Dangereuses par Route), per le quali il trasporto su strada è il più comune. In questi casi l’accurata formazione ed informazione dei lavoratori sulle modalità di intervento e sull’uso dei DPI (guanti, maschere facciali, tute, ecc.) è di fondamentale importanza. Il lavoro su strada non rientra nelle attività considerate a rischio per le otopatie da lavoro (DPR 336/1994), tuttavia in caso di controlli su tratti autostradali con traffico ad elevata velocità ed intensità, si può verificare un innalzamento temporaneo e reversibile della soglia uditiva, oltre a sintomi aspecifici quali irritabilità, tachicardia, gastrite, stanchezza, cefalea, variazione del rendimento. In questi casi è utile l’impiego di cuffie, inserti o tappi auricolari (DPI). Il rischio di infortuni è rilevante per i lavoratori che operano in ambiente esterno, ma può essere ridotto con la rimozione di eventuali ostacoli, l’uso di barriere e segnali di avvertimento, l’adeguata illuminazione dell’area di azione, l’adozione di misure antiscivolo e l’utilizzo di calzature adeguate con proprietà antisdrucciolevoli delle suole. Significativo è poi il rischio di investimenti con gravi lesioni traumatiche, anche mortali, per quegli operatori che lavorano su tratti autostradali, in presenza di veicoli in corsa. Anche la riduzione di questo rischio è legata ad alcune misure precauzionali. Gli addetti ad interventi di assistenza stradale devono essere preventivamente informati sui possibili rischi e formati a procedure operative corrette, come l’aver cura di indossare sempre indumenti ad alta visibilità, in tessuti fluorescenti, o bretelle luminose (DPI); effettuare la rimozione in luogo idoneo prima di intervenire su un veicolo che si trova in una posizione pericolosa (ad esempio dietro una curva); usare mezzi di segnalazione (triangolo, lampeggiatore giallo, manichino sbandieratore, ecc). In conclusione, grazie all’individuazione dei problemi, alla pianificazione delle misure necessarie a prevenire o a contenere i rischi, ed al successivo controllo dell’efficacia degli strumenti utilizzati, è possibile mettere in atto un buon sistema di gestione della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro anche per gli ambienti esterni.

*Medico Capo Polizia di Stato Questura di Ragusa
 

da "il Centauro" n. 114


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di Antonia Liaci*

Sabato, 15 Settembre 2007
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